SENTENZA CORTE DI APPELLO DI FIRENZE N. 1659 2025 – N. R.G. 00001504 2023 DEPOSITO MINUTA 26 09 2025 PUBBLICAZIONE 26 09 2025
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO CORTE DI APPELLO DI FIRENZE
SEZIONE SECONDA CIVILE – IMPRESE
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La Corte di Appello di Firenze, Seconda Sezione, in persona dei Magistrati:
NOME COGNOME
Presidente
NOME COGNOME
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile d’appello iscritta al n. r.g. 1504/2023 , promossa
DA
(capitale sociale Euro 659.403.400,00 interamente versato – R.E.A. NUMERO_DOCUMENTO – codice fiscale, partita Iva e numero di iscrizione al Registro Imprese – iscritta all’Albo Banche al n. 5396), con sede legale in Firenze, INDIRIZZO, rappresentata e difesa dall’avv. Matteo Massimo D’Argenio (C.F.: ), in forza di procura generale alle liti rep. 84341 Fasc. 14640 del 07.10.2015, ed elettivamente domiciliata presso l’avv. Francesco Campodoni (C.F.: ) in Firenze, INDIRIZZO (indirizzi di PEC: . P. C.F. C.F.
APPELLANTE
CONTRO
Consigliere relatore
Consigliere
residente in Perugia, alla INDIRIZZO, C.F. , rappresentato e difeso nel presente giudizio dall’Avv. Andrea Ruocco, domiciliatario con Studio in Foggia alla INDIRIZZO (pec: , per mandato in calce alla comparsa di costituzione. C.F.
APPELLATO
PROVVEDIMENTO IMPUGNATO :
Ordinanza ex art. 702 ter cpc del Tribunale di Firenze, resa in data 13.06.2023 nel procedimento avente n. R.G. 12519NUMERO_DOCUMENTO2022, comunicata in data 14.06.2023.
CONCLUSIONI
Per la parte appellante: ‘Piaccia all’Ecc.ma Corte di Appello adita, contrariis reiectis, previe le opportune declaratorie in fatto e in diritto, in accoglimento del presente appello e in totale riforma dell’ordinanza ex art. 702 ter cpc del Tribunale di Firenze in data 13.06.2023 nel procedimento avente n. R.G. 12519NUMERO_DOCUMENTO, – In via preliminare, dichiarare inammissibile il ricorso e la domanda avversaria per assenza/inesistenza insanabile di procura alla lite in favore dell’avv. Andrea Ruocco difettando in essa ogni riconducibilità alla parte ricorrente apparentemente rappresentata (Regolamento UE eIDAS n. 910/2014 e Codice dell’Amministrazione Digitale D. Lgs. n.82/2005); – In via preliminare subordinata, dichiarare improponibile/inammissibile ab origine il ricorso avversario ex art. 100 c.p.c. per assenza di interesse all’azione, stante altresì l’intervenuta prescrizione di ogni ipotetico diritto restitutorio o risarcitorio, e per palese malafede di controparte che ricorre all’espediente del frazionamento dei giudizi; – In ulteriore subordine e nel merito, respingere le domande avversarie siccome infondate in fatto e in diritto; – Conseguentemente, condannare l’appellato alla restituzione di quanto corrisposto da in adempimento dell’ordinanza impugnata a titolo di spese di lite, pari ad € 2.237,00, oltre al rimborso della tassa di registro per € 200,00; – In via ulteriormente subordinata, nella denegata ipotesi di rigetto dei primi due motivi di appello qui dedotti, disporre la compensazione in tutto o – in subordine – in parte del diritto invocato dal ricorrente ‘di restituire soltanto le somme ricevute in prestito al tasso legale’ con l’opposto diritto di ad essere risarcita del danno derivante dalla condotta contraria a buona fede tenuta dal ricorrente stesso, nell’averle taciuto per anni la causa di invalidità
del contratto (art. 1338 c.c.) e/o nell’aver concorso a cagionare il danno utilizzando a piacimento (ed ancor oggi) il contratto stesso ed accedendo al relativo credito (art. 1227 c.c.); – In ogni caso, condannare l’appellata alla rifusione delle spese di lite di entrambi i gradi di giudizio, ovvero, in via meramente subordinata, nella denegata ipotesi di rigetto dell’appello, disporre la compensazione delle spese del presente grado di giudizio ‘.
