Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 403 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 403 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. R.G. 764 anno 2022 proposto da:
ATTILIO COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME in forza di procura in calce al ricorso, domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME
ricorrente
contro
BANCA NAZIONALE DEL LAVORO , rappresentata e difesa dall’avvocato a dall’Avvocato NOME COGNOME del Foro di Roma, in virtù di mandato alle liti conferito con procura rilasciata a norma dell’art. 83 c.p.c. su documento informatico separato sottoscritto con firma digitale materialmente congiunto al l’atto di costituzione di nuovo difensore (cfr. doc. all. 4), ed unitamente al medesimo elettivamente domiciliata ai fini di ogni comunicazione e notificazione afferente al presente procedimento presso il seguente indirizzo di Posta Elettronica Certificata EMAIL
contro
ricorrente
avverso la sentenza della Corte d’Appello di L’Aquila n. 839/2021 pubblicata in data 01/06/2021, notificata.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/10/2024 dal consigliere relatore NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione in opposizione a pignoramento immobiliare notificato alla BNL S.P.A. il signor COGNOME NOME proponeva opposizione all’esecuzione chiedendo la sospensione della procedura e, nel merito, sentir dichiarare la inidoneità del titolo esecutivo azionato dalla Banca costituito dall’atto pubblico a rogito notar NOME COGNOME del 12/02/2008 rep. numero 39430 racc. numero 20669.
Il giudice dell’esecuzione procedeva alla sospensione nel procedimento esecutivo fissando il termine per l ‘ introduzione del giudizio di merito.
Con atto di citazione ex articolo 616, c.p.c. la BNL s.p.a. introduceva il giudizio di merito chiedendo in via preliminare la revoca del provvedimento di sospensione e in via subordinata e riconvenzionale, nella denegata ipotesi di accoglimento anche parziale dell’opposizione, la condanna del COGNOME NOME alla restituzione in favore della BNL s.p.a. della somma di euro 124.584,53 oltre interessi convenzionali.
Il tribunale di Avezzano accoglieva l’opposizione all’esecuzione dichiarando la nullità del pignoramento immobiliare, accogliendo, viceversa, la domanda riconvenzionale proposta dalla banca di condanna al pagamento della predetta somma a titolo di restituzione del capitale mutuato, nonché a titolo di rate insolute. In sintesi. il tribunale ha ritenuto sussistente la
prova in ordine alla acquisizione della somma da parte del COGNOME con conseguente condanna di quest’ultimo alla restituzione delle somme in ragione dell’inadempimento contrattuale.
La Corte di appello di L’Aquila, su impugnazione del signor COGNOME accoglieva l’appello incidentale spiegato dalla banca e riformando integralmente la sentenza di primo grado rigettava l’opposizione all’esecuzione dichiarando la piena validità del titolo esecutivo costituito dal contratto di mutuo.
La sentenza veniva impugnata da COGNOME NOME con ricorso per Cassazione assistito da un solo motivo cui la banca ha resistito con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo ed unico motivo di ricorso si deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 474 c.p.c. in tema di titolo esecutivo, nonché la nullità e ingiustizia della sentenza e/o del procedimento di secondo grado per errata esegesi dell’articolo 2 del contratto di mutuo.
Preliminarmente, il ricorrente al fine di giustificare la tempestiva notificazione del ricorso in Cassazione eccepisce la nullità e/o inesistenza della notifica della sentenza di appello ricevuta in data 3 giugno 2021 in quanto il documento notificato via pec non sarebbe conforme all’originale custodito telematicamente presso la cancelleria della Corte d’appello di L’Aquila.
Conseguentemente, la difesa del ricorrente deduce la tempestività del ricorso nel termine lungo di sei mesi non potendo ritenersi valida la predetta notifica della sentenza impugnata effettuata dalla controparte in data 3 giugno 2021. Ai fini di procedibilità del ricorso il ricorrente deposita la sola copia della sentenza della Corte di appello non notificata,
senza depositare documentazione inerente alla notifica della sentenza di appello del 3 giugno 2021 pacificamente ricevuta dal signor COGNOME NOME
Il ricorso è inammissibile in quanto tardivo.
Il ricorrente, al fine di giustificare la tempestività del ricorso testualmente afferma che: «Al fine di evitare sterili eccezioni preliminari, deve evidenziarsi che la difesa della RAGIONE_SOCIALE ha, in data 3 Giugno 2021, illegittimamente tentato la notifica della sentenza de qua ai fini della decorrenza del termine breve previsto ex artt. 325 e seguenti c.p.c., ma tale notifica deve considerarsi tamquam non esset. … Infatti, nella fattispecie de qua, la copia informatica relativa alla prefata sentenza n. 839/2021 -notificata per via telematica all’indirizzo pec dello scrivente difensore è totalmente difforme da quella depositata nella Cancelleria della Corte d’Appello di L’Aquila, in quanto mancante di tutti i contrassegni previsti per legge. La sopra evidenziata difformità è rilevabile ictu oculi mediante il raffronto tra le copie dei due provvedimenti indicati in premessa. La sentenza conforme a quella depositata dovrebbe avere, così come quella estratta e posta come raffronto da questa difesa, sia l’ indicazione in alto a destra dei dati della sentenza (numero, R.g., pubblicazione ecc.) E sul lato destro in verticale, le firme del Giudice e del Cancelliere. Invero, la sentenza notificata al Sig. NOME COGNOME non reca alcun contrassegno in nessuna delle pagine di cui e composta».
