Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 7997 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 7997 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 25/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso N. 19633/2021 R.G. proposto da:
NOME, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO , rappresentato e difeso da ll’AVV_NOTAIO, come da procura allegata al ricorso
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, rappresentata e difesa da ll’ AVV_NOTAIO, come da procura in calce al controricorso
– controricorrente –
avverso la sentenza del la Corte d’appello di Catanzaro n. 581/2021, depositata il 22.5.2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16.1.2024 dal AVV_NOTAIO relatore AVV_NOTAIO.
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE, con atto in data 27.09.2019, intimò al conduttore NOME COGNOME sfratto per morosità, stante l’inadempimento da mancato pagamento dei canoni di agosto e settembre 2019, per un ammontare complessivo di € 2.702,66, dovuti in forza di contratto di locazione relativo allo stand n. 17 sito in Catanzaro, INDIRIZZO, all’interno del Centro Agroalimentare di Catanzaro. Lo sfratto venne dapprima notificato in data 1.10.2019, ai sensi dell’art. 139 c.p.c., con consegna a mani di tale COGNOME NOME, rinvenuta presso il domicilio del destinatario ed ivi qualificatasi come ‘NOME capace e convivente’ ; nonché in data 12.10.2019 ai sensi dell’art. 140 c.p.c., in quanto il COGNOME non era stato reperito presso lo stand oggetto di locazione, ove aveva eletto domicilio. Frattanto, in data 2.10.2019, il conduttore provvide al pagamento della somma netta intimata. All’udienza del 5.11.2019 , l’intimante dichiarò che il conduttore aveva provveduto al pagamento dei canoni in data 2.10.2019, ma che la morosità persisteva quanto agli interessi ed alle spese legali dell’intimazione. Chiedeva, quindi, l’emissione dell’ordinanza ex art. 665 c.p.c. NOME AVV_NOTAIO si costituì proponendo opposizione all’intimato sfratto ed eccependo l’insussistenza della morosità, avendo provveduto al pagamento dei canoni in data anteriore alla seconda notifica dell’intimazi one di sfratto; eccepì ancora l’inesistenza di un termine contrattuale per il pagamento dei canoni mensili, ovvero di una clausola risolutiva espressa; l’esistenza di una prassi tra
le parti, caratterizzata dal pagamento dei canoni di locazione con cadenza bimestrale o trimestrale.
Negata l’emissione dell’ordine ex art. 665 c.p.c., mutato il rito ed istruita la causa, il Tribunale di Catanzaro, con sentenza del 7.7.2020, dichiarò la risoluzione del contratto di locazione del 22.11.2007 per inadempimento del conduttore, condannandolo al rilascio dell’immobile, nonché al pagamento degli interessi di mora sui canoni di agosto e settembre 2019 decorrenti da ciascuna scadenza al saldo, e ancora della somma di € 1.351,33 per ogni mese trascorso dalla data della sentenza sino all’effettivo r ilascio, oltre interessi legali dalle scadenze al saldo.
Proposto gravame da NOME COGNOME, la Corte d’appello di Catanzaro lo rigettò con sentenza del 22.5.2021, evidenziando che, dall’esame del contratto di locazione inter partes , poteva evincersi che -benché non fosse stata pattuita la data esatta entro cui pagare il canone -questo era stato pattuito a scadenza mensile; che nel corso del 2019 COGNOME aveva più volte sollecitato il COGNOME per l’adempimento, solo dopo le diffide questi avendo provveduto a regolarizzare la posizione; che il COGNOME era da ritenere moroso alla data della notifica dell’intimazione, validamente avvenuta ex art. 139 c.p.c. in data 1.10.2019 a mani di tale ‘ COGNOME NOME e capace ‘, come da relata di notifica, e ciò a prescindere dal fatto che il COGNOME avesse documentato che la predetta non era il proprio coniuge, incontestata essendo la consegna presso il suo domicilio e la presenza della predetta quale addetta alla casa di abitazione; che dunque, anche tenendo conto del pregresso andamento del rapporto, l’inadempimento era da reputare grave, ex art. 1455 c.c.
