Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 5505 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 5505 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 01/03/2024
sul ricorso 4394/2019 proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in Roma, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in Roma, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO che la rappresenta e difende -controricorrente e ricorrente incidentale -avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di NAPOLI n. 5354/2018
depositata il 22/11/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 7/2/2024 dal AVV_NOTAIO.
FATTI DI CAUSA
1. NOME COGNOME si duole delle statuizioni adottate in suo danno dalla Corte d’Appello di Napoli che, con la sentenza per cui è ricorso, ha nuovamente respinto la domanda di risarcimento dei danni da essa proposta nei confronti della banca intimata in conseguenza del mancato pagamento di un assegno bancario tratto dalla COGNOME il 13.5.2010 sul conto correrente di cui era cointestataria presso l’intimata insieme al defunto marito e di cui la banca trattaria aveva ricusato il pagamento in considerazione della condizione di “blocco” in cui versava il conto aperto presso di sé a causa delle vicende successorie. In ragione di ciò il conto corrente aperto presso altro istituto dalla COGNOME, sul quale la stessa aveva appoggiato il titolo per l’incasso, era risultato incapiente, sicché la medesima si era trovata nell’impossibilità di adempiere gli obblighi assunti con una scrittura privata stipulata il 2.2.2010 subentrando in qualità di promissiario acquirente in un pregresso preliminare di vendita, inadempimento che l’aveva indotta poi, con successiva scrittura del 18.5.2010 a rinunciare all’acquisto e ad obbligarsi a tenere indenni le controparti della mancata conclusione dell’affare.
Confermando il deliberato di prima istanza, il giudice del gravame ha rinnovato le ragioni di rigetto della domanda già enunciate in quella sede -ove si era rimarcato che il danno asserito dall’attrice non fosse imputabile all’inadempimento della banca, quanto piuttosto alle conseguenza della stipulazione ad opera della stessa di due scritture private assolutamente svantaggiose che la parte con l’utilizzo dell’ordinaria diligenza avrebbe potuto astenersi dal concludere -nella convinzione, oltre che dell’inopponibilità all’intimata delle
scritture dianzi richiamate in quanto prive di data certa, che alla stregua dei puntuali riscontri istruttori emersi nel corso del giudizio in questa direzione non fosse dubitabile rispetto alla condotta della banca «la carenza di nesso causale in relazione alle scelte, ad ogni modo a loro volta manifestamente irragionevoli (“obbligazioni che avrebbe potuto evitare di convenire”) che a far data dal 2-2-2010 -proprio perché ben prima che fosse tratto l’assegno sul conto cointestato -ha consapevolmente operato COGNOME NOME nei termini puntualmente evidenziati dal primo giudice».
Per la cassazione di detta sentenza la RAGIONE_SOCIALE si affida a cinque mezzi, ai quali resiste la banca con controricorso e ricorso incidentale su un unico motivo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Con il primo motivo del ricorso principale si lamenta la violazione dell’art. 2704 cod. civ. e degli artt. 112, 115, 116 cod. proc. civ., nonché vizio di motivazione per avere la Corte d’Appello ritenuto inopponibili all’intimata le mentovate scritture d’obbligo assunte dalla ricorrente, quantunque, pur in difetto di data certa, non ne fosse contestabile l’efficacia in senso storico, fermo restando in ogni caso che la certezza del fatto ivi rappresentato si sarebbe potuta maturare considerando, alla luce della documentazione versata in causa, che non era dubitabile che la banca ne fosse stata resa edotta e fosse stata reiteratamente preavvisata delle conseguenze che il suo inadempimento avrebbe procurato in danno dell’attrice.
Con il secondo motivo del ricorso principale si lamenta la violazione dell’art. 116 cod. proc. civ. e degli artt. 1218 e 1223 cod. civ. per avere la Corte d’Appello travisato completamente le risultanze della prova, posto che, se si fosse ritenuta opponibile la documentazione già per l’innanzi richiamata e fosse stata valutata secondo criteri di razionalità logica, si sarebbe pervenuti al
riconoscimento del nesso di causalità tra il mancato incasso dell’assegno e l’inadempimento in cui in ragione di ciò era incorsa la ricorrente.
Con il terzo motivo del ricorso principale si lamenta la violazione degli art. 2697 e 1218 cod. civ., nonché ancora degli art. 1218, 1223 e 2697 cod. civ. per avere la Corte d’Appello, da un lato, riversato sulla ricorrente l’onere di dimostrare la data certa dei documenti depositati, sebbene questa fosse nell’impossibilità di procurarsi la relativa prova, e, dall’altro, ritenuto indimostrato il nesso di causalità tra il danno allegato ed il mancato incasso dell’assegno, sebbene ciò fosse imputabile alla condotta della banca, vero che se questa avesse onorato l’assegno l’inadempimento non si sarebbe consumato.
5.1. Tutti i sopradetti motivi, svolgenti la medesima censura, si prestano ad un preliminare ed assorbente giudizio di inammissibilità, decretabile a prima vista sotto un duplice concorrente profilo.
5.2. Ne va, infatti, in primo luogo, rappresentata l’estraneità alla ratio decidendi . Non discute il collegio che la sentenza impugnata abbia effettivamente interloquito sul profilo dell’inopponibilità delle mentovate scritture alla banca per difetto di prova certa. Ma non è però in questo che risiede la radice della decisione impugnata perché, come significativamente evoca l’ ìncipit che mette capo al successivo incedere del decidente («Anche indipendentemente dall’assorbente rilievo che precede … »), l’argomento che fa da traccia al ragionamento decisorio -e che ne integra perciò la ratio -è rappresentato dalle considerazioni che la Corte d’Appello sviluppa a conforto del fatto che ciò di cui si duole la ricorrente è frutto esclusivo della sua «irragionevole» condotta, giacché solo al fatto che ella abbia sottoscritto le scritture in data 2.2.2010 e 18.5.2010, aventi un contenuto indubbiamente peggiorativo degli obblighi in cui
era subentrata al promissario acquirente e, comunque, comportanti l’assunzione di un obbligo risarcitorio ulteriore rispetto a quelli inizialmente previsti in caso di inadempimento, va imputato il danno di cui ha chiesto il ristoro.
Dunque, insistendo sulla questione dell’opponibilità negata, il ricorso si intrattiene su un profilo che non intercetta il nucleo portante della decisione e risulta perciò privo della necessaria specificità.
5.3. Nondimeno, sotto altra diversa angolazione, le censure di che trattasi si sottraggono del pari al responso di questa Corte.
Esse sono insistentemente battenti nella denuncia di un erroneo apprezzamento degli aspetti fattuali della vicenda, protestata attraverso una lunga ed analitica rassegna di tutti i passaggi documentali trascurati dal decidente del grado, che ove fossero stati debitamente vagliati avrebbero certo sortito un giudizio di marca diverso. Nel che, è appena il caso di svelarlo, allorché si rivendichi a questa Corte il potere di cassare perciò la decisione impugnata, si cela la segreta sollecitazione a rinnovarne il vaglio, preconizzando in tal modo un sindacato sostitutivo di quello del decidente di merito che non è pero nelle attribuzioni istituzionali del giudice di legittimità.
Donde anche per questa ragione la premessa declaratoria di inammissibilità.
6.1. Con il quarto motivo del ricorso principale si lamenta la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, cod. proc. civ. per avere la Corte d’Appello valorizzato, nel motivare -rilevando già essa a tale riguardo un difetto di pertinenza -il rigetto del gravame, i non pochi riscontri istruttori emersi nel corso del giudizio in direzione dell’ascrivibilità del danno alla sola condotta della ricorrente, ancorché a più ragioni ne fosse rilevabile la
contraddittorietà e dunque fosse dubitabile la loro concludenza nel senso divisato dal decidente
6.2. Il motivo è inammissibile.
Il giudizio sulla risultanza del nesso causale -che è l’approdo a cui perviene la sentenza impugnata nel passare in rassegna gli elementi in parola che la conducono ad affermare che la ricorrente deve dolersi solo con se stessa del danno lamentato -è frutto, com’ è noto, di un accertamento in fatto a cui può procedere solo il giudice del merito e che non si presta a rimeditazioni in questa sede ove esso sia congruamente motivato, sicché la censura che si muove al ragionamento decisorio, tacciandolo di contraddittorietà, da un lato, implica una rivalutazione degli aspetti di fatto della vicenda, dall’altro addebita all’apprezzamento fattone dal decidente un vizio logico solo apparente in quanto frutto di una diversa valutazione rispetto a quella risultante dalla sentenza.
Nell’uno e nell’altro caso consegnandosi incontrovertibilmente al premesso responso di inammissibilità
7.1. Con il quinto motivo del ricorso principale si lamenta la violazione dell’art. 1227 cod. civ. per avere la Corte d’Appello, onde motivare il rigetto del gravame e la conferma della decisione di prima istanza che aveva mandato, in parte qua , assolta la banca da ogni addebito risarcitorio, erroneamente applicato il principio del concorso di colpa avendo ascritto all’esclusiva responsabilità del ricorrente quanto da essa denunciato, laddove al contrario la regolazione della specie alla luce del principio richiamato avrebbe imposto una graduazione della colpa in considerazione dell’apporto causale di ciascuna parte.
7.2. Il motivo è inammissibile.
La Corte d’Appello, riprendendo argomentazioni in tal senso sviluppate dal primo giudice ed, anzi, valorizzandole nella direzione
giudicata congrua rispetto agli esiti istruttori, ha dato previamente atto dell’inapplicabilità alla specie dell’art. 1227, comma 2, cod. civ. (cfr. pag 5 della motivazione), ma per chiarire meglio il proprio giudizio ha anche aggiunto la considerazione riportata in extenso in narrativa, con ciò intendendo precisare che neanche l’art. 1227, comma 1, cod. civ. si poteva ritenere applicabile, dato che il fatto dannoso lamentato dalla ricorrente era interamente ascrivibile alla sua «irragionevole» condotta; è dunque evidente che la norma applicata non è stata quella dell’art. 1227 cod. civ., ma quella del 1223 cod. civ., di guisa che la responsabilità contrattuale può fare capo solo a soggetto che con il suo comportamento ne è causa.
Il che, per giustificare l’affermazione in premessa, è ragione per dire che la censura non coglie la ratio e come tale si sottrae al sindacato qui richiesto.
In conclusione il ricorso principale va dichiarato inammissibile.
L’inammissibilità del ricorso principale rende inefficace ex art. 334, comma 2, cod. proc. civ., il ricorso incidentale in ragione della sua tardività. Posto, infatti, che la sentenza è stata notificata alla ricorrente il 26.11.2018 e che il termine di cui all’art. 326, comma 1, cod. proc. civ., anche nel regime processuale vigente al tempo della notificazione, si applica anche al notificante -come ora ha chiarito la novellazione del medesimo art. 326, comma 1, cod. proc. civ. ad opere dell’art. 3, comma 25, lett. a), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 -ne discende che il ricorso incidentale notificato il 27.2.2019 è tardivo, con la conseguenza perciò che, dichiarandosi l’inammissibilità del ricorso principale, esso risulta inefficace.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Ove dovuto sussistono i presupposti per il raddoppio a carico della ricorrente del contributo unificato ai sensi del dell’art. 13, comma 1quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
Dichiara il ricorso principale inammissibile e dichiara inefficace il ricorso incidentale; condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in favore di parte resistente in euro 7200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre al 15% per spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi del dell’art. 13, comma 1quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente, ove dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Cosi deciso in Roma nella camera di consiglio della I sezione civile il giorno 7.2.2024.
Il Presidente AVV_NOTAIO NOME COGNOME