Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 1143 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 1143 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16572/2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante COGNOME COGNOME elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE per procura in calce al ricorso,
-ricorrente-
contro
NOMECOGNOME NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliate in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, che le rappresenta e difende per procura in calce al controricorso,
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di VENEZIA n.3151/2018 depositata il 20.11.2018. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 9.1.2024 dal
Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Le sorelle NOME e NOME, in qualità di nude proprietarie dell’immobile sito in Thiene (VI), riportato nel NCEU a foglio 3, mappale 1175, sul quale insistevano tre edifici individuati coi subalterni 1/a, 1/b e 1/c (il garage), e la madre usufruttuaria dello stesso, RAGIONE_SOCIALE, con atto di citazione del 25.8.2003 convenivano in giudizio davanti al Tribunale di Vicenza, sezione distaccata di Schio, la RAGIONE_SOCIALEpoi RAGIONE_SOCIALE, proprietaria del mappale 1246 dello stesso foglio, confinante sui lati nord ed ovest con la loro proprietà.
Le proprietà delle parti erano comprese nell’ambito del piano di lottizzazione denominato INDIRIZZO, rientrando la proprietà delle attrici nell’unità minima d’intervento A, e quella della convenuta nell’unità minima di intervento L, sulla quale ultima era prevista la realizzazione di due edifici, identificati nel planovolumetrico del piano con i numeri 67 e 77, ultimati dalla convenuta negli anni 2002 -2003.
Il garage delle attrici (sub. 1/c), realizzato sulla porzione a nord -ovest del mappale 1175, aveva accesso e recesso anche veicolare dalla INDIRIZZO da una stradina privata, che correva lungo il lato ovest del mappale 1175, avente una recinzione in muratura, e tale stradina era per metà di proprietà delle attrici e per metà dei proprietari dei mappali 1246/b, 146/d e 145/b che si trovavano dall’altro lato della stradina.
Le attrici oltre ad altre domande, prevalentemente inerenti alla violazione delle distanze legali tra costruzioni e dal confine, che non più rilevano in questa sede in quanto definitivamente respinte, sostenevano che l’edificio n. 77 della convenuta era stato costruito con un’altezza superiore a quella consentita dalla normativa locale, ed in violazione delle norme tecniche di attuazione dello strumento urbanistico attuativo (Piano Particolareggiato INDIRIZZO del Comune di Thiene) relative al ‘ filo di massimo ingombro ‘ ed al ‘ filo di massimo avanzamento ‘, chiedendo quindi la condanna della convenuta al risarcimento dei danni subiti per la riduzione di aria, luce, panoramicità ed amenità dei luoghi nella misura di € 1.000.000,00, o di giustizia.
Le attrici, inoltre, sostenevano che gli edifici n. 77 e 67 della convenuta, col loro ingombro, avevano limitato l’esercizio della servitù di passaggio sulla stradina ad ovest della loro proprietà, costituita con l’atto del notaio NOME COGNOME di Thiene del 28.4.1956, chiedendo conseguentemente la condanna della controparte al ripristino delle originarie modalità di esercizio della servitù medesima ed al risarcimento dei danni subiti.
Per quanto ancora rileva, la RAGIONE_SOCIALE sosteneva che gli edifici n.77 e 67 erano stati realizzati nel rispetto della concessione edilizia n.182/00/1 rilasciata dal Comune di Thiene il 16.8.2001, in conformità al Piano Particolareggiato Belvigo, che era stato aggiornato da quattro varianti valide, eccepiva la prescrizione per non uso ventennale della servitù di passaggio gravante sui mappali 146 d) e 145 b) a favore del mappale 1175, affermando che comunque la stradina era rimasta immutata a seguito della realizzazione dei suddetti edifici, e chiedeva pertanto il rigetto delle avverse domande di riduzione in pristino e di risarcimento danni.