N. 19633/21 R.G.
Avverso detta sentenza ricorre per cassazione NOME AVV_NOTAIO, sulla base di cinque motivi, cui resiste con controricorso la RAGIONE_SOCIALE
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1 -Con il primo motivo si lamenta ‘violazione e falsa applicazione degli artt. 1453 e 1455 c.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. per avere la Corte territoriale confermato la risoluzione del contratto di locazione per grave inadempimento del conduttore’ .
1.2 -Con il secondo motivo si denuncia ‘violazione falsa applicazione degli artt. 1362, 1363 e 1369 c.c. in relazione all’art. 360 n. 3, per avere la Corte territoriale desunto la scadenza mensile del canone di locazione, in mancanza di espressa previsione ex art. 1 della scrittura avente ad oggetto il contratto di locazione, registrato presso l’Agenzia delle Entrate in data 20 novembre 2007 al n° 5182 serie 3 ‘ .
1.3 -Col terzo motivo si denuncia ‘violazione e falsa applicazione dell’art. 140 c.p.c. in relazione all’art. 360 comma 1, n.3 c.p.c. per non avere la Corte territoriale dato rilevanza e prevalenza giuridica alla notifica dello sfratto per finita locazione perfezionata presso la residenza anagrafica del legale rappresentante p.t. anziché presso quella della sede della Società’ .
1.4 -Col quarto motivo si lamenta ‘violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e degli articoli 160 e 139 c.p.c. per avere la Corte territoriale ritenuta valida la notifica dell’atto di intimazione di sfratto per finita locazione effettuata a mani della signora COGNOME NOME .
1.5 -Col quinto motivo, infine, si lamenta ‘A) violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 115 e dell’art. 24 Cost., in relazione all’art. 360 n° 4 per avere la Corte territoriale violato il diritto del ricorrente di poter provare in giudizio fatti che avrebbero legittimato la propria difesa; B) nonché degli artt. 2697 e 2724 c.c. in relazione all’art. 360 n° 3 per non avere ammesso la prova testimoniale in presenza di un principio di prova’.
2.1 -Occorre previamente delibare -per ragioni di ordine logico e per comodità espositiva -i motivi di doglianza che investono, sotto vari profili, la pretesa invalidità della notifica dell’intimazione di sfratto per morosità, come eseguita dall’ufficiale giudiziario in data 1.10.2019, a mani di NOME COGNOME, qualificatasi NOME convivente del COGNOME; si tratta delle censure agitate in parte col primo motivo, nonché col terzo e col quarto mezzo. La questione di fondo assume carattere logicamente preliminare perché, posto che il COGNOME saldò quanto dovuto a COGNOME in linea capitale in data 2.10.2019 (ossia, il giorno dopo detta notifica), ove la stessa dovesse risultare nulla, ne discenderebbe che la notifica poi perfezionatasi ai sensi dell’art. 140 c.p.c. solo in data 12.10.2019 sarebbe intervenuta allorquando la morosità non era più sussistente, con ogni conseguenza sulla effettiva possibilità legale, per il conduttore, di adempiere la propria obbligazione, non potendo in tal caso operare la preclusione di cui all’art. 1453, comma 3, c.c.
Ciò tenuto conto del fatto che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, ‘ Nel verificare, in base all’art. 1453, comma 3, c.c., la prontezza dell’adempimento rispetto alla domanda di risoluzione, occorre aver riguardo al momento in cui la detta domanda è stata portata a conoscenza del debitore col perfezionamento
della notifica, e non a quello in cui il procedimento notificatorio che la riguarda è stato avviato ‘ (v. Cass. n. 14561/2023) e che -posta l’inapplicabilità dell’art. 55 della legge n. 392/1978 alle locazioni commerciali -l’integrale adempimento del conduttore prima della proposizione della stessa domanda risolutoria ben può assumere rilevanza, ai fini della valutazione demandata al giudice ai sensi dell’art. 1455 c.c . (v., ex multis , Cass. n. 18500/2012).
