Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 23409 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 23409 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso 27380-2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Commissario Liquidatore pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 418/2020 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 25/02/2020 R.G.N. 1907/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/06/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Oggetto
Risarcimento
danni
R.G.N. 27380/2020
COGNOME
Rep.
Ud. 10/06/2025
CC
RILEVATO CHE
La Corte d’appello di Bari confermava la pronuncia di primo grado che aveva respinto la domanda svolta dalla RAGIONE_SOCIALE di Locorotondo nei confronti dell’Inps e avente ad oggetto il risarcimento dei danni subiti per asserito illecito comme sso dall’ente. In particolare, nell’ambito di un accordo di ristrutturazione del debito contributivo concluso tra le parti, l’Inps aveva comunicato in ritardo l’esatto importo del debito stesso a seguito di errori commessi nel conteggio del dovuto, facendo così spirare il termine entro il quale la RAGIONE_SOCIALE, pagando, avrebbe potuto versare il 22% del debito; atteso il colposo ritardo dell’Inps, la ricorrente pagò il debito oltre il termine fissato dall’accordo onde poter beneficiare della riduzione al 22%, ed ebbe così una riduzione soltanto fino al 40% del debito originario, ottenendo un danno pari alla maggior somma pagata in ragione della differenza tra il 22% del totale e il 40%.
Riteneva la Corte che l’errore di conteggio dell’Inps non rilevasse, essendo pur sempre obbligo della Cantina, in forza dell’accordo di ristrutturazione, pagare nel termine il maggior importo indicato dall’Inps, anche se errato, potendo poi chiedere all’ ente di rettificare e aggiornare l’effettivo (minor) debito, oppure potendo introdurre un giudizio al fine di far rideterminare l’effettivo importo contributivo dovuto, con applicazione dell’aliquota del 22%.
Avverso la sentenza, la RAGIONE_SOCIALE Locorotondo ricorre per due motivi, illustrati da memoria.
L’Inps resiste con controricorso.
All’adunanza camerale il collegio riservava il termine di 60 giorni per il deposito del presente provvedimento.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo di ricorso, la Cantina deduce violazione e falsa applicazione degli artt.416, co.3, 436, co.2, 437, co.2, 132 c.p.c. e 118 d.a. c.p.c., per avere la Corte negato il risarcimento del danno in ragione della possibilità della ricorrente di chiedere all’Inps di rettificare e aggiornare l’effettivo (minor) debito, oppure di introdurre un giudizio al fine di far rideterminare l’effettivo importo contributivo dovuto, con applicazione dell’aliquota del 22%, senza però considerare che in base all ‘accordo di ristrutturazione del debito la Cantina rinunciava a qualsiasi contestazione in merito all’esistenza, all’ammontare e all’esigibilità del debito stesso, sicché non si sarebbe più potuta rettificare la somma dovuta, né introdurre un successivo giudizio di accertamento sul punto.
Con il secondo motivo di ricorso, la Cantina deduce nullità della sentenza per omessa motivazione e violazione e falsa applicazione degli artt.3, 24, 38, 111 Cost. e 1175, 1176, 1337, 1338, 1375 2043 c.c., per avere la Corte omesso di motivare sulla domanda risarcitoria avente a base l’illecito commesso dall’Inps. Il motivo insiste sul comportamento contrario a buona fede dell’Inps che, in ritardo, comunicò l’esatto importo del debito contributivo, dopo aver errato negli iniziali conteggi.
I due motivi possono essere trattati congiuntamente data la loro intima connessione, e sono in parte infondati e in parte inammissibili.
È innanzitutto infondata la censura di nullità della sentenza per omessa motivazione (art.360, co.1, n.4 c.p.c.). La Corte ha considerato la domanda risarcitoria svolta nei confronti dell’Inps, e ha anche dato atto che, effettivamente, gli iniziali contegg i dell’Inps era no errati e che l’esatto importo del debito dovuto fu comunicato quando oramai non era più possibile, effettuando il versamento, ottenere la riduzione al 22%.
Tuttavia, la Corte ha reputato che il danno lamentato non dipendesse dal comportamento dell’Inps, ma da quello della Cantina, la quale ebbe a disattendere le prescrizioni dell’accordo di ristrutturazione del debito.
In particolare, la Cantina avrebbe dovuto pagare (al 22%) nei termini fissati dall’accordo, sulla base della maggior somma, errata, pretesa dall’Inps, e poi avrebbe dovuto chiedere all’Inps la rettifica dell’importo , ovvero proporre azione giudiziale per fare determinare l’esatto importo.
Nella sostanza, la Corte ha considerato che il danno fu causalmente imputabile non all’Inps, ma allo stesso danneggiato.
Rendendo tale motivazione, la Corte ha deciso sulla domanda, respingendola, anziché limitarsi a una pronuncia meramente apparente, come invece richiesto dall’art.360, co.1, n.4 c.p.c. ai fini della nullità della sentenza.
I motivi si mostrano poi inammissibili nel momento in cui contestano il giudizio di merito compiuto dalla Corte.
Il primo motivo deduce che, in base all’accordo di ristrutturazione del debito, la Cantina rinunciava a qualsiasi contestazione circa l ‘esistenza, l’ammontare e l’esigibilità del debito stesso, sicché non si sarebbe più potuta rettificare la somma dovuta, né introdurre un successivo giudizio di accertamento sul punto.
In tal modo, il motivo deduce nella sostanza non la violazione di una norma di legge, bensì la violazione di un accordo negoziale, senza che quest’ultimo sia stato intermediato dalla violazione delle norme ermeneutiche sui contratti (artt.1362 ss. c.c.). Il motivo, fuoriuscendo dai confini della critica vincolata di cui all’art.360, co.1, n.3 c.p.c., risulta inammissibile.
Inammissibile è anche il secondo motivo laddove contesta nel merito il giudizio compiuto dalla Corte, insistendo per la violazione della regola di buona fede che sempre deve improntare l’agire della pubblica amministrazione, e quindi anche dell’Inps. Si tr atta di valutazioni di merito che non possono trovare spazio in sede di legittimità, e che sono peraltro estranee alla ratio decidendi della sentenza. La Corte d’appello, infatti, ha affermato che vi fu errore commesso dall’Inps nel calcolo del debito contributivo, ma ha motivato sul diverso profilo del nesso causale, reputando, come detto, che il danno sia derivato dalla condotta della stessa danneggiata, laddove non pagò nei termini salvo poi chiedere la rettifica della somma o agire in giudizio.
Conclusivamente il ricorso va respinto con condanna alle spese secondo soccombenza.
P.Q.M.