Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 18845 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 18845 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 10/07/2025
Oggetto: mutuo
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25420/2021 R.G. proposto da COGNOME NOME e COGNOME NOMECOGNOME rappresentati e difesi da ll’ avv. NOME COGNOME
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE quale mandataria della RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa da ll’avv. NOME COGNOME
– controricorrente –
Unicredit s.p.a.
– intimato – avverso la sentenza della Corte di appello di Napoli n. 911/2021, depositata il 12 marzo 2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del l’11 giugno 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
NOME COGNOME e NOME COGNOME propongono ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Napoli, depositata 12 marzo 2021, di reiezione del loro appello per la riforma della sentenza del Tribunale di Benevento che aveva respinto le loro domande di accertamento della nullità del contratto di mutuo concluso il 1° giugno 1989 e del successivo atto di erogazione e quietanza del 4 agosto 1989, di condanna alle relative restituzioni, nonché di accertamento della nullità della relativa iscrizione ipotecaria;
la Corte di appello ha riferito che a sostegno delle domande gli attori avevano allegato il difetto di forma, oggetto e causa del contratto di mutuo, deducendo la indeterminatezza del tasso di interesse stabilito dal contratto di prestito in E.C.U. stipulato dalla banca mutuante per il conseguimento della relativa provvista alle cui condizioni il contratto di mutuo rinviava, nonché l’applicazione di interessi usurari ;
quindi, dopo aver dato atto che il giudizio di primo grado, nel quale era intervenuta la UGC Banca Unicredito Gestione Creduti s.p.a., quale mandataria della RAGIONE_SOCIALE, cessionaria del rapporto controverso, si era concluso , anche all’esito delle risultanze della disposta consulenza tecnica d’ufficio, con la reiezione di tali domande, aveva disatteso il gravame, escludendo i prospettati vizi di indeterminatezza del tasso di interesse pattuito, di carenza della forma scritta, di omessa indicazione del T.A.E.G. e di usurarietà dei tassi di interesse e, quanto, alla domanda di c ancellazione dell’ipoteca, ritenendo che non sussistesse la violazione del principio di specificità, prospettata in relazione alla non determinabilità del credito per effetto della sua soggezione al rischio di cambio;
il ricorso è affidato a due motivi;
resiste con controricorso la RAGIONE_SOCIALE quale mandataria della RAGIONE_SOCIALE, nelle more cessionaria del rapporto controverso;
la Unicredit s.p.a. non spiega alcuna difesa;
la controricorrente deposita memoria ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod.
proc. civ.;
CONSIDERATO CHE:
con il primo motivo i ricorrenti denunciano la violazione o falsa applicazione degli artt. 1284, 1346, 1418 e 1419 cod. civ., nonché l’omesso esame di un fatto decisivo e controverso del giudizio, per aver la Corte di appello errato nell’escludere che la banca erogante si era creata la provvista stipulando il prestito in E.C.U., con conseguente rideterminazione del tasso di interesse originariamente fissato a seguito del rinvio alle condizioni di tale prestito, e nel ritenere che fosse possibile individuare una metodolo gia di calcolo dell’interesse coerente e univoca;
-rileva che lo stesso consulente tecnico d’ufficio non era stato in grado di tasso di interesse e il cambio E.C.U. applicato alla rata;
critica, inoltre, la decisione impugnata nella parte in cui ha negato il loro interesse all’accertamento della usurarietà dei tassi moratori pattuiti in ragione della loro mancata applicazione laddove, invece, l’atto di precetto loro notificato conteneva anche tale voce;
il motivo è inammissibile;
-in relazione all’asserita indeterminabilità del tasso di interesse pattuito si rileva che la Corte di appello ha ritenuto che gli appellanti non avessero provato il ricorso dell’istituto mutuante al prestito sul mercato del credito eurocomunitario e, comunque, che, secondo le previsioni contrattuali, in una siffatta evenienza la determinazione del tasso non sarebbe dipesa dalle condizioni del prestito in E.C.U. contratto dalla banca, rimanendo esposto unicamente alle fluttuazioni del tasso di cambio E.C.U./Lira;
sul punto, si osserva che in presenza di due autonome e distinte rationes decidendi -rispettivamente, mancato ricorso della banca mutuante al prestito in E.C.U., con conseguente assoggettamento del rapporto alle condizioni originariamente stabilite, ed estraneità delle condizioni dell’eventuale prestito contratto dalla banca mutuante alla
disciplina del mutuo contratto con gli appellanti -è onere del ricorrente di impugnarle entrambe, a pena di inammissibilità del motivo (cfr. Cass. 14 agosto 2020, n. 17182; Cass. 18 aprile 2019, n. 10815);
parte ricorrente non ha assolto a un siffatto onere omettendo di aggredire la seconda delle riferite rationes decidendi ;
in ogni caso può osservarsi che la doglianza si risolve in una critica alla valutazione delle risultanze probatorie effettuata dal giudice di merito che investe un accertamento rimesso alla sua discrezionalità e, in quanto tale, non può essere censurata per cassazione sotto il paradigma della violazione e falsa applicazione della legge (cfr. Cass., Sez. Un., 27 dicembre 2019, n. 34476);
del pari, non è sindacabile in questa sede per violazione o falsa applicazione della legge l’accertamento operato dal giudice di appello in ordine alla ritenuta sufficiente determinatezza della clausola contrattuale avente a oggetto la fissazione degli interessi corrispettivi; – in merito alla prospettata indeterminatezza degli interessi moratori, la Corte di appello ha osservato che la stessa fosse inammissibile in quanto tardivamente proposta e, comunque, non assistita da interesse ad agire degli appellanti, mancando la prova della loro applicazione nel corso del rapporto;
anche in relazione a tale questione si è in presenza di due autonome e distinte rationes decidendi , delle quali una solo risulta aggredita -quella attenente alla carenza di interesse -, per cui non risulta assolto il relativo onere previsto a pena di inammissibilità del motivo (cfr. Cass. 14 agosto 2020, n. 17182; Cass. 18 aprile 2019, n. 10815);
in ogni caso può evidenziarsi che la doglianza formulata dai ricorrenti in proposito si risolve in una critica alla valutazione delle risultanze probatorie effettuata dal giudice di merito che, per le ragioni suindicate, non può essere sindacata in questa sede per violazione e falsa applicazione della legge;
parte ricorrente, poi, richiama alcuni passaggi argomentativi della
consulenza tecnica d’ufficio per sostenere le sue tesi, ma sul punto si osserva che le considerazioni del consulente tecnico d’ufficio , oltre a non essere chiaramente riportate, non risultano essere state prese in considerazione dal giudice di appello;
la censura è, poi, articolata anche in relazione al paradigma di cui all’art. 360, primo comma, n. – 5, cod. pro. civ., ma ricorrendo nella specie ricorre una ipotesi di cd. «doppia conforme» di cui all’art. 348 -ter , quinto comma, cod. proc. civ., è onere del ricorrente indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello onde dimostrare che esse sono tra loro diverse e che, dunque, non trova applicazione la regola preclusiva della censura per omesso esame di fatti decisivi e controversi (cfr. Cass. 28 febbraio 2023, n. 5947; Cass. 22 dicembre 2016, n. 26774);
un siffatto onere non risulta essere stato assolto, per cui opera la preclusione all’esame della censura prospettata derivante dalla richiamata disposizione normativa;
-in ogni caso, si evidenzia che l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio deve intendersi riferito a un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico-naturalistico, come tale non ricomprendente questioni o argomentazioni, sicché è inammissibile la censura che, investendo, come nel caso in esame, l’omessa considerazione di un’argomentazione difensiva, irritualmente, estende il paradigma normativo a quest’ultimo profilo (cfr. Cass. 26 gennaio 2022, n. 2268; Cass. 6 settembre 2019, n. 22397);
con il secondo motivo i ricorrenti deducono la violazione o falsa applicazione dell’art. 2809 cod. civ., per aver la sentenza impugnata ritenuto validamente iscritta l’ipoteca in favore dell’istituto mutuante benché il credito risultasse dall’applicazione di una clausola contenente un rischio di cambio;
il motivo è infondato;
diversamente da quanto sostenuto dai ricorrenti, l’invocato principio di specialità dell’ipoteca riguarda il credito garantito, nel senso che deve essere precisata la somma che costituisce il limite massimo della garanzia e che deve essere precisato il titolo del credito, cioè la fonte dell’obbligazione cui è riferita la garanzia ipotecaria, ma non anche il contenuto di questo credito (cfr. Cass. 7 marzo 2017, n. 5630; Cass. 27 agosto 2014, n. 18325; Cass. 6 novembre 2006, n. 23669);
nel caso in esame il credito per cui la garanzia reale è stata concessa si riferisce alle obbligazioni derivanti dalla conclusione del contratto di mutuo, ivi inclusa la maggiorazione dovuta per il rischio di cambio in riferimento a obbligazioni in valuta estera, così come puntualmente indicata, secondo la valutazione della Corte di appello, nel contratto individuazione del anche ai fini dell’applicazione dell’art. 2809 cod. civ.;
concluso tra le parti, per cui appare chiara l’esatta credito garantito, – per le suesposte considerazioni, pertanto, il ricorso non può essere
accolto;
le spese del giudizio seguono il criterio della soccombenza e si liquidano come in dispositivo
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi euro 4.500,00, oltre rimborso forfettario nella misura del 15%, euro 200,00 per esborsi e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , t.u. spese giust., dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale dell’11 giugno 2025.