Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 8889 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 8889 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 03/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 23175 – 2017 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione coatta amministrativa -c.f./p.i.v.a. 00204010243 -in persona dei commissari liquidatori, dottor NOME COGNOME, dottor NOME COGNOME e avvocato NOME COGNOME, in qualità di mandataria di RAGIONE_SOCIALE -c.f./p.i.v.a. 13984791007 -(in virtù di scritture private del 26.1.2017 autenticate a ministero notar NOME COGNOME di Roma) , elettivamente domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME COGNOME, che ha indicato il proprio indirizzo p.e.c. e che la rappresenta e difende in virtù di procura speciale su foglio allegato al ricorso.
RICORRENTE
contro
CURATORE del fallimento della ‘ RAGIONE_SOCIALE, in persona del la dottoressa NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in Roma, alla INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME
COGNOME che ha indicato il proprio indirizzo p.e.c. e che lo rappresenta e difende in virtù di procura speciale su foglio allegato in calce al controricorso.
CONTRORICORRENTE
avverso il decreto del Tribunale di Roma n. 3472/2017, udita la relazione nella camera di consiglio del 25 febbraio 2025 del consigliere dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
La ‘ Banca Popolare di Vicenza ‘ domandava l’ammissione al passivo del fallimento della ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘ – dichiarato dal Tribunale di Roma -in chirografo per l’importo di euro 1.814.441,20, quale residuo ammontare del finanziamento n. 340104761, accordato in data 11.6.2010 (cfr. ricorso, pag. 3) .
Il giudice delegato denegava l’ammissione al passivo, giacché la pretes a creditoria non risultava sufficientemente documentata (cfr. ricorso, pag. 4) .
L a ‘Banca Popolare di Vicenza’ proponeva opposizione.
Chiedeva l’ammissione al passivo per euro 1. 814.441,20; in subordine per euro 1.766.473,95, ossia per la sola sorte capitale.
Resisteva il curatore del fallimento.
Con decreto n. 3472/2017 il Tribunale di Roma rigettava l’ opposizione e condannava l’opponente alle spese di lite .
Evidenziava il tribunale , nel quadro della previsione dell’art. 117 del d.lgs. n. 385/1993 (t.u.b.) e dunque al cospetto dell’onere della forma scritta prefigurata a pena di nullità, che l’opponente non aveva atteso alla produzione del contratto scritto costituente il titolo dell’azionata pretesa restitutoria .
Evidenziava in pari tempo che l’omessa allegazione del documento contrattuale non poteva reputarsi surrogata alla stregua dell ‘ulteriore documentazione versata in atti (cfr. decreto impugnato, pag. 4) .
Evidenziava in particolare che la prova del titolo non poteva essere desunta da eventuali atti ricognitivi del debito, cui la ‘RAGIONE_SOCIALE Tinari Valerio’ aveva fatto luogo antecedentemente all’apertura della procedura fallimentare, attesa la posizione di terzietà del curatore (cfr. decreto impugnato, pag. 4) .
Evidenziava infine che l’istanza subordinata formulata dalla ‘Banca’ in sede di opposizione integrava domanda ‘nuova’, in quanto ancorata ad una ‘ causa petendi ‘ diversa da quella ex contractu – addotta a fondamento della domanda iniziale (cfr. decreto impugnato, pag. 4) .
Avverso tale decreto ha proposto ricorso la ‘ Banca Popolare di Vicenza ‘ s.p.a. in l.c.a. in qualità di mandataria di RAGIONE_SOCIALE ne ha chiesto sulla scorta di quattro motivi la cassazione con ogni conseguente statuizione anche in ordine alle spese.
Il curatore del fallimento della RAGIONE_SOCIALE ha depositato controricorso; ha chiesto rigettarsi il ricorso con il favore delle spese.
La ricorrente ha depositato memoria. Parimenti, il curatore controricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 117 e 127 t.u.b.
Deduce che il curatore del fallimento è terzo rispetto alla pattuizione integrante il titolo dell’azionata pretesa e la nullità de qua agitur può, ex art. 127, 2° co., t.u.b., essere fatta valere soltanto dal cliente (cfr. ricorso, pag. 9) .
Con il secondo motivo la ricor rente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 117 e 127 t.u.b. e dell’art. 1813 cod. civ.
Deduce che la nullità ex art. 117 t.u.b. ha natura di nullità ‘di protezione ‘, sicché può essere fatta valere nell’esclusivo interesse del cliente della banca (cfr. ricorso, pag. 12) .
Il primo motivo ed il secondo motivo di ricorso sono evidentemente connessi; il che ne rende opportuna la disamina contestuale; in ogni caso, i medesimi mezzi di impugnazione sono privi di fondamento e vanno respinti.
Questa Corte ha spiegato che il curatore fallimentare è legittimato a far valere la nullità del contratto bancario non redatto per iscritto, in violazione dell ‘ art. 117, 1° co. e 3° co., del d.lgs. n. 385 del 1993, perché il curatore ha la gestione del patrimonio fallimentare e la sua posizione di terzietà rispetto al fallito è prevista per assicurare una maggiore protezione della massa dei creditori, come confermato dall ‘ art. 119, 4° co., del d.lgs. citato, che riconosce al curatore, in quanto soggetto che subentra nell ‘ amministrazione dei beni del fallito, il diritto ad ottenere la documentazione inerente i rapporti bancari intrattenuti dal fallito con l ‘ istituto di credito (cfr. Cass. (ord.) 6.9.2019, n. 22385 (Rv. 655289-02). Cfr. altresì Cass. (ord.) 6.9.2019, n. 22385 (Rv. 65528901), secondo cui la previsione di cui all’art. 117, 1° co. e 3° co., del d.lgs. n. 385 del 1993, giusta la quale il contratto bancario è nullo se non redatto per iscritto, configura una nullità di protezione in favore del cliente che può essere rilevata d’ufficio dal giudice, stante l’inequivoco disposto dell’art. 127, 2° co., del d.lgs. citato) .
Ebbene, su tale scorta possono senz’altro formularsi i seguenti rilievi.
I l curatore, cui, ai sensi dell’art. 31 l.fall., è devolut o il potere di gestione del patrimonio del fallito nell’interesse della collettività dei creditori, è , al contempo, senza dubbio legittimato a far valere la nullità ex art. 127, 2° co., d.lgs. n. 385/1993, segnatamente, nella specie, del mutuo bancario per difetto di forma
ad substantiam , e senza dubbio legittimato a farla valere a vantaggio dei (terzi) creditori.
In tal guisa invano la ricorrente assume che il curatore difetta di legittimazione a far valere la nullità ‘di protezione’ de qua (cfr. ricorso, pag. 8) ; e che la nullità ‘di protezione’ de qua ‘deve essere fatta valere nell’esclusivo interesse del cliente bancario e non di terzi’ (così ricorso, pag. 12) .
In questo quadro, inoltre, invano la ricorrente prospetta che il mutuo chirografario de quo agitur , in quanto contratto reale, è sicuramente valido ed efficace , ‘una volta dimostrata l’effettiva consegna della cosa mutuata al mutuatario (…) anche in assenza di un contratto redatto per iscritto’ (così ricorso, pag. 15) .
Con il terzo motivo la ricor rente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1988 e 2697 cod. civ.
Premette che con atto pubblico del 7.11.2013 la ‘ RAGIONE_SOCIALE ha riconosciuto l’esposizione debitoria derivante dal finanziamento.
Deduce quindi che la dichiarazione di cui all’anzidetto atto pubblico integra riconoscimento di debito, che, siccome munito di data certa, è certamente opponibile al curatore del fallimento (cfr. ricorso, pag. 17) .
Deduce inoltre che il riconoscimento di debito deve esser letto alla luce della prova documentale costituita dall’estratto del conto corrente n. 240068, conto corrente sul quale è stato accreditato l’importo del mutuo (cfr. ricorso, pag. 18) .
Il terzo motivo di ricorso parimenti va respinto.
È sufficiente il riferimento all’elaborazione di questa Corte.
Ovvero all’insegnamento secondo cui per i contratti per i quali è prevista la forma scritta ‘ ad substantiam ‘ -lo si è detto, è il caso di specie – la prova della loro esistenza e dei diritti che ne formano l’oggetto , richiede necessariamente la produzione in giudizio della relativa scrittura, che non può essere sostituita da altri mezzi probatori e neanche dal comportamento processuale delle parti che abbiano concordemente ammesso l’esistenza del diritto costituito co n l ‘ atto non esibito (cfr. Cass. 18.1.2019, n. 1452) .
Evidentemente, nei termini surriferiti, va emendata -ai sensi dell’art. 384, u.c., cod. proc. civ. -la motivazione dell’impugnato dictum , nella parte in cui il Tribunale di Roma ha negato rilevanza ad ‘eventuali atti ricognitivi del debito (…), tenuto conto che la curatela versa in posizione di terzeità’ (così decreto impugnato, pag. 4) .
15. Con il quarto motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 5, cod. proc. civ. l’omesso esame circa fatto decisivo per il giudizio.
Deduce che , contrariamente all’assunto del Tribunale di Roma, la domanda subordinata non era basata su una diversa causa petendi (cfr. ricorso, pag. 20) .
Deduce invero che con l’opposizione aveva addotto che la mancata produzione del contratto scritto avrebbe potuto al più sortire il mancato riconoscimento degli interessi e delle spese giammai il mancato riconoscimento del diritto alla restituzione del capitale, attesa la prova dell’avvenuta sua erogazione (cfr. ricorso, pag. 21) .
Deduce dunque che non vi è stata modifica del titolo contrattuale.
Il quarto motivo di ricorso del pari va respinto.
Il riscontro della nullità del titolo contrattuale comporta che la restituzione di quanto prestato – in forza del contratto nullo – non possa che seguire ad altro
titolo, più esattamente nelle forme dell’ indebito oggettivo (cfr. Cass. (ord.) 6.6.2017, n. 14013; Cass. 1.7.2005, n. 14084) .
Nondimeno, la domanda ex art. 2033 cod. civ. ha una sua propria ‘ causa petendi ‘, diversa dal la ‘causa petendi’ della domanda restitutoria correlata ad un titolo contrattuale ancorché nullo (cfr. Cass. 13.12.2006, n. 26691) .
In tal guisa sovviene in termini dirimenti l’insegnamento di questa Corte a tenor del quale nell ‘ ambito del procedimento di opposizione allo stato passivo, sono inammissibili domande dell ‘ opponente nuove rispetto a quelle spiegate nella precedente fase, non applicandosi il principio, proprio del giudizio di primo grado, secondo cui entro il primo termine di cui all ‘ art. 183, 6° co, cod. proc. civ., è consentita la ‘ mutatio ‘ di uno o entrambi gli elementi oggettivi della domanda, ‘ petitum ‘ e ‘causa petendi’ , sempre che essa, così modificata, risulti comunque connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio; infatti, il procedimento di opposizione allo stato passivo ha natura impugnatoria, è disciplinato specificamente dall’art. 99 l.fall. e si coordina necessariamente con quanto previsto dall’art. 101 l.fall., non consentendo perciò l’applicazione, neppure analogica, dei principi espressi in tema di opposizione a decreto ingiuntivo (cfr. Cass. 24.2.2022, n. 6279; in tale occasione questa Corte, in applicazione del riferito principio, ha cassato il decreto del tribunale che aveva ritenuto di ammettere il credito dell’opponente sulla base di una domanda subordinata di arricchimento indebito, ex art. 2041 cod. civ., proposta per la prima volta in sede di opposizione allo stato passivo. Cfr. altresì Cass. 7.11.2022, n. 32750) .
18. In dipendenza del rigetto del ricorso la ricorrente va condannata a rimborsare al controricorrente le spese del presente giudizio di legittimità.
La liquidazione segue come da dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, 1° co. quater , d.P.R. 30.5.2002, n. 115, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugn azione ai sensi dell’art. 13, 1 ° co. bis , d.P.R. cit., se dovuto.
P.Q.M.
La Corte così provvede:
rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente , ‘ Banca Popolare di Vicenza ‘ s.p.a. in l.c.a., in qualità di mandataria di RAGIONE_SOCIALE , a rimborsare al controricorrente, curatore del fallimento della RAGIONE_SOCIALE, le spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi euro 12.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e cassa come per legge;
ai sensi dell’art. 13, 1° co. quater , d.P.R. n. 115/2002 si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, 1° co. bis , d.P.R. cit., se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della I sez. civ. della Corte