Per la parte appellata: ‘ Che la Corte adita, disattesa ogni avversa richiesta, istanza ed eccezione, voglia così provvedere. 1) Rigettare l’appello poiché infondato in fatto e destituito di giuridico fondamento. 2) In ogni caso, condannare la Società appellante al pagamento delle spese e competenze di lite, con distrazione in favore del difensore anticipatario ‘.
Fatti di causa – svolgimento del giudizio
1 . ha impugnato l’ordinanza del Tribunale di Firenze, meglio individuata in epigrafe, emessa all’esito del procedimento sommario di cognizione proposto da
Con tale ordinanza il giudice di primo grado, respinte l’eccezione di inesistenza della procura alle liti conferita al difensore del ricorrente (la nullità della procura era stata sanata ex art.182 cpc), di improcedibilità per mancato esperimento della mediazione obbligatoria e di difetto di interesse agire ex art.100 cpc, ha accertato e dichiarato la nullità del contratto di concessione di linea di credito con carta revolving concluso dalle parti in data 15.10.2009 e meglio individuato in atti, ha accertato il diritto di parte ricorrente di rimborsare il capitale con applicazione degli interessi calcolati al tasso legale tempo per tempo vigente, ha respinto la domanda riconvenzionale di danni.
Ricostruita la vicenda nei termini proposti dal ricorrente, ovvero nel senso che in data 15.10.2009, in occasione dell’acquisto di un elettrodomestico presso la RAGIONE_SOCIALE grazie alla promozione di un addetto dello stesso negozio, il aveva concluso con un contratto per la concessione di una linea di credito per l’importo massimo di euro 5.000,00 utilizzabile mediante carta revolging usata per la prima volta proprio per l’acquisto dell’elettrodomestico de quo , e richiamandosi
all’orientamento adottato dai collegi territoriali dell’Arbitro RAGIONE_SOCIALE Finanziario, nonché dallo stesso ufficio giudiziario in precedenti decisioni, il Tribunale di Firenze ha ritenuto:
(a) che la disciplina di cui all’art. 3 del d.lgs. n. 374/1999 riserva ai soggetti iscritti in un elenco istituito presso l’RAGIONE_SOCIALE ‘ l’esercizio professionale nei confronti del pubblico dell’agenzia in attività finanziaria, indicata nell’articolo 1, comma 1, lettera n ) dello stesso decreto ‘;
(b) che tale disciplina può essere derogata solo nell’ipotesi di promozione e conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti di finanziamento per l’acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari (c.d. credito finalizzato), nel cui ambito non è ricompresa l’attività di promozione e conclusione di finanziamenti utilizzabili mediante carta di credito c.d. revolving, né queste ultime rientrano tra le carte di pagamento, altra ipotesi eccettuata dalla disciplina di riferimento;
(c) che, nel caso di specie, l’attività del negoziante non si era limitata alla distribuzione di una carta di pagamento, ma lo stesso aveva raccolto una proposta contrattuale relativa alla apertura di una linea di credito, utilizzabile anche mediante carta di credito, di tipo revolving;
(d) che la disciplina del d.lgs. 374/1999 ha rilevanza pubblicistica, sicché il contratto concluso in violazione della stessa è nullo ex art.1418 c.c.;
(e) che, per effetto della dichiarata nullità contrattuale, le somme ricevute in prestito a titolo di finanziamento c.d. revolving devono essere restituite non al tasso di interesse pattuito, dichiarato nullo, ma al tasso legale di interesse ex art. 1284 co. 3 c.c., quale corrispettivo minimo per aver goduto delle somme ricevute;
(f) che la domanda riconvenzionale proposta ex art.1338 c.c. è infondata, tale disposizione non essendo invocabile ove la nullità derivi da violazione di legge, ossia da normativa che ciascuna parte ha l’onere di conoscere, donde il rigetto della richiesta di risarcimento del danno derivante dall’asserita condotta illecita del ricorrente, consistita nell’utilizzo della carta revolving per anni, nonostante la ritenuta nullità del relativo contratto.
ha proposto tempestivo appello, censurando l’ordinanza de qua per questi motivi:
i) Primo motivo: Violazione del principio di insanabilità dell’assenza/inesistenza di procura alle liti espresso da Cass. civ., Sez. Unite, Sent. 21/12/2022 n. 37434 sulla base dell’art. 182, II comma, c.p.c. nella formulazione applicabile ratione temporis .
