Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 26638 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 26638 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 03/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10281/2019 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRNOME, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRNOME, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE DI RAGIONE_SOCIALE SPA
-intimato-
avverso il DECRETO del TRIBUNALE di MATERA n. 1807/2018 depositato il 20/2/2019; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/9/2025 dal
Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Matera, con decreto n. 1274/2019 del 20.2.2019, ha rigettato l’opposizione ex art. 98 L.F. proposta da RAGIONE_SOCIALE, creditore ammesso al passivo, avverso il decreto con cui il G.D. del fallimento ‘RAGIONE_SOCIALE‘ ha ammesso al passivo, in via chirografaria, il credito del Banco di Napoli di € 4.052.930, 65.
Per quanto ancora rileva, il giudice di merito, previo riconoscimento in capo alla RAGIONE_SOCIALE della legittimazione ad intervenire in giudizio ex art. 111 c.p.c., in qualità di cessionaria del credito e quindi successore a titolo particolare del rapporto controverso, ha ritenuto valido ed efficace il contratto di prestito agrario stipulato dalla fallita con l’istituto di credito sul rilievo dell’infondatezza dell’eccezione di nullità del contratto per difetto della forma scritta ex art. 117, comma 3°, d. lgs. n. 385/1993 (nella formulazione previgente), sollevata dal creditore, trattandosi di nullità relativa che poteva essere fatta valere solo dal cliente e non da altri soggetti, e, nel caso di specie, tale nullità non era stata invocata dalla curatela fallimentare.
Il Tribunale di Matera, alla luce della ritenuta validità ed efficacia del rapporto fondamentale, ha ritenuto ininfluente l’eccezione di prescrizione dell’azione cambiaria, in quanto il suo accoglimento non escluderebbe dal passivo il relativo credito, così come le questioni sollevate circa l’inidoneità dell’atto costitutivo d’ipoteca a valere come titolo esecutivo.
Infine, il giudice di merito ha reputato che il tasso di interesse da applicare fosse quello contrattuale nella misura del 14,5%, data la validità ed efficacia del contratto di mutuo, e non quello legale.
Avverso il predetto decreto ha proposto ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE affidandolo a cinque motivi.
RAGIONE_SOCIALE e la curatela del fallimento di RAGIONE_SOCIALE hanno resistito in giudizio con controricorso.
La ricorrente e la curatela hanno depositato le memorie ex art. 380 bis.1. c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo è stata dedotta la violazione o falsa applicazione degli artt. 110, 111, 112, 132, comma 2°, n. 2 e 171, comma 3, c.p.c. e la nullità della sentenza o del procedimento.
Espone la ricorrente che, nell’intestazione del decreto impugnato, l’espressione ‘RAGIONE_SOCIALE SUCCESSIVAMENTE ‘RAGIONE_SOCIALE‘ indurrebbe a ritenere che il Tribunale ha inteso che il giudizio era stato proseguito da NOME come successore universale del Banco di Napoli; in realtà, si tratta di due soggetti distinti.
La ricorrente, inoltre, lamenta che il Tribunale ha omesso di dichiarare, nonostante l’espressa richiesta dalla ricorrente, la contumacia del Banco di Napoli.
Il motivo è infondato.
È orientamento consolidato di questa Corte (cfr. Cass. n. 22275/2017; conf. Cass. 19437/2019; Cass. n. 14106/2023) quello secondo cui l’omessa o inesatta indicazione del nome di una delle parti nell’intestazione della sentenza va considerata un mero errore materiale, emendabile con la procedura di cui agli artt. 287 e 288 c.p.c., quando dal contesto della sentenza risulti con sufficiente chiarezza l’esatta identità di tutte le parti e comporta, viceversa, la nullità della sentenza qualora da essa si deduca che non si è regolarmente costituito il contraddittorio, ai sensi dell’art. 101 c.p.c., e quando sussiste una situazione di incertezza, non eliminabile a mezzo della lettura dell’intero provvedimento, in ordine ai soggetti cui la decisione si riferisce. In sostanza, le errate
o inesatte indicazioni nell’intestazione della sentenza hanno rilevanza solo quando determinano una situazione d’incertezza in ordine ai soggetti cui si riferisce lo stesso provvedimento. Non è certo questo il caso di specie, in cui l’omessa dichiarazione di contumacia del Banco di Napoli o la mancata precisazione che NOME SPV era successore a titolo particolare del Banco di Napoli (precisazione che è stata comunque fatta nella motivazione del provvedimento impugnato) non hanno determinato alcuna incertezza sulle parti del presente giudizio, né vi è stata violazione del principio del contraddittorio.
Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 98, 99 e 115 L.F..
Espone la ricorrente che nel provvedimento impugnato è affermata la legittimazione ad intervenire nel giudizio di RAGIONE_SOCIALE nonostante fosse stato eccepito che quest’ultima non aveva la qualità di creditore concorrente.
In particolare, ad avviso della ricorrente, l’asserita cessione di credito non rileva sino a quando il curatore, verificata la sussistenza di tutti i presupposti sostanziali e formali previsti dall’art. 115 L.F., non abbia apportato la relativa rettifica allo stato passivo sostituendo al cedente Banco di Napoli il cessionario RAGIONE_SOCIALE, la quale solo da tale momento acquisirebbe la qualità di creditore concorrente.
Nel caso di specie, non risulta che tale modifica dello stato passivo sia stata effettuata, né era comunque possibile ed ammissibile, non avendo cedente e cessionaria allegato la documentazione attestante l’avvenuta cessione del credito.
4. Il motivo è infondato.
Va osservato che il richiamo della ricorrente all’art. 115 L.F., ed alla necessità della rettifica dello stato passivo, quale presupposto per rivendicare la qualità di creditore concorrente, non è pertinente, trovando questa norma applicazione solo nella fase di distribuzione
dell’attivo fallimentare, non regolando, invece, il procedimento di opposizione allo stato passivo.
Con il terzo motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 132, comma 2, n. 2, e 171, comma 4, c.p.c. e 2697 c.c., la nullità della sentenza o del procedimento e l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di decisione tra le parti.
Espone la ricorrente che il tribunale ha omesso di pronunciare e motivare sull’eccezione di carenza di legittimazione d i RAGIONE_SOCIALE per non avere la stessa fornito prova dell’asserita cessione del credito ammesso al passivo.
In particolare, RAGIONE_SOCIALE non aveva prodotto l’atto di cessione del credito con le sottoscrizioni autenticate, con conseguente incertezza in ordine alla identificazione del rapporto di credito ceduto, che era stato inizialmente individuato (con un documento prodotto dal Banco di Napoli al momento del deposito della domanda di insinuazione al passivo) con i numeri 1476051169489 e 51169514- 15-16, 17, e successivamente (mediante una lettera del 17.10.2018 prodotta da NOME) con il codice identificativo P_IVA e con i numeri 3500/9532/NUMERO_TELEFONO e 3500/9532/507. Solo quest’ultimo codice identificativo e i predetti numeri figuravano nell’elenco pubblicato sul sito internet www.intesasan paolo.com richiamato nell’avviso di cessione pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.
Il motivo presenta concomitanti profili di inammissibilità ed infondatezza.
In primo luogo, è condivisibile l’eccezione della curatela secondo cui la ricorrente ha compiuto , nel terzo motivo, un’inammissibile mescolanza e sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 5, c.p.c., con la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, quali quello della
violazione di legge e dell’omesso esame di fatto decisivo per il giudizio: tale formulazione non è consentita, in quanto mira a rimettere al giudice di legittimità il compito di isolare le singole censure teoricamente proponibili, onde ricondurle ad uno dei mezzi d’impugnazione enunciati dall’art. 360 c.p.c., per poi ricercare quale o quali disposizioni sarebbero utilizzabili allo scopo, così attribuendo, inammissibilmente, al giudice di legittimità il compito di dare forma e contenuto giuridici alle lagnanze del ricorrente, al fine di decidere successivamente su di esse (cfr., recentemente, Cass. n. 3397/2024).
In ogni caso, la doglianza della ricorrente secondo cui il decreto impugnato non si sarebbe pronunciato sull’eccezione di carenza di legittimazione di RAGIONE_SOCIALE SPV è destituita di fondamento.
Il Tribunale di Matera, nell’affermare che è intervenuta, nel caso di specie, una successione a titolo particolare nel rapporto controverso, ha implicitamente riconosciuto la legittimazione attiva di RAGIONE_SOCIALE SPV, oltre ad aver esplicitamente evidenziato la non pertinenza del richiamo dell’art. 115 c.p.c. norma che disciplina la fase di riparto -ai fini della legittimazione del cessionario del credito a partecipare al giudizio.
Va, inoltre, osservato che se è pur vero che nella motivazione del decreto impugnato non vi è traccia della questione sollevata dalla ricorrente nel terzo motivo in ordine alla precisa identificazione del rapporto di finanziamento oggetto di cessione (i cui estremi erano stati indicati, in un primo tempo, in modo difforme rispetto a quanto indicato nel sito internet di Intesa San Paolo), va, tuttavia, osservato che dall’illustrazione del motivo non emerge con chiarezza se si tratta di deduzioni che l’odierna ricorrente aveva già sottoposto all’esame del giudice di merito (sul punto vi è solo un mero richiamo generico ad una memoria depositata il 28.1.2019, senza ulteriori specificazioni ed estrapolazione di estratti della
stessa memoria) o si tratta di censure formulate per la prima volta in sede di legittimità.
Con il quarto motivo è stata dedotta la violazione o falsa applicazione degli artt. 1418, 1421 e 1284, comma 3°, c.c., 117, comma 3°, e 127 d.lgs. n. 385/1993.
La ricorrente contesta che la nullità di un contratto bancario per difetto della forma scritta, ex art. 127 TUB, possa essere fatta valere solo dal fallito o dal curatore fallimentare. Sul punto, evidenzia che è riconosciuto ai creditori il potere di sollevare tutte, e indistintamente, le eccezioni che, ai fini, dell’esclusione di un credito, possono essere sollevate dal debitore (al di fuori del fallimento) e dal curatore, sia nella fase di verifica dello stato passivo, sia per la prima volta in sede di impugnazione ex art. 98 L.F.
In ogni caso, la ricorrente rileva che la nullità prevista dall’art. 127 TUB, pur appartenendo alle c.d. nullità di protezione, non si sottrae alla regola generale della rilevabilità d’ufficio ex art. 1421 c.c .
Il motivo è inammissibile per difetto di decisività.
Va preliminarmente osservato che se è pur vero che all’epoca della stipula del contratto bancario di cui è causa (1996), secondo il testo dell’art. 127 TUB applicabile ‘ratione temporis’ , la nullità del contratto poteva essere fatta valere solo dal cliente e non era rilevabile d’ufficio, è anche vero che è orientamento consolidato di questa Corte (cfr. Cass. n. 36543/2021; conf. Cass. n. 4524/2015) quello secondo cui, in tema di impugnazione dei crediti ammessi allo stato passivo, il creditore impugnante ex art. 98, comma 3°, L.F., può sollevare tutte le eccezioni riservate al curatore fallimentare (nel caso esaminato nella predetta ordinanza di questa Corte si trattava dell’eccezione di prescrizione). E’ stato, infatti, ritenuto che tale soluzione risulta coerente con il sistema dell’ammissione dei creditori al concorso, posto che, diversamente, una volta dichiarato esecutivo lo stato passivo, l’inerzia del
curatore, che abbia omesso di far valere in via di eccezione, nella sede di verifica a ciò deputata, i fatti estintivi o modificativi del credito o della garanzia ad esso connessa, o che non abbia impugnato il provvedimento di rigetto dell’eccezione assunto dal giudice delegato, finirebbe col pregiudicare le ragioni degli altri, incolpevoli, creditori concorrenti. Tale soluzione è, inoltre, coerente con l’attuale art. 95, comma 3°, l.fall., come novellato dal d.lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, che stabilisce che il giudice delegato in sede di verifica dei crediti decide sulle domande di ammissione, «avuto riguardo alle eccezioni del curatore, a quelle rilevabili d’ufficio ed a quelle formulate dagli altri interessati», senza introdurre distinzioni di sorta tra le eccezioni che solo il curatore può formulare e quelle che, invece, sarebbero riservate anche ai creditori concorrenti.
Ciò premesso, va, tuttavia, osservato che, essendo l’eccezione sollevata dal creditore impugnante finalizzata alla declaratoria di nullità del contratto bancario per difetto della forma scritta (vedi pag. 4 del ricorso) – segnatamente, per la mancata firma dello stesso da parte della banca, a fronte della sottoscrizione del legale rappresentante della società poi fallita -, in ogni caso tale eccezione non era comunque idonea a condurre all’effetto auspicato dalla ricorrente, ovvero la declaratoria di nullità del contratto bancario di cui è causa.
Infatti, è orientamento consolidato di questa Corte (vedi Cass. n. 16070/2018; Cass. n. 28500/2023) -che ha esteso ai contratti bancari disciplinati dal TUB il principio enunciato per i contratti di intermediazione finanziaria dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 898/2018 -quello secondo cui, in materia di contratti bancari, la omessa sottoscrizione del documento da parte dell’istituto di credito non determina la nullità del contratto per difetto della forma scritta, prevista dall’art. 117, comma 3, del d. lgs. n. 385 del 1993. Il requisito formale, infatti, non deve essere inteso in senso strutturale, bensì funzionale, in quanto posto a garanzia della più
ampia conoscenza, da parte del cliente, del contratto predisposto dalla banca, la cui mancata sottoscrizione è dunque priva di rilievo, in presenza di comportamenti concludenti dell’istituto di credito idonei a dimostrare la sua volontà di avvalersi di quel contratto.
9. Con il quinto motivo è stata dedotta ‘violazione o falsa applicazione degli artt. 112, 132 n. 4 c.p.c., 1325, 1327, 1421, 1988, 2878 n. 3 c.c.; omessa pronuncia sull’eccezione di inesistenza del contratto di prestito agrario; omesso esame di fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti; omessa pronuncia sull’eccezione di invalidità ed inefficacia originaria delle cambiali rilasciate a garanzia delle obbligazioni nascenti dal suddetto contratto; omessa pronuncia sull’eccezione di invalidità dell’ipoteca rilasciata a garanzia delle cambiali e di estinzione dell’ipoteca per la prescrizione dell’azione cambiaria’ .
10. Lamenta la ricorrente che il tribunale abbia completamente omesso di prendere in esame e pronunciarsi sull’eccezione di inesistenza del contratto di prestito agrario. Aveva, infatti, evidenziato che la domanda di prestito sottoscritta dalla fallita poteva essere qualificata solo come proposta contrattuale, mentre quella stesa sull’ultima pagina del documento prodotto dalla curatela non era la dichiarazione di accettazione della proposta, ma semplicemente un parere favorevole espresso da due funzionari, cui non era seguito un atto formale di ‘controproposta’ del legale rappresentante della banca. Dunque, nessun contratto era venuto ad esistenza.
L’inesistenza o la nullità del contratto di prestito agrario comportavano che le cambiali rilasciate a garanzia dell’adempimento del contratto e l’ipoteca rilasciata a garanzia delle obbligazioni cambiarie fossero invalide.
11. Il motivo risulta in parte inammissibile, in parte infondato.
Va, in primo luogo, osservato che non è vero che il Tribunale di Matera non si sia pronunciato sull’eccezione di inesistenza del
contratto sollevata dalla odierna ricorrente. È evidente che il decreto impugnato, nel riconoscere la validità del contratto in oggetto, ne abbia implicitamente ritenuto l’esistenza, né, sul punto, è stato dedotto dalla ricorrente alcun vizio di motivazione.
In ogni caso, la ricorrente lamenta che la domanda di prestito sottoscritta dalla società avrebbe dovuto essere qualificata come mera proposta contrattuale, non essendo a ciò seguita la conforme accettazione della banca, ma non ha avuto neppure cura di indicare il testo della presunta ‘proposta contrattuale’ e della asserita ‘controproposta’, di talchè tale censura è pure priva di specificità ed autosufficienza.
Quanto all’asserita omessa pronuncia da parte del Tribunale di Matera sulle altre eccezioni che l’opponente, odierna ricorrente, aveva sollevato nel giudizio di opposizione allo stato passivo (indicate, in dettaglio, nella rubrica del quinto motivo), tali censure sono infondate, avendo il decreto impugnato ritenuto tali questioni ininfluenti ed assorbite in conseguenza dell’accertata validità del contratto di prestito agrario.
12. In conclusione, per tutto quanto sopra esposto il ricorso deve essere rigettato.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in € 14.200, di cui € 200 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge, in favore della curatela del fallimento RAGIONE_SOCIALE e in € 13.200, di cui € 200 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge, in favore di RAGIONE_SOCIALE.
Ai sensi dell’art. 13 , comma 1 quater, del DPR 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte
della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1° bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma il 102025
Il Presidente NOME COGNOME