Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 9200 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 9200 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23033/2021 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, in qualità di amministratore di sostegno di COGNOME NOME e COGNOME NOME, in qualità di amministratore di sostegno di COGNOME Bruno, rappresentati e difesi da ll’ avv. NOME COGNOME giusta procura in calce al ricorso;
-ricorrenti –
Contro
Monte dei Paschi di Siena s.p.a. , rappresentata e difesa da ll’avv. NOME COGNOME giusta procura in atti;
– controricorrente –
Oggetto:
intermediazione finanziaria obbligazioni argentine
AC
–
04/04/2025
avverso la sentenza della Corte di appello di Firenze n. 1099/2021, pubblicata il 28 maggio 2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 4 aprile 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
NOME COGNOME in qualità di amministratore di sostegno di NOME COGNOME e NOME COGNOME in qualità di amministratore di sostegno di NOME COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, avverso la sentenza con cui la Corte di appello di Firenze ha confermato la sentenza del Tribunale di Pistoia che aveva respinto la domanda, proposta dagli odierni amministrati, avente a oggetto la risoluzione del contratto quadro di negoziazione e dell’ operazione di acquisto di bond argentini per complessivi euro 158.315,24, con le relative conseguenze, anche risarcitorie.
Monte dei Paschi di Siena s.p.a. (in prosieguo, breviter : ‘la banca’) ha resistito con controricorso.
La Corte territoriale, per quanto in questa sede ancora rileva, ha osservato: a) che la disposta consulenza tecnica di ufficio consentiva di rinvenire la ragione più liquida a sostegno del rigetto dell’appello nella circostanza che l’avvenuta adesione degli investitori all’offerta pubblica di scambio effettuata dalla Repubblica Argentina nel 2010 aveva determinato l’ insussistenza di qualsivoglia perdita economico-finanziaria oggetto di possibile tutela, essendo rimasto contabilmente accertato che gli stessi avevano addirittura guadagnato dalla predetta operazione, rispetto alle somme originariamente investite in bond argentini, poi oggetto di default ; b) che la predetta adesione all’ offerta di scambio era qualificabile come novazione, come tale estintiva dell’ originario rapporto obbligatorio per cui era causa; c) che tale novazione era espressamente estesa, per volontà degli stessi
investitori, anche alle conseguenze risarcitorie connesse all’eventuale invalidità dell’ originario acquisto di obbligazioni argentine; d) che il comportamento processuale degli investitori appellanti che, nonostante la piena consapevolezza dell’effetto novativo dell’accettazione dell’offerta di scambio, avevano coltivato la domanda di risarcimento del danno, era qualificabile come temerario, ai sensi dell’art. 96, terzo comma, cod. proc. civ., sì da essere fonte di danno, equitativamente liquidato in euro 5.000,00.
4. Le parti hanno depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
1. Il ricorso lamenta:
a) Primo motivo «1) Violazione e falsa applicazione degli artt. 100 c.p.c., 1453 c.c., 1223 c.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.», deducendo l ‘erroneità della sentenza impugnata per aver omesso di rilevare che in appello gli investitori avevano formulato un’autonoma domanda di risarcimento del danno, chiaramente scollegata da quella originariamente riferita all’acquisto dei titoli argentini , ma invece connessa all’ autonoma lesione subita dal patrimonio degli investitori per effetto del mancato integrale recupero dell’ investimento iniziale al momento della proposizione della predetta domanda.
Il motivo è inammissibile, sia perché mostra di non confrontarsi con la ratio decidendi della sentenza impugnata, identificabile nella chiara e inequivoca attribuzione all ‘adesione all’ offerta pubblica di scambio di un valore novativo, espressamente esteso dagli stessi investitori a ogni profilo della domanda originariamente introdotta, sia perché -sotto diverso e concorrente profilo -in spregio ai requisiti di autosufficienza -non identifica quale sia il preciso tenore dell’invocata ‘autonoma’
domanda risarcitoria, né come, dove e quando la stessa sarebbe stata ritualmente introdotta in lite (rispetto alle preclusioni di primo grado) e altrettanto ritualmente coltivata in appello (rispetto al superamento del divieto dei nova ).
Un accertamento, quello della natura novativa del rapporto originario, che si mostra conforme all’ insegnamento di questa Corte (Sez. 1, Ordinanza n. 13994 del 31/05/2018; Sez. 6-1, Ordinanza n. 27378 del 19/09/2022) e che, in termini di ambito oggettivo di applicazione all’intera domanda, è accertamento di merito effettuato dalla Corte territoriale che si sottrae al sindacato di questa Corte, nei termini della censura per come formulata.
Secondo motivo «2) Violazione art. 112 c.p.c. per difetto di corrispondenza tra chiesto e pronunciato in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c.», deducendo la nullità della sentenza impugnata per aver omesso di rilevare che gli investitori avevano espressamente formulato la domanda di risarcimento del danno incondizionata, su cui la Corte territoriale avrebbe omesso di pronunciare.
Il motivo è inammissibile perché -in spregio ai requisiti di autosufficienza -non identifica quale sia il preciso tenore dell’invocata ‘autonoma’ domanda risarcitoria, né come, dove e quando la stessa sarebbe stata ritualmente introdotta in lite (rispetto alle preclusioni di primo grado) e altrettanto ritualmente coltivata in appello (rispetto al superamento del divieto dei nova ); tutte precisazioni da ritenersi necessarie e pregiudiziali rispetto alla lamentata sussistenza di un’omessa pronuncia, che evidentemente presuppone la dimostrazione della rituale
proposizione in giudizio della domanda, del cui mancato esame ci si lamenta.
Terzo motivo «3) Violazione e falsa applicazione degli artt. 1223 c.c., 2041 c.c., 1219 e 1282 c.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.», deducendo l’erroneità della sentenza impugnata per aver compensato il lucro (derivante dall’o.p.s.) con il danno (derivante dall’ inadempimento agli obblighi informativi) senza che ne sussistessero i presupposti e per aver conteggiato gli interessi legali sulle somme percepite dagli investitori e portate in compensazione, in assenza di alcun collegamento giuridico tra la domanda risarcitoria e quella da inadempimento contrattuale. Il motivo è inammissibile perché non si confronta con la ratio decidendi della sentenza impugnata, come individuata a commento del primo motivo di ricorso, che ha attribuito agli eventi accertati in corso di lite un effetto novativo rispetto al contenuto della domanda originariamente introdotta in lite dagli investitori.
Quarto motivo «4) Violazione art 96 comma 3 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. », deducendo l’erroneità della sentenza impugnata per aver condannato i ricorrenti al risarcimento per lite temeraria, sussistendo più che valide ragioni per impugnare in appello la sentenza del Tribunale di Pistoia, del tutto a prescindere dall’ intervenuta adesione all’ offerta pubblica di scambio e non sussistendo, quindi, alcuna slealtà nella relativa condotta processuale.
Il motivo è inammissibile, per due concomitanti ragioni.
Innanzitutto, l’ accertamento della responsabilità aggravata è un accertamento di fatto, che appartiene all’ esclusiva valutazione
della fase di merito e che non può, come tale, essere censurato in questa sede.
In secondo luogo, la censura tende a far compiere a questa Corte una non consentita riedizione del ridetto giudizio di fatto, dovendo solo rilevarsi che il rilievo dell’ omissione di una circostanza fattuale per determinare la detta responsabilità appare conforme all’ insegnamento di questa Corte (Sez. 6-3, Ordinanza n. 4136 del 21/02/2018), che va espressamente ribadito, secondo cui, in materia di responsabilità processuale aggravata, condotte sintomatiche dell’elemento soggettivo della mala fede o della colpa grave non si ravvisano soltanto nella consapevolezza della infondatezza in iure della domanda, ma anche nella omessa deduzione di circostanze fattuali dirimenti ai fini della corretta ricostruzione della vicenda controversa .
Le spese di lite della presente fase di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come indicato in dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto (Cass. S.U., n. 4315 del 20 febbraio 2020).
P.Q.M.
la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna COGNOME NOME, in qualità di amministratore di sostegno di COGNOME NOME e COGNOME NOME, in qualità di amministratore di sostegno di COGNOME Bruno, a rifondere alla Monte dei Paschi di Siena s.p.a. le spese della presente fase di legittimità, che liquida in complessivi euro 7.200,00, di cui
euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento e agli accessori di legge; dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 4 aprile 2025.