Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 21030 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 21030 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19954/2022 R.G. proposto da : COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, con domiciliazione digitale ex lege
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE con domiciliazione digitale ex lege
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO MILANO n. 1698/2022 depositata il 19/05/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Svolgimento del processo
Con atto notificato il 29 agosto 2022 NOME COGNOME e NOME COGNOME ricorrono per cassazione della sentenza della Corte d’appello di Milano n.1689 del 19 maggio 2022. L’intimata Credem Banca s.p.a. ha notificato controricorso.
Nel primo grado di giudizio il Credito Emiliano agiva con azione revocatoria nei loro confronti affermando di essere creditore di NOME COGNOME (rispettivamente fratello e coniuge delle ricorrenti), in relazione a un contratto di mutuo, nonché della moglie NOME COGNOME in forza della fideiussione rilasciata da quest’ultima in data 2.07.2007, sino alla concorrenza della somma di euro 350.000 per il mutuo contratto dal coniuge. Nella specie, il Credito Emiliano lamentava l’avvenuta stipula da parte della COGNOME di due atti di donazione, in data 6 luglio e 30 ottobre 2015, in favore dei figli, NOME COGNOME e NOME COGNOME aventi ad oggetto due appartamenti di cui era proprietaria. La domanda veniva accolta dal giudice di primo grado.
Il 10.07.2019 NOME COGNOME proponeva impugnazione innanzi alla Corte d’appello di Milano per chiedere, in riforma integrale della sentenza di primo grado, il rigetto della domanda di revocatoria, con vittoria di spese legali, nonché la condanna del Credito Emiliano s.p.a. ex art. 96 c.p.c. La Corte distrettuale, in corso di causa, rilevata la irregolarità della notifica a COGNOME NOME dell’atto di appello, ne disponeva la rinnovazione con rispetto dei termini di comparizione alla successiva udienza del 17.09.2020. La causa veniva successivamente rinviata d’ufficio al 1.04.2021. All’udienza del 1.04.2021, si costituiva in giudizio l’appellata NOME che aderiva all’impugnazione di NOME
COGNOME e l’udienza veniva ulteriormente rinviata al 29.04.2021 per la verifica del perfezionamento della notifica a NOME COGNOME. All’udienza del 29.04.2021, la Corte, rilevata la regolarità della notifica, dichiarava la contumacia di NOME COGNOME e rinviava la causa per la precisazione delle conclusioni al 27.01.2022. Assegnati i termini per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica, la causa veniva decisa con conferma della decisione di primo grado che aveva accolto l’azione revocatoria e respinto le eccezioni preliminari in merito alla notifica degli atti di riassunzione del giudizio di primo grado, interrottosi a causa della sospensiva all’esercizio della professione intervenuta nei confronti dell’avvocato NOME COGNOME difensore delle parti convenute.
Motivi della decisione
Con il primo motivo ex articolo 360 1 comma , n. 3 cod. proc. civ. le ricorrenti deducono la violazione dell’art. 360 n.3 c.p.c. in relazione agli artt. 139-140146 c.p.c., sull’assunto che la parte attrice avrebbe dovuto effettuare la notifica dell’atto di riassunzione del giudizio di primo grado, dopo l’interruzione del processo intervenuta per la sospensione disciplinare inflitta all’avvocato NOME COGNOME presso il comando militare di appartenenza di NOME COGNOME, e non tramite l’intrapreso procedimento di irreperibilità. Tale scelta avrebbe comportato la nullità/inesistenza della notifica giudiziale e la conseguente l’estinzione del procedimento. Deducono che la C orte d’appello si sarebbe occupata della questione relativa alla notifica al contumace NOME COGNOME anche questa nulla o inesistente, ma non della mancata notifica alla qui ricorrente NOME COGNOME omettendo di rilevare, altresì, che l’atto di riassunzione non era mai stato depositato in primo grado, ma solamente in appello, dopo lo scadere del termine per il deposito della replica conclusionale (in appello).
Con il secondo motivo le ricorrenti denunciano ex articolo 360 numero 3 cod. proc.civ. l’estinzione del giudizio per mancata notifica dell’atto di riassunzione a NOME COGNOME in relazione agli artt. 47 e 139-140-146 -170 -301 e segg. c.p.c. La scelta di notificare l’atto di riassunzione tramite ufficiale giudiziario, non al suo domicilio eletto ma presso la sua residenza seguendo (dopo la dichiarazione di irreperibilità) la procedura di cui all’art. 143 c.p.c., invece di quella di cui all’art. 146 c.p.c., avrebbe comportato la nullità della riassunzione del giudizio e di conseguenza l’estinzione dello stesso.
2.1. I primi due motivi vanno trattati congiuntamente in quanto afferiscono alla medesima questione processuale di nullità della notifica dell’atto di riassunzione del giudizio di primo grado . Parte controricorrente deduce, in replica che NOME COGNOME si è costituita nel giudizio di primo grado con il nuovo difensore Avv. NOME COGNOME in data 23/04/2019, sanando di fatto ex art. 156 c.p.c. ogni eccezione di nullità della notifica.
2.2. Va innanzitutto rilevato che la ricorrente NOME COGNOME non avendo impugnato la sentenza di primo grado, ma solo aderito all’ appello formulato da NOME COGNOME intervenendo in tale veste nel giudizio di secondo grado, non è legittimata a impugnare in via autonoma la sentenza per cassazione (Cass. Sez. U, Sentenza n. 5992 del 17/04/2012).
2.3. Posto quanto sopra, il primo motivo è inammissibile per difetto di specificità ex art. 366 n. 6 c.p.c.
2.4. La sentenza viene impugnata là dove ha ritenuto valida ‘ la notifica dell’atto di riassunzione del processo ex art. 303 c.p.c. -resasi necessaria per l’intervenuta interruzione del processo dichiarata in data 14/06/2018 a seguito della comunicazione dell’intervenuta sospensione disciplinare dell’Avv. NOME COGNOME, legale di COGNOME NOME pure perfezionata per compiuta giacenza in data 14/10/2018, come da cartolina a.r.
con avviso di raccomandata di avvenuto deposito) pure allegata ‘ , in ciò ritenendo valida la notifica effettuata .
2.5. Deve, per un verso, rilevarsi che l’ipotesi di invalidità processuale eccepita, per come prospettata, non rientra propriamente nel concetto di ‘inesistenza della notifica’, configurabile, in base ai principi di strumentalità delle forme degli atti processuali e del giusto processo, solo nel caso di totale mancanza materiale dell’atto (in quanto privo degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione), sussistendo nel caso si specie solo una ‘difformità dal modello legale’, ricadente nella categoria della nullità. A tale stregua, il luogo in cui la notificazione viene eseguita non attiene agli elementi costitutivi essenziali dell’atto, sicché i vizi relativi alla sua individuazione, anche quando esso si riveli privo di alcun collegamento col destinatario, ricadono sempre nell’ambito della nullità dell’atto, come tale sanabile, con efficacia ” ex tunc “, o per raggiungimento dello scopo, a seguito della costituzione della parte intimata (Cass. Sez. 3 – , Ordinanza n. 26511 del 08/09/2022; Cass. Sez. U, Sentenza n. 14916 del 20/07/2016). Pertanto, convertendosi l’eventuale nullità della sentenza in motivo di impugnazione, l’impugnante in questa sede processuale avrebbe dovuto, a pena d’inammissibilità, indicare specificamente quale sia stato il pregiudizio arrecato alle proprie attività difensive dall’invocato vizio processuale, considerato che la medesima si è costituita all’udienza fissata per la prosecuzione della controversia e, dunque, presumibilmente, in carenza di una pronta contestazione non ha subito alcun vulnus dei suoi diritti di difesa (Cass. Sez. 2 – , Sentenza n. 20834 del 30/06/2022).
2.6. Per altro verso, proprio perché non si tratta di inesistenza della notifica dell’atto processuale di riassunzione, ma di una
eventuale ipotesi di nullità della sentenza di primo grado per violazione del giusto contradittorio e delle norme processuali (vizio che, come anzidetto, si converte in motivo di impugnazione, sanabile con la costituzione delle parte chiamata a ricomporre il contraddittorio interrottosi), va rilevata, sotto il profilo dell’autosufficienza del ricorso per cassazione, l’omessa indicazione del motivo di appello su cui la Corte non si sarebbe puntualmente pronunciata (cfr. Sez. 1 – , Ordinanza n. 29495 del 23/12/2020; Cass. Sez. U, Sentenza n. 34469 del 27/12/2019). Tale omissione determina una prevalente causa di inammissibilità della censura qui in analisi, mancando in atti, per la parte che rileva, ogni riferimento al motivo d’appello (cfr. Sez. U, Sentenza n. 34469 del 27/12/2019).
2.7. Conseguentemente, va dichiarata inammissibile non solo la prima censura, ma anche quella, contenuta nel secondo motivo, attinente alla violazione della norma sull’ estinzione del giudizio per vizio della notifica, mancandone, per quanto detto, il presupposto giuridico.
Con il terzo motivo le ricorrenti denunciano l’ inesistenza della notifica dell’atto di riassunzione notificato a NOME COGNOME -Violazione dell’art. 360 n.3 in relazione agli artt. 139 -140-146 c.p.c. perché non notificato presso il Comando militare in cui prestava servizio.
3.1. La censura è inammissibile per lo stesso motivo di cui sopra, relativo alla carente deduzione del motivo di appello denunciante la nullità della sentenza per tale vizio. Occorre cionondimeno considerare che, trattandosi di un vizio relativo alla costituzione di una parte rimasta assente in ogni grado del giudizio, deve dedursi la carenza di legittimazione delle parti qui ricorrenti (sorella e madre del fratello NOME contumace) a dedurre in via autonoma una violazione del contradittorio in grado di determinare una ipotesi di nullità processuale, come
tale sanabile, che riguarda una parte processuale che, nel processo, è rimasta totalmente inerte e nei confronti della quale si è formato il giudicato.
3.2. Sul punto va pertanto riaffermato il principio di diritto in base ala quale le norme che disciplinano l’interruzione del processo sono volte a tutelare la parte nei cui confronti si è verificato l’evento interruttivo, sicché l’irregolare prosecuzione del giudizio, derivante dalla loro inosservanza, può essere fatta valere soltanto dalla parte che dall’evento interruttivo può essere pregiudicata, e non anche dalle altre parti, le quali, non risentendo di alcun pregiudizio, non possono dedurla come motivo di nullità della sentenza pronunciata (Cass. Sez. 1 – , Ordinanza n. 34867 del 25/11/2022; Cass. Sez. 5 – , Sentenza n. 30341 del 23/11/2018; Cass. Sez. 3 – , Ordinanza n. 18804 del 02/07/2021).
Con il quarto motivo le ricorrenti deducono l’insussistenza dei presupposti per l’azione revocatoria -violazione dell’art. 360 n.3 e n.5 c.p.c. in relazione all’art. 2901 c.c. Con riguardo all’ eventus damni deducono che il decreto ingiuntivo del 2017 emesso dalla banca a tutela del credito fosse ampiamente garantito dai beni in comproprietà, garantiti da ipoteca, e da altri beni. Poiché gli atti donativi andati a favore dei figli della disponente avrebbero riguardato beni immobili, in piena proprietà, non sarebbe mutata la composizione qualitativa del patrimonio residuo, in tesi ampiamente sufficiente alla soddisfazione del credito della Banca. La Corte di merito sul punto sarebbe incorsa in un travisamento del fatto.
La censura tende a colpire una valutazione degli elementi fattuali là dove evidenzia che ‘ Assume ancora l’appellante che il credito della banca a seguito delle vendite in sede esecutiva nel novembre 2016 si sarebbe ridotto ad euro 115.000 per poi ulteriormente ridursi a 52.000 sicché il patrimonio della COGNOME
non interessato dall’azione revocatoria sarebbe comunque sufficiente a soddisfare il modesto credito residuo. Anche questa argomentazione non coglie nel segno. Infatti, “in tema di revocatoria ordinaria, il momento storico in cui deve essere verificata la sussistenza dell'”eventus damni”, inteso come pregiudizio alle ragioni del creditore, tale da determinare l’insufficienza dei beni del debitore ad offrire la necessaria garanzia patrimoniale, è quello in cui viene compiuto l’atto di disposizione dedotto in giudizio e in cui può apprezzarsi se il patrimonio residuo del debitore sia tale da soddisfare le ragioni del creditore, restando, invece, assolutamente irrilevanti, al fine anzidetto, le successive vicende patrimoniali del debitore, non collegate direttamente all’atto di disposizione”(Cass.n. 3538/19)’. La censura, per come esposta, si dimostra pertanto inammissibile perché non adduce alcun argomento utile per contrastare il consolidato orientamento giurisprudenziale (peraltro richiamato dal giudice a quo ) che, in tema di revocatoria ordinaria, il momento storico in cui deve essere verificata la sussistenza dell’ ” eventus damni “, inteso come pregiudizio alle ragioni del creditore, tale da determinare l’insufficienza dei beni del debitore ad offrire la necessaria garanzia patrimoniale, è quello in cui viene compiuto l’atto di disposizione dedotto in giudizio e in cui può apprezzarsi se il patrimonio residuo del debitore sia tale da soddisfare le ragioni del creditore, restando, invece, assolutamente irrilevanti, al fine anzidetto, le successive vicende patrimoniali del debitore, non collegate direttamente all’atto di disposizione (Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 3538 del 06/02/2019; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 23743 del 14/11/2011; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 755 del 08/03/1969).
La censura risulta vieppiù inammissibile ex art. 366 n. 4 c.p.c. là dove non si rapporta all’intera motivazione che contiene altra
autonoma ratio decidendi in merito alla sufficienza di un mutamento qualitativo della consistenza patrimoniale ai fini della valutazione del danno al creditore inferto dalla disposizione patrimoniale oggetto di revocatoria, non altrettanto oggetto di adeguata critica, e anch’essa conforme a consolidata giurisprudenza sul punto. Rispetto al caso in questione, pertanto, è prevalentemente mancata ogni idonea argomentazione in grado di indurre la Corte a un mutamento di indirizzo giurisprudenziale in relazione al caso in esame, valutato dalla Corte di merito, come si è visto, con motivazione sufficiente e non internamente contradittoria, rispettosa del cd. minimo costituzionale (Cass. SU 8053/2014).
Conclusivamente il ricorso va dichiarato inammissibile.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore della parte controricorrente, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna le ricorrenti al solidale pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 8.200,00, di cui euro 8.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore di parte controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte delle ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso articolo 13 .
Così deciso in Roma, il 16/6/2025