Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 4404 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 4404 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 19/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso 8989-2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t. , rappresentata e difesa dall ‘ Avvocato NOME COGNOME per procura in calce al ricorso e per procura in data 29/5/2024;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del curatore p.t. , rappresentato e difeso dall ‘ Avvocato NOME COGNOME per procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
nonché
PROCURA GENERALE PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE E PROCURA GENERALE PRESSO LA CORTE D ‘ APPELLO DI ROMA;
– intimate – avverso la SENTENZA N. 1714/2023 DELLA CORTE D ‘ APPELLO DI ROMA, depositata il 9/3/2023;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere NOME COGNOME nell ‘ adunanza in camera di consiglio del 2/10/2024;
RILEVATO CHE
1.1. La Corte d ‘ appello di Roma, con sentenza del 9/3/2023, ha rigettato il reclamo proposto da RAGIONE_SOCIALE, socio di RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, avverso la sentenza dichiarativa del fallimento di quest’ultima società, emessa dal Tribunale di Roma su richiesta del pubblico ministero.
1.2. La corte del merito ha ritenuto infondato l’unico motivo tempestivo di reclamo, con cui Openspace aveva lamentato la nullità della sentenza di fallimento di Userid in ragione dell ‘ asserita irritualità della notificazione del ricorso del pubblico ministero e del correlato decreto di fissazione di udienza, rilevando che la notificazione, a seguito del mancato buon esito del tentativo effettuato a mezzo PEC e dell’irreperibilità della fallenda presso la sede sociale, si era perfezionata, nel pieno rispetto delle forme di cui all’art. 15 l. fall. mediante il deposito dell’atto presso la Casa comunale; ha aggiunto che, per quanto tardivamente sollevata, andava respinta anche la censura volta a contestare la sussistenza dello stato di insolvenza, non essendovi alcuna prova che RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, già cancellata dal R.I., avesse un patrimonio tale da consentirle il pagamento dei debiti sociali, ammontanti ad oltre sei milioni e mezzo di euro.
1.3. RAGIONE_SOCIALE con ricorso notificato il 14/3/2023, ha chiesto, per tre motivi, la cassazione della sentenza.
1.4. Il Fallimento ha resistito con controricorso.
1.5. La Procura generale presso la Corte di cassazione e la Procura generale presso la Corte d ‘ appello di Roma sono rimaste intimate.
1.6. Il Presidente delegato, in data 24/4/2024, ha formulato proposta di definizione accelerata del giudizio, a norma dell ‘ art. 380bis , comma 1°, c.p.c..
2.1. La ricorrente, in data 31/5/2024, con istanza sottoscritta dal difensore munito di nuova procura, ha chiesto la decisione del ricorso.
2.2. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
3.1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione dell ‘ art. 15, comma 3°, l.fall., in combinato disposto con l ‘ art. 107 del d.P.R. n. 1229/1959 e con gli artt. 140 e 145 c.p.c., per avere la corte d’appello ritenuto che, a fronte dell ‘ irreperibilità di Userid presso la sede legale, la richiesta di fallimento fosse stata ritualmente notificata mediante deposito dell’atto nella casa comunale, in tal modo ritenendo non necessaria la notifica al legale rappresentante della società, nonostante la destinataria dell’atto fosse già stata cancellata dal registro delle imprese e benché l ‘ art. 15 l.fall. non contenga alcuna esplicita esclusione delle modalità di notificazione alle persone giuridiche previste dal 1° e dal 3° comma dell’ art. 145 c.p.c..
3.2. Col secondo motivo Openspace, denunciando la violazione e la falsa applicazione dell ‘ art. 15, comma 3°, l.fall., in combinato disposto con l ‘ art. 107 del d.P.R. n. 1229/1959, con gli artt. 140 e 145 c.p.c., con gli artt. 101 e 102 c.p.c., con l ‘ art. 2495 c.c. e con l ‘ art. 24 Cost., sostiene che il procedimento notificatorio dell’istanza di fallimento non può prescindere dalle attività di ricerca e di avviso volte a garantirne la conoscibilità, mentre nella specie l’ufficiale giudiziario, dopo aver accertato che Userid si era trasferita da anni dal luogo in cui si trovava la sua sede legale, aveva provveduto al deposito dell’atto presso la casa comunale senza procedere ad alcuna ulteriore attività di ricerca, tanto più necessaria in quanto, a seguito della cancellazione dal registro delle imprese, la società si era estinta,
sicché il ricorso ex art. 7 l. fall. avrebbe dovuto essere notificato al suo legale rappresentante.
3.3. Con il terzo motivo la società, denunciando la violazione e la falsa applicazione dell’art. 15, comma 3°, l.fall., in combinato disposto con l’art. 107 del d.P.R. n. 1229/59, con l’art. 145 c.p.c. e 140 c.p.c., con l’art. 101 e 102 c.p.c., con l’art. 2495 c.c. e con l’art. 24 Cost., lamenta che la corte d’appello abbia confermato l’accertamento dello stato di insolvenza di Userid nonostante la nullità della notifica dell ‘istanza di fallimento e, dunque, la mancata rituale instaurazione del contraddittorio.
