Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 23732 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 23732 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 22/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso 28902-2020 proposto da:
COGNOME, in proprio e quale titolare dell’omonima ditta individuale, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
– resistente con mandato –
avverso la sentenza n. 156/2020 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 24/06/2020 R.G.N. 427/2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
29/05/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Oggetto
Opposizione a pignoramento
R.G.N. 28902/2020
COGNOME
Rep.
Ud. 29/05/2025
CC
RILEVATO CHE
1.La Corte d’appello di Bologna, in riforma della sentenza di primo grado, ha dichiarato l’inammissibilità dell’opposizione al pignoramento originariamente proposta da COGNOME NOME inerente a cinque avvisi di addebiti, di cui il ricorrente lamenta di essere venuto a conoscenza soltanto a seguito del rilascio di estratti di ruolo d a parte dell’Agente di riscossione in data 8/2/2019.
La Corte territoriale, ritenuto di poter acquisire, ai sensi dell’art. 437 co.2. c.p.c. la documentazione prodotta in sede di appello dall’INPS relativa alla effettività della trasmissione a mezzo PEC dei titoli presupposto inoltrata all’indirizzo EMAIL quale pista probatoria già esistente fin dal primo grado ed integrabile ex officio, ha respinto le eccezioni di insufficienza dell’indicazione dell’indirizzo di posta elettronica del destinatario, di mancanza di firma dell’avviso di addebito, di irritualità della firma ex art. 3 co 2 D.lgs. n. 39/1993 dell’atto notificato. Nel grado di appello è stata, quindi, ritenuta provata la notifica egli avvisi di addebito non impugnati con la conseguente inammissibilità dell’opposizione a pignoramento. Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione COGNOME NOME affidandosi a cinque motivi. L’INPS è rimasta intimata. La causa è stata trattata e decisa nell’adunanza camerale del 29 maggio 2025.
CONSIDERATO CHE
1.1. Con il primo motivo il ricorrente deduce, in relazione all’art. 360 co.1 n.3 c.p.c., la violazione dell’art. 434 c.p.c. e del principio di consumazione dell’impugnazione, per avere la Corte d’appello ritenuto ammissibile il gravame proposto dall’istituto previdenziale, nonostante abbia consumato il diritto all’impugnazione ‘avendo già l’INPS in precedenza proposto
appello avverso la medesima sentenza n.164/2019, procedimento iscritto con N.R.G. 431/2019′, mescolando motivi dei due giudizi e provocando incertezza sul thema decidendum. 1.2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce, in relazione all’art. 360 co.1 n.3 c.p.c., la violazione del principio di diritto espresso dalla sentenza Cassazione sezioni unite n. 27199/2017 e del divieto di ius novorum in relazione all’art. 342 c.p.c., per avere la Corte d’appello errato nel ritenere ammissibile l’appello proposto da INPS inerente a richieste del tutto differenti rispetto a quanto già concluso nel primo grado; il Tribunale aveva annullato la pretesa contributiva degli avvisi di addebito non per irritualità della produzione ma per irregolarità della notifica, e quanto argomentato dalla Corte territoriale mutava il carattere dell’impugnazione, da revisio prioris instantiae a novum iudicium, avendo l’Inps ampliato in appello le richieste ri spetto a quanto concluso nella memoria di primo grado.
1.3. Con il terzo motivo il ricorrente deduce, in relazione all’art. 360 co.1 n. 3 c.p.c., la violazione degli artt. 115, 345 e 416 c.p.c., per avere la Corte d’appello ritenuto di poter acquisire i nuovi documenti prodotti dall’appellante pur non avendo dimostrato di non averli potuto produrre in primo grado per causa a sé non imputabile.
1.4. Con il quarto motivo il ricorrente deduce , in relazione all’art. art. 360 co.1 n.3 c.p.c., la violazione degli artt. 20, 23-ter del D.lgs. n. 82/2005, dell’art. 2702 c.c., dell’art. 30 del D.L. 78/2010, dell’art. 3 comma 2 del D.lgs. 39/1993, per avere la Corte d’appello deciso in contrasto con la normativa sull’amministrazione digital e mancando nei documenti prodotti dall’INPS la firma digitale e qualsiasi tipo di firma elettronica, mentre la sostituzione di firma autografa, a mezzo stampa, non assume validità nel caso in esame, essendo necessario pur
sempre una firma elettronica e mancando le attestazioni di conformità ai documenti in originale.
1.5. Con il quinto motivo il ricorrente deduce, in relazione all’art. 360 co.1 n.4 c.p.c., la nullità della sentenza di appello ai sensi degli artt. 132 c.p.c. 156 c.p.c. e 161 c.p.c., per l’inidoneità della motivazione dell’impugnata sentenza a supportare il dispositivo di inammissibilità dell’opposizione al pignoramento.
Il ricorso è complessivamente infondato e va respinto.
Il primo motivo è carente di specificità. Nel ricorso non sono riportati il contenuto della sentenza n.164/19 del Tribunale di Rimini, appellata nel presente procedimento, né quello della sentenza n.165/19 oggetto di altro gravame innanzi alla medesima Corte d’appello, che lo stesso ricorrente riferisce di essere relativo a differenti avvisi di addebito e differenti questioni giuridiche; egualmente non riporta i motivi di appello avverso entrambe le pronunce per poter verificare se, per quanto dedotto i n ricorso, oggetto dell’appello nel proc. n.431/19 RG sia stata la stessa sentenza n.164/19 appellata nel procedimento in esame in questa sede.
3.1 – Inoltre, va anche osservato che la doglianza di intervenuta consumazione dell’impugnazione non dovrebbe attenere al giudizio di appello iscritto al n. R.G. 427/2019 (oggetto del presente gravame), cronologicamente antecedente rispetto al n. R.G. 431/2019 in ragione dell’anteriorità del numero seriale di iscrizione a ruolo-, laddove, al contrario, se l’oggetto dell’impugnazione fosse lo stesso, il primo appello avrebbe invece consumato il potere di impugnazione per il secondo: quest’ultimo pe rò non costituisce oggetto del presente ricorso e non è, quindi, eccepibile in questa sede la consumazione del potere di impugnare la seconda sentenza a causa dell’appello sulla prima.
3.2 Non si riscontra, quindi, l’oggettiva incertezza sulla sentenza impugnata in primo grado (la n.164/19 del tribunale di Rimini), né la sostituzione di una nuova impugnazione alla prima validamente proposta.
Anche il secondo motivo è inammissibile. Secondo quanto argomentato nella sentenza Sezioni Unite n. 27199/2017 l’appello, pur mantenendo la natura di revisio prioris instantiae, non è una ripetizione del giudizio di primo grado, e deve contenere una chiara individuazione delle questioni contestate nella sentenza impugnata e delle relative doglianze, affidando alla parte argomentativa la confutazione ed il contrasto alle ragioni addotte dal primo giudice. Nel procedere alla verifica di validità delle notifiche, che INPS aveva prodotto in primo grado in contrasto alla loro eccepita irritualità per le modalità di trasmissione a mezzo PEC, come ritenuto dall’originario opponente con allegati in formato PDF e senza firma digitale, non è stata riscontrata tuttavia la loro mancanza; e non è estraneo al thema decidendum la verifica dell’oggetto dell’atto notificato. D’altronde, come riportato nello storico di lite, con ricorso ex art. 615 co.2 c.p.c. COGNOME NOME aveva impugnato gli avvisi di addebito eccependo la inesistenza/ nullità/ illegittimità della loro notifica, nonché l’inesistenza del titolo sul quale si fonda il ruolo, deducendo di aver ricevuto al proprio indirizzo PEC una comunicazione dell’Agenzia di riscossione con la quale si menzionava un allegato verbale di pignoramento di veicoli; e aveva lamentato ancora che, aperto il file con estensione pdf, risultavano pagine bianche che non consentivano l’individuazione dei veicolo pignorato, sicché, reinviato l’atto, esso risultava privo di certificazione di conformità della copia informatica all’originale e privo di sottoscrizione in formato pdf, e non in formato p7m.
4.1 – In tale complesso di doglianze, rientrava pienamente nell’ambito di giudizio sia la verifica della ritualità delle notifiche, sia l’oggetto del documento portato in notifica e la sua regolarità formale; l’INPS, a fronte di eccezioni coinvolgenti non solo la modalità di trasmissione ma anche la formalità di quanto trasmesso, ben ha potuto documentare l’effettività dell’invio tramite PEC rimettendo al giudice la valutazione della regolarità. 4.3 – Non si ravvisa alcuna violazione del principio espresso dalla citata sentenza delle Sezioni Unite, né una violazione della specificità del motivo in appello che, per quanto innanzi, non ha ampliato l’oggetto del giudizio né è rimasto privo di collegamento con quanto concluso nel grado precedente.
4.4 – Peraltro, la normativa di cui si prospetta la violazione, art. 342 c.p.c., attiene alla specificità delle ragioni di fatto e di diritto oggetto di censura, mentre, nel lamentare che i motivi di appello conterrebbero domande nuove, non viene in rilievo alcuna censura né in riferimento all’art. 345 c.p.c. né, segnatamente nel rito del lavoro, all’art. 434 c.p.c.
5. Il terzo motivo non è fondato. Il ricorrente non si confronta con la pronuncia di appello che ha esplicitamente rammentato l’estraneità al rito del lavoro della disciplina prevista dall’art. 345 c.p.c., invocata nuovamente nel ricorso, obliterando che il potere officioso, pur richiamato nella impugnata sentenza, è normativamente contemplato dall’art. 437 co.2 c.p.c.; nell’impugnata sentenza è anche richiamato quanto affermato da questa Corte con sentenza 11845/2018 sulla possibilità di acquisire documenti ritenuti indispensabili ai fini della decisione idonei a superare l’incertezza dei fatti costitutivi dei diritti in contestazione, purché allegati nell’atto introduttivo, seppure implicitamente, e sempre che sussistano significative ‘piste probatorie’ em ergenti dai mezzi istruttori, intese come
complessivo materiale probatorio, anche documentale, correttamente acquisito agli atti del giudizio di primo grado.
5.1 – Tale orientamento è stato più volte ribadito da questa Corte, con ulteriori approfondimenti. In tema di nuovi documenti prodotti in appello, il giudice deve vagliarne l’ammissibilità sotto il profilo della rilevanza degli stessi in termini di indispensabilità ai fini della decisione, valutandone la potenziale idoneità dimostrativa in rapporto al “thema probandum”, avuto riguardo allo sviluppo assunto dall’intero processo (Cass. ord. n.7883/2019); ed in particolare, costituisce prova nuova indispensabile , ai sensi dell’art.437 co.2 c.p.c., quella di per sé idonea ad eliminare ogni possibile incertezza circa la ricostruzione fattuale accolta dalla pronuncia gravata, smentendola o confermandola senza lasciare margini di dubbio oppure provando quel che era rimasto non dimostrato o non sufficientemente dimostrato, a prescindere dal rilievo che la parte interessata sia incorsa, per propria negligenza o per altra causa, nelle preclusioni istruttorie del primo grado (ord. n. 16358/2024).
5.2 La Corte d’appello, in virtù del citato orientamento, ha implicitamente ammesso la loro produzione, superando la necessità di una esplicita autorizzazione ed avendone valorizzato l’indispensabilità , proprio a completamento della predetta pista probatoria, conformandosi a quanto ritenuto sui documenti tardivamente prodotti nel giudizio disciplinato dal rito del lavoro (cfr. anche Cass. n.24813/2022) ed in linea con i poteri giudiziali, ivi esercitati, di integrazione probatoria ex officio (cfr. Cass. n.28439/2019). Trattasi, peraltro, di modalità istruttorie integrative che si fondano sul contemperamento del principio dispositivo con quello di verità nel rito del lavoro ex
art. 437 co.2 c.p.c., varie volte espresso in sede di legittimità (cfr. Cass. n.32265/2019, n.22907/2024, n.16358/2024).
5.3 – Sotto altro profilo, nello stesso motivo in esame il ricorrente affronta il tema della formazione del documento prodotto da INPS, consistente in un file fotografico della presunta raccomandata con avviso di ricevimento, riprodotto in un’immagine in f ormato JPEG, e nella produzione di un formato PDF-TIF e non anche in formato EML, argomenti richiamati poi nel successivo quarto motivo in cui si affronta la doglianza sulla mancanza di firma del file notificato e sulla modificabilità del documento.
Il quarto motivo è inammissibile, perché nel ritenere che il documento debba essere formato con modalità idonee a garantire la sicurezza, l’integrità e l’immodificabilità del documento e, in maniera manifesta ed inequivoca, la sua riconducibilità all’autore, non si confronta con l’evoluzione giurisprudenziale sul tema dei documenti prodotti in formato pdf (cfr. Cass. n. 30922/2024 sulla validità della notifica di una cartella di pagamento a mezzo PEC in formato “.pdf”, non essendo necessario adottare il formato “.p7m”, atteso che il protocollo di trasmissione mediante PEC è di per sé idoneo ad assicurare la riferibilità della cartella all’organo da cui promana, salve specifiche e concrete contestazioni, che è onere del ricevente eventualmente allegare in contrario), sul tema delle modalità idonee al raggiungimento dello scopo in presenza di violazione di forme digitali che non integrano l’inesistenza della notifica bensì una nullità sanabile (cfr. Cass. n. 14063/2024), sul tema dei formati ‘eml’ e ‘msg’ di documenti che possono essere stampati o salvati e attestati come conformi all’originale (cfr. Cass. n. 25686/2023), sul tema della esclusione della
necessità di una firma digitale nel formato ‘pdf’ ed irrilevanza del formato ‘p7m’ (cfr. Cass. n. 11222/2022).
6.1 – La rilevanza dei requisiti tecnico giuridici degli atti di notifica va poi commisurata al grado di pregiudizio arrecato al diritto di difesa, ma, in virtù delle allegazioni dello stesso ricorrente, non emerge la concreta riduzione di tutela atteso che, come riportato in ricorso nella trascrizione di uno degli avvisi di addebito esaminati, è riportato in calce all’avviso il nominativo del responsabile del procedimento e rileva la compilazione meccanografica dell’atto con indicazione del nominativo del direttore di cui è annotata la ‘firma autografa sostituita a mezzo stampa ai sensi dell’art.3 comma 2, del d.lgs. n.39/1993’.
6.2 -Il motivo di ricorso, inoltre, non è specifico nella parte in cui non illustra i dati formali da cui desumere che si tratti di documenti privi di attestazione di conformità, tornando poi a discorrere in tema di notifica, in tal modo superando gli arg omenti sulla validità di formazione dell’atto nativo digitale e senza specificare le ragioni di una divergenza compilativa o contenutistica dell’atto notificato rispetto alla sua riproduzione cartacea.
6.3 – Va comunque privilegiato, come è stato affermato in Cass. ord. n.27677/24, il principio di “strumentalità delle forme” processuali senza vuoti formalismi, alla luce del rilievo attribuito dagli artt. 6 CEDU, 47 della Carta UE e 111 Cost. all’effettività dei mezzi di azione e difesa in giudizio, configurati come diretti al raggiungimento di una decisione di merito (Cass., n. 6583/24 ); l’argomento è stato sviluppato in un caso di notificazione dell’appello a mezzo PEC e di costituzione della parte appellante in modalità analogica in cui si osservava che l’omesso deposito degli originali o duplicati telematici dell’atto
d’impugnazione e della relativa notificazione non determina l’improcedibilità dell’appello, atteso che il destinatario della notifica telematica, venuto in possesso dell’originale dell’atto, è in grado di effettuare direttamente la verifica di conformità. Nel caso in esame, i dedotti vizi formali, ancorché non inficianti sull’aspetto sostanziale della conoscenza dell’atto portato in notifica, non risultano neppure censurati all’epoca della provata avvenuta notifica degli avvisi di addebito. L’argomento si collega con l’ultimo motivo di ricorso.
Il quinto motivo è infondato: non si ravvisa alcun vizio di contraddittorietà tra motivazione e dispositivo nella parte in cui la sentenza impugnata, ritenuta provata la notifica degli avvisi di addebito mai impugnati entro il proprio termine decadenziale, ha implicitamente ritenuto irretrattabili i titoli presupposto, notificati e non impugnati, pronunciando così l’inammissibilità di un’opposizione all’esecuzione spiegata attraverso la proposta opposizione al pignoramento.
7.1 – Non si verte in un vizio denunciabile ex art. 132 c.p.c., ma in una pronuncia consequenziale alla ritenuta infondatezza della originaria causa petendi. L’affermazione della regolarità delle modalità di notifica e del contenuto dell’atto trasmesso con duce ad un giudizio di validità ed efficacia dei titoli presupposto, divenuti irretrattabili, con conseguente inammissibilità della loro impugnazione.
L’impugnata sentenza resta immune da censure, e si mostra conforme ai principi giurisprudenziali menzionati a sostegno dell’infondatezza ed inammissibilità di ciascun motivo proposto. Al rigetto del ricorso non fa seguito la condanna alle spese che restano a carico della parte che le ha sostenute non avendo l’istituto previdenziale esercitato difese nel presente grado di giudizio. Seguono le disposizioni sul contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nell’Adunanza del 29 maggio 2025.