In altri termini, ad avviso del ricorrente, l’odierna controricorrente gli avrebbe notificato la copia della sentenza senza la stampigliatura azzurra, per cui la notificazione della sentenza avrebbe avuto ad oggetto il duplicato piuttosto che la copia informatica, con conseguente mancato decorso del
termine breve ai fini dell’impugnazione in cassazione.
Va premesso che l’equiparazione tra copia informatica e duplicato informatico trova un chiaro aggancio normativo nelle definizioni contenute nell’art. 1 del d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82 (Codice dell’amministrazione digitale: C.A.D.), applicabili anche al processo civile, in quanto compatibili e salvo che non sia diversamente disposto dalle disposizioni in materia di processo telematico (art. 2, comma 6) secondo cui: a) la copia informatica di documento informatico: è il documento informatico avente contenuto identico a quello del documento da cui è tratto su supporto informatico con diversa sequenza di valori binari (lett. i-quater); b) il duplicato informatico: è il documento informatico ottenuto mediante la memorizzazione, sullo stesso dispositivo o su dispositivi diversi, della medesima sequenza di valori binari del documento originario (lett. iquinquies). Ai sensi dell’ar t. 23-bis del C.A.D.: «1. I duplicati informatici hanno il medesimo valore giuridico, ad ogni effetto di legge, del documento informatico da cui sono tratti, se prodotti in conformità alle Linee guida . 2. Le copie e gli estratti informatici del documento informatico, se prodotti in conformità alle vigenti Linee guida, hanno la stessa efficacia probatoria dell’originale da cui sono tratte se la loro conformità all’originale, in tutti le sue componenti, è attestata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato o se la conformità non è espressamente disconosciuta. ».
Sulla scorta di tale dettato normativo, la giurisprudenza di questa Corte ha al riguardo affermato che in tema di notificazione della sentenza con modalità telematica, occorre distinguere la copia informatica di un documento nativo
digitale, la quale presenta segni grafici (generati dal programma ministeriale in uso alle cancellerie degli uffici giudiziari) che rappresentano una mera attestazione della presenza della firma digitale apposta sull’originale di quel documento, dal duplicato informatico che, come si evince dagli artt. 1, lett. i) quinquies e 16 bis, comma 9 bis del d.l. n. 179 del 2012, consiste in un documento informatico ottenuto mediante la memorizzazione, sullo stesso dispositivo o su dispositivi diversi, della medesima sequenza di valori binari del documento originario e la cui corrispondenza con quest’ultimo non emerge dall’uso di segni grafici – la firma digitale è infatti una sottoscrizione in “bit” la cui apposizione, presente nel “file”, è invisibile sull’atto analogico cartaceo ma dall’uso di programmi che consentono di verificare e confrontare l’impronta del “file” originario con il duplicato. (Cfr. Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 27379 del 19/09/2022). In applicazione di tale principio, questa Corte ha confermato la decisione di merito che aveva dichiarato inammissibile per tardività l’impugnazione svolta nei confronti della sentenza di primo grado, sul presupposto che la notifica telematica della stessa, mediante duplicato informatico, era idonea a far decorrere il “termine breve”, pur non presentando segni grafici relativi all’apposizione della sottoscrizione del giudice.
La equiparazione tra copia informatica e duplicato informatico è stata ribadita anche di recente dalla Cassazione che ha affermato il principio secondo cui nel regime di deposito telematico degli atti, l’onere del deposito di copia autentica del provvedimento impugnato, imposto a pena di improcedibilità del ricorso dall’art. 369, comma 2 n. 2, c.p.c., è assolto non solo dal deposito della relativa copia informatica, recante la stampigliatura dei dati esterni concernenti la sua
pubblicazione (numero cronologico e data), ma anche dal deposito del duplicato informatico di detto provvedimento, il quale ha il medesimo valore giuridico, ad ogni effetto di legge, dell’originale informatico e che, per sue caratteristiche intrinseche, non può recare alcuna sovrapposizione o annotazione che ne determinerebbe, di per sé, l’alterazione. (Vedi Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12971 del 13/05/2024).
In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile in quanto notificato in data 22 dicembre 2021 avverso la sentenza di appello validamente notificata il 3 giugno 2021 e quindi proposto oltre il termine breve di 60 giorni.
Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile.
Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese di lite che liquida in € 7 .000,00 per compensi professionali oltre € 200,00 per esborsi, nonché al rimborso forfetario delle spese generali, nella misura del 15%, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art.13, comma 1 quater del DPR 115/2002, dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1 bis dello stesso art.13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 1ª Sezione Civile,