Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 28989 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 28989 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 03/11/2025
Oggetto Responsabilità civile generale
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso iscritto al n. 19906/2023 R.G. proposto da COGNOME NOME, rappresentata e difesa dagli AVV_NOTAIO e NOME COGNOMEAVV_NOTAIO , domiciliata digitalmente ex lege ;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa NOME COGNOME, domiciliata digitalmente ex lege ;
dall’AVV_NOTAIO
-controricorrente – avverso la sentenza della Corte d’Appello di Napoli, n. 3128/2023, depositata in data 30 giugno 2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio dell’8 luglio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
con ricorso ex art. 702bis c.p.c., depositato il 18 marzo 2019, l’RAGIONE_SOCIALE chiese al Tribunale di quella città la condanna di NOME COGNOME al pagamento di euro 61.968,08, oltre agli interessi legali e alla rivalutazione monetaria, in virtù della sentenza del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, Sezione Penale, n. 879/2017, resa nel procedimento RGNR n. 4348/2014;
con ordinanza n. 1879/2019 del 12 luglio 2019 il Tribunale rigettò la domanda rilevando che: con l’evocata sentenza penale la resistente era stata assolta dal reato contestatole (come ivi derubricato) per intervenuta prescrizione, ragion per cui sarebbe stato onere della ricorrente fornire tutti gli elementi di fatto sui quali poter autonomamente rivalutare il fatto in contestazione; l’RAGIONE_SOCIALE, invece, si era limitata ad allegare la citata sentenza penale salvo chiedere, solo in udienza, l’acquisizione di tutto il fascicolo relativo al giudizio penale, istanza istruttoria però tardiva alla luce del rito sommario prescelto;
con la sentenza in epigrafe la Corte d’appello di Napoli, in accoglimento del gravame interposto dall’RAGIONE_SOCIALE e in riforma della decisione impugnata, ha condannato NOME COGNOME al pagamento di euro 92.170,27 (di cui euro 79.814,89 per capitale rivalutato ed euro 12.355,38 per interessi legali), oltre agli interessi legali successivi ed oltre alle spese di entrambi i gradi di giudizio;
la motivazione della sentenza si snoda attraverso i seguenti passaggi salienti:
-« occorre premettere, anche in risposta all’eccezione ex art. 345 c.p.c. di novità della domanda, sollevata dall’appellata, che, a ben vedere, nell’atto di appello è stato integrato il contenuto della domanda, così come proposta in primo grado, ovviandosi a una carenza (nell’ editio actionis ) alla cui sanatoria avrebbe dovuto provvedersi (ai sensi dell’articolo 164 c.p.c.) mediante l’assegnazione di un termine perentorio per l’integrazione della domanda »;
-« il mancato rilievo del vizio relativo all’ editio actionis, da parte del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, e la definizione del giudizio all’esito della prima udienza, impone di tener conto della possibilità che la sua sanatoria avvenga in grado di appello (così come affermato dalla giurisprudenza di legittimità, in tema di nullità inerenti alla vocatio in ius -cfr. Cass. S.U. 2258/22 -ma in virtù di un principio predicabile anche per le nullità relative all’ editio actionis ) »;
-« nel caso di specie, l’atto di appello, ampliando il contenuto della domanda, sia pure per relationem e mediante il richiamo all’efficacia probatoria della sentenza penale quanto alla ricostruzione dei fatti che giustificano la pretesa risarcitoria, ha assolto alla funzione d’integrazione che il primo giudice avrebbe dovuto consentire ai sensi dell’artico lo 164 c.p.c., senza che possa ritenersi violato il divieto dei nova sancito dall’articolo 345 c.p.c. »;
-nel merito, « le prove raccolte in sede penale, di cui la sentenza depositata l’11 dicembre 2017 dà ampio conto, consentono di ritenere NOME COGNOME partecipe dell’accordo illecito in virtù del quale sono stati emessi in suo favore mandati di pagamento per prestazioni inesistenti o, comunque, non rese dalle società indicate come creditrici» ;
-la consapevole partecipazione di NOME COGNOME all’attività illecita svolta in danno dell’RAGIONE_SOCIALE si evince con certezza dalla riscossione dei pagamenti mediante accredito sul suo conto corrente e dalla successiva utilizzazione della relativa provvista, così come descritta nella sentenza penale, a tal fine assumendo anche rilievo, ai sensi dell’articolo 116 c.p.c., il comportamento processuale della COGNOME che, esercitato in sede penale il diritto al silenzio, non ha poi inteso offrire alcuna spiegazione in sede civile sulle ragioni per le quali le sono state accreditate le ingenti somme pagate dall’RAGIONE_SOCIALE in riferimento a false fatturazioni;
avverso tale sentenza NOME COGNOME propone ricorso per cassazione affidandolo a cinque motivi, il primo dei quali in via principale e potenzialmente assorbente, gli altri in via subordinata;
resiste l’RAGIONE_SOCIALE depositando controricorso;
a trattazione è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art.
l 380bis.1 cod. proc. civ.;
non sono state depositate conclusioni dal Pubblico Ministero;
considerato che:
con il primo motivo la ricorrente denuncia, con riferimento all’art. 360, comma primo, num. 4, cod. proc. civ., « violazione degli artt. 157, 161, 162, 163 n. 4 e 164 co. 4 e 5, 354 e 356 cod. proc. civ., anche in combinato disposto tra loro; falsa applicazione del principio di diritto processuale stabilito da Cass. Sez. U. n. 2258 del 2022 »;
rileva che:
-la nullità dell’atto introduttivo per vizio della editio actionis convertendosi ex art. 161 c.p.c. in motivo d’appello, andava dedott a dalla parte interessata, cosa nella specie non avvenuta;
-erroneamente la Corte d’appello ha esteso i principi enunciati da Cass. Sez. U. n. 2258 del 2022, relativi alla nullità della vocatio in ius , alla nullità dell’ editio actionis , sia perché tale pronuncia postula che il vizio sia dedotto come motivo di gravame, sia perché si tratta comunque di ipotesi soggette a regimi completamente diversi: per la prima, in particolare, prevedendosi la possibilità di una sanatoria ex tunc , la seconda invece consentendo solo di mantenere pendente il processo, senza sanare decadenze o diritti quesiti, con la conseguenza che il giudice di appello non avrebbe comunque potuto ammettere l’integrazione della domanda, che mutava i fatti costitutivi, ma avrebbe dovuto dichiararla nuova e inammissibile;
osserva quindi che, avendo la stessa Corte territoriale accertato che il libello introduttivo della lite era « privo di qualsivoglia ricostruzione fattuale », l’appello avrebbe dovuto essere rigettato, atteso che la domanda di pagamento proposta con l’atto introduttivo del giudizio di primo grado aveva un contenuto meramente liquidatorio, giustificata esclusivamente sul ‘ titolo ‘ (ossia in virtù) della sentenza
penale, che tuttavia era di proscioglimento dell’imputata per intervenuta prescrizione e pertanto non poteva costituire fonte di obbligazione di una conseguente domanda di pagamento;
con il secondo motivo la ricorrente denuncia, « in relazione all’art. 360, comma primo, num. 4, cod. proc. civ.: violazione degli artt. 111 Cost. e 6 CEDU nonché degli art. 132 co. 2 n. 4 cpc e 118 disp. att. cpc; in subordine, in relazione all’art. 360, comma primo, num. 5, cod. proc. civ.; per entrambi i mezzi: motivazione apparente e/o manifestamente irrazionale sul punto di nullità dell’atto introduttivo del processo »;
lamenta che la Corte d’Appello abbia fornito una motivazione apparente e/o manifestamente irrazionale sulla nullità dell’atto introduttivo, non avendo spiegato perché il fatto e la domanda individuati dal giudice di primo grado non fossero percepibili dal ricorso;
deduce che in tal modo la Corte territoriale è incorsa anche in vizio di omesso esame ex art. 360, comma primo, num. 5, cod. proc. civ., « in quanto la discussione non poteva esservi sulla questione rilevata di ufficio, intesa quale fatto processuale (nullità o meno dell’atto introduttivo del giudizio di primo grado, quindi apprezzamento di fatto), poiché non è stato oggetto di messa in discussione tra le parti »;
con il terzo motivo la ricorrente denuncia, con riferimento all’art. 360, comma primo, num. 4, cod. proc. civ., « violazione dell’art. 101 co. 2 cod. proc. civ., dell’art. 111 e 24 Cost., dell’art. 6 CEDU », per avere la Corte d’appello deciso su una questione rilevata di ufficio (nullità dell’atto introduttivo) senza informare previamente le parti e provocare il contraddittorio;
con il quarto motivo essa denuncia, con riferimento all’art. 360, comma primo, num. 4, cod. proc. civ., « violazione degli artt. 162, 354 ult. co. e 164 co. 5 cod. proc. civ., anche in combinato disposto tra loro »;
sostiene che la Corte d’Appello, dopo aver rilevato la nullità, avrebbe dovuto ordinare la rinnovazione integrale degli atti o assegnare termini per la difesa della parte convenuta e che l’omissione di tali provvedimenti ha compromesso il proprio diritto di difesa;
con il quinto motivo la ricorrente denuncia, infine, ai sensi dell’art. 360, comma primo, num. 4, cod. proc. civ., « violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 115 e 116 cod. proc. civ., in relazione agli artt. 163 e 167 cod. proc. civ.; nullità della sentenza per parzialità del Giudice », per avere la Corte d’appello basato la condanna su elementi non allegati né provati, come l’utilizzo delle somme accreditate sul conto della ricorrente e il suo comportamento processuale;
rileva il Collegio che i motivi di ricorso, alla luce della sentenza delle Sezioni Unite n. 24172 del 29/08/2025, sopravvenuta all’adunanza camerale, pongono la necessità di una riflessione su questioni di sistema rilevanti nella specie, che sono di carattere nomofilattico e hanno particolare rilevanza;
che si rende necessario dunque rimettere la causa alla pubblica udienza;
P.Q.M.
rimette la causa alla pubblica udienza e la rinvia a tal fine a nuovo ruolo.
Così deciso in Roma, a seguito di riconvocazione, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 27 ottobre 2025.
Il Presidente NOME COGNOME