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Nozione di veduta: quando si viola la distanza?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 21778/2024, ha chiarito la nozione di veduta, specificando che un semplice spazio a piano terra, come un cortile non delimitato da parapetto, non costituisce veduta illegittima. Il caso riguardava una disputa tra proprietari confinanti, in cui uno negava l’accesso al fondo per lavori, lamentando la presenza di una veduta illegale. La Corte ha stabilito che per aversi veduta è necessaria un’opera costruita appositamente per consentire un affaccio comodo e sicuro, escludendo quindi la violazione delle distanze nel caso di specie e rigettando il ricorso.

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La Nozione di Veduta: Un Cortile a Piano Terra Viola le Distanze?

Le controversie tra vicini sono all’ordine del giorno, specialmente quando si parla di costruzioni, confini e distanze legali. Un tema ricorrente è quello delle vedute, ovvero le aperture che permettono di affacciarsi sul fondo del vicino. Ma cosa si intende esattamente per ‘veduta’? Un semplice cortile a piano terra può essere considerato tale e, di conseguenza, violare le norme sulle distanze? La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 21778 del 2 agosto 2024, ha fornito un’importante precisazione sulla nozione di veduta, stabilendo criteri chiari per la sua configurabilità.

I Fatti: Una Disputa tra Vicini per Lavori e Presunte Vedute Illegittime

La vicenda nasce dalla necessità di un proprietario di eseguire lavori urgenti di impermeabilizzazione su un muro del proprio immobile. Per farlo, aveva bisogno di accedere al fondo del vicino, un terreno libero e inedificato. Il vicino, tuttavia, negava il consenso, sostenendo che l’edificio confinante fosse stato costruito abusivamente, in violazione delle distanze e con la creazione di una veduta illegittima verso la sua proprietà. Di conseguenza, in risposta alla richiesta di accesso, il proprietario del terreno presentava una domanda riconvenzionale per ottenere la demolizione di un terrazzo e di un cortile prospicienti il suo fondo, oltre al risarcimento dei danni.

Il Tribunale di primo grado rigettava entrambe le domande. La Corte d’Appello, invece, riformava parzialmente la sentenza: concedeva al proprietario dell’edificio il diritto di accedere al fondo vicino per eseguire i lavori, ma respingeva l’appello del proprietario del terreno riguardo alla presunta veduta illegittima. Secondo i giudici di secondo grado, né la copertura di un piccolo locale (definita ‘terrazzo’) né il cortile a piano terra potevano essere qualificati come veduta, in quanto mancava un’opera specificamente destinata a consentire un affaccio comodo e sicuro.

L’Analisi della Cassazione e la corretta nozione di veduta

Insoddisfatto della decisione, il proprietario del terreno ha proposto ricorso in Cassazione, basandolo su tre motivi principali. La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso, cogliendo l’occasione per ribadire e consolidare i principi che definiscono la nozione di veduta.

Il Primo Motivo: L’Errata Applicazione della Nozione di Veduta

Il ricorrente lamentava la violazione degli articoli 900 e 905 del codice civile, sostenendo che la Corte d’Appello avesse sbagliato a escludere che il cortile a piano terra costituisse una veduta, nonostante il consulente tecnico avesse confermato la possibilità di inspectio (affaccio) e prospectio (visione) sul fondo vicino. La Cassazione ha ritenuto il motivo infondato. Ha chiarito che, secondo la sua giurisprudenza costante, la nozione di veduta presuppone l’esistenza di un’opera specificamente destinata a consentire un affaccio comodo e sicuro. Questo significa che non basta la mera possibilità di guardare oltre il confine. È necessaria una struttura (come un balcone o una finestra con parapetto) che, per ubicazione, consistenza e caratteristiche, renda l’affaccio agevole e privo di rischi. Un semplice spazio a piano terra, aperto e non delimitato da un parapetto, anche se pavimentato, non possiede tali requisiti e non può quindi essere considerato una veduta soggetta alle rigide regole sulle distanze.

Il Secondo e Terzo Motivo: L’Inammissibilità per ‘Doppia Conforme’

Gli altri due motivi, relativi all’omesso esame di prove (le foto del CTU) e di ‘fatti decisivi’ per la liquidazione delle spese, sono stati dichiarati inammissibili. La Corte ha applicato il principio della cosiddetta ‘doppia conforme’ (art. 348 ter c.p.c.). Poiché sia il Tribunale che la Corte d’Appello erano giunti alla medesima conclusione sulla questione di fatto (ovvero che il cortile non costituisse una veduta), tale valutazione non poteva essere ulteriormente contestata in sede di legittimità per un presunto vizio di motivazione.

Le Motivazioni

La decisione della Corte si fonda su un’interpretazione logica e consolidata delle norme in materia di distanze. I giudici hanno sottolineato che, per aversi una veduta, non è sufficiente la possibilità fisica di guardare sul fondo del vicino. Se così fosse, qualsiasi terreno confinante con un altro, anche se non edificato, creerebbe una violazione perpetua delle norme sulle vedute, il che è un’assurdità logica. La legge mira a tutelare la privacy e la riservatezza da intrusioni visive facilitate da opere artificiali create appositamente per l’affaccio. Un semplice piano di calpestio a livello del suolo non rientra in questa categoria. L’assenza di un parapetto o di un’altra protezione che renda l’affaccio comodo e sicuro è l’elemento decisivo che esclude la qualificazione dell’area come veduta.

Le Conclusioni

L’ordinanza della Cassazione offre un importante principio guida: non ogni possibilità di affaccio integra una veduta illegittima. Per attivare la tutela prevista dal codice civile in materia di distanze, è indispensabile la presenza di un’opera strutturata, permanente e funzionale a consentire un’ispezione comoda e sicura sulla proprietà altrui. Questa pronuncia consolida la certezza del diritto nei rapporti di vicinato, evitando che semplici configurazioni del terreno o aree pavimentate a piano terra possano essere pretestuosamente utilizzate per ostacolare i diritti altrui o generare contenziosi infondati.

Quando un’apertura è considerata una ‘veduta’ ai sensi della legge?
Un’apertura è considerata una veduta quando esiste un’opera, come una finestra o un balcone, specificamente destinata a consentire un affaccio comodo e sicuro sul fondo del vicino. Deve permettere sia di guardare di fronte, obliquamente o lateralmente (prospectio), sia di sporgersi (inspectio) in condizioni di sufficiente comodità e sicurezza, generalmente garantite da un parapetto.

Un cortile o uno spazio a piano terra può costituire una veduta illegittima?
No, secondo la sentenza in esame, un semplice spazio a piano terra, come un cortile aperto e non delimitato da un parapetto, non costituisce una veduta. La mera possibilità di guardare sul fondo vicino da un’area a livello del suolo non è sufficiente a integrare la violazione delle norme sulle distanze per le vedute, in quanto manca un’opera specificamente finalizzata all’affaccio.

Cosa significa il principio della ‘doppia conforme’ e quando si applica?
Il principio della ‘doppia conforme’, previsto dall’art. 348 ter del codice di procedura civile, stabilisce che se la sentenza di appello conferma la decisione del tribunale di primo grado sulla base delle stesse valutazioni di fatto, il ricorso in Cassazione per vizi di motivazione su quei fatti è inammissibile. In pratica, impedisce un terzo esame del merito della causa quando due giudici precedenti hanno concordato sulla ricostruzione dei fatti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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