2.2 -Ora, col coacervo di censure ut supra proposte, il COGNOME sostiene l’erroneità della sentenza impugnata, in quanto l’unica notifica andata a buon fine era quella ex art. 140 c.p.c., perfezionatasi il 12.10.2019, e non già quella a mani di NOME COGNOME, perché: 1) il contratto inter partes , all’art. 1 3, prevedeva l’elezione di domicilio del conduttore presso la sede dell’esercizio, ossia nel l’immobile locato, e solo sussidiariamente presso la propria residenza anagrafica; 2) la COGNOME -come dimostrato documentalmente, con la produzione dello stato di famiglia -non era la propria NOME, essendo egli anzi vedovo dal 2008.
2.3 Ebbene, iniziando proprio da tale ultimo aspetto, la Corte catanzarese ha ritenuto che -incontestata essendo (in mancanza di querela di falso, non proposta dal COGNOME, con riguardo a quanto attestato dall’ufficiale giudiziario nella relata di notifica del 1.10.2019 essere stato da lui compiuto o essere avvenuto in sua presenza, comprese le dichiarazioni resegli da NOME COGNOME) la circostanza per cui in detta data l’ufficiale stesso s’era recato presso l’abitazione del COGNOME, avendo ivi rinvenuto la predetta COGNOME, senza che se ne fosse stata provata la mera occasionale presenza -la notifica suddetta sia valida.
Pertanto, ogni doglianza del COGNOME, tesa a dimostrare l’assenza di vincoli di coniugio tra esso ricorrente e la COGNOME, non coglie nel segno, perché non tiene conto del fatto che la notifica ex art. 139 c.p.c. è validamente eseguita anche in caso di consegna a persona di famiglia, addetta alla casa, ecc., che si trovi presso l’abitazione del destinatario non occasionalmente, come appunto accertato dal giudice di merito: del resto, è noto che ‘ In caso di notificazione ai sensi dell’art. 139 c.p.c., la qualità di persona di famiglia, di addetta alla casa, all’ufficio o all’azienda, di vicina di casa, di chi ha ricevuto l’atto si presume “iuris tantum” dalle dichiarazioni recepite dall’ufficiale giudiziario nella relata di notifica, incombendo sul destinatario dell’atto, che contesti la validità della notificazione, l’onere di fornire la prova contraria ed, in particolare, di provare l’inesistenza di un rapporto con il consegnatario comportante una delle qualità su indicate ovvero la occasionalità della presenza dello stesso consegnatario ‘ (così, ex multis , Cass. n. 8418/2018).
La censura, dunque, si rivela inammissibile, perché è aspecifica, rispetto alla ratio decidendi dell’impugnata sentenza , non risultando che il COGNOME abbia mai chiesto di assolvere l’onere della prova sullo stesso gravante, nei termini prima riportati.
Può anche aggiungersi che dal ricorso non risulta se la pretesa invalidità per la mancanza delle ulteriori attività asseritamente previste dalla disposizione codicistica, in caso di consegna a persona diversa dal destinatario, sia stata ventilata nel giudizio di merito, sicché il ricorso stesso non rispetta, sul punto, il disposto dell’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c . (nel testo applicabile ratione temporis ). Quanto precede, fermo restando che, nella specie, si tratta di notifica
ai sensi dell’art. 139, comma 2, c.p.c., che in ogni caso non prevede alcun altro adempimento da parte dell’ufficiale giudiziario, una volta identificato il consegnatario, sicché la doglianza si sarebbe comunque rivelata infondata.
2.4.1 -Per quanto concerne, invece, la pretesa nullità della notifica in parola per la sussidiarietà della domiciliazione presso la propria residenza anagrafica, per essere invece preminente quella presso la sede dell’attività in forza della previsione contrattuale , va anzitutto disattesa l’eccezione di novità sollevata dalla controricorrente. Infatti, non solo si tratta di mera quaestio iuris emergente dallo stesso riferimento operato dalla sentenza alla clausola di cui all’art. 13 del contratto ed alle due notifiche in esame, ma emergente, ancor più a monte, dalle ragioni d ‘appello come riferite dalla sentenza stessa, a p. 3 -, che postulavano che la domanda risolutoria si dovesse intendere proposta solo con la notifica effettuata ai sensi dell’art. 140 c.p.c.
2.4.2 -Ciò posto, la doglianza è infondata, perché la seconda notificazione (quella perfezionatasi per prima) non è affatto avvenuta in violazione della previsione contrattuale.
Infatti, una volta eseguita la notificazione ai sensi dell’art. 140 c.p.c. presso la sede della ditta del conduttore senza che essa avesse prodotto effetti, non ancora maturati per l’intimato (stante il principio della scissione degli effetti della notifica di cui alla nota sentenza della Corte cost. n. 477/2002), ben poteva il locatore avvalersi della clausola di sussidiarietà, giacché, secondo un’esegesi di buona fede, essa si rapportava all’esigenza di raggiungere il domicilio del conduttore e, con la notifica ai sensi dell’art. 140 c.p.c., tanto non s’era ancora verificato.
N. 19633/21 R.G.
Né, del resto, è sostenibile che, perché divenisse operativa la clausola in parola (e dunque, perché il locatore potesse notificare l’intimazione presso la residenza anagrafica o il domicilio del conduttore), dovesse attendersi il mancato perfezionamento della prima notifica. Infatti, è palese che una simile esegesi inciderebbe sulla effettività di tutela di chi intende avvalersi della clausola, poiché la sussidiarietà non può che essere intesa come funzionale allo scopo perseguito dalla parte contrattuale e, dunque, anche all’assicurazione del profilo temporale di detto avvalimento.
In altre parole, posto che è fuori discussione che la duplice indicazione operata dalle parti circa il domicilio del COGNOME è primariamente posta nell’interesse del locatore, pretendere che -in caso di irreperibilità relativa del destinatario presso il primo domicilio -il notificante debba attendere il mancato perfezionamento della notifica ex art. 140 c.p.c., sostanzialmente restando impedita ogni altra attività, finirebbe col frustrare senza alcuna plausibile ragione l’interesse dello stesso a conseguire, nel minor tempo possibile, la liberazione dal vincolo contrattuale. Come, del resto, è plasticamente dimostrato proprio dalla vicenda che occupa.
2.5 -Pertanto, c hiarito che la notifica dell’intimazione opposta è stata effettuata validamente in data 1.10.2019, ne discende che il pagamento dei canoni scaduti da parte del RAGIONE_SOCIALE è avvenuto solo successivamente (il 2.10.2019) e dunque tardivamente, sicché ogni relativa doglianza non può che essere disattesa.
3.1 -Venendo ora alle residue censure avanzate col primo motivo, riguardo alla pretesa non gravità dell’inadempimento , esse sono in parte inammissibili ed in parte infondate.
Sono anzitutto inammissibili perché la valutazione circa la gravità dell’inadempimento ex art. 1455 c.c. è riservata al prudente apprezzamento del giudice del merito e non è stata censurata in questa sede sotto il profilo motivazionale (seppur nei ristretti limiti in cui tanto è ancora possibile -v. Cass., Sez. Un., n. 8053/2014). Del resto, il ricorrente -che pure sostiene come l’inadempimento non potrebbe considerarsi grave, trattandosi del mancato o tardivo pagamento di due soli canoni – omette strumentalmente di considerare che esso concerne pur sempre l’obbligazione principale del conduttore e che la relativa valutazione da parte della Corte calabra non s’ è basata sul solo numero di canoni inadempiuti, ma anche sul fatto che vi erano stati altri due solleciti della RAGIONE_SOCIALE, nel corso del medesimo anno solare, e che il COGNOME s’era determinato a regolarizzare la propria posizione solo dopo averli ricevuti. Non a caso, l’illustrazione del motivo non riporta la parte finale della motivazione della sentenza impugnata in tal senso.
4.1 -Il secondo motivo – circa la ritenuta pattuizione implicita di una scadenza contrattuale mensile in ordine al pagamento del canone di locazione, come accertato dal giudice d’appello, per aver invece le parti pattuito una scadenza ‘bimestrale o trimestrale’ -è anch’esso in parte inammissibile ed in parte infondato.
Infatti, è anzitutto noto che ‘ Posto che l’accertamento della volontà delle parti in relazione al contenuto di un negozio giuridico si traduce in una indagine di fatto affidata al giudice di merito, il ricorrente per cassazione, al fine di far valere la violazione dei canoni legali di interpretazione contrattuale di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., non solo deve fare esplicito riferimento alle regole legali
di interpretazione, mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti non potendo, invece, la censura risolversi nella mera contrapposizione dell’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata ‘ (così, ex multis , Cass. n. 9461/2021).
Ebbene, il mezzo non rispetta certamente i suddetti canoni almeno quanto alla pretesa violazione degli artt. 1363 e 1369 c.c., giacché le relative questioni non sono adeguatamente sviluppate. Analoghe considerazioni, su un piano più generale, riguardano il criptico riferimento (nell’illustrazione del motivo) a ll’art. 26 del T.U.I.R., assolutamente assertivo.
4.2 -Nel resto, il motivo è manifestamente infondato, in quanto correttamente l’espressione ‘corrispettivo mensile’ è stata evidentemente intesa nel senso di corrispettivo dovuto per ogni mese, come correttamente accertato dal giudice del merito.
Può senz’altro escludersi la violazione dell’art. 1362 c.c. , giacché quell’espressione, secondo il senso fatto manifesto dalle parole utilizzate, è estremamente chiara. Semmai, l’espressione lascia incerto il momento di scadenza mensile del pagamento, ma esso è ricostruibile facendo riferimento al momento di inizio del rapporto e, dunque, alla scadenza del primo mese (e poi, di quelli successivi); pertanto, poiché il contratto ha avuto inizio il 30.10.2007, il termine non poteva che situarsi alla fine di ogni mese.
5.1 -Il quinto motivo, infine, è inammissibile.
N. 19633/21 R.G.
Infatti, il ricorrente omette di confrontarsi, circa la mancata ammissione della prova orale richiesta, con la motivazione della decisione impugnata, incorrendo nel relativo vizio processuale, secondo il principio di diritto consolidato affermato da Cass. n. 359/2005, ribadito in motivazione espressa, sebbene non massimata sul punto, da Cass., Sez. Un., n. 7074/2017.
In proposito, la C orte d’appello ha ritenuto la superfluità della prova articolata dal COGNOME, rilevando che, ‘ quand’anche i testi confermassero i capitoli di prova, resterebbe comunque dimostrata la circostanza che il COGNOME, nel corso del 2019, ha provveduto, solo dopo le diffide, al pagamento dei canoni con ritardi superiori anche alla allegata tolleranza di RAGIONE_SOCIALE e tali da minare la fiducia della locatrice nell’esatto adempimento delle obbligazioni da parte del conduttore, giustificando così, anche sotto tale ulteriore profilo, la risoluzione del contratto ‘ (così la sentenza impugnata, p. 6).
Ebbene, è di tutta evidenza che il COGNOME, con il mezzo in esame, si sofferma su questioni che non investono la suddetta ratio decidendi , limitandosi a sostenere che la Corte catanzarese avrebbe reso impossibile la prova dell’insussistenza del proprio inadempimento, pur in presenza di un principio di prova, ma senza affatto offrire elementi idonei a dimostrare l’erroneità del suddetto iter argomentativo. Donde l’inammissibilità della censura in esame.
6.1 -Il ricorso è dunque rigettato. Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
In relazione alla data di proposizione del ricorso (successiva al 30 gennaio 2013), può darsi atto dell’applicabilità dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30
maggio 2002, n.115 (nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228).
P. Q. M.
la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 2.000,00 per compensi, oltre € 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario spese generali in misura del 15%, oltre accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n.115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di cassazione, il giorno