Espletata CTU ed acquisiti chiarimenti, il Tribunale di Vicenza, con la sentenza n. 85/2016 del 22.1.2016, per quanto ancora rileva, accertava che l’edificio n. 77 era stato costruito con un’altezza
superiore a quella consentita dalla normativa locale ed in violazione delle norme tecniche di attuazione dello strumento urbanistico attuativo (Piano Particolareggiato INDIRIZZO del Comune di Thiene) relative al ‘ filo di massimo ingombro ‘ ed al ‘ filo di massimo avanzamento ‘. Pertanto, condannava la convenuta al risarcimento del danno subito dalle attrici per la riduzione di aria, luce, panoramicità e amenità dei luoghi, quantificato sulla base della CTU in € 50.000,00, oltre interessi legali.
Con la stessa sentenza veniva respinta l’eccezione di prescrizione per non uso della servitù di passaggio, e veniva accertato che, con la realizzazione dei manufatti meglio descritti alle pagine 61, 62 e 63 della CTU del 19.8.2008, la RAGIONE_SOCIALE aveva diminuito l’esercizio della servitù di passaggio costituita a favore delle attrici con l’atto del notaio NOME COGNOME di Thiene del 28.4.1956, per cui la convenuta, soccombente anche sulle spese processuali, veniva condannata al ripristino dello stato dei luoghi sui quali quella servitù veniva esercitata, ma senza risarcimento del danno.
Avverso tale sentenza proponeva appello principale la RAGIONE_SOCIALE relativamente ai capi che avevano accertato la violazione dell’altezza massima consentita da parte dell’edificio n. 77 con conseguente sua condanna risarcitoria, e la diminuzione dell’esercizio della servitù di passaggio sulla stradina posta ad ovest del mappale 1175 delle attrici, con restrizione di 87 mq su 252 mq, e conseguente sua condanna ripristinatoria.
Contro la sentenza di primo grado proponevano autonomo appello anche le originarie attrici, riproponendo le domande relative alle asserite violazioni delle distanze legali tra costruzioni e dal confine, e chiedendo, per quanto ancora rileva, una maggiore quantificazione dei danni riconosciuti in loro favore per l’accertata violazione dell’altezza massima consentita dell’edificio n. 77, ed il
risarcimento danni per il diminuito esercizio della servitù di passaggio.
Disposta la riunione dei due giudizi, la Corte d’Appello di Venezia, con la sentenza n. 3151/2018 del 15.10/20.11.2018, rigettava entrambi gli appelli e compensava le spese processuali di secondo grado.
Avverso tale sentenza, non notificata, ha proposto ricorso alla Suprema Corte la RAGIONE_SOCIALE affidandosi a quattro motivi. Resistono NOME e RAGIONE_SOCIALE con controricorso.
Le sole controricorrenti hanno depositato memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c..
La causa é stata trattenuta in decisione nell’adunanza camerale del 9.1.2024.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Col primo motivo la ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360 comma primo n. 3) c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 871 cod. civ. in relazione agli articoli 3, 24 e 34 delle norme tecniche di attuazione del Piano Particolareggiato di iniziativa pubblica Belvigo, e nel contempo l’ error in procedendo per motivazione apparente.
Si duole la ricorrente che la Corte d’Appello di Venezia alla pagina 25, pur avendo riconosciuto che le indicazioni grafiche contenute nelle tavole planovolumetriche del Piano Particolareggiato Belvigo (che prevedevano la realizzazione di quattro piani più sottotetto per un’altezza complessiva di 15 metri), in quanto attuative sul piano tecnico della volontà della P .A., avevano valore immediatamente precettivo, rivestendo esse stesse la natura di norme regolamentari (richiamando a sostegno Cass. 10.6.1999 n. 5666), e che ad esse rinviava l’art. 24 delle norme tecniche di attuazione per il numero
dei piani consentito, abbia poi ritenuto che quelle indicazioni grafiche del planovolumetrico debbano cedere di fronte a disposizioni contrastanti contenute nei piani particolareggiati e nelle norme tecniche di attuazione (in particolare l’art. 34 che prevedeva tre piani più sottotetto – terrazza di m 2,70, con un’altezza massima di 12 metri), sulla base dell’espressa previsione dell’art. 3 ultimo comma delle norme tecniche di attuazione.
In particolare la ricorrente sostiene che in questo modo la Corte d’Appello avrebbe violato il principio generale per il quale lex specialis derogat generali, in quanto le indicazioni grafiche contenute nelle tavole planovolumetriche del Piano Particolareggiato Belvigo avrebbero avuto carattere speciale e riferibilità al solo edificio n. 77, rispetto alla disciplina generale di piano contenuta nell’art. 34 delle norme tecniche di attuazione del Piano Particolareggiato Belvigo, e che non avrebbe tenuto conto che il citato art. 34 era stato approvato dalla Giunta regionale veneta con la delibera n. 4502 del 27.7.1990, mentre le tavole 5 e 6 del planivolumetrico, allegate alla terza variante del Piano Particolareggiato Belvigo, di cui agli articoli 3 e 24 delle norme tecniche di attuazione dello stesso piano, erano state approvate con la delibera del Consiglio comunale di Thiene n. 302 del 13.9.2000, e che proprio sulla base di quelle tavole le era stata rilasciata la concessione edilizia dal Comune di Thiene.
Anzitutto va escluso il vizio di motivazione apparente, in quanto la Corte d’Appello di Venezia alle pagine 24 e 25, dopo avere ricordato che non si é rinvenuta nel regolamento edilizio comunale e nel piano particolareggiato alcuna disposizione che sancisse la prevalenza degli elaborati grafici rispetto a prescrizioni eventualmente difformi introdotte nella parte normativa del piano medesimo, ha richiamato l’art. 3 ultimo comma delle norme tecniche di attuazione della terza variante al Piano Particolareggiato Belvigo del Comune di Thiene, secondo il quale ‘ l’edificazione della
zona avviene nel rispetto del progetto planivolumetrico del piano, che é vincolante nei limiti ammessi dalle presenti norme ‘, ed in base a tale espressa previsione, ha correttamente ritenuto che dalle indicazioni grafiche delle tavole planovolumetriche non potesse essere ricavata l’ammissibilità di un’altezza (15 metri) superiore a quella consentita dall’art. 34 delle norme tecniche di attuazione del Piano Particolareggiato Belvigo (12 metri), peraltro approvato dalla Regione Veneto.
In presenza di una norma espressa, come l’art. 3 ultimo comma delle norme tecniche di attuazione della terza variante al Piano Particolareggiato Belvigo del Comune di Thiene, che regola gerarchicamente il rapporto tra le norme tecniche di attuazione del Piano Particolareggiato Belvigo e le disposizioni del progetto planovolumetrico dello stesso piano, prevedendo la prevalenza delle prime in caso di contrasto, evidentemente non é invocabile il principio di specialità, per fare salva l’applicazione di un progetto planovolumetrico, adottato dal Comune di Thiene, in parziale contrasto con le norme tecniche di attuazione del Piano Particolareggiato Belvigo approvate dalla Regione Veneto.
E’ noto poi che le concessioni edilizie vengono rilasciate dal Comune facendo salvi i diritti dei terzi, per cui il rilascio del titolo abilitativo alla costruzione dell’edificio n. 77 in favore della RAGIONE_SOCIALE (poi RAGIONE_SOCIALE, non ha certo fatto venire meno il diritto delle originarie attrici al rispetto dell’altezza massima consentita dall’art. 34 delle norme tecniche di attuazione del Piano Particolareggiato Belvigo da parte della proprietaria confinante.