L’appellante assume che il giudice di primo grado ha errato nel ritenere la procura alle liti allegata al ricorso soltanto nulla e non anche inesistente e a consentirne la sanatoria ex art.182 cpc. Osserva, al riguardo, che ‘l a stampigliatura in corsivo chi’ che essa reca non vale quale firma olografa (non essendo tale) né quale firma digitale né quale firma elettronica qualificata o avanzata (di cui non possiede alcun requisito). L’art. 24 del Regolamento UE eIDAS (electronic IDentification Authentication and Signature) n. 910/2014 e l’art. 20 del CAD (Codice dell’Amministrazione Digitale – D.Lgs. n. 82/2005) attribuiscono infatti valore legale alla firma digitale (o firma elettronica qualificata o avanzata) a condizione che l’autore venga identificato e verificato in modo inequivoco. Tale condizione non risulta qui soddisfatta. La richiamata stampigliatura si limita infatti a riportare il nome del sito ‘YOUSIGN’ senza alcun elemento che la possa ricondurre alla persona del ricorrente. Il mero ‘collegamento grafico con il soggetto ricorrente’ non è infatti idoneo a ricondurre tale segno al ricorrente, non avendo alcun senso parlare di collegamento grafico nell’ambito di una sottoscrizione che si assume … elettronica. Sarebbe stato piuttosto necessario verificare che tale sottoscrizione fosse effettivamente riferibile al soggetto indicato e rispettasse i requisiti normativamente previsti per l’identificazione certa del suo autore. Il collegamento dovrebbe dunque essere elettronico e non grafico. Qui però non sussiste alcuna firma elettronica, essendo stata apposta una semplice stampigliatura del nome del ricorrente. Non può dunque neppure parlarsi di nullità perché manca qualsiasi sottoscrizione del soggetto apparentemente rappresentato, senza che si possa ravvisare una firma olografa né elettronica né tantomeno digitale ‘.
ii) Secondo motivo: Errata applicazione della normativa in materia di collocamento e distribuzione dei prodotti finanziari (art. 3 D. Lgs. n. 347/1999 e art. 2 D.M. 13.12.2001 n. 485) nella parte in cui è stata dichiarata la nullità del contratto di finanziamento tramite carta revolving. Violazione del principio di irretroattività della legge ex art. 11 delle preleggi.
Secondo l’appellante, il ruolo del venditore dell’elettrodomestico non è stato quello di chi ha promosso e concluso un contratto in nome e per conto di essa banca, essendosi limitato a raccogliere la domanda di finanziamento dal cliente senza nulla disporre in materia di concessione del credito. Né la mancata sottoscrizione del contratto, da parte di essa appellante, poteva essere valorizzata per trarre la prova che l’avvenuta conclusione del contratto fosse avvenuta ‘tramite il rivenditore’. In altre parole, il contratto fu concluso direttamente da con il cliente grazie alla promozione del rivenditore ma non tramite il rivenditore. Il contratto vincolava subito le parti e non richiedeva alcuna ‘successiva accettazione scritta’ da parte della Banca, che difatti non ci fu. Di conseguenza, la riserva di legge prevista dal D.M. n. 485 del 2001 non veniva in rilievo, tale riserva essendo riferita ai casi di promozione e conclusione. Peraltro, all’epoca la distribuzione delle carte revolving, quali carte di pagamento, era esclusa dall’esercizio dell’agenzia in attività finanziaria. In senso contrario non rilevavano le caratteristiche delle carte revolving, che solo la normativa successiva aveva escluso dalla possibilità di collocamento da parte degli esercenti commerciali.
iii) Terzo motivo subordinato: errata declaratoria di nullità del contratto ex art. 1418 c.c. per mancanza del benché minimo requisito ed in ogni caso per mancanza di motivazione e percorso argomentativo.
Secondo l’appellante, la declaratoria di nullità del contratto di finanziamento tramite carta revolving va censurata anche sotto un ulteriore profilo: il primo giudice aveva comminato la sanzione della nullità ex art. 1418 c.c., la più drastica prevista dall’ordinamento civile, riscontrando una presunta violazione di ‘norme imperative di natura pubblicistica che regolano l’agenzia in attività finanziaria’ senza tuttavia precisare quale fossero tali norme imperative di rilievo pubblicistico.
iv) Quarto motivo: Inammissibilità dell’azione avversaria per carenza di interesse ad agire ex art. 100 c.p.c. in dipendenza della prescrizione dell’azione di ripetizione delle somme già versate, ovvero per violazione del principio di economia processuale attraverso l’espediente della frammentazione dei giudizi.
