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Negligenza cliente: quando la banca non è responsabile

Un professionista ha citato in giudizio la propria banca a seguito di prelievi non autorizzati effettuati dalla sua collaboratrice per un decennio. La Corte di Cassazione ha respinto la richiesta, stabilendo che la grave negligenza del cliente, consistita nel non aver mai controllato gli estratti conto, ha interrotto il nesso di causalità. Questa condotta omissiva è stata ritenuta la causa principale del danno, esonerando l’istituto di credito da ogni responsabilità. La decisione sottolinea come la negligenza del cliente possa annullare il diritto al rimborso.

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Negligenza Cliente: Quando la Banca Non Risponde dei Prelievi Illeciti

L’Ordinanza della Corte di Cassazione n. 34453/2024 offre un’importante lezione sulla diligenza richiesta al correntista nella gestione dei propri rapporti bancari. La vicenda analizzata dimostra come una grave negligenza del cliente possa arrivare a interrompere il nesso causale e, di conseguenza, escludere la responsabilità della banca per operazioni non autorizzate. Questo principio è fondamentale per comprendere i limiti degli obblighi a carico degli istituti di credito e i doveri di controllo che incombono su chiunque sia titolare di un conto corrente.

I Fatti di Causa: Fiducia Tradita e Conto Prosciugato

Un avvocato conveniva in giudizio il proprio istituto di credito dopo aver scoperto che, per un decennio (dal 2004 al 2014), la sua storica collaboratrice di studio aveva sistematicamente emesso assegni circolari a sua insaputa, falsificando le firme sulle richieste di emissione. L’ammontare sottratto era ingente. Il professionista, che si era accorto degli illeciti solo dopo l’interruzione del rapporto lavorativo con la dipendente, chiedeva alla banca la restituzione delle somme indebitamente prelevate, sostenendo un inadempimento contrattuale dell’istituto.

La Decisione della Corte d’Appello: la Negligenza del Cliente

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello respingevano la domanda del professionista. La motivazione dei giudici di merito si è concentrata su un punto cruciale: la condotta del correntista stesso. L’avvocato aveva ammesso di non aver mai verificato gli estratti conto per oltre dieci anni, riponendo una fiducia talmente ampia nella sua collaboratrice da delegarle di fatto ogni controllo. Questa condotta è stata qualificata come “particolarmente negligente” e idonea a interrompere il nesso di causalità tra il presunto inadempimento della banca e il danno subito. Secondo la Corte, un controllo anche minimo del primo estratto conto anomalo avrebbe permesso di scoprire l’illecito e di “bloccare sul nascere le perdite patrimoniali”.

La Posizione della Cassazione: la Condotta del Cliente come Causa Esclusiva del Danno

La Corte di Cassazione, investita del caso, ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la linea dei giudici di merito. I giudici hanno chiarito che, sebbene in un rapporto contrattuale la condotta del creditore (il cliente) di solito rilevi ai fini della quantificazione del danno (art. 1227 c.c.), in casi eccezionali può assumere un ruolo tale da diventare la causa esclusiva dell’evento dannoso.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha stabilito che la Corte d’Appello ha fatto una corretta applicazione dell’art. 1227 del codice civile. La negligenza del cliente è stata di una gravità tale da recidere ogni legame tra la condotta della banca (che, in assenza di sospetti, si è basata sul legittimo affidamento creato dal rapporto fiduciario tra il professionista e la sua dipendente) e il pregiudizio economico. L’inerzia decennale del correntista, che non ha mai esercitato il suo specifico onere di controllo previsto dall’art. 1832 c.c., ha integrato una condotta anomala e imprevedibile che si è posta come causa autonoma e sufficiente del danno. Le altre censure, relative all’omessa pronuncia su specifiche richieste di restituzione, sono state ritenute assorbite: una volta esclusa in radice la responsabilità della banca per l’interruzione del nesso causale, ogni altra questione diventava irrilevante.

Le Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: il contratto di conto corrente genera obblighi per entrambe le parti. Se la banca ha il dovere di agire con diligenza professionale, il cliente ha l’onere di controllare le comunicazioni periodiche, come gli estratti conto, per verificare la correttezza delle operazioni. Una totale abdicazione a questo dovere di controllo per un lungo periodo di tempo configura una negligenza del cliente che può esonerare la banca da responsabilità, anche in presenza di operazioni fraudolente. La fiducia verso i propri collaboratori non può mai tradursi in una completa deresponsabilizzazione nella gestione del proprio patrimonio.

La banca è sempre responsabile per le operazioni non autorizzate sul conto corrente?
No. Secondo la sentenza, la responsabilità della banca può essere esclusa se il danno è diretta conseguenza del comportamento gravemente negligente del cliente, che con la sua condotta interrompe il nesso di causalità.

Cosa succede se un correntista non controlla mai i suoi estratti conto?
Il mancato controllo degli estratti conto per un periodo di tempo prolungato (nel caso di specie, un decennio) costituisce una condotta gravemente negligente. Questa negligenza può essere considerata la causa principale del danno derivante da operazioni fraudolente, impedendo al correntista di ottenere il risarcimento dalla banca.

La fiducia verso un collaboratore giustifica il mancato controllo del conto?
No. La Corte ha chiarito che la fiducia riposta in un dipendente o collaboratore, per quanto ampia, non esonera il titolare del conto dal suo dovere di vigilanza e controllo. L’omissione di tale controllo configura una colpa del correntista.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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