Col secondo motivo la ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360 comma primo n. 5) c.p.c., la violazione dell’art. 112 c.p.c. e l’omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, identificato nel fatto che in secondo grado avrebbe eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva per non essere proprietaria, già all’inizio del giudizio, delle particelle 3192 (ex
145/b) e 3170 (ex 146/d), di proprietà di RAGIONE_SOCIALE, derivate dall’originaria sua particella 1246, particelle sulle quali in parte era esercitata la servitù di passaggio anche veicolare, della quale le originarie attrici avevano chiesto tutela anche ripristinatoria, chiedendo l’espletamento di una CTU, che le era stata negata, per accertare tale intestazione nei pubblici registri.
Va premesso che il difetto di legittimazione passiva in senso proprio va ravvisato quando sulla base della prospettazione dei fatti compiuta dalla parte attrice la domanda della stessa non possa trovare accoglimento nei confronti della parte convenuta per non essere la stessa il soggetto destinatario della pretesa fatta valere, mentre nella specie la RAGIONE_SOCIALEpoi RAGIONE_SOCIALE non ha mai negato di avere posto in essere la realizzazione degli edifici n. 67 e n. 77, che col loro ingombro hanno ridotto la servitù di passaggio anche veicolare costituita a favore delle originarie attrici con l’atto del notaio NOME COGNOME di Thiene del 28.4.1956, per cui quella sollevata é in realtà un’eccezione di merito e non un’eccezione inerente alla carenza di un presupposto processuale.
Il motivo é inammissibile per difetto di autosufficienza, in quanto la ricorrente non ha riportato testualmente l’atto in cui l’eccezione, della quale non c’é traccia nell’impugnata sentenza, sarebbe stata sollevata. D’altronde, il fatto che la ricorrente stessa indichi di avere invano richiesto (anche in questo caso senza precisare quando ed in che termini) l’espletamento di una CTU in secondo grado per fare accertare l’intestazione nei pubblici registri delle particelle 3192 (ex 145/b) e 3170 (ex 146/d), asseritamente di proprietà di RAGIONE_SOCIALE dimostra che di tale proprietà, ritenuta pacificamente fare capo alla ricorrente nel giudizio di primo grado, essa non abbia fornito alcuna prova, puntando inammissibilmente a surrogare a sé l’ausiliario del giudice nell’acquisizione della relativa dimostrazione.
Non é quindi ravvisabile alcuna violazione dell’art. 112 c.p.c. in base a quanto prospettato, ed a ciò va aggiunto che il richiamo al vizio dell’art. 360 comma primo n. 5) c.p.c. é inammissibile ex art. 348 ter ultimo comma c.p.c. in presenza di una ‘doppia conforme’. Il terzo motivo, inerente alla restituzione delle somme pagate alle originarie attrici in esecuzione della sentenza di primo grado, non va esaminato, in quanto é stato espressamente condizionato all’accoglimento, non avvenuto, dei primi due motivi di ricorso.
Il quarto motivo, inerente alla rifusione delle spese di primo e di secondo grado in favore della RAGIONE_SOCIALE, a sua volta non va esaminato, in quanto é stato proposto sul presupposto, non verificatosi, dell’accoglimento dei primi due motivi del ricorso. Le spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza e vanno poste a carico della RAGIONE_SOCIALE
Occorre dare atto che sussistono i presupposti processuali di cui all’art. 13 comma 1 -quater D.P.R. n. 115/2002 per imporre un ulteriore contributo unificato a carico della ricorrente, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione, sezione seconda civile, respinge il ricorso e condanna la RAGIONE_SOCIALE al pagamento in favore delle controricorrenti delle spese processuali del giudizio di legittimità, che liquida in € 200,00 per spese ed € 6.200,00 per compensi, oltre IVA, C.A. e rimborso spese generali del 15%. Dà atto che sussistono i presupposti processuali di cui all’art. 13 comma 1 -quater D.P.R. n.115/2002 per imporre un ulteriore contributo unificato a carico della ricorrente, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 9.1.2024