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Nesso causale: condotta del danneggiato lo esclude

Una correntista ha citato in giudizio il proprio istituto di credito per il mancato pagamento di un assegno tratto su un conto cointestato e bloccato a seguito di eventi successori, sostenendo che ciò le avesse causato un danno relativo a un’operazione immobiliare fallita. La Corte di Cassazione ha confermato le decisioni dei giudici di merito, dichiarando il ricorso inammissibile. È stato stabilito che non sussisteva alcun nesso causale tra la condotta della banca e il danno, poiché quest’ultimo era attribuibile esclusivamente alle scelte contrattuali irragionevoli e svantaggiose compiute dalla stessa correntista.

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Nesso Causale: Se il Danno Deriva dalla Tua Condotta, Non Puoi Chiederne il Risarcimento

Il principio del nesso causale è un pilastro del diritto della responsabilità civile. Affinché un soggetto possa essere chiamato a risarcire un danno, è indispensabile dimostrare che quel danno sia una conseguenza diretta e immediata della sua condotta. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio di come questo principio venga applicato, sottolineando che se il pregiudizio lamentato è frutto delle scelte irragionevoli del danneggiato, la catena della causalità si spezza. Analizziamo insieme questo interessante caso.

I Fatti di Causa

Una signora conveniva in giudizio un istituto di credito chiedendo il risarcimento dei danni subiti a seguito del mancato pagamento di un assegno. L’assegno era stato tratto su un conto corrente cointestato con il defunto marito, conto che la banca aveva temporaneamente ‘bloccato’ in attesa della definizione delle pratiche successorie.

A causa del mancato incasso, un altro conto corrente della signora, su cui il titolo era stato versato, risultava incapiente. Questa situazione le impediva di adempiere agli obblighi assunti con una scrittura privata per l’acquisto di un immobile. Di conseguenza, la signora era stata costretta a sottoscrivere un secondo accordo per rinunciare all’acquisto e a tenere indenni le altre parti coinvolte dalla mancata conclusione dell’affare. Sia in primo grado che in appello, la sua domanda di risarcimento veniva respinta. I giudici di merito ritenevano che il danno non fosse imputabile alla banca, ma alle scelte “assolutamente svantaggiose” e “irragionevoli” della stessa attrice, che aveva sottoscritto accordi che una persona di ordinaria diligenza avrebbe evitato.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso della signora inammissibile, confermando la decisione della Corte d’Appello. La decisione si fonda su un punto cruciale: l’interruzione del nesso causale. La Cassazione ha ritenuto che i motivi del ricorso non cogliessero la vera ratio decidendi della sentenza impugnata. La ricorrente, infatti, si concentrava su questioni secondarie, come l’opponibilità alla banca delle scritture private, senza affrontare il nucleo centrale della motivazione: la sua condotta era stata la causa esclusiva del danno.

Le Motivazioni: la Condotta Irragionevole Spezza il Nesso Causale

Il cuore della motivazione della Cassazione risiede nell’analisi del nesso causale. La Corte d’Appello aveva chiaramente stabilito che il danno lamentato non era una conseguenza diretta del mancato pagamento dell’assegno, bensì delle decisioni contrattuali prese dalla correntista.

In sostanza, i giudici hanno ragionato così: anche se la banca non avesse pagato l’assegno, il danno finale (legato agli obblighi risarcitori derivanti dalla rinuncia all’acquisto immobiliare) non si sarebbe verificato se la signora non avesse liberamente scelto di sottoscrivere accordi particolarmente onerosi e svantaggiosi. Questa sua condotta, definita “irragionevole”, si è frapposta tra l’azione della banca e il danno finale, agendo come una causa autonoma e sufficiente a produrlo.

Di conseguenza, la responsabilità non poteva essere addebitata alla banca. La Corte ha chiarito che il giudice del merito ha compiuto un accertamento di fatto, incensurabile in sede di legittimità, concludendo che la ricorrente poteva “dolersi solo con se stessa del danno lamentato”. Pertanto, non si trattava di un concorso di colpa (art. 1227 c.c.), ma di una totale assenza di causalità tra l’operato della banca e il pregiudizio finale, regolato dall’art. 1223 c.c.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: non si può attribuire ad altri la responsabilità per le conseguenze delle proprie scelte avventate. Nel valutare una richiesta di risarcimento, il giudice deve sempre verificare l’esistenza di un solido nesso causale. Se emerge che il danneggiato, con la sua condotta negligente o irragionevole, ha di fatto causato il proprio danno, la richiesta risarcitoria non potrà trovare accoglimento. Per i cittadini e le imprese, questo significa che è essenziale agire sempre con prudenza e diligenza nelle proprie relazioni contrattuali, poiché non sarà possibile scaricare su terzi le conseguenze negative di decisioni manifestamente svantaggiose.

Quando la condotta di una persona può interrompere il nesso causale e liberare un’altra parte dalla responsabilità?
Secondo la sentenza, la condotta di una persona interrompe il nesso causale quando è “irragionevole” e si pone come causa esclusiva del danno. Se il pregiudizio non è una conseguenza diretta dell’azione del presunto responsabile, ma deriva da scelte autonome e svantaggiose del danneggiato, la responsabilità del primo viene meno.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile senza entrare nel merito di tutte le questioni sollevate?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi proposti non affrontavano la vera ragione della decisione della Corte d’Appello (la ratio decidendi), ovvero l’interruzione del nesso causale a causa della condotta della ricorrente. I motivi si concentravano su aspetti secondari, risultando quindi non pertinenti. Inoltre, il ricorso chiedeva una rivalutazione dei fatti, attività preclusa alla Corte di Cassazione.

Può una banca essere ritenuta responsabile per i danni derivanti dal blocco di un conto corrente cointestato dopo il decesso di uno dei titolari?
La sentenza non esclude in assoluto la responsabilità della banca, ma la subordina alla prova di un nesso causale diretto tra il blocco del conto e il danno subito dal correntista. Nel caso specifico, la responsabilità è stata esclusa perché il danno non derivava direttamente dal blocco, ma dalle successive decisioni contrattuali, ritenute irragionevoli, prese dalla correntista.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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