Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 21522 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 21522 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 31/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 6791/2022 r.g. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona dell’amministratore, Sig. NOME COGNOME, in proprio e in qualità di capogruppo mandataria del raggruppamento temporaneo costituito con l’RAGIONE_SOCIALE e l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, ed elettivamente domiciliata in Roma, nel suo studio, INDIRIZZO, giusta procura speciale alle liti su foglio separato unito ricorso
–RAGIONE_SOCIALE –
contro
RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO
e dall’AVV_NOTAIO, giusta procura speciale in calce al controricorso, e dall’AVV_NOTAIO, giusta procura speciale in calce alla memoria di costituzione in aggiunta alla difensore già costituito in data 29 settembre 2023, i quali chiedono di ricevere le comunicazioni e le notificazioni all’indirizzo di posta elettronica certificata indicato
-controRAGIONE_SOCIALE –
avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte di appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, n. 431/2021, depositata in data 21 dicembre 2021;
udita la relazione RAGIONE_SOCIALE causa svolta nella camera di consiglio del 4/6/2024 dal AVV_NOTAIO;
RILEVATO CHE:
RAGIONE_SOCIALE stipulava in data 8/6/84 con l’associazione temporanea, rappresentata dalla mandataria RAGIONE_SOCIALE di cosRAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME, la realizzazione RAGIONE_SOCIALE strada tangenziale – 2º lotto – dell’agglomerato RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE.
Il contenzioso originava con la richiesta di un decreto ingiuntivo da parte RAGIONE_SOCIALE società appaltatrice per la somma di lire 1.205.699.046, pari ad euro 622.391,57, a titolo di revisione prezzi.
All’udienza del 23/5/2002, a seguito di segnalazione del competente ufficio per la RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE, il RAGIONE_SOCIALE eccepiva la nullità del contratto d’appalto per assenza RAGIONE_SOCIALE concessione RAGIONE_SOCIALE e dell’autorizzazione paesaggistica.
Il tribunale rigettava l’eccezione di nullità contrattuale, confermando il decreto ingiuntivo.
RAGIONE_SOCIALE proponeva appello, rigettato dalla Corte d’appello di Cagliari con sentenza n. 523 del 2007.
La Corte di cassazione, con sentenza n. 565/2015, pubblicata il 15 gennaio 2015, accoglieva i primi due motivi del ricorso
(restando assorbito il terzo) presentato dal RAGIONE_SOCIALE), soffermandosi su due aspetti essenziali RAGIONE_SOCIALE controversia.
4.1. Precisava – la Corte – che non era contestato che «l’opera era stata approvata dalla RAGIONE_SOCIALE, ed attribuita in concessione al RAGIONE_SOCIALE».
Pertanto, secondo giurisprudenza consolidata «(tra le altre, Cons. RAGIONE_SOCIALE 11/3/1980 n. 299; 2/5/1990 n. 1111), è parificata, ai sensi dell’art. 138 d.P.R. n. 218 del 1978 la disciplina delle opere approvate dalla RAGIONE_SOCIALE a quella propria dei RAGIONE_SOCIALE dello RAGIONE_SOCIALE, ricadenti nella competenza del Ministero dei Lavori Pubblici: non occorre concessione comunale alcuna, rimanendo l’accertamento RAGIONE_SOCIALE compatibilità delle opere con le prescrizioni degli strumenti urbanistici territoriali, affidato al predetto Ministero (ed eventualmente, dopo il trasferimento di funzioni dal Ministero agli Enti Locali, alla RAGIONE_SOCIALE)».
Ciò che più rilevava, e che questa Corte chiariva, sotto questo primo profilo, «era comunque, all’evidenza, necessario un iniziale provvedimento relativo alla predetta compatibilità, emesso all’esito RAGIONE_SOCIALE procedura di intesa di cui all’art. 81 d.P .R. n. 616 del 1977 ovvero dell’art. 56 del d.P.R. n. 348 del 1979 delle opere da eseguirsi nella RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE».
Risultava circostanza non contestata quella per cui «tale provvedimento non è stato prodotto».
Con il corollario per cui «l’inesistenza di esso renderebbe sicuramente nullo il contratto per contrasto con norme imperative», non assumendo rilevanza «quanto affermato dal giudice a quo circa una successiva concessione comunale, dopo il trasferimento RAGIONE_SOCIALE titolarità in capo al RAGIONE_SOCIALE, relativa peraltro ad una variante dell’opera».
4.2.Il secondo aspetto RAGIONE_SOCIALE controversia atteneva alla mancanza del nulla-osta paesaggistico.
Questa Corte, nella sentenza n. 565 del 2015, sottolineava, infatti, che «è altresì pacifica la mancanza di documentazione relativa alla conformità dell’opera alla disciplina di RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE, ai sensi RAGIONE_SOCIALE legge n. 1497 del 1939», chiarendo che «l’inserimento nei piani regolatori, come indicato dalla sentenza impugnata, non rileva certo ai fini dell’accertamento di detta conformità».
Con la precisazione che «è lo stesso giudice a quo a precisare che, almeno per un tratto, l’opera è sicuramente sottoposta al predetto vincolo», per cui «la mancanza di tale accertamento, costituirebbe ulteriore profilo di nullità».
4.3. Questa Corte, poi, rilevava che «essendo emersa una grave carenza nell’istruttoria espletata» il giudice del rinvio avrebbe dovuto «effettuare opportuni accertamenti».
La Corte d’appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, in sede di rinvio, dopo l’espletamento di una CTU, accoglieva l’opposizione proposta dal RAGIONE_SOCIALE, dichiarando la nullità del contratto d’appalto stipulato tra le parti, revocando il decreto ingiuntivo opposto e rigettando la domanda riconvenzionale proposta dalla società appaltatrice.
In particolare, la Corte RAGIONE_SOCIALE esordiva evidenziando l’ammissibilità ‘in astratto’ «dell’eccepita nullità del contratto di appalto», chiarendo che la sua rilevabilità è stata affermata dalla stessa suprema Corte nella sentenza di rinvio n. 565/2005 e non è più contestabile in questa sede».
Aggiungeva che spettava all’attore, e quindi all’RAGIONE_SOCIALE appaltatrice che aveva agito in via monitoria per il pagamento del
corrispettivo preteso in forza del contratto d’appalto, «dimostrare la validità ed efficacia dello stesso».