3.4. I motivi, da trattare congiuntamente, sono inammissibili ai sensi dell’art. 360 bis , 1° comma, c.p.c. perché il provvedimento impugnato ha deciso la questione in modo conforme alla giurisprudenza consolidata di questa Corte e l’esame delle censure non offre elementi per mutare orientamento.
3.5. E’ stato infatti ripetutamente affermato che l’art. 15, comma 3°, l.fall. (nel testo novellato dalla legge n. 221/2012), nel prevedere che la notificazione del ricorso per la dichiarazione di fallimento alla società può essere eseguita tramite PEC all ‘ indirizzo della stessa e, in caso di esito negativo, presso la sua sede legale come risultante dal registro delle imprese, oppure, qualora neppure questa modalità sia andata a buon fine, mediante deposito dell ‘ atto nella casa comunale della sede iscritta nel registro, ha introdotto una disciplina speciale semplificata che esclude l’applicabilità della disciplina ordinaria prev ista dall’art. 145 c.p.c. per le ipotesi di irreperibilità del destinatario della notifica (Cass. n. 19688 del 2017; Cass. n. 5311 del 2020; Cass. n. 4030 del 2022) anche nel caso in cui la società sia già cancellata dal registro delle imprese (Cass. n.
17946 del 2016; Cass. n. 602 del 2017; Cass. 116 del 2017, Cass. n. 23728 del 2017; Cass. n. 25701 del 2017).
3.6. Come sottolineato dal Giudice delle leggi con la sentenza n. 146/2016 (che ha respinto la q.l.c. dell’art. 15, 3° comma, sollevata con riferimento agli artt. 3 e 24 Cost. per la ritenuta, irragionevole disparità di trattamento rispetto alle modalità richie ste dall’art. 145 c.p.c. per la notifica ordinaria alla persona giuridica) il legislatore della novella del 2012 si è infatti proposto ‘ di coniugare le finalità del diritto di difesa dell’imprenditore con le esigenze di specialità e di speditezza cui deve essere improntato il procedimento concorsuale ‘ prevedendo ‘ che il tribunale sia esonerato dall’adempimento di ulteriori formalità quando la situazione di irreperibilità deve imputarsi all’imprenditore medesimo ‘ : l ‘introdotta semplificazione del procedimento notificatorio in ambito concorsuale, esclude, dunque che residuino ipotesi in cui il ricorso di fallimento e il decreto di convocazione debbano essere notificati, ai sensi dell’art. 145 c.p.c. nei diretti confronti del titolare della ditta o del legale rappresentante della società (a seconda che l’impresa esercitata dal debitore sia individuale o collettiva), eventualmente ai sensi degli artt. 140 e 143 c.p.c. (Cass. n. 9594 del 2021, n. 1156 del 2017).
3.7. In definitiva, l ‘ art. 15, comma 3°, l.fall., nel prevedere tre distinte, e fra loro subordinate, modalità di notificazione del ricorso per la dichiarazione di fallimento e del correlato decreto di convocazione, non richiede, nel caso in cui la notifica a mezzo PEC non vada a buon fine, che l ‘ ufficiale giudiziario che si è recato personalmente presso la sede dell ‘ impresa e che, per qualsiasi ragione, non ha potuto ivi eseguire la notificazione, effettui ulteriori ricerche, al fine di accertare l ‘ irreperibilità del destinatario, sicché, una volta
attestata l ‘ impossibilità di compimento della notifica presso la sede, la notificazione deve ritenersi correttamente eseguita e perfezionata con il deposito dell ‘ atto presso la casa comunale (Cass. n. 7258 del 2022).
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
La definizione del giudizio in conformità alla proposta di definizione accelerata impone, a norma dell’art. 380 -bis , comma 3°, c.p.c., l’applicazione dell’art. 96, commi 3° e 4°, c.p.c., e cioè la condanna della parte ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, di una somma equitativamente determinata e, in favore della cassa delle ammende, di una somma no n inferiore ad €. 500,00 e non superiore ad €. 5.000,00. A tanto si provvede in dispositivo.
La Corte, infine, dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte così provvede: dichiara il ricorso inammissibile; condanna la ricorrente a pagare al controricorrente le spese del giudizio, che liquida in €. 7.200,00, di cui €. 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali nella misura del 15% nonché la somma, equitativamente determinata, di €. 7.000,00 ai sensi dell’art. 96, 3° comma, c.p.c. ; condanna altresì la ricorrente al pagamento della somma di €. 2.500,00 in favore della cassa delle ammende; dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto dall’art. 1,
comma 17, della l. n. 228/2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima