Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 16169 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 16169 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 16/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20298/2022 R.G. proposto da : NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME domiciliazione ex lege all’indirizzo Pec in atti. -ricorrente – contro
COMUNE DI TARANTO, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOMECOGNOME domiciliazione ex lege all’indirizzo Pec in atti.
–
contro
ricorrente –
nonché contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, ex lege domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO che lo rappresenta e difende ope legis.
–
contro
ricorrente – avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di LECCE n. 341/2022 depositata il 10/05/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/03/2025 dal Consigliere dr.ssa NOME COGNOME
Rilevato che
Con ricorso ex art. 447bis cod. proc. civ., la NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Lecce il Ministero della Giustizia e il Comune di Taranto, al fine di ottenere il pagamento della complessiva somma di euro 82.536,80 a titolo di spese necessarie per l’esecuzione delle opere di rispristino relative all’immobile di sua proprietà, oggetto di locazione alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Taranto, nonché di euro 324.176,87, quale corrispettivo dovuto a titolo di canone di locazione per il periodo compreso dal 1° aprile 2017 al 17 luglio 2018, ovvero, in via gradata, della minore somma di euro 69.274,31 per il periodo dal 1° aprile 2017 al 10 luglio 2017.
Si costituiva, resistendo, il Ministero della Giustizia.
Si costituiva anche il Comune di Taranto, contestando la propria legittimazione passiva, al riguardo deducendo l’intervenuto subentro del Ministero della Giustizia nel contratto di locazione; in ogni caso, contestava la fondatezza nel merito della domanda risarcitoria.
Con sentenza n. 1410/2020 Il Tribunale di Lecce rigettava
le domande proposte nei confronti del Ministero della Giustizia e parzialmente accoglieva la domanda risarcitoria nei confronti del Comune di Taranto, riconoscendo in favore della NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE la somma di euro 57.332,13 oltre IVA, interessi e rivalutazione monetaria.
Avverso tale sentenza della Federico COGNOME RAGIONE_SOCIALE proponeva appello; si costituivano, resistendo al gravame, sia il Ministero della Giustizia sia il Comune di Taranto.
Con sentenza n. 341 del 10 maggio 2022 la Corte d’Appello di Lecce rigettava il gravame.
Avverso tale sentenza la NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE propone ora ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
Resistono, con rispettivi distinti controricorsi, il Comune di Tarato ed Ministero della Giustizia.
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1, cod. proc. civ.
Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni.
La società ricorrente ha depositato memoria in relazione alla originaria trattazione (rinviata per impedimento del relatore allora designato) e nuova memoria, che a quella si riporta, in vista dell’adunanza camerale successivamente fissata.
Considerato che
Rileva il Collegio in via preliminare che il ricorso è inammissibile, in quanto sottoscritto dall’Avvocato COGNOME che non è cassazionista.
Poiché, tuttavia, l’altro difensore è legittimato, il ricorso va esaminato in quanto proposto con il suo ministero, che è, fra l’altro, anche disgiuntivo.
Con il primo motivo la società ricorrente denunzia ‘Violazione e/o falsa applicazione di legge, ex art. 360, I co., n.3 c.p.c., degli artt. 1230 e 1231 cod. civ., nonché dell’art. 1362 cod. civ., per aver la corte di appello, nel ritenere infondato il
primo motivo di gravame, disatteso i principi a più riprese enunciati da codesta illustrissima Suprema Corte quanto ai requisiti di un contratto cui accreditare valenza novativa del precedente accordo locatizio – nullità della sentenza impugnata, ex art. 360, I co., n. 4) c.p.c., per omessa o apparente motivazione sul primo motivo di appello (violazione dell’art. 132, II co., n. 4) c.p.c.)’.
2.1. Il motivo è articolato in due censure.
Con la prima censura la società ricorrente critica la motivazione asseritamente superficiale e sbrigativa della sentenza della corte d’appello, che, confermando le argomentazioni del primo giudice, ha ritenuto che il contratto di locazione del 2009 rappresentasse un rapporto negoziale diverso dai precedenti, valorizzando i seguenti elementi di fatto: i) l’intestazione dell’accordo, nonché ii) il confronto tra il tenore letterale del contratto di locazione del 2009 con i precedenti contratti del 2002 e del 1990.
Con la seconda la ricorrente rileva la nullità della sentenza per mancanza di quel contenuto minimo costituzionalmente rilevante richiesto dall’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., in quanto la corte d’appello ‘si limiterebbe sostanzialmente a declinare, quale ragione presupposta alla declaratoria di infondatezza del motivo di appello, la diversa intestazione dell’accordo senza, tuttavia, fornire alcun altro elemento rilevante in funzione del percorso logico/giuridico seguito’ (così a p. 22 del ricorso).
Tale motivazione non avrebbe pertanto consentito all’odierno ricorrente di verificare l’esattezza e la pertinenza del ragionamento logico-giuridico seguito dalla Corte di merito.
2.2. Il motivo è inammissibile quanto alla prima censura, infondato quanto alla seconda.
2.2.1. Con la prima censura, infatti, il ricorrente
sostanzialmente richiede una diversa interpretazione del rapporto negoziale intercorso tra le parti (in termini di rinnovo o rinnovazione del medesimo contratto in luogo della qualificazione di nuovo contratto di locazione), senza considerare che l’attività di interpretazione è rimessa al giudice del merito quale tipico accertamento in fatto, normalmente incensurabile in sede di legittimità, salvo che nelle ipotesi di omesso esame di un fatto decisivo e oggetto di discussione tra le parti, ovvero del sindacato di legittimità sulla motivazione alla stregua del c.d. “minimo costituzionale”, ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., n. 5, nella formulazione attualmente vigente, ovvero, ancora, ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., n. 3, per violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale, previsti dagli artt. 1362 cod. civ. e segg. (v. Cass., n. 14355 del 2016).
2 .2.2. Va inoltre rilevato che nell’illustrazione non c’è alcuna attività dimostrativa del come e del perché sarebbe violato l’art. 1362 cod. civ.
Questa norma, infatti, regola vari criteri esegetici.
Di nessuno di essi, tuttavia, v’è traccia argomentativa nell’illustrazione né direttamente tramite evocazione, né indirettamente a livello argomentativo.
2.2.3. La seconda censura è infondata, alla luce della lettura dell’impugnata sentenza, dalla quale risulta che la motivazione della corte di merito a fondamento della decisione censurata con il primo motivo è non solo esistente, ma pienamente intellegibile nel percorso logico-argomentativo.
La motivazione, dunque, esiste, ed è svolta in maniera congrua e scevra da vizi logico-giuridici; il ricorrente la attacca, ma sulla base di elementi desunti aliunde , in violazione degli insegnamenti dettati dalle note sentenze Cass., Sez. Un., n. 8053 e n. 8054 del 2014.
3 . Con il secondo motivo il ricorrente denuncia ‘Violazione e/o
falsa applicazione di legge, ex art. 360, I co., n. 3), c.p.c., degli artt. 1590 e 1591 cod. civ.’.
Censura l’impugnata sentenza, là dove avrebbe erroneamente ritenuto illegittimo il rifiuto opposto dalla RAGIONE_SOCIALE alla restituzione dell’immobile; sempre sul presupposto, oggetto di censura nel precedente primo motivo, secondo cui la corte avrebbe errato a considerare il contratto di locazione sottoscritto in data 3 marzo 2009 in luogo del contratto del 6 aprile 1990, oggetto di formali rinnovi nel 1997 e 2002.
3.1. Il motivo è assorbito, vista la sorte del motivo che lo precede.
In conclusione, il ricorso va rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate nella misura indicata in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la società ricorrente al pagamento, in favore del Comune di Taranto, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 6.000,00 per compensi, oltre spese forfettarie nella misura del 15 per cento, esborsi, liquidati in euro 200,00, ed accessori di legge.
Condanna la società ricorrente al pagamento, in favore del Ministero della Giustizia, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 6.000,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della società ricorrente, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Terza