Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 8181 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 8181 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4323/2021 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
nonché contro REGIONE LAZIO, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
nonché contro RAGIONE_SOCIALE A CARATTERE SCIENTIFICO RAGIONE_SOCIALE
-intimata- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO RAGIONE_SOCIALE n. 3237/2020 depositata il 06/07/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 04/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Ritenuto che
1.- La RAGIONE_SOCIALE, che è un istituto di ricovero e cura a carattere scientifico, ha effettuato prestazioni di natura sanitaria ed assistenziale in favore della RAGIONE_SOCIALE, per il pagamento delle quali ha emesso una fattura il 31 dicembre 2009, e sulla base di tale fattura ha poi ottenuto decreto ingiuntivo dal Tribunale di RAGIONE_SOCIALE per la somma di 4.071.519,00 euro
2.- Avverso tale decreto ingiuntivo hanno proposto opposizione sia la RAGIONE_SOCIALE che la RAGIONE_SOCIALE Lazio con atti distinti, che sono stati poi riuniti in un unico procedimento, all’esito del quale il Tribunale ha dichiarato carente di legittimazione passiva la RAGIONE_SOCIALE Lazio, e dunque ha revocato il decreto ingiuntivo limitatamente a
quest’ultima, ma ha respinto l’opposizione proposta dalla RAGIONE_SOCIALE, ritenendo che le somme fino a quel momento pagate erano nient’altro che acconti sulla somma interamente dovuta.
Nel giudizio di primo grado è però intervenuta la RAGIONE_SOCIALE sul presupposto di essere cessionaria del credito della RAGIONE_SOCIALE, ceduto da quest’ultima con atto notarile del 14 giugno 2011 e notificato agli enti territoriali il 22 giugno dello stesso anno.
3.- Questa sentenza è stata impugnata sia dalla RAGIONE_SOCIALE, nel merito, ossia quanto alla condanna al pagamento in favore della creditrice, che da RAGIONE_SOCIALE nella parte in cui la decisione di primo grado ha escluso la legittimazione passiva della RAGIONE_SOCIALE Lazio.
4.- La Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE ha accolto l’appello principale ed ha rigettato quello incidentale.
Questa decisione è oggetto di ricorso per Cassazione da parte di RAGIONE_SOCIALE con 7 motivi e memoria. Sia la RAGIONE_SOCIALE che la RAGIONE_SOCIALE Lazio si sono costituite ed hanno chiesto il rigetto del ricorso. La RAGIONE_SOCIALE ha altresì depositato memoria.
Considerato che
5 . La ratio della decisione impugnata.
La RAGIONE_SOCIALE, durante il giudizio di appello, ha depositato ulteriori pagamenti effettuati dalla RAGIONE_SOCIALE Lazio, e ne ha chiesto l’ammissione sostenendo di non averli potuti depositare prima a causa della loro sopravvenienza. La Corte di appello ha ritenuto tali documenti ammissibili e, sulla base di essi, ha deciso che il credito era stato interamente pagato e, altresì, che era stato pagato correttamente, vale a dire al soggetto legittimato, che era la RAGIONE_SOCIALE: ciò in quanto non vi era prova che la cessione del credito a RAGIONE_SOCIALE fosse stata previamente notificata alla RAGIONE_SOCIALE e alla RAGIONE_SOCIALE, né che vi fosse stata accettazione da parte
del debitore ceduto. In sostanza, secondo la Corte di appello, il pagamento era avvenuto correttamente in favore del cedente e dunque aveva prodotto l’effetto liberatorio.
6.I motivi di ricorso .
Questa decisione è impugnata da RAGIONE_SOCIALE con sette motivi di ricorso, i primi quattro dei quali hanno logica pregiudizialità, mentre gli altri tre sono proposti in subordine, per il caso di mancato accoglimento dei precedenti.
6.1.- Il primo motivo di ricorso prospetta omesso esame di un fatto decisivo e rilevante.
Esso mira a censurare la decisione impugnata nella parte in cui ha ritenuto non provato che la notifica della cessione del credito sia stata effettuata anteriormente agli ulteriori pagamenti e di conseguenza ha ritenuto che validamente tali ulteriori pagamenti sono stati fatti in favore del cedente anziché del cessionario.
In particolare, la ratio della decisione impugnata su questo punto, anzi l’intera motivazione, è la seguente: ‘quest’ultima, d’altra parte, non ha provato l’avvenuta previa notifica della cessione del credito alla RAGIONE_SOCIALE e dalla RAGIONE_SOCIALE‘.
Dunque, secondo i giudici di appello, il pagamento è avvenuto validamente nelle mani del cedente in quanto non vi è prova che il debitore fosse stato messo al corrente della cessione del credito in tempo anteriore al pagamento.
Osserva la ricorrente che invece era chiaramente in atti la documentazione della notifica della cessione, da cui risulta altrettanto chiaramente che era avvenuta il 22 giugno 2011, e dunque prima dei pagamenti ulteriori effettuati dalla regione, che sono avvenuti invece nel successivo mese di agosto del 2011.
Inoltre, la ricorrente dimostra come la produzione di tale documentazioneera stata altresì evidenziata negli atti difensivi, sia
nella comparsa di costituzione che nei successivi scritti (vedi nota a pagina 11 e 12 del ricorso).
Conseguentemente, era stato allegata in atti la prova dell’avvenuta cessione del credito e della sua notifica e di tale prova si era chiesto l’apprezzamento al giudice in diversi e successivi scritti difensivi.
A fronte di ciò, la Corte di appello ha pronunciato come se quel fatto non fosse stato per niente allegato.
6.2.- Il secondo motivo prospetta violazione e falsa applicazione degli artt. 111, 6° co. Cost., 132, 2° co. c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c. e dunque nullità della sentenza per difetto di motivazione e dunque
Sostiene la ricorrente che, ove anche si ammettesse che il fatto sopra allegato è stato in realtà preso in considerazione dalla Corte, e dunque non omesso, allora di certo la motivazione che la Corte ha reso su di esso, ossia sul suo rilievo processuale, è del tutto carente, o meglio del tutto priva di ragioni giustificative, essendosi limitati i giudici di merito all’apodittica affermazione che non era provata la previa notifica della cessione, ma senza rendere conto di come si sia arrivati a tale affermazione e dunque delle ragioni in base alle quali si è ritenuto non provato quel fatto.
6.3.- Il terzo motivo , che denuncia violazione nell’articolo 115 c.p.c., pone anch’esso la medesima questione, ma sotto il diverso profilo dell’errore percettivo: si afferma cioè che, anche laddove si volesse ritenere che la Corte d’appello ha preso in considerazione il fatto dell’avvenuta cessione del credito anteriormente al pagamento, e dove anche si volesse ritenere che lo ha ritenuto non provato con motivazione sufficiente, resta il fatto che essa è incorsa comunque in un errore percettivo dal momento che ha attribuito a quel fatto, o meglio alla prova di esso, un contenuto assolutamente diverso da quello risultante dagli atti di causa, non avvedendosi che la notifica della cessione del credito era anteriore
ai pagamenti successivamente effettuati dalla regione: con la conseguenza che la Corte non è incorsa in un errore di valutazione di quel documento probatorio, quanto piuttosto ne ha percepito male il suo contenuto.
6.4.- Questi motivi presentano tra di loro logica connessione, essendo tutti relativi alla medesima questione, e dunque possono valutarsi insieme.
Essi sono fondati, nei termini che seguono.
Intanto, se pure sembra che vi sia una pronuncia sulla anteriorità della notifica della cessione rispetto ai pagamenti fatti al cedente, è evidente che si tratta di una pronuncia che non ha tenuto in alcun conto i dati rilevanti: la cessione del credito, la sua notifica ed il pagamento fatto al creditore cedente. I relativi fatti, documentalmente provati, erano stati evidenziati dalla ricorrente, a dimostrazione della anteriorità della cessione e della sua notifica.
L’omesso esame sta precisamente in ciò: che la Corte di Appello ha ritenuto come non provato un fatto che invece era evidentemente esistente agli atti, vale a dire la documentazione, ossia la prova documentale della avvenuta cessione del credito e della sua notifica anteriore al pagamento effettuato dalla RAGIONE_SOCIALE. La ricorrente riproduce nel ricorso, ed allega altresì, il contenuto di quella prova da cui risulta chiaramente che la cessione era stata notificata il 22 giugno del 2011.
In secondo luogo, ed anche a prescindere da ciò, la motivazione che il giudice di merito ha dato della sua decisione di ritenere non provata l’avvenuta notifica della cessione del credito è del tutto apodittica e non dà conto delle ragioni per le quali, alla luce delle prove documentali offerte e degli argomenti difensivi addotti dalla ricorrente a sostegno della cessione e della sua notifica, si è deciso che la prova mancasse: non si dice alcunché sulle ragioni di tale insufficienza probatoria, se dovute alla totale mancanza di prova oppure alla irrilevanza della prova offerta, oppure ancora
all’esistenza di una controprova prevalente. Con la conseguenza che la motivazione si risolve nella apodittica decisione, ed è del tutto priva delle ragioni che quella decisione giustificano.
6.5- Il quarto motivo di ricorso prospetta violazione degli articoli 1260 e 1264 del codice civile, oltre che della legge 2248 del 1865 e della legge 2440 del 1923.
Secondo la Corte d’appello la società ricorrente, come si è visto cessionaria del credito, avrebbe dovuto dimostrare l’avvenuta accettazione da parte del debitore ceduto.
La ricorrente contesta che una tale accettazione fosse necessaria.
Non è dato capire in base a quale regola l’estensore abbia ritenuto necessaria l’accettazione da parte del debitore ceduto. Di certo non potrebbe averlo fatto sulla base dell’articolo 1264 del codice civile, il quale come è universalmente noto, considera efficace la cessione quando alternativamente o il debitore l’abbia accettata o gli sia stata notificata. Ed è opinione comune e corrente che, di conseguenza, la semplice notifica vale a rendere la cessione del credito efficace nei confronti del debitore a prescindere dal fatto che costui la accetti o meno.
E’ altresì insegnamento comune che tale regola si giustifica col fatto che per il debitore avere l’uno o l’altro creditore è indifferente, essendo comunque egli tenuto ad adempiere. La norma si limita soltanto a prevedere che, qualora il debitore comunque accetti la cessione, essa è valida anche a prescindere dalla sua notifica, ossia si limita a dire che l’accettazione del debitore è un surrogato della notifica. Non se ne può ricavare la conclusione che l’accettazione del debitore è condizione di efficacia anche ove la cessione gli sia stata notificata, e dunque in aggiunta alla notifica, se non commettendo un errore.
L’estensore non lo dice, ma la ricorrente si premura di ipotizzare che il riferimento che nella sentenza viene fatto all’accettazione da parte del debitore, sia quello previsto dall’articolo 70 terzo comma
del Regio decreto n. 2440 del 1923, norma che prevede, come è noto, l’autorizzazione della pubblica amministrazione alla cessione dei crediti che la riguardano.
E tuttavia, anche ove l’estensore avesse inteso riferirsi a tale norma, nell’ipotizzare che era necessaria l’accettazione del debitore, la ratio della decisione è comunque errata posto che, per principio consolidato, quella norma è riferita ai rapporti di durata, come l’appalto o la somministrazione, e non si applica alle prestazioni d’opera che, sia pure ripetute nel tempo, non hanno la caratteristica, per l’appunto, del rapporto di durata (Cass. 18339/ 2014; Cass. 24758/ 2021): senza tacere del fatto che quella norma non si applica nei confronti delle RAGIONE_SOCIALE, che non sono da considerarsi amministrazioni statali (Cass. 29420/ 2023).
Infine, ed è ulteriore ragione di fondatezza del motivo, la norma che vieta la cessione del credito senza autorizzazione della amministrazione si riferisce ai contratti in corso di esecuzione e non si applica a quelli i cui effetti siano stati esauriti, o meglio, che siano stati eseguiti mediante esecuzione della prestazione a carico del privato (Cass. 2541/ 2007).
Con l’ulteriore conseguenza che, anche in tal caso, la motivazione della decisione impugnata è del tutto insufficiente: non è dato capire da quale regola l’estensore abbia ricavato che era necessaria l’accettazione del debitore ceduto perché la cessione fosse efficace.
7.- Il quinto motivo – che contesta la decisione nella parte in cui ha ritenuto ammissibili in appello i documenti che provano i successivi pagamenti effettuati dalla RAGIONE_SOCIALE -resta assorbito dalla eventualità che i pagamenti in questione siano comunque successivi alla notifica della cessione.
8.- Il sesto motivo , che prospetta violazione degli articoli 132 e 276 c.p.c. e denuncia sia contraddizione che assoluto difetto di motivazione, è fondato.
La questione attiene al difetto di legittimazione passiva della RAGIONE_SOCIALE Lazio. In primo grado, come si è visto, la RAGIONE_SOCIALE Lazio era stata dichiarata non legittimata passivamente, e tale statuizione era stata impugnata sia dalla RAGIONE_SOCIALE, con appello principale, che dalla RAGIONE_SOCIALE, con appello incidentale, ma entrambi chiedevano la stessa cosa: che si dichiarasse la legittimazione passiva della RAGIONE_SOCIALE.
Incredibilmente, l’estensore ha accolto l’appello principale, e dunque ha ritenuto passivamente legittimata la RAGIONE_SOCIALE, ma ha dichiarato infondato quello incidentale, che però chiedeva la stessa cosa di quello accolto, e di conseguenza ha condannato l’appellante incidentale al pagamento del contributo unificato raddoppiato.
La decisione è del tutto priva di motivazione, né si può dire che essa contenga un implicito assorbimento, nel senso che, accolto l’appello principale, non v’è ragione di discutere di quello incidentale che ha il medesimo oggetto: non lo si può dire in quanto l’estensore espressamente ha posto l’onere del doppio contributo a carico dell’appellante incidentale, a cagione, e diversamente non potrebbe essere, della soccombenza di costui.
9.- Il settimo motivo , che prospetta violazione della legge n. 324 del 1993 e mira a contestare la soccombenza nel merito dell’appello incidentale , è assorbito . L’assorbimento è giustificato dal fatto che l’accoglimento del motivo non porterebbe ad una riforma della decisione impugnata, la quale ha accolto le ragioni della ricorrente, sia pure mediante accoglimento dell’appello di una diversa parte in giudizio.
Il ricorso va dunque accolto. La decisione cassata con rinvio.
P.Q.M.
La Corte accoglie i motivi primo, secondo, terzo, quarto e sesto. Dichiara assorbiti il quinto e il settimo. Cassa la decisione impugnata e rinvia alla Corte di Appello di RAGIONE_SOCIALE, in diversa composizione anche per le spese di legittimità.
Così deciso in RAGIONE_SOCIALE, il 04/03/2024.