Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 20188 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 20188 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9911/2019 R.G. proposto da : COGNOME rappresentato e difeso dall’Avvocato NOME COGNOMECODICE_FISCALE giusta procura speciale in calce al ricorso
– ricorrente
–
contro
COGNOME rappresentato e difeso dagli Avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE e NOME COGNOME (CODICE_FISCALE giusta procura speciale in calce al controricorso
– controricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE
– intimato
–
avverso la sentenza della Corte d’appello di Genova n. 12/2019 depositata il 6/2/2019;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/5/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Genova, con sentenza n. 114/2018, dichiarava il fallimento di RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME RAGIONE_SOCIALE e dei soci illimitatamente responsabili NOME COGNOME e NOME COGNOME su istanza di NOME COGNOME.
La Corte d’appello di Genova rigettava il reclamo presentato avverso questa statuizione da NOME COGNOME
Riteneva, in particolare, che le risultanze anagrafiche circa la residenza del Nucera a Carasco non fossero idonee a superare le contrarie emergenze fattuali risultati dalle relate della notifica effettuata a Lavagna (INDIRIZZO, da cui risultava che il reclamante era reperibile ed abitava in quel luogo con un familiare. Escludeva che l’istanza di fallimento dovesse essere notificata anche all’amministratore giudiziario della società debitrice, la cui presenza non era necessaria nel procedimento per la dichiarazione di fallimento.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per la cassazione di questa sentenza, pubblicata in data 6 febbraio 2019, prospettando due motivi di doglianza, ai quali ha resistito con controricorso NOME COGNOME
L’intimato fallimento di RAGIONE_SOCIALE e dei soci illimitatamente responsabili non ha svolto difese. Parte controricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis .1 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 15 l. fall., perché la Corte d’appello di Genova ha erroneamente ritenuto che la notifica dell’istanza di fallimento fosse stata fatta ritualmente, malgrado la stessa dovesse essere rivolta, a seguito del sequestro preventivo della compagine, all’amministratore giudiziario nominato ed effettuata all’indirizzo p.e.c. della procedura all’epoca risultante dal registro delle imprese.
Il motivo è inammissibile, anche ai sensi dell’art. 360 -bis cod. proc. civ..
Il mezzo, infatti, non considera -né, tanto meno, si cura di criticare -l’affermazione della Corte distrettuale secondo cui la presenza dell’amministratore giudiziario non era necessaria all’interno del procedimento volto alla dichiarazione di fallimento, ma si limita a rappresentare l’intervenuta nomina di un amministratore giudiziario, pubblicizzata nel registro delle imprese, e ad affermare che la notifica sarebbe dovuta avvenire nei suoi confronti, quale ‘nuovo amministratore della società’.
A questo proposito la Corte di merito ha correttamente ricordato che il soggetto nominato custode giudiziario dei beni in sede penale, cui siano assegnati anche compiti di amministratore, non è un contraddittore necessario nel procedimento prefallimentare, di cui è piuttosto parte necessaria l’amministratore della società, e ciò perché, in conseguenza dell’apertura della procedura, gli organi sociali non vengono meno e non rimangono esautorati dalle proprie funzioni gestorie per gli aspetti che non concernono il patrimonio della società, conservando la titolarità dei poteri di rappresentanza (cfr. Cass. 30505/2018, Cass. 25736/2016, Cass. 23461/2014).
6. Il secondo motivo di ricorso lamenta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione e/o interpretazione dell’art. 15 l. fall., anche in relazione all’art. 140 cod. proc. civ.: la notifica al Nucera quale socio illimitatamente responsabile avrebbe dovuto essere compiuta presso la sua residenza anagrafica a Carasco, mentre doveva ritenersi nulla la notifica effettuata a Lavagna, dove questi non aveva familiari conviventi, né aveva mai abitato.
Il motivo non è fondato.
La Corte di merito ha registrato che l’ufficiale giudiziario che aveva ricercato il COGNOME all’indirizzo di Lavagna non aveva accertato la sua irreperibilità in tale luogo, ma la sua temporanea assenza, tanto da
procedere con le formalità previste dall’art. 140 cod. proc. civ., aggiungendo che anche l’ufficiale postale recatosi a consegnare la successiva raccomandata non aveva constatato l’irreperibilità del Nucera a quell’indirizzo, ma aveva rinvenuto una persona dichiaratasi familiare convivente.
Le risultanze anagrafiche, diversamente da quanto sostiene l’odierno ricorrente, non hanno affatto un valore assoluto e insuperabile ai fini della validità della notifica.
Al contrario, la notificazione ex art. 140 cod. proc. civ. in un luogo non coincidente con le risultanze anagrafiche non determina la nullità del procedimento e della sentenza, atteso che tali risultanze rivestono un valore meramente presuntivo circa il luogo dell’effettiva abituale dimora, che è accertabile con ogni mezzo di prova, anche contro le stesse, assumendo rilevanza esclusiva il luogo ove il destinatario della notifica dimori, di fatto, in via abituale (Cass. 8463/2023).
Pertanto, la consegna del piego a persona di famiglia convivente con il destinatario fa presumere che in quel luogo si trovino la residenza effettiva, la dimora o il domicilio del destinatario, con la conseguenza che quest’ultimo, qualora intenda contestare in giudizio tale circostanza al fine di ottenere la dichiarazione di nullità della notifica, ha l’onere di fornire idonea prova contraria, dimostrando che il familiare era presente per ragioni occasionali e momentanee nel luogo di abitazione del destinatario, senza che a tal fine rilevino le sole certificazioni anagrafiche che indichino una diversa residenza del consegnatario dell’atto (Cass. 32575/2024).
Bene ha fatto, dunque, la Corte distrettuale a ritenere che le mere risultanze anagrafiche, in mancanza di ulteriori elementi di prova, non fossero idonee a superare le contrarie emergenze fattuali risultanti dalle operazioni di notifica.
In forza dei motivi sopra illustrati il ricorso deve essere respinto.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in € 7.200, di cui € 200 per esborsi, oltre accessori come per legge e contributo spese generali nella misura del 15%.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, ove dovuto. Così deciso in Roma in data 28 maggio 2025.