Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 29790 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 29790 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 11/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3548/2021 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME che li rappresenta e difende
-ricorrenti- contro
BANCA DI CREDITO COOPERATIVO ABRUZZESE, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO L’AQUILA n. 1612/2020 depositata il 24/11/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 06/11/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1.Il Tribunale di Pescara aveva respinto l’opposizione all’esecuzione promossa da RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME e NOME COGNOME promossa nei loro confronti dalla Banca RAGIONE_SOCIALE credito RAGIONE_SOCIALE (di seguito BCC) in virtù di due mutui fondiari contratti dalla predetta RAGIONE_SOCIALE e garantiti dai medesimi
2.L’opposizione era fondata sull’allegazione della nullità dei mutui fondiari per mancanza o illiceità della causa, in quanto asseritamente stipulati per consolidare pregresse esposizioni non garantite della RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, società interamente partecipata da NOME COGNOME; deducevano gli opponenti: a) la mancanza di causa in quanto con la complessa operazione finanziaria la banca avrebbe finanziato se stessa, acquisendo garanzie reali dalla RAGIONE_SOCIALE, la quale -previo finanziamento della stessa BCC – aveva riscattato un cespite oggetto di una precedente locazione finanziaria, e soddisfatto così, il credito non garantito vantato dalla BCC nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, soggetto in stato di decozione; b) illiceità della causa in quanto l’operazione era stata condotta per evitare il finanziamento diretto della RAGIONE_SOCIALE, ovvero al solo scopo di sottrarsi a possibili azioni revocatorie in caso di fallimento della predetta società e ciò -in tesi – in palese violazione della par condicio creditorum .
Gli opponenti deducevano in definitiva, che la banca avesse estorto il consenso della parte finanziata con minaccia di revoca delle linee di fido in essere e che l’unico interesse perseguito, con i due contratti, era quello della banca stessa di soddisfare il proprio credito nei confronti della predetta RAGIONE_SOCIALE 17 acquisendo contestualmente garanzia reale su quello accordato alla società RAGIONE_SOCIALE, finalità non meritevole di tutela in quanto posta in essere in palese condizione di squilibrio all’interno del sinallagma contrattuale, giacché la banca, contraente più forte, aveva ideato e
condotto tutta l’operazione e ne aveva tratto esclusivo vantaggio, abusando della sua posizione dominante rispetto agli altri contraenti che avevano, invece, subito un’operazione mostratasi rovinosa per le loro finanze; ragion per cui siffatto programma negoziale doveva considerarsi nullo in quanto non meritevole di tutela da parte dell’ordinamento.
Infine, con la condotta posta in essere la banca avrebbe violato il principio della buona fede contrattuale in quanto l’Istituto bancario aveva preteso – avvantaggiandosi della sua posizione dominante che le appellanti assumessero anche il ruolo di fidejussori prestando garanzie personali oltre a quelle reali, così agendo senza preservare gli interessi dell’altra parte. Per cui la «causa in concreto» dell’operazione di finanziamento avrebbe dovuto considerarsi nulla ex art. 1418 c.c. perché illecita in quanto, ai sensi dell’art. 1343 c.c., contraria a norme imperative e all’ordine pubblico.
3.La Corte d’appello de L’Aquila cui gli odierni ricorrenti avevano sottoposto le stesse argomentazioni censurando la decisione di prime cure, ha disatteso il gravame evidenziando:
che le somme mutuate erano state effettivamente poste nella disponibilità della mutuataria e ritenendo che a nulla rilevasse l’uso che di tali somme avessero fatto le destinatarie dell’erogazione, posto che nel mutuo fondiario non assume rilievo la destinazione della somma erogata dal mutuante in favore del mutuatario a differenza di quanto avviene nel mutuo di scopo, caratterizzato dall’obbligo del mutuatario di realizzare l’attività programmata onde la destinazione delle somme mutuate è parte inscindibile del regolamento di interessi;
che il mutuo fondiario stipulato per ripianare un’esposizione debitoria non è nullo ben potendo il finanziamento dietro garanzia ipotecaria essere finalizzato allo scopo soggettivo che le parti si prefiggono; e laddove questo è costituito dall’utilizzo della somma per sanare debiti pregressi verso la banca, non per ciò solo può
predicarsene l’illiceità: invero tra le finalità di un’operazione di credito fondiario rientra anche quella dell’utilizzazione delle somme ottenute per estinguere un debito precedente verso la stessa banca concedente il finanziamento, non essendo ravvisabile, in tale ipotesi, un uso distorto dello strumento del mutuo fondiario in quanto la parte mutuataria è libera di scegliere come destinare le somme erogate, anche eventualmente per ripianare i propri debiti;
c) che nella fattispecie non era ravvisabile l’illeceità della causa (ovvero contrarietà della stessa a norme imperative, all’ordine pubblico e al buon costume, ex art. 1343 c.c.) per il solo fatto che le somme erogate siano state utilizzate anche per ripianare i debiti di una società terza; illiceità correttamente esclusa dalla sentenza impugnata tanto con riguardo al dedotto scopo di eludere il rischio connesso ad un finanziamento diretto (ovvero le possibili future azioni revocatorie fallimentari) quanto con riguardo ad una violazione della par condicio creditorum ;
che andava condivisa la sentenza gravata laddove ha escluso la dedotta esistenza di una coazione morale da parte della banca sulle parti finanziate consistita nella minaccia di revoca di ogni linea di credito concessa se queste non avessero posto in essere l’operazione finanziaria in discussione giacché dalle risultanze probatorie acquisite era risultato che l’operazione finanziaria era stata concordata tra le parti in un contesto in cui le attrici – assistite nelle trattative dal consulente esperto -avevano evidentemente ritenuto conveniente ed opportuna l’operazione, il che escludeva ogni ‘minaccia’ o forma coercitiva da parte della banca appellata sulle parti mutuatarie;
che era inammissibile il motivo di appello relativo alla violazione della buona fede contrattuale, poiché detta eccezione era stata, sollevata, per la prima volta, nel giudizio di appello e, comunque, che era infondata, atteso che, la violazione dell’obbligo di buona fede, tanto nell’esecuzione del contratto quanto nella fase
che ne precede la conclusione, non lo rende invalido né lo priva di effetti, ma obbliga eventualmente solamente la parte responsabile al risarcimento del danno.
Contro la sentenza RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso che è affidato a tre motivi; resiste con controricorso la Banca di credito RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE Le parti hanno depositato memoria.
Con ordinanza interlocutoria del 14.2.2025/4.3.2025 la causa era stata rimessa sul ruolo in quanto la questione della validità del c.d. mutuo solutorio era stata rimessa alla Sezioni Unite, che hanno poi deciso con sentenza n. 5841 del 5.3.2025.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo le ricorrenti denunciano l’omesso esame di un fatto decisivo e controverso del giudizio, ex art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c. in relazione alla mancata considerazione della natura atipica del complesso contratto stipulato dalle parti « così come risultante dalle evidenze documentali e dai 15 riscontri testimoniali »; sostengono le ricorrenti che laddove il giudice avesse considerato, nel loro complesso, i diversi rapporti contrattuali tra loro collegati, quale unico contratto atipico, e avesse indagato, pertanto sulla legittimità della loro unitaria causa e non su quelle dei singoli contratti tipici che lo compongono, avrebbe certamente concluso per la sua nullità, poiché , l’effettiva causa del rapporto contrattuale posto in essere dalle parti stava nel fatto che, da un lato, la BCC ha traslato il proprio credito originariamente sorto nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE in capo alla RAGIONE_SOCIALE e alla sig.ra AVV_NOTAIO NOME, costituendo una garanzia ipotecaria prima assente, dall’altro la RAGIONE_SOCIALE ha potuto continuare ad utilizzare (fino alla successiva revoca) gli affidamenti a suo tempo concessi dalla BCC. Perciò la Corte d’Appello avrebbe omesso di
considerare l’effettiva causa dell’unitaria operazione finanziaria, accertandone la nullità.
2.Con il secondo motivo deducono la violazione e falsa applicazione degli artt. 1343, 1344 e 1345 cod. civ. in relazione all’art. 67 l. fall., per aver la Corte di appello ritenuto lecita la causa dei mutui fondiari in esame nonostante l’elusione della disciplina della revocatoria fallimentare.
Osservano le ricorrenti che l’articolata operazione finanziaria – la BCC aveva finanziato (formalmente) altri soggetti (RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE) affinché questi, da un lato, ripianassero il debito che la RAGIONE_SOCIALE in liquidazione aveva con la stessa BCC, dall’altro riscattassero un immobile oggetto di leasing finanziario al fine di implementare la propria garanzia ipotecaria rispetto al nuovo prestito – essendo servita a sostituire il credito chirografario nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE in liquidazione con un credito ipotecario nei confronti di altri due soggetti (RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE), aveva consentito a BCC di sottrarsi alla «concorrenza» degli altri creditori della RAGIONE_SOCIALE 17 poco prima della dichiarazione del suo fallimento, preservandola altresì da possibili azioni revocatorie da parte degli altri creditori della società fallita ed alterando, quindi, la par condicio creditorum, poiché, i soggetti finanziati risultavano (almeno formalmente) essere diversi rispetto alla società poi dichiarata fallita. Pertanto, la causa del contratto complessivamente analizzato doveva essere considerata illecita ai sensi degli artt. 1343, 1344 e 1345 c.c., in relazione all’art. 67 della Legge fallimentare.
Lamentano, quindi, che la Corte territoriale, abbia respinto il gravame avverso il rigetto delle relativa domanda in primo grado, rilevando che gli appellanti (odierni ricorrenti) non avevano specificatamente censurato la motivazione della sentenza appellata sul punto, che aveva escluso la paventata lesione della par condicio creditorum sul presupposto che i creditori della RAGIONE_SOCIALE avrebbero,
invece, beneficiato dei versamenti effettuati in favore di quest’ultima, laddove, invece, nell’atto di appello (di cui riportano testualmente il passaggio) sarebbe stata mossa chiara censura al ragionamento del giudice di prime cure sul punto osservando che l’affermazione del medesimo sul punto era del tutto apodittico.
3.- Il terzo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1322, secondo comma, e 1418 cod. civ., per aver la sentenza impugnata ritenuto che i contratti dedotti in giudizio fossero diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela e, comunque, per aver considerato « non configurabile la nullità per assenza di causa rispetto ad un contratto stipulato a vantaggio di una sola parte» .
Secondo le ricorrenti, posto che l’intera operazione era consistita nel trasferimento del credito chirografario vantato dalla BCC, da un soggetto in procinto di essere dichiarato fallito (RAGIONE_SOCIALE 17), ad altri due soggetti solvibili (RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE), con l’aggiunta della costituzione di garanzie ipotecarie, il sinallagma contrattuale ravvisabile nella stessa sarebbe riassumibile nel fatto che, da un lato, la BCC avrebbe ottenuto il rientro dall’esposizione debitoria (originariamente priva di garanzie) della RAGIONE_SOCIALE 17, preservandolo da possibili azioni revocatorie, e traslandola nei confronti della RAGIONE_SOCIALE e della sig.ra COGNOME NOME con acquisizione, tramite il riscatto del leasing propiziato dal finanziamento, di garanzia ipotecaria immobiliare di rilevante consistenza; dall’altro la RAGIONE_SOCIALE e la sig.ra NOME COGNOME avrebbero potuto continuare ad utilizzare le linee di credito a suo tempo concesse dalla Banca.
Ciò premesso sostengono – per quanto si comprende dalla non lineare illustrazione del motivo -che ai fini dell’accertamento della nullità per mancanza di causa, la Corte di merito doveva far riferimento al concetto della c.d. causa concreta, per il quale (v. Cass. n. 10490/2006) causa del contratto è lo scopo pratico del negozio, la sintesi, cioè, degli interessi che lo stesso è
concretamente diretto a realizzare quale funzione individuale della singola e specifica negoziazione, a prescindere dal modello astratto utilizzato, nella specie articolato su due componenti contrattuali connesse tra loro e consistenti nel mutuo fondiario e nella costituzione di ipoteca: invero se così avesse fatto, la Corte d’appello avrebbe dovuta dichiarare nulla la causa del detto negozio atipico ex art. 1322 II comma anche laddove le singole operazioni di finanziamento, decontestualizzate dalla complessa operazione finanziaria posta in essere, potessero considerarsi dotate di una causa tipica, e ciò perché all’esito dell’intera operazione era risultato che l’unico soggetto che ne aveva tratto vantaggio era stata la Banca; peraltro, avendo la stessa Corte de l’Aquila escluso che i mutuatari fossero stati indotti ad accettare la complessa operazione finanziaria dietro la minaccia di revoca degli affidamenti bancari concessi, avrebbe per ciò solo fatto venir meno all’interno del sinallagma contrattuale sopra individuato, « l’unico (seppur labile) motivo per il quale i ricorrenti avrebbero avuto interesse ad aderire a all’operazione finanziaria ».