Riportava le conclusioni del CTU, AVV_NOTAIO, che condivideva integralmente, dalle quali risultava che «l’opera pubblica oggetto del contratto di appalto stipulato tra le parti l’8/6/1984 non risulta conforme né sotto il profilo urbanistico né sotto il profilo paesaggistico essendo priva delle rispettive autorizzazioni sia per quanto attiene al progetto principale approvato dalla RAGIONE_SOCIALE per il RAGIONE_SOCIALE in data 10/12/1981 con la deliberazione presidenziale n. 4458/SI sia per quanto attiene a ciascuna delle quattro varianti sostanziali che si sono succedute».
5.1. Per quanto attiene alla regolarità urbanistica la Corte d’appello, riportando le considerazioni del CTU, ha evidenziato preliminarmente che «in quanto opera di competenza RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE, la stessa ‘era equiparata ad opera pubblica dello RAGIONE_SOCIALE e perciò assoggettata all’art. 138 del d.P.R. 6 marzo 1978, n. 218′, con la conseguenza che ‘non occorreva che l’opera appaltata, di cui alla causa, venisse preventivamente assentita con il rilascio RAGIONE_SOCIALE concessione RAGIONE_SOCIALE da parte dell’autorità comunale, rimanendo l’accertamento RAGIONE_SOCIALE compatibilità delle opere con le prescrizioni degli strumenti urbanistici territoriali, affidato al ministero’ in base alle prescrizioni di cui all’art. 81 d.P.R. 616/1977 e di cui all’art. 56 d.P.R. n. 348/1979».
Sempre sul medesimo peculiare aspetto il giudice d’appello, riportando le considerazioni del CTP, condivise in toto , evidenziava che «l’ausiliare ha ribadito quanto già rilevato dalla suprema Corte nella sentenza n. 565/2015 laddove richiamando la suddetta disciplina la RAGIONE_SOCIALEzione ha rilevato la necessità di ‘un preventivo provvedimento che sarebbe dovuto scaturire a seguito RAGIONE_SOCIALE procedura di intesa RAGIONE_SOCIALE–RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE per l’accertamento
RAGIONE_SOCIALE conformità alle prescrizioni delle norme e dei piani urbanistici ed edilizi».
Sul punto, il CTU, accertava che «dai documenti in atti e dalle verifiche effettuate presso gli enti competenti non risulta nessun atto che attesti alcuno provvedimento autorizzativo alla realizzazione dell’opera di cui si tratta’, neppure in relazione alle quattro varianti disposte in corso di causa, concludendo quindi per la sua non conformità urbanistica».
Con la precisazione che «neppure l’RAGIONE_SOCIALE appaltatrice ha allegato l’esistenza di tale atto».
Non poteva condividersi l’argomentazione dell’RAGIONE_SOCIALE appaltatrice per cui la compatibilità del progetto con gli strumenti urbanistici esistenti sarebbe stata ampiamente valutata in quanto era stato espresso «parere favorevole del RAGIONE_SOCIALE», in quanto per il CTU «la norma citata dalla Corte suprema richiede che la compatibilità sia determinata dallo RAGIONE_SOCIALE di intesa con la RAGIONE_SOCIALE il che, secondo un’interpretazione fedele, equilibrata e responsabile sta a significare che lo RAGIONE_SOCIALE prende questa compatibilità attraverso un proprio atto/provvedimento e non dispone che esista o debba essere provocato un provvedimento ad hoc RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE».
Non era sufficiente, allora, il parere del RAGIONE_SOCIALE.
5.2. A conclusioni non dissimili è giunta la Corte d’appello con riferimento al profilo paesaggistico, ove il CTU, evidenziava che «’ancorché per un piccolo tratto, il tracciato del secondo lotto RAGIONE_SOCIALE strada di circonvallazione di cui al progetto approvato in data 10/12/1981 e oggetto di causa, ricade all’interno dell’area vincolata con decreto’ ed in particolare con decreto ministeriale in data 30/11/1965, predisposto ai sensi RAGIONE_SOCIALE legge n. 1497/39, il quale
aveva incluso nell’elenco delle cose da sottoporre alla RAGIONE_SOCIALE paesistica ‘la fascia di terreno litoranea e l’immediato entroterra del Comune di RAGIONE_SOCIALE‘, provvedendo a precisare ‘dettagliatamente gli ambiti spaziali all’interno dei quali inserire l’area vincolata’».
Per il CTU, dunque, era «’obbligo, indipendentemente dal rilascio RAGIONE_SOCIALE concessione RAGIONE_SOCIALE, presentare alla competente Soprintendenza, per la preventiva approvazione qualunque progetto che potesse modificare l’aspetto esteriore RAGIONE_SOCIALE località vincolata’», mentre si era accertato che non era invece presente alcun provvedimento autorizzativo ovvero di conformità paesaggistica.
Pertanto, per il CTU «l’imposizione di un vincolo paesaggistico in forza del D.M. 30/11/65 aveva comportato l’inedificabilità assoluta dell’area», precisando che «la suddetta edificabilità e/o le possibili eventuali prescrizioni a RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE con cui un’opera così impattante si misurava sarebbero dovute scaturire (come peraltro nella ratio RAGIONE_SOCIALE legge) dalle preventive e non superabili valutazioni fatte dalla competente Soprintendenza».
Neppure era condivisibile quanto affermato dalla società appaltatrice per cui non sarebbe stata «necessaria alcuna autorizzazione, ai sensi dell’art. 7 RAGIONE_SOCIALE legge n. 1497/1939, allorquando, come nel caso di specie, la realizzazione dell’opera sia sviluppata in coerenza con gli strumenti urbanistici RAGIONE_SOCIALE zona».
Per il CTU, dunque, «l’autorizzazione paesaggistica si configura come atto autonomo e presupposto», nel senso che da una parte prescindeva «da ogni valutazione di compatibilità urbanisticoRAGIONE_SOCIALE» e dall’altra «era essenziale che preesistesse al titolo».
Trattandosi, dunque, di un’opera sottoposta a vincolo ministeriale sin dal 1965, «ogni opera che su essa si fosse dovuta realizzare avrebbe dovuto essere preventivamente valutata e assentita dalla competente Sovraintendenza», mentre, come
ritenuto dalla Corte di cassazione con la sentenza n. 565 del 2015, «l’inserimento nei piani regolatori non rileva certo ai fini dell’accertamento di detta conformità».
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’RAGIONE_SOCIALE, depositando anche memoria.
Ha resistito con controricorso il RAGIONE_SOCIALE, depositando anche memoria.
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo di impugnazione la RAGIONE_SOCIALE deduce la «nullità del contratto per violazione normativa urbanistico-RAGIONE_SOCIALE. I. Violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. Il tutto in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.».
In particolare, la Corte d’appello avrebbe erroneamente attribuito l’onere RAGIONE_SOCIALE prova relativo alla nullità del contratto, non al RAGIONE_SOCIALE, ma «all’RAGIONE_SOCIALE che ha sopportato l’eccezione».
La società appaltatrice aveva condiviso il rilievo in ordine alla proponibilità dell’eccezione di nullità «in ogni tempo», ma aveva evidenziato che occorreva distinguere il potere di allegazione da quello di rilevazione, in quanto il primo competeva esclusivamente alla parte e doveva essere esercitato nei tempi e nei modi previsti dal rito, mentre il potere-dovere di rilievo d’ufficio delle eccezioni che faceva capo al giudice si traduceva solo nell’attribuzione di rilevanza a determinati fatti, «essendo però necessario che i predetti fatti modificativi, impeditivi o estintivi risultino legittimamente acquisiti al processo o provati alla stregua RAGIONE_SOCIALE specifica disciplina processuale in concreto applicabile».
Il giudice del rinvio, dunque, avrebbe dovuto «attribuire l’onere probatorio sull’RAGIONE_SOCIALE e verificare le prove assunte dallo stesso a
sostegno RAGIONE_SOCIALE propria eccezione senza commettere alcune inversione dell’onere assumendo che incombeva sull’RAGIONE_SOCIALE, attrice sostanziale provare la fondatezza del titolo per il quale aveva agito su base monitoria».
Una volta, dunque, che la società appaltatrice aveva allegato che non occorreva il previo rilascio RAGIONE_SOCIALE concessione RAGIONE_SOCIALE comunale attesa la pertinenza agli interessi RAGIONE_SOCIALE delle opere finanziate ed autorizzate dallo RAGIONE_SOCIALE, anche nell’ambito degli interventi per il RAGIONE_SOCIALE, dovendosi tenere conto anche del parere favorevole espresso dal RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, sarebbe spettato al RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE la prova del fatto costitutivo dell’eccepita violazione normativa.
La CTU espletata non poteva «né in astratto né in concreto supplire al radicale difetto di prova dei fatti costituenti la violazione urbanistica».
Con il secondo motivo di impugnazione la RAGIONE_SOCIALE si duole RAGIONE_SOCIALE «violazione e falsa applicazione dell’art. 81 d.P.R. 616/1977 ovvero dell’art. 56 d.P.R. 348/1979, il tutto in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.».
L’interpretazione delle due norme invocate sarebbe «esattamente contraria a quella invece condotta dalla Corte d’appello».
Per la RAGIONE_SOCIALE, dunque, «in relazione agli interventi statali la preventiva concessione RAGIONE_SOCIALE da parte del Comune non è necessaria poiché è insita nelle opere di pertinenza con gli interessi statali».
Per giurisprudenza amministrativa, dunque, l’intesa tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE di cui all’art. 81 del d.P.R. n. 616 del 1977 e dell’art. 56 del d.P.R. n. 348 del 1979, «non è sempre necessaria, ma eventuale ed
è volta proprio alla costruzione di opere statali nelle sole ipotesi di difformità».
Sarebbe stato affermato in giurisprudenza che il recepimento dell’intesa RAGIONE_SOCIALE poteva «ritenersi adottato implicitamente attraverso l’approvazione dell’opera medesima».
Con il terzo motivo di impugnazione la RAGIONE_SOCIALE deduce la «violazione e falsa applicazione dell’art. 394 c.p.c., con riferimento al principio di diritto enunciato dalla Corte suprema, il tutto in relazione all’art. 360, primo comma, numeri 3 e 4, c.p.c.».
Per la Corte d’appello il CTU aveva accertato che «dai documenti e dalle verifiche effettuate presso gli uffici competenti non risulta nessun atto che attesti alcun provvedimento autorizzativo alla realizzazione dell’opera di cui si tratta».
In realtà, l’ambito del giudizio di rinvio avrebbe dovuto essere costituito «dalla cognizione piena RAGIONE_SOCIALE questione di nullità sollevata dal RAGIONE_SOCIALE», in quanto «l’avviso espresso dalla Corte suprema non si è tradotto nell’affermazione RAGIONE_SOCIALE nullità del contratto di appalto ma proprio nella necessità di indagarla».
Tale indagine, però, per la RAGIONE_SOCIALE, «non poteva soltanto circoscriversi alla verifica istruttoria meramente formale circa la sussistenza RAGIONE_SOCIALE conformità urbanistica da promuovere mediante consulenza tecnica d’ufficio, bensì investiva il giudice del rinvio di poteri pieni relative alla valutazione giuridica RAGIONE_SOCIALE configurazione stessa RAGIONE_SOCIALE violazione RAGIONE_SOCIALE normativa urbanistica».
Tale indagine non poteva ridursi «alla mera verifica dell’esistenza di un documento».
Se la Corte d’appello non si fosse limitata a tale adempimento formale, avrebbe accertato che «la procedura di intesa RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE non risultava necessaria poiché la tangenziale faceva parte degli strumenti urbanistici di cui il territorio già risultava dotato, e
che, quindi, verificandosi la piena conformità urbanistica, lo strumento di raccordo RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE previsto era del tutto superfluo, perché è invece dettato per le ipotesi in cui siffatta conformità risulta esclusa».
Con il quarto motivo di impugnazione la RAGIONE_SOCIALE deduce «l’omesso esame su fatto decisivo, il tutto in relazione all’articolo 360, primo comma, n. 5, c.p.c.».
Sarebbe stato trascurato il fatto storico decisivo costituito dalla circostanza per cui l’intera tangenziale di RAGIONE_SOCIALE «è prevista nel Piano Regolatore del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE del 1973 (decreto numero 109 del 13 luglio 1973) che era ricompreso nel piano di fabbricazione di RAGIONE_SOCIALE del 1975».
Non era necessaria allora l’intesa RAGIONE_SOCIALE in quanto «già sussisteva compatibilità con gli strumenti urbanistici adottati e l’opera pubblica non interveniva in difformità ad essi».
I quattro motivi di impugnazione, che vanno trattati congiuntamente per strette ragioni di connessione, sono infondati.
5.1. Deve premettersi che il giudice di rinvio è vincolato al principio di diritto affermato dalla Corte di cassazione in relazione ai punti decisivi non congruamente valutati dalla sentenza cassata e, se non può rimetterne in discussione il carattere di decisività, conserva il potere di procedere ad una nuova valutazione dei fatti già acquisiti e di quegli altri la cui acquisizione si renda necessaria in relazione alle direttive espresse dalla sentenza di annullamento (Cass., sez. 2, 2 febbraio 2024, n. 3150), senza poter sindacare la correttezza in iure del principio stabilito dalla sentenza pronunciata in sede di legittimità (Cass., sez. 3, 28 febbraio 2024, n. 5253).
Con la precisazione che, in ipotesi di annullamento con rinvio per violazione di norme di diritto, la pronuncia RAGIONE_SOCIALE Corte di cassazione vincola al principio affermato e ai relativi presupposti di fatto, onde
il giudice del rinvio deve uniformarsi non solo alla “regola” giuridica enunciata, ma anche alle premesse logico-giuridiche RAGIONE_SOCIALE decisione adottata, attenendosi agli accertamenti già compresi nell’ambito di tale enunciazione, senza poter estendere la propria indagine a questioni che, pur se non esaminate nel giudizio di legittimità costituiscono il presupposto stesso RAGIONE_SOCIALE pronuncia di annullamento, formando oggetto di giudicato implicito interno, atteso che il riesame delle suddette questioni verrebbe a porre nel nulla o a limitare gli effetti RAGIONE_SOCIALE sentenza di cassazione, in contrasto col principio di intangibilità (Cass., sez. L, 11 ottobre 2022, n. 29733; Cass., n. 7091 del 2022; Cass., n. 17353 del 2010).
Inoltre, costituisce principio consolidato di legittimità quello per cui i limiti dei poteri attribuiti al giudice di rinvio sono diversi a seconda che la sentenza di annullamento abbia accolto il ricorso per violazione o falsa applicazione di norme di diritto, ovvero per vizi di motivazione in ordine a punti decisivi RAGIONE_SOCIALE controversia, ovvero per l’una e per l’altra ragione: nella prima ipotesi, il giudice di rinvio è tenuto soltanto ad uniformarsi, ai sensi dell’art. 384, comma 1, c.p.c., al principio di diritto enunciato dalla sentenza di cassazione, senza possibilità di modificare l’accertamento e la valutazione dei fatti acquisiti al processo; nella seconda ipotesi, il giudice non solo può valutare liberamente i fatti già accertati, ma può anche indagare su altri fatti, ai fini di un apprezzamento complessivo in relazione alla pronuncia da emettere in sostituzione di quella cassata, tenendo conto, peraltro, delle preclusioni e decadenze già verificatesi; nella terza ipotesi, la ” potestas iudicandi ” del giudice di rinvio, oltre ad estrinsecarsi nell’applicazione del principio di diritto, può comportare la valutazione “ex novo” dei fatti già acquisiti, nonché la valutazione di altri fatti, la cui acquisizione sia consentita in base alle direttive impartite dalla Corte di cassazione e sempre nel rispetto delle
preclusioni e decadenze pregresse (Cass., sez. 3, 15 giugno 2023, n. 17240; anche Cass., n. 6097 del 2022; Cass., n. 8810 del 2022; Cass., n. 20320 del 2021).
Nella specie, il ricorso per cassazione è stato accolto per violazione di legge, restando assorbito il vizio RAGIONE_SOCIALE motivazione, ma la Corte ha disposto ulteriori accertamenti istruttori.
Tra l’altro, per questa Corte il giudice del rinvio, al quale la Corte di cassazione abbia rimesso la causa a seguito di annullamento RAGIONE_SOCIALE decisione ex art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., incorre nella violazione dell’art. 384 c.p.c. laddove giudichi i rapporti sulla base di un criterio diverso da quello indicato dalla Corte stessa (Cass., sez. 5, 4 ottobre 2022, n. 28734).
6. Va fatta applicazione, poi, del principio di diritto per cui nel giudizio di rinvio, configurato dall’art. 394, comma 3, c.p.c. quale giudizio ad istruzione sostanzialmente chiusa, non sono ammesse nuove conclusioni e richieste di nuove prove, ad eccezione del giuramento decisorio, salvo il caso in cui la sentenza d’appello sia stata annullata per vizio di violazione o falsa applicazione di legge, che reimposti secondo un diverso angolo visuale i termini giuridici RAGIONE_SOCIALE controversia, così da richiedere l’accertamento dei fatti, intesi in senso storico o normativo, non trattati dalle parti e non esaminati dal giudice di merito perché ritenuti erroneamente privi di rilievo (Cass., sez. 6-5, 18 aprile 2017, n. 9768).
Nella specie, questa Corte, con la sentenza n. 565 del 2015, ha evidenziato che vi era stata nei gradi di merito «una grave carenza nell’istruttoria espletata» e che la Corte d’appello, in conformità con le indicazioni in diritto fornite dalla Corte, avrebbe dovuto «effettuare opportuni accertamenti», poi correttamente effettuati dalla Corte d’appello in sede di rinvio attraverso l’espletamento di una CTU.
7. In primo luogo, va chiarito che, dopo la decisione di questa Corte n. 565 del 2015, risultano ultronee le osservazioni in ordine all’asserita violazione RAGIONE_SOCIALE regola di riparto dell’onere RAGIONE_SOCIALE prova di cui all’art. 2697 c.c.
7.1. In realtà, sul punto si è ormai formato il giudicato interno, in quanto la Corte di cassazione ha accolto i due motivi di ricorso articolati dal RAGIONE_SOCIALE, tutti relativi alla violazione dell’art. 1418 c.c., in tema di nullità del contratto, ed anche con riferimento al «vizio di motivazione in relazione alla nullità del contratto per violazione di norme imperative».
Pertanto, è evidente che questa Corte ha reputato che del tutto legittimamente era stata sollevata la questione di nullità del contratto per violazione di norme imperative, demandando alla Corte d’appello, in sede di rinvio, esclusivamente l’istruttoria per chiarire il rispetto meno da parte dell’RAGIONE_SOCIALE appaltatrice RAGIONE_SOCIALE normativa relativa alla conformità urbanistica e di quella inerente alla RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE.
La Corte d’appello, sul punto, ha mostrato di avere ben inteso il dictum vincolante di questa Corte, osservando puntualmente che «Innanzi tutto deve rilevarsi come l’ammissibilità ‘in astratto’ dell’eccepita nullità del contratto di appalto RAGIONE_SOCIALE sua rilevabilità è stata affermata dalla stessa suprema Corte nella sentenza di rinvio n. 565/2015 e non è più contestabile in questa sede, nella quale può solamente verificarsi, in concreto, all’esito degli ‘opportuni accertamenti’ istruttori sollecitati dalla Corte, la sussistenza RAGIONE_SOCIALE dedotta nullità con specifico riferimento al difetto di compatibilità delle opere appaltate allo strumento urbanistico ed alla mancanza di documentazione relativa alla conformità dell’opera alla disciplina di RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE ai sensi RAGIONE_SOCIALE legge n. 1497/1939».
Il nitore di tale affermazione non è in alcun modo criticabile.
Tra l’altro, le regole sull’onere RAGIONE_SOCIALE prova sono disposizioni di giudizio residuali rispetto al principio di acquisizione probatoria secondo il quale le risultanze istruttorie, comunque ottenute, concorrono alla formazione del libero convincimento del giudice (non condizionato dalla loro provenienza) -e trovano, dunque, applicazione solo in presenza di un fatto rilevante rimasto ignoto sulla base delle emergenze probatorie (Cass., sez. 3, 13/4/2023, n. 9863).
Anche con riferimento alla normativa urbanistica applicabile, non può essere in alcun modo contestato quanto ormai già affermato da questa Corte con la sentenza n. 565 del 2015.
8.1. L’art. 81 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 (attuazione RAGIONE_SOCIALE delega di cui all’art. uno RAGIONE_SOCIALE legge 22 luglio 1975, n. 382) stabilisce, al comma 2, che «per le opere da eseguirsi da amministrazioni statali o comunque insistenti su aree del demanio statale l’accertamento RAGIONE_SOCIALE conformità alle prescrizioni delle norme e dei piani urbanistici ed edilizi, salvo che per le opere destinate alla difesa militare, è fatto dallo RAGIONE_SOCIALE, d’intesa con la RAGIONE_SOCIALE interessata».
Allo stesso modo, l’art. 56 del d.P.R. 19 giugno 1979, n. 348 (Norme di attuazione dello statuto speciale per la RAGIONE_SOCIALE in riferimento alla legge 22 luglio 1975, n. 382 e al decreto del presidente RAGIONE_SOCIALE Repubblica 24 luglio 1977, n. 616) dispone che «per le opere da eseguirsi da amministrazioni statali o comunque insistenti su aree del demanio statale l’accertamento RAGIONE_SOCIALE conformità alle prescrizioni delle norme e dei piani urbanistici ed edilizi salvo che per le opere destinate alla difesa militare, è fatto dallo RAGIONE_SOCIALE, d’intesa con la RAGIONE_SOCIALE».
Inoltre, strettamente connessa alle precedenti è la disposizione di cui all’art. 138 del d.P.R. 6 marzo 1978, n. 218 (Testo unico delle leggi sugli interventi nel RAGIONE_SOCIALE), in base al quale «la RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE può affidare la esecuzione delle opere di sua competenza ad organi dello RAGIONE_SOCIALE e ad aziende autonome statali pone dalla concessione ad enti locali e loro consorzi, a consorzi di bonifica e di irrigazione e ad altri enti di diritto pubblico ivi compresi i consorzi per le aree ed i nuclei di sviluppo RAGIONE_SOCIALE, nonché agli altri enti di sviluppo in agricoltura. La RAGIONE_SOCIALE subordina la concessione per la esecuzione delle opere di propria competenza all’ente interessato, al preventivo accertamento dell’idoneità tecnico amministrativa dell’ente stesso. Il ministro per gli interventi straordinari nel RAGIONE_SOCIALE, ove sussistano comprovate carenze, propone agli organi statali e regionali che esercitano la RAGIONE_SOCIALE sull’ente, gli interventi necessari ad adeguare la funzionalità».
8.3. Il combinato disposto delle predisposizioni suindicate è stato fatto oggetto di specifica interpretazione da parte di questa Corte con la sentenza n. 565 del 2015, che, dunque, sotto tale aspetto, costituisce il giudicato interno che non può essere rimesso in discussione nell’ambito del giudizio di rinvio.
Sotto il profilo urbanistico, infatti, questa Corte, con la decisione sopra richiamata, ha reputato indispensabile un provvedimento preventivo adottato d’intesa tra lo RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE (nello stesso senso va la giurisprudenza amministrativa: Cons. RAGIONE_SOCIALE., sez. 5, 13 febbraio 1996, n. 199; Cons. RAGIONE_SOCIALE, sez. IV, 12 aprile 1005, n. 233; Cons. RAGIONE_SOCIALE., sez. V, 26 settembre 2000, n. 5097; la sentenza citata dalla società appaltatrice Cons.RAGIONE_SOCIALE., sez. IV., 20 maggio 1999, n. 871, attiene invece alla diversa fattispecie di cui all’art. 81, comma 3, del d.P.R. n. 616 del 1977).
In particolare, ha ritenuto che «l’opera era stata approvata dalla RAGIONE_SOCIALE, ed attribuita in concessione al RAGIONE_SOCIALE». Per poi chiarire che «secondo giurisprudenza consolidata
è parificata, ai sensi dell’art. 138 d.P.R. n. 218 del 1978 la disciplina delle opere approvata dalla RAGIONE_SOCIALE a quella propria dei RAGIONE_SOCIALE dello RAGIONE_SOCIALE, ricadenti nella competenza del ministero dei RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE; non occorre concessione comunale alcuna, rimanendo l’accertamento RAGIONE_SOCIALE compatibilità delle opere con le prescrizioni degli strumenti urbanistici territoriali, affidato al predetto ministro (ed eventualmente, dopo il trasferimento di funzioni dal ministero agli enti locali, alla RAGIONE_SOCIALE)».
Ancor più chiaramente, questa Corte, nella motivazione RAGIONE_SOCIALE sentenza, che costituisce giudicato interno, ha sottolineato che «ra comunque, all’evidenza, necessario un iniziale provvedimento relativo alla predetta compatibilità, emesso all’esito RAGIONE_SOCIALE procedura di RAGIONE_SOCIALE di cui all’art. 81 d.P.R. n. 616 del 1977 ovvero dell’art. 56 del d.P.R. n. 348 del 1979 delle opere da eseguirsi nella RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE».
L’importanza di tale provvedimento preventivo, adottato d’intesa dallo RAGIONE_SOCIALE e dalla RAGIONE_SOCIALE, viene successivamente rimarcato da questa Corte, affermando che «sostiene il RAGIONE_SOCIALE -e la circostanza non è in sostanza contestata – che tale provvedimento non è stato prodotto», sicché «l’inesistenza di esso renderebbe sicuramente nullo il contratto per contrasto con norme imperative» non avendo alcuna «rilevanza quanto affermato dal giudice a quo circa una successiva concessione comunale, dopo il trasferimento RAGIONE_SOCIALE titolarità in capo al RAGIONE_SOCIALE, relativa peraltro ad una variante dell’opera».
Dinanzi al dictum RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALEzione, la Corte d’appello ha correttamente disposto una CTU dalla quale è rimasto confermato che non v’era stato alcun provvedimento adottato d’intesa tra lo RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE ai fini RAGIONE_SOCIALE conformità urbanistica.
In realtà, la Corte RAGIONE_SOCIALE ha ravvisato che, proprio dalle risultanze RAGIONE_SOCIALE CTU, l’opera era stata realizzata in discordanza sia dalla normativa urbanistica che da quella relativa alla RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE. Per il CTU, infatti, «l’opera pubblica oggetto del contratto di appalto stipulato tra le parti l’8/6/1984 non risulta conforme né sotto il profilo urbanistico nè sotto il profilo paesaggistico essendo priva delle rispettive autorizzazioni sia per quanto attiene al progetto principale approvato dalla RAGIONE_SOCIALE per il RAGIONE_SOCIALE in data 10/12/1981 con la deliberazione presidenziale n. 4458/SI sia per quanto attiene a ciascuna delle 4 varianti sostanziali che si sono succedute».
Ciò che rileva è, in particolare, che era necessario «un preventivo provvedimento che sarebbe dovuto scaturire a seguito RAGIONE_SOCIALE procedura di RAGIONE_SOCIALE per l’accertamento RAGIONE_SOCIALE conformità alle prescrizioni delle norme e dei piani urbanistici ed edilizi». Tuttavia, come riferito dal CTU, «dai documenti in atti e dalle verifiche effettuate presso gli enti competenti non risulta nessun atto che attesti alcun provvedimento autorizzativo alla realizzazione dell’opera di cui si tratta».
Del resto, ha aggiunto la Corte d’appello, «neppure l’RAGIONE_SOCIALE appaltatrice ha allegato l’esistenza di tale atto».
Va solo chiarito, in aggiunta, che, in base al contratto di appalto, risulta pacificamente che era onere RAGIONE_SOCIALE società appaltatrice acquisire i documenti autorizzatori e concessori all’esecuzione delle opere, ai sensi dell’art. 102, comma 35, del capitolato speciale d’appalto.
Pertanto, la deduzione RAGIONE_SOCIALE società appaltatrice per cui, in relazione agli interventi statali, la preventiva concessione RAGIONE_SOCIALE da parte del Comune non era necessaria, perché era insita nelle opere di pertinenza con gli interessi statali, non può essere condivisa.
Non si può sostenere, infatti, che la procedura di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE possa essere sostituita dalla mera «valutazione RAGIONE_SOCIALE conformità dell’opera alle previsioni urbanistiche del Comune».
Su tale aspetto, ormai, si è formato il giudicato interno. Risultava dunque assolutamente necessario un provvedimento preventivo adottato attraverso lo strumento di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE– RAGIONE_SOCIALE, invece del tutto assente.
Il mandato di questa Corte al giudice del rinvio era proprio quello di verificare la compatibilità urbanistica delle opere, tenendo conto dell’acquisizione o meno di tale provvedimento preventivo.
La circostanza che la tangenziale «faceva parte degli strumenti urbanistici di cui il territorio già risultava dotato», risulta del tutto irrilevante.
Allo stesso modo, è irrilevante, in base al dictum di questa Corte, costituente ormai giudicato interno, che «l’intera tangenziale di RAGIONE_SOCIALE è prevista nel piano regolatore del nucleo di industrializzazione di RAGIONE_SOCIALE del 1973 (decreto n. 109 del 13 luglio 1973) che è ricompreso nel piano di fabbricazione di RAGIONE_SOCIALE del 1975».
Sul punto vi è anche un difetto di autosufficienza, in quanto non si indica il dove il fatto è stato dedotto.
Con il quinto motivo di impugnazione la RAGIONE_SOCIALE deduce «nullità del contratto per violazione normativa paesaggistica. Violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., il tutto in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.».
La Corte d’appello avrebbe attribuito l’onere RAGIONE_SOCIALE prova relativo alla nullità del contratto, anche sulla questione paesaggistica, non al RAGIONE_SOCIALE, bensì all’RAGIONE_SOCIALE che ha sopportato l’eccezione.
Per la RAGIONE_SOCIALE appaltatrice, in realtà, il contratto di opera pubblica in esame, in ragione delle sue «peculiari caratteristiche», «non necessitava di preventiva autorizzazione paesaggistica».
Il RAGIONE_SOCIALE, invece, avrebbe dovuto dimostrare la «non conformità paesaggistica dell’opera che non può essere ridott alla assenza di preventiva autorizzazione ai sensi dell’art. 7 legge 1497/1939».
Vi sarebbe stata, dunque, una violazione in tema di ripartizione dell’onere RAGIONE_SOCIALE prova dalle parti.
La CTU espletata non avrebbe potuto supplire alla radicale difetto di prova dei fatti costitutivi RAGIONE_SOCIALE violazione paesaggistica.
Con il sesto motivo di impugnazione la RAGIONE_SOCIALE deduce la «violazione e falsa applicazione degli articoli 7 e 8 RAGIONE_SOCIALE legge 1497/1939, il tutto in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.».
La Corte RAGIONE_SOCIALE avrebbe reputato sussistente la violazione RAGIONE_SOCIALE normativa paesaggistica sulla base RAGIONE_SOCIALE sola constatazione dell’assenza del nullaosta paesaggistico, ai sensi degli articoli 7 e 8 RAGIONE_SOCIALE legge 29 giugno 1939, n. 1497.
Per la Corte d’appello l’autorizzazione paesaggistica «si configura come atto autonomo e presupposto».
Pertanto, non solo dovrebbe prescindere da ogni valutazione di compatibilità urbanistico RAGIONE_SOCIALE, ma dovrebbe anche preesistere al titolo.
L’area sarebbe stata sottoposta al vincolo ministeriale sin dal 1965, sicché ogni opera che su di essa si fosse dovuta realizzare avrebbe dovuto essere preventivamente valutata e assentita dalla Soprintendenza.
Per la RAGIONE_SOCIALE, invece, vi sarebbe stata una non corretta applicazione RAGIONE_SOCIALE norma, in quanto la disciplina di RAGIONE_SOCIALE
paesaggistica non introduce un divieto di inedificabilità assoluta in zona vincolata, mentre la conformità paesaggistica dell’opera «non si riduce all’assenza dell’autorizzazione preventiva ex art. 7».
In realtà, in materia di conformità paesaggistica «il divieto di rilascio di autorizzazioni paesaggistiche postume» si è realizzato solo con l’introduzione del d.lgs. n. 42 del 2004 «e non prima». In precedenza, invece, per la giurisprudenza amministrativa (si cita Cons. stato, sez. VI, 9 ottobre 2000, n. 5373) si considerava la possibilità «di autorizzazioni postume a carattere sanante».
Dalle risultanze istruttorie, dunque, sarebbe stato possibile «apprezzare la conformità paesaggistica dell’opera in modo conforme a legge secondo la sua corretta interpretazione».
Con il settimo motivo di impugnazione la RAGIONE_SOCIALE si duole RAGIONE_SOCIALE «violazione e falsa applicazione dell’art. 394 c.p.c., con riferimento al principio di diritto enunciato dalla Corte suprema, il tutto in relazione all’art. 360, primo comma, numeri 3 e 4, c.p.c.».
La Corte RAGIONE_SOCIALE ha ritenuto, condividendo le conclusioni del CTU, che era obbligo dell’appaltatrice presentare alla competente Soprintendenza la richiesta di preventiva approvazione, mentre non era presente alcun provvedimento autorizzativo ovvero di conformità paesaggistica.
Il giudizio di rinvio, però, avrebbe dovuto essere costituito dalla cognizione piena RAGIONE_SOCIALE questione di nullità sollevata dal RAGIONE_SOCIALE. Tale indagine non poteva circoscriversi alla verifica istruttoria meramente formale circa la sussistenza RAGIONE_SOCIALE autorizzazione preventiva paesaggistica, da promuovere mediante consulenza tecnica d’ufficio, bensì «investiva il giudice del rinvio di poteri pieni relativi alla valutazione giuridica RAGIONE_SOCIALE configurazione delle ipotesi di violazioni RAGIONE_SOCIALE normativa paesaggistica».
L’approfondimento non poteva «ridursi alla mera verifica dell’esistenza di un documento».
Tra l’altro, la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, autorità preposta alla gestione del vincolo, aveva partecipato agli atti di programmazione del territorio in cui la tangenziale è ricompresa sia in epoca precedente al progetto sia in epoca successiva, provando negli esiti.
Con l’ottavo motivo di impugnazione la società appaltatrice deduce «l’omesso esame su fatto decisivo, il tutto in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c.».
La Corte RAGIONE_SOCIALE ha affermato che l’autorizzazione paesaggistica prescinde «da ogni valutazione di compatibilità urbanistica o RAGIONE_SOCIALE», ma, in tal modo, avrebbe trascurato un fatto decisivo, consistente nel fatto che la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, quale autorità titolare RAGIONE_SOCIALE gestione del vincolo, nel 1976, epoca in cui il vincolo era già presente, era intervenuto (decreto n. 96 del 2 aprile 1976) nella sequenza approvativa RAGIONE_SOCIALE programmazione amministrativa del territorio per la definizione del tracciato RAGIONE_SOCIALE tangenziale prima dell’approvazione del progetto dell’opera.
Inoltre, la RAGIONE_SOCIALE, nel 1986, in epoca successiva all’approvazione del progetto dell’opera e, anzi, nella fase di piena attuazione dell’appalto, era intervenuta nuovamente, con decreto del 24 aprile 1986, nella sequenza approvativa RAGIONE_SOCIALE programmazione amministrativa del territorio sulla variante che introduceva lo svincolo.
I motivi quinto, sesto, settimo e ottavo, che vanno trattati congiuntamente per strette ragioni di connessione, sono infondati.
9.1. Anzitutto, si rileva che deve essere applicato il principio di diritto di cui alla sentenza di questa Corte n. 565 del 2015, sicché è irrilevante ai fini del decidere l’applicazione del principio di riparto dell’onere RAGIONE_SOCIALE prova, avendo questa Corte dettato con precisione
gli elementi che dovevano essere oggetto di specifico accertamento in sede istruttoria.
10. In particolare, con la decisione sopra richiamata e, con particolare riferimento ai vincoli paesaggistici, questa Corte ha ritenuto che «è altresì pacifica la mancanza di documentazione relativa alla conformità dell’opera la disciplina di RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE, ai sensi RAGIONE_SOCIALE L. n. 1497 del 1939. L’inserimento nei piani regolatori, come indicato dalla sentenza impugnata, non rileva certo ai fini dell’accertamento di detta conformità. Ed è lo stesso giudice a quo a precisare che, almeno per un tratto, l’opera è sicuramente sottoposta al predetto vincolo. La mancanza di tale accertamento, costituirebbe ulteriore profilo di nullità».
Pertanto, questa Corte, «essendo emersa una grave carenza di istruttoria espletata», ha disposto il rinvio invitando la Corte d’appello ad «effettuare opportuni accertamenti».
Questa Corte, dunque, ha ritenuto che l’assenza di documentazione relativa alla conformità dell’opera la disciplina di RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE avrebbe comportato un profilo di nullità del contratto.
Non può, dunque, ritenersi che l’assenza di una specifica autorizzazione preventiva rilasciata dalla Soprintendenza possa essere surrogata da una sorta di autorizzazione paesaggistica «implicita», che deriverebbe dalla circostanza che la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE «autorità preposta alla gestione del vincolo, ha partecipato agli atti di programmazione del territorio in cui la tangenziale è ricompresa sia in epoca precedente al progetto che in epoca successiva a provando negli esiti».
11. L’art. 7 RAGIONE_SOCIALE legge 29 giugno 1939, n. 1497 (Protezione delle bellezze naturali) prevede che «i proprietari possessori o detentori, a qualsiasi titolo, dell’immobile, il quale sia stato oggetto di notificata
dichiarazione o sia stato compreso nei pubblicati elenchi delle località non possono distruggerlo né introdurvi modificazioni che arrechino pregiudizio a quel suo esteriore aspetto che è protetto dalla presente legge. Essi pertanto debbono presentare i progetti dei RAGIONE_SOCIALE che vogliano intraprendere alla competente Regia Soprintendenza e astenersi dal mettervi mano sino a tanto che non ne abbiano ottenuto l’autorizzazione». Tale norma è stata abrogata dal d.lgs. 29 ottobre 1999, n. 490.
L’art. 8 RAGIONE_SOCIALE legge n. 1497 del 1939 stabilisce poi che «indipendentemente dall’inclusione nell’elenco delle località o dalla notificazione di cui all’art. 6, il ministro dell’educazione nazionale ha facoltà: a) di inibire che si eseguono senza preventiva autorizzazione RAGIONE_SOCIALE comunque capaci di recare pregiudizio all’attuale stato esteriore delle cose e delle località soggetta alla presente legge ».
11.1. Successivamente sono intervenuti precetti contenuti negli articoli 9 e 42, secondo comma, RAGIONE_SOCIALE Costituzione, tanto che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 56 del 1968, ha rilevato che vi sono complessi di beni e di aree individuate direttamente dal legislatore in forza del loro «particolare interesse ambientale».
11.2.La RAGIONE_SOCIALE di questi valori è stata poi accentuata dall’art. 1quinquies RAGIONE_SOCIALE legge n. 431 del 1985 (c.d. Galasso) che, per i beni ambientali e culturali sottoposti a vincolo paesaggistico, ha vietato, fino all’adozione da parte delle regioni dei piani paesistici, «ogni modificazione dell’assetto del territorio nonché ogni opera RAGIONE_SOCIALE, con esclusione degli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico e di restauro conservativo che non alterino lo stato dei luoghi e l’aspetto esteriore degli edifici».
11.3. Sono poi intervenuti d.lgs. n. 490 del 1999 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali), successivamente modificato e sostituito dal d.lgs. n. 42 del 2004.
L’art. 135 del d.lgs. n. 42 del 2004, in vigore dal 24 aprile 2008, stabilisce un procedimento di RAGIONE_SOCIALE congiunta da parte di Ministero e regioni. L’elaborazione dei piani paesaggistici, infatti, «avviene congiuntamente tra ministro delle regioni, limitatamente ai beni paesaggistici di cui all’art. 143, comma uno, lettere b), c) e d), nelle forme previste dal medesimo art. 143».
L’art. 145, comma 4, del d.lgs. n. 42 del 2004 prevede, poi, la prevalenza del piano paesaggistico sugli strumenti urbanistici comunali («I comuni, le città metropolitane, le province e gli enti gestori delle aree naturali protette conformano o adeguano gli strumenti di RAGIONE_SOCIALE urbanistica e RAGIONE_SOCIALE alle previsioni dei piani paesaggistici, secondo le procedure previste dalla legge regionale»).
A seguito dell’espletamento RAGIONE_SOCIALE CTU, la Corte d’appello ha affermato che era necessaria l’autorizzazione preventiva.
In particolare, il CTU ha «sostenuto che la suddetta edificabilità e/o le possibili eventuali prescrizioni a RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE con cui un’opera così impattante si misurava sarebbero dovuto scaturire dalle preventive e non superabili valutazioni fatte dalla competente Soprintendenza».
Inoltre, il CTU ha risposto anche alle osservazioni critiche del consulente tecnico di parte RAGIONE_SOCIALE società appaltatrice, il quale aveva asserito la non necessità dell’autorizzazione, allorquando la realizzazione dell’opera sia sviluppata in coerenza con gli strumenti urbanistici RAGIONE_SOCIALE zona.
Al contrario, il giudice d’appello, seguendo le indicazioni del CTU, ha ritenuto che «l’autorizzazione paesaggistica si configura come atto autonomo e presupposto. Ovverossia da una parte prescinde da ogni valutazione di compatibilità urbanistica o RAGIONE_SOCIALE, dall’altra è essenziale che preesiste al titolo».
Pertanto, prosegue la Corte, «in quanto area sottoposta a vincolo ministeriale sin dal 1965, ogni opera che su di essa si fosse dovuta realizzare avrebbe dovuto essere preventivamente valutata e assentita dalla competente Soprintendenza».
Con l’ulteriore precisazione da parte RAGIONE_SOCIALE Corte RAGIONE_SOCIALE per cui, a fronte RAGIONE_SOCIALE richiesta del CTU di rilascio di copia conforme di nullaosta paesaggistico relativo all’intervento in oggetto, in data 11 aprile 2009 giungeva risposta «con la quale la RAGIONE_SOCIALE settentrionale comunicava testualmente che all’archivio di questo RAGIONE_SOCIALE non esiste alcun fascicolo riguardante l’intervento ‘strada tangenziale di scorrimento zona Pittulongu – 2° lotto».
Per questa Corte, dunque, con la sentenza n. 565 del 2015, sono stati accertati con efficacia di giudicato alcuni punti fermi: la precisazione che l’inserimento nei piani regolatori non rileva ai fini dell’accertamento RAGIONE_SOCIALE conformità paesaggistica; la pacifica mancanza di documentazione relativa alla conformità dell’opera in relazione alla disciplina di RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE, ai sensi RAGIONE_SOCIALE legge n. 1497 del 1939; la sanzione di nullità del contratto di appalto in assenza di documentazione relativa alla conformità paesaggistica; il fatto che l’opera «è sicuramente sottoposta al predetto vincolo».
La necessità RAGIONE_SOCIALE sussistenza del nullaosta paesaggistico risulta, peraltro, anche dalla giurisprudenza di legittimità.
Si è ritenuto, infatti, che, ai fini RAGIONE_SOCIALE determinazione dell’indennità di espropriazione per pubblica utilità, non può ritenersi l’inedificabilità del terreno che ne forma oggetto solo perché lo stesso è sottoposto al vincolo paesistico di cui alla legge 29 giugno 1939, n. 1497 (come richiamata dall’art. 82, quinto comma, lett. a, del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, aggiunto in sede di conversione del
decreto – legge 27 giugno 1985, n. 312), occorrendo, invece, che risulti dai pertinenti documenti che l’inedificabilità sia stata concretamente imposta, in quanto l’esercizio dello “ius aedificandi” nelle zone soggette al vincolo suindicato non è escluso per il mero fatto RAGIONE_SOCIALE sottoposizione al medesimo, restando solo condizionato al nulla osta RAGIONE_SOCIALE competente sovrintendenza (Cass., se. 1, 12 dicembre 2001, n. 15704; anche Cass., sez. 1, 19 luglio 2002, n. 10542, con riferimento al vincolo di inedificabilità contenuto in un piano RAGIONE_SOCIALE paesistico, che impone un vincolo conformativo; per la prevalenza delle prescrizioni del piano paesaggistico regionale sul PRG vedi Cass., sez. 5, 20 dicembre 2019, n. 34242).
15. Nei motivi di ricorso per cassazione, peraltro, non sono riportati neppure per stralcio i documenti ivi richiamati (decreto n. 96 del 2 aprile 1976 e decreto n. 370/V del 24 aprile 1986), con difetto di autosufficienza dei motivi.
Si conferma che l’intervento RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE «nella sequenza approvativa RAGIONE_SOCIALE programmazione amministrativa del territorio sulla variante che introduceva lo svincolo» non può costituire quella documentazione per la quale la Corte di cassazione con la sentenza n. 565 del 2015 aveva invitato a verificare la sussistenza, a prescindere da comportamenti sostanziali degli organi amministrativi preposti alla RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE.
16. Le spese del giudizio di legittimità vanno poste, per il principio RAGIONE_SOCIALE soccombenza, a carico RAGIONE_SOCIALE società RAGIONE_SOCIALE si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Condanna la RAGIONE_SOCIALE a rimborsare in favore del controRAGIONE_SOCIALE le spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi euro 12.000,00, oltre euro 200,00 per esborsi,
rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15%, Iva e Cpa.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-q uater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto RAGIONE_SOCIALE sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso art. 1, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 4 giugno 2024