Secondo l’appellante, il Tribunale, nel valutare le eccezioni preliminari svolte da essa esponente, ‘ ha ritenuto di dover prescindere dall’eventuale fase restitutoria, che ha er-
ritenuto non proposta e sulla quale si è tuttavia pronunciato, avendo accertato ‘il diritto del ricorrente a restituire solo le somme ricevute in prestito al tasso legale tempo per tempo vigente’, ciò che costituisce evidente presupposto della preannunciata successiva azione di liquidazione delle somme che sarebbero state pagate in eccesso a titolo di interessi. Sebbene formulata in maniera oscura e contraddittoria, la domanda proposta da controparte come conseguenza della domanda di nullità del contratto di finanziamento tramite carta deve infatti essere qualificata come domanda restitutoria, della quale è stata rinviata ad un successivo giudizio la sola fase di liquidazione del quantum debeatur . Tale domanda doveva e deve pertanto imporre la pronuncia sull’eccezione di prescrizione tempestivamente sollevata, senza che assuma rilievo l’imprescrittibilità dell’azione di nullità. In proposito, pare opportuno rimarcare che, sebbene l’azione di nullità sia sicuramente imprescrittibile, è altrettanto certo che l’azione di ripetizione delle somme versate in adempimento di un contratto nullo si prescrive nel termine ordinario decennale (ex art. 1422 c.c.). Qualora si ritenga che controparte non abbia svolto alcuna azione di ripetizione ma solo di accertamento di nullità, ciò comunque non toglie che, al fine della verifica del necessario requisito dell’interesse ad agire ex art. 100 c.p.c., occorra necessariamente valutare l’utilità che il medesimo ricaverebbe da una pronuncia di nullità del contratto di finanziamento tramite carta intercorso fra le parti. Ebbene, è evidente che controparte, il cui contratto fu stipulato oltre 13 anni prima del giudiizo (15.03.2009), non possiede alcun concreto interesse all’azione di nullità, dalla quale non può ricevere alcuna utilità concreta, visto che ogni suo ipotetico diritto restitutorio o risarcitorio (comunque contestato) sarebbe in ogni caso irrimediabilmente prescritto da anni’.
Inoltre, secondo l’appellante, la condotta processuale del ricorrente in primo grado concretava l’espediente di frammentare le pretese in giudizi separati, espediente che è notoriamente illecito e contrario ad ogni principio di economia processuale, sicché, anche sotto questo profilo, puntualmente eccepito in primo grado, ma trascurato dal Tribunale di Firenze, la decisione meritava di essere riformata.
v) Quinto motivo subordinato: Sulla domanda riconvenzionale subordinata svolta in primo grado dall’odierna appellante ai sensi degli artt. 1338 e 1227 c.c.
Con tale motivo l’appellante censura il capo della decisione di primo grado che ha ritenuto non sussistenti i presupposti della responsabilità precontrattuale del ritenendo non sussistente la malafede del medesimo, né ravvisando un suo concorso di colpa nell’aver eseguito il contratto.
Si è costituita in giudizio parte appellata, eccependo l’inammissibilità dell’appello ex art.348 bis cpc, opponendosi nel merito ai singoli motivi e chiedendone il rigetto.
Acquisito il fascicolo di ufficio del procedimento di primo grado, la causa, senza attività istruttoria, è stata trattenuta in decisione in data 24/9/2025 sulle conclusioni delle parti, precisate come in epigrafe trascritte, a seguito di trattazione scritta.
Motivi della decisione
5 . L’eccezione di inammissibilità dell’appello.
L’eccezione di inammissibilità dell’appello, formulata ex art.348 bis cpc, è destituita di fondamento. La necessità di un intervento della Corte di Cassazione in sede di rinvio pregiudiziale ex art.363 bis cpc, di cui si dirà nel successivo paragrafo, dimostra perciò stesso che l’appello non era privo di ragionevoli probabilità di essere accolto.
6. Il primo e il quarto motivo d’appello.
L’esame del primo e del quarto motivo d’appello è pregiudiziale in ordine logicogiuridico.
6.1. Il primo motivo è infondato e va respinto.
Nell’esaminare il motivo va ricordato che con il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado era stata depositata una procura alle liti che risultava sottoscritta digitalmente dalla parte, con il software Yousign, ed autenticata digitalmente dal difensore, Avv. Andrea Ruocco.
A fronte dell’eccezione di inesistenza della procura alle liti proposta dalla banca resistente, con ordinanza 24.4.2023, poi confermata con l’ordinanza impugnata, il giudice istruttore ebbe così a stabilire: ‘ Vista l’eccezione di inesistenza della procura come sollevata dal resistente, in quanto il documento ‘procura alle liti’ non soddisfa i requisiti di cui all’art. 24 Reg.UE 910/2014 né art. 20 cod.amm.dig., difettando la identificazione della
parte rappresentata e la riconducibilità della stampigliatura alla stessa. Ritenuto che non si possa parlare di inesistenza della procura secondo quanto disposto dall’art. 182 c.p.c. vigente ratione temporis , posto che il mandato risulta sottoscritto digitalmente dal cliente tramite ‘yousign’; che non si ravvisa irregolarità nella procura tale da giustificare l’integrazione dei poteri di rappresentanza e difesa .
Sempre nel corso del giudizio di primo grado il difensore del ricorrente, con nota del 18.5.2023, depositava altra procura alle liti conferita con modalità analogiche.
Nell’ordinanza conclusiva del procedimento sommario, in relazione alla reiterata eccezione di inesistenza della procura alle liti, il giudice di primo grado ha così integrato la motivazione di rigetto: ‘ In via preliminare, occorre confermare quanto già disposto nell’ordinanza 24/04/23 circa la nullità – e non inesistenza – della procura alle liti allegata al ricorso introduttivo, peraltro sanata dal difensore con il deposito di procura alle liti successiva firmata di pugno dalla parte. Ravvisato infatti , nel documento inizialmente depositato , il segno grafico della firma elettronica della parte tramite sistema di firma on line yousign, e quindi il collegamento grafico con il soggetto ricorrente, non potendosi per tali motivi ravvisare il difetto totale di sottoscrizione tale da giustificare l’eccepita inesistenza della procura alle liti, l’eccezione è stata respinta con motivazione che in questa sede si conferma integralmente’.
Ciò premesso, il giudice di primo grado ha fatto corretta applicazione dell’art.182 cpc, nel testo ante riforma Cartabia (che, com’è noto, oggi consente anche la sanatoria in caso di procura inesistente), avendo ritenuto che la procura alle liti allegata al ricorso introduttivo fosse soltanto nulla e non anche inesistente giuridicamente, donde la possibilità di sanatoria della stessa, come effettivamente avvenuto con il deposito di nuova procura alle liti (la cui validità non è contestata dall’appellante).
Al riguardo, va considerato che la categoria dell’inesistenza, non prevista espressamente dal codice di rito, è una categoria residuale e di stretta interpretazione, così come ripetutamente affermato dal corte di legittimità (cfr., ad esempio, in tema di inesistenza della notifica, Cass. civ. S.U. 14916/16; Cass. civ. S.U. 26655/21, e in tema di procura alle liti, Cass. civ. S.U. 37434/22).
Corretto il rilievo dell’appellante che quella in esame non è una firma elettronica qualificata o avanzata, riconducibile alla categoria della ‘firma digitale’ come definita nell’art.24 del Codice dell’Amministrazione Digitale (e a monte nel regolamento UE 910/14, c.d. Reg. eIDAS), in quanto non risulta rispettata la condizione che l’autore venga identificato e verificato in modo inequivoco sulla base di un certificato rilasciato da un ente certificatore qualificato, non è altrettanto corretto l’assunto che la firma de qua , e cioè una firma elettronica semplice (infra, FES), autenticata dal difensore, non possa stabilire quel collegamento minimo necessario per potersi discorrere di una procura alle liti nulla e non inesistente.
Infatti, in termini generali, la è una modalità di firma digitale che non è priva di validità giuridica e di valore probatorio, così come risulta dallo stesso regolamento eIDAS. Ad esempio, il considerando 49 del regolamento stabilisce che ‘ Il presente regolamento dovrebbe stabilire il principio secondo il quale alla firma elettronica non dovrebbero essere negati gli effetti giuridici per il motivo della sua forma elettronica o perché non soddisfa i requisiti della firma elettronica qualificata. Tuttavia, spetta al diritto nazionale definire gli effetti giuridici delle firme elettroniche, fatto salvo per i requisiti previsti dal presente regolamento secondo cui una firma elettronica qualificata dovrebbe avere un effetto giuridico equivalente a quello di una firma autografa ‘. E il successivo art.25, co.1 del regolamento prevede che ‘ A una firma elettronica non possono essere negati gli effetti giuridici e l’ammissibilità come prova in procedimenti giudiziali per il solo motivo della sua forma elettronica o perché non soddisfa i requisiti per firme elettroniche qualificate’. Cont
Pertanto, se la può avere tali effetti (ad esempio, può essere prodotta nel giudizio tra il cliente e il difensore per dimostrare il conferimento dell’incarico), è evidente che una procura alle liti firmata con firma elettronica semplice, e non con firma elettronica qualificata o avanzata, non può essere considerata inesistente, ma tutt’al più nulla per violazione del disposto dell’art.82, co.3, terzo periodo. Cont
La decisione di primo grado merita pertanto conferma.
6.2. Anche il quarto motivo d’appello è privo di pregio giuridico, in relazione ad entrambi i profili coltivati dall’appellante.
6.2.1. Sussiste, anzitutto, l’interesse ad agire dell’appellato in ordine alle domande proposte (nullità del contratto di finanziamento; diritto alla rideterminazione degli interessi al tasso legale). Come già osservato dal Tribunale e precisato dai giudici di legittimità ‘ con riferimento alla domanda (o all’eventuale eccezione) di nullità di un contratto … per le parti contraenti l’interesse ad agire è in re ipsa, in dipendenza dell’attitudine del contratto di cui si invoca la nullità ad incidere nella loro sfera giuridica ‘ (vedi Cass. 23/01/2023, n.1897; vedi anche Cass. 05/02/2020, n.2670; Cass. 27/07/1994, n.7017).
Risulta comunque documentato l’addebito di interessi entro il termine decennale di prescrizione dell’azione di ripetizione (vedi estratto conto prodotto da parte ricorrente in primo grado, in cui sono annotate operazione in maniera ininterrotta dal 2009 al 2021) e ciò è di per sé sufficiente a fondare un interesse concreto ed attuale ex art. 100 c.p.c., a prescindere dall’eccezione di intervenuta prescrizione che potrà al più incidere sulla quantificazione dell’indebito e sarà spendibile nel relativo giudizio.
6.2.2. L’introduzione del giudizio di accertamento della nullità contrattuale e del correlato diritto alla rideterminazione degli interessi, ma senza richiesta di quantificazione degli stessi e conseguente condanna alla ripetizione, non configura poi un abuso dello strumento processuale.
Il divieto di frazionamento si riferisce infatti alla proposizione di separati giudizi per crediti relativi medesimo rapporto di durata tra le stesse parti o comunque fondati sugli stessi o analoghi fatti costitutivi (e salvo che il giudizio unitario non sia più possibile per un precedente giudicato: vedi Cass. Sez.Un. 19/03/2025, n.7299) e non può pertanto precludere la proposizione di una autonoma domanda di nullità contrattuale ed accertamento del diritto alla ripetizione delle prestazioni, salva la successiva quantificazione delle stesse, ipotesi distinta dal frazionamento dei crediti e casomai assimilabile alla condanna generica, ovvero una ‘domanda limitata “ab origine” all’accertamento del solo “an debeatur”, con riserva di accertamento del “quantum” in un separato giudizio’, proponibile anche in assenza del consenso del convenuto (vedi Cass. Sez. Un., 12/10/2022, n.29862; Cass. Sez. Un. 23/11/1995, n. 12103).
7 . Il terzo motivo d’appello.
Nell’esaminare e respingere il terzo motivo d’appello occorre dare conto dell’esito del rinvio pregiudiziale alla Corte di Cassazione, a cui si è fatto cenno in precedenza.
Questa corte, in diversa composizione, in altra causa in cui era parte sempre , con riferimento ad una fattispecie concreta del tutto sovrapponibile a quella in esame e per la risoluzione di identiche questioni di diritto, ha proposto rinvio pregiudiziale alla Corte di Cassazione che, con la recente pronuncia 13/5/2025, n.12838, ha così statuito: ‘ nella vigenza del d.gs. n. 374 del 1999 e del D.M. 13 dicembre 2001, n. 485, anteriormente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 141 del 2010, non è consentita l’apertura di una linea di credito utilizzabile mediante carta di credito di tipo revolving a tempo indeterminato a seguito di contratto promosso e sottoscritto presso un fornitore di beni e servizi convenzionato con l’intermediario finanziario ma non iscritto nell’elenco istituito presso l’U.I.C. ex art. 3 D.Lgs. n. 374 del 1999; il relativo contratto è nullo ex art. 1418, primo comma c.c. ‘.
In motivazione la Corte di nomofilachia ha osservato, tra l’altro: ‘ la richiamata normativa riserva l’esercizio professionale nei confronti del pubblico dell’agenzia in attività finanziaria – per tale dovendosi intendere anche quella consistente nella promozione e conclusione di contratti di finanziamento – ai soggetti iscritti nell’elenco istituito presso l’U.I.C. La deroga ivi prevista all’obbligo di iscrizione in tale albo è circoscritta alla promozione e conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti di finanziamento unicamente per l’acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari (cd. credito finalizzato). 17. Da ciò consegue che l’attività di promozione e conclusione di contratti di credito cd. revolving, in quanto estranea alla fattispecie del credito finalizzato, non rientra nella richiamata deroga e non può pertanto essere esercitata da qualsiasi fornitore di beni e servizi, ma solo da quelli che sono iscritti nell’albo istituito presso l’U.I.C. e, in quanto tali, abilitati allo svolgimento di una siffatta attività di agenzia la carta di credito revolving non è assimilabile alla carta di pagamento, differenziandosi da quest’ultima per la funzione di finanziamento che le è propria e che conforma la relativa disciplina negoziale Siffatti interessi attingono a valori costituzionali o, comunque, a preminenti interessi generali della collettività, riferendosi sia alla modalità di svolgimento dell’attività finanziaria, in relazione alla individuazione dei soggetti che possono intervenire, quali intermediari, nelle operazioni, sia alla tutela del siste-
ma finanziario da infiltrazioni della criminalità organizzata, sia alla tutela dei singoli consumatori, e, in quanto tali, connotano la disposizione in esame, sufficientemente chiara nel richiedere l’iscrizione all’albo tenuto dall’U.I.C. per lo svolgimento dell’attività di intermediazione nella distribuzione delle carte di credito cd. revolving, del carattere di imperatività ai fini dell’applicazione dell’art. 1418, primo comma, cod. civ. e della causa di nullità ivi prevista è corretta l’affermazione secondo la quale il venditore che promuove la distribuzione della carta di credito cd. revolving, non assume, per ciò stesso, la qualità di parte del contratto di finanziamento. Ritiene, tuttavia, il Collegio che il legislatore, nel vietare lo svolgimento di una siffatta attività ai soggetti non iscritti nell’albo tenuto dall’U.I.C. abbia, sia pure indirettamente, inteso vietare anche l’avvalimento di tale attività da parte dell’intermediario finanziario e, conseguentemente, la conclusione di un contratto di finanziamento mediante l’utilizzo dell’attività promozionale del venditore non autorizzato. Infatti, le rammentate finalità sottese al divieto imposto dalla norma in esame verrebbero frustrate laddove si consentisse il valido perfezionamento dell’operazione nonostante l’intervento, in funzione promozionale, del venditore a ciò non autorizzato dall’ordinamento, tanto più laddove tale suo intervento sia disciplinato da apposita convenzione con l’intermediario finanziario ‘.
La pronuncia de qua , dalla quale non vi è motivo di discostarsi, ha chiarito che:
a) anche prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 141/2010 la promozione e conclusione di contratti di finanziamento era attività riservata ai soli soggetti iscritti nell’elenco istituito presso l’U.I.C.;
b) la carta di credito revolving non è assimilabile alla carta di pagamento ex art. 2, comma 2, lettera a) D.M. 13 dicembre 2001 n. 485 e l’attività di promozione e conclusione di contratti di credito revolving è estranea alla fattispecie del credito al consumo ‘finalizzato’ ex art. 2, comma 2, lettera b) del medesimo D.M.;
c) il divieto è esteso alla conclusione di un contratto di finanziamento mediante l’utilizzo dell’attività promozionale del venditore non autorizzato, anche se quest’ultimo non assume la qualità di parte, cioè il divieto opera anche quando il negoziante si limita a promuovere la conclusione del contratto di finanziamento, presentando l’offerta di credito
all’acquirente del bene e trasmettendo la richiesta di finanziamento all’intermediario finanziario autorizzato e convenzionato;
d) trattasi di violazione di norma imperativa, con conseguente nullità ex art. 1418, comma primo c.c.
Tale pronuncia, alla cui ampia motivazione si rinvia ex art.118 disp. att. cpc, risolve le questioni di diritto poste con il terzo motivo d’appello, come sopra sintetizzato. E l’appellante non offre argomenti nuovi, cioè non esaminati dalla Corte di cassazione in sede di rinvio pregiudiziale, che possano portare ad una rivalutazione delle questioni.
8. Il quinto motivo d’appello.
Il motivo è inammissibile.
L’appellante non censura il passaggio della decisione di primo grado in cui il giudice (peraltro in linea con la pacifica giurisprudenza di legittimità sul punto) ha argomentato che l’art.1338 c.c., invocato dall’appellante a fondamento dell’azione risarcitoria, non è applicabile nel caso in cui, come quello in esame, la nullità derivi dalla violazione di norme (imperative) di legge che devono reputarsi conosciute e considerate da entrambe i contraenti, ma si è limitato a censurare la parte della motivazione in cui, in fatto, il giudice ha ritenuto in ogni caso insussistente la mala fede del contraente, il cui comportamento denotava che egli aveva fatto affidamento per anni sulla validità del contratto.
9. Conclusioni.
In conclusione, l’appello è in parte infondato e in parte inammissibile, con conferma del provvedimento impugnato anche per la liquidazione delle spese, per le quali non vi è tempestivo e specifico motivo di appello se non la richiesta di condanna della controparte correlata alla riforma nel merito del provvedimento di primo grado.
Le spese di grado seguono la soccombenza.
Tenuto conto della serialità della controversia (solo presso questa corte pendono oltre cento procedimenti in cui sono poste questioni del tutto identiche con l’assistenza, quanto ai consumatori, del medesimo difensore e con atti fotocopia), esse sono liquidate a favore del difensore dell’appellato, dichiaratosi antistatario, applicando il DM 55/14 e ss. mod., causa
di valore indeterminato – complessità bassa, con questi importi: fase 1: euro 1543,50; fase 2: 1.063,50 euro; fase 4: 1735,00 euro. Nulla per la fase 3 (trattazione/istruttoria), da considerarsi non effettivamente tenuta. Totale: 4.342,00.
La novità della questione di diritto (con orientamenti contrastanti nella giurisprudenza di merito ed assenza di precedenti di legittimità sino alla richiamata Cass. 12838/2025, resa ex art.363 bis cpc) giustifica, inoltre, la compensazione delle spese nella misura della metà. Il residuo importo, pari ad euro 2.171,00, è posto a carico della soccombente.
Deve darsi atto dei presupposti per il raddoppio a carico dell’appellante del contributo unificato ex art. 13 DPR n. 115/2002, come modificato dall’art. 17 legge n. 228/2012.
PQM
La Corte di Appello di Firenze, definitivamente pronunciando, disattesa ogni contraria domanda, eccezione, istanza e deduzione, così provvede:
rigetta i primi quattro motivi d’appello, dichiara inammissibile il quinto e conferma, per l’effetto, l’ordinanza impugnata;
condanna parte appellante a rimborsare a parte appellata le spese di lite, che liquida (al netto della disposta compensazione) in € 2.171,00, oltre al 15% per spese generali e agli oneri fiscali e previdenziali (come per legge), da distrarsi a favore del difensore dell’appellato, Avv. Andrea Ruocco, dichiaratosi antistatario.
Dà atto, infine, che sussistono i presupposti per il raddoppio a carico dell’appellante del contributo unificato ex art. 13 DPR n. 115/2002, come modificato dall’art. 17 legge n. 228/2012.
Così deciso nella camera di consiglio del 25-9-2025.
Il Consigliere relatore – estensore
NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME
Nota
La divulgazione del presente provvedimento, al di fuori dell’ambito strettamente processuale, è condizionata all’eliminazione di tutti i dati personali in esso contenuti ai sensi dell’art. 52 D. Lgs 30 giugno 2003 n. 196 e successive modificazioni e integrazioni.