Invocano a sostegno del motivo di nullità quanto era stato ritenuto in analoga fattispecie dalla Corte d’appello di Milano con statuizione asseritamente confermata e fatta propria da Cass. sez. III n. 21850/2019 (non massimata).
4.- Va esaminato per primo il terzo motivo che denunciando la nullità dei mutui per assenza di causa è pregiudiziale.
4.1 – Il motivo è infondato.
Va premesso che la censura non intercetta ed, anzi, ignora la ratio decidendi del rigetto della prospettata nullità, giacché il giudice di merito non ha affatto escluso che le parti mutuatarie avessero un interesse a convenire sul programma negoziale proposto, bensì, affrontando la questione della « meritevolezza della tutela dell’intera operazione», ha ribadito «quanto già esposto nella sentenza gravata dal giudice di prime cure che con ragionamento logico -giuridico
pienamente condivisibile ha escluso la dedotta esistenza di una coazione morale da parte della banca sulle parti finanziate consistita nella minaccia di revoca di ogni linea di credito concessa se queste non avessero posto in essere l’operazione finanziaria in discussione », ha cioè escluso la coazione, non l’esistenza di una autonomo interesse delle mutuatarie convergente con quello della banca all’operazione in questione.
Ciò precisato il motivo è infondato giacché le statuizioni della Corte d’appello de l’Aquila sono tutte conformi alla giurisprudenza di legittimità maggioritaria recepita da ultimo dalle Sezioni Unite, sentenza n.5841 del 5.3.2025 che, a proposito del mutuo c.d. solutorio, ha affermato il principio di diritto per cui « Il perfezionamento del contratto di mutuo, con la conseguente nascita dell’obbligo di restituzione a carico del mutuatario, si verifica nel momento in cui la somma mutuata, ancorché non consegnata materialmente, sia posta nella disponibilità giuridica del mutuatario medesimo, attraverso l’accredito su conto corrente, non rilevando in contrario che le somme stesse siano immediatamente destinate a ripianare pregresse esposizioni debitorie nei confronti della banca mutuante, costituendo tale destinazione frutto di atti dispositivi comunque distinti ed estranei alla fattispecie contrattuale. Anche ove si verifichi tale destinazione, il contratto di mutuo (c.d. mutuo solutorio), in presenza dei requisiti previsti dall’art. 474 cod. proc. civ., costituisce valido titolo esecutivo ». Detto arresto si fonda su chiare considerazioni che si attagliano tutte alla fattispecie in esame; in sintesi:
l’indirizzo che nega validità al mutuo solutorio appare condizionato dall’intento di negare copertura giuridica alla motivazioni spesso (ma non sempre né necessariamente) sottostanti all’operazione, in modo più efficace di quanto non consenta l’eventuale ricorso alle azioni revocatorie o di simulazione ed omette, così, di considerare che un conto è la qualificazione
(eventualmente, anche solo astratta) dell’operazione negoziale e, quindi, il giudizio sulla validità di quest’ultima, altra cosa è l’abuso che di un istituto le parti possono mettere concretamente in pratica;
l’accredito sul conto di per sé in altro non consiste se non in una operazione contabile, ma nulla autorizza a svalutare tale nozione come sinonimo di operazione fittizia o apparente, valendo piuttosto a rappresentare semanticamente, una reale vicenda economica e giuridica, in definitiva costituita dall’inserimento di una posta attiva in capo al correntista come tale idonea a comportare inevitabili mutamenti nei rapporti di dare avere con la banca mutuante;
c) con l’accredito delle somme sul conto corrente, il contratto di mutuo è, dunque, da intendersi perfettamente concluso e la disponibilità giuridica della somma effettivamente conseguita; e ciò a prescindere dal successivo (logicamente, anche se cronologicamente contestuale) impiego delle somme, la cui destinazione è manifestazione di un differente interesse che sorregge un atto ulteriore, autonomo benché ovviamente dipendente dal primo;
il sintagma «mutuo solutorio» non definisca una figura contrattuale atipica, né diversa dal contratto tipico di mutuo, avendo piuttosto una valenza meramente descrittiva di un particolare utilizzo del mutuo;
né si tratta di un mutuo di scopo, in cui una parte si obbliga a fornire le risorse economiche necessarie per il conseguimento di una finalità legislativamente prevista (Cass. n. 943 del 2012) o convenzionalmente pattuita (Cass. n. 26770 del 2019; n. 15929 del 2018; n. 24699 del 2017) ad un’altra parte, la quale si impegna non solo a restituire l’importo ricevuto ma anche a svolgere le attività necessarie per il raggiungimento dello scopo, sicché l’impegno assunto dal mutuatario si inserisce nel sinallagma contrattuale assumendo rilevanza sotto il profilo causale; mentre nel mutuo
solutorio, l’utilizzo della somma non attiene al momento genetico del contratto di mutuo e non ne caratterizza la causa, ma, quale elemento logicamente successivo, si colloca interamente su di un piano ulteriore e distinto in senso logico e giuridico, dal momento che proprio la disponibilità giuridica delle poste attive sul conto corrente consente l’imputazione giuridica ed economica dei movimenti contabili successivi;
f) non vi sono, inoltre, ragioni che possano giustificare una aprioristica stigmatizzazione dell’operazione in termini di nullità negoziale, poiché la destinazione, ancorché immediata, delle somme mutuate ad estinzione di esposizioni pregresse, non presenta di per sé carattere di intrinseca illegittimità ─ salvo l’accertamento di peculiari condotte delittuose ridondante, sul piano negoziale, in un vizio di nullità (cfr. Cass. n. 26248 del 2024; n. 4376 del 2024; n. 16706 del 2020) ─ essendo anzi essa stessa espressione di un principio di ordine pubblico e risultando peraltro tipizzata dal legislatore per alcune figure di finanziamento ;
ove in concreto, il c.d. mutuo solutorio possa mascherare un atto in frode ai creditori o un mezzo anomalo di pagamento, una tale finalizzazione dell’operazione rileva sotto il profilo dell’inefficacia (revocatoria ordinaria o fallimentare), non dell’invalidità, non verificandosi alcuna violazione di norme imperative (Cass. n. 5034 del 2022; n. 3024 del 2020; n. 4202 del 2018), fermo restando che a fronte di atti negoziali pregiudizievoli nei confronti dei terzi (per abusiva erogazione del credito o in frode ai creditori) non illeciti né nulli, è data tutela risarcitoria nei casi di colpevole concorso dell’ente mutuante nel dissesto del cliente finanziato (cfr. Cass. Sez. U. n. 33719 del 2022; Cass. n. 20576 del 2010; n. 23158 del 2014; n. 11695 del 2018; n. 18610 e n. 24725 del 2021; n. 15844 del 2022);
h) perciò in caso di abuso che concretamente sia volto al fine di ledere la par condicio creditorum, il rimedio va conseguito non già attraverso una tutela «reale» che elimini dalla realtà giuridica, attraverso la sanzione della nullità, il contratto, ma attraverso ulteriori strumenti garantiti dall’ordinamento, quali ad es., la revocabilità del pagamento ovvero l’inefficacia delle garanzie abusivamente concesse;
i) in particolare, la stipulazione di un contratto di mutuo con la contestuale concessione d’ipoteca sui beni del mutuatario, ove non risulti destinata a procurare a quest’ultimo un’effettiva disponibilità, essendo egli già debitore in virtù di un rapporto obbligatorio non assistito da garanzia reale, è revocabile, in presenza dei relativi presupposti, in quanto diretta, per un verso, ad estinguere con mezzi anormali la precedente obbligazione e, per altro verso, a costituire una garanzia per il debito preesistente, dovendosi ravvisare il vantaggio conseguito dalla banca non già nella stipulazione del negozio in sé, ma nell’impiego dello stesso come mezzo per la ristrutturazione di un passivo almeno in parte diverso (v. in questo senso, Cass. Sez. 1, ordinanza n. 4694 del 22/02/2021, Rv. 660570-01). 12.
l) né, ove si tratti di mutuo fondiario (il quale si caratterizza per la concessione da parte degli istituti di credito di un finanziamento a medio e lungo termine garantito da ipoteca di primo grado su un bene immobile, con un limite di finanziabilità fissato all’80% del valore degli immobili offerti in garanzia: art. 38 t.u.b.), la sua finalizzazione al ripianamento di debiti pregressi può configurare causa di nullità del contratto per mancanza di causa o la sua risoluzione per inadempimento;
m) né, infine, può dirsi che la previsione già nel contratto di mutuo ordinario di una destinazione della somma mutuata al ripianamento di debiti determini di per sé una modifica del tipo contrattuale, costituendo essa una semplice esteriorizzazione dei
motivi del negozio, e l’utilizzo concreto delle somme da parte del mutuatario risulta in definitiva giuridicamente irrilevante, e, quindi, inidoneo tanto ad inficiare la validità del contratto sotto il profilo della causa, quanto ad influire sul sinallagma contrattuale.
5.L’infondatezza del terzo motivo assorbe evidentemente l’esame del primo incentrato sull’omesso esame dell’unitarietà e atipicità delle operazioni negoziali.
6.- Il secondo motivo è infondato.
Le ricorrenti lamentano che la Corte territoriale abbia respinto il gravame avverso il rigetto della domanda svolta in primo grado di nullità dei contratti per illiceità della causa perseguente – in tesi l’elusione delle norme sulla revocatoria fallimentare a tutela della par condicio creditorum , rilevando che gli appellanti (odierni ricorrenti) non avrebbero specificatamente censurato la motivazione della sentenza appellata sul punto (che aveva escluso la paventata lesione della par condicio creditorum sul presupposto che i creditori della RAGIONE_SOCIALE avrebbero, invece, beneficiato dei versamenti effettuati in favore di quest’ultima), laddove, invece, nell’atto di appello (di cui riportano testualmente il passaggio) sarebbe stata mossa chiara censura al ragionamento del giudice di prime cure sul punto.
Ora, nell’atto di appello come riportato in ricorso – era affermato (a pag. 13) che « Alla luce di quanto sopra l’accensione dei due mutui -fondiario e non -sottaceva la funzionalità individuale perseguita dall’istituto bancario di veder soddisfatto il proprio credito chirografario vantato nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, previa accensione di una nuova posizione debitoria da parte di soggetti terzi rispetto alla società RAGIONE_SOCIALE, cui non fosse ricollegabile alcuna causa di revocabilità né ordinaria né fallimentare» e, successivamente (a pagina 14) «Il vero intento perseguito, peraltro solo dall’Istituto bancario, era quello di realizzare il credito vantato nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, in modo da evitare eventuali
azioni revocatorie ordinarie e/o fallimentari, ovvero in palese violazione della par condicio creditorum, contemporaneamente all’accensione di un nuovo rapporto obbligatorio garantito da garanzie reali e personali in grado di poter conseguire un ulteriore credito mettendosi al riparo da eventuali insolvenze» .
Perciò appare evidente che con tale argomento le ricorrenti si sono limitate a ribadire il loro assunto circa i (potenziali) effetti lesivi dell’operazione posta in essere sulla par condicio creditorum , senza aggredire la ratio decidendi effettiva della sentenza di primo grado sul punto, incentrata sul fatto che nella specie nessuna lesione della par condicio creditorum s’era verificata poiché i creditori della RAGIONE_SOCIALE in liquidazione avevano, invece, beneficiato dei versamenti effettuati in favore di quest’ultima.
Quindi il motivo di ricorso è infondato, avendo la Corte di merito correttamente deciso rilevando l’inammissibilità del motivo di appello, che solo in questa sede le ricorrenti tentano di integrare osservando che la motivazione di prime cure era apodittica e non utile ad escludere la lesione della par condicio creditorum.
13.- Il ricorso in definitiva va respinto. Le spese possono essere compensate essendo intervenuta a dirimere il precedente contrasto in materia la sentenza delle Sezioni Unite predetta. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara respinge il ricorso; dichiara le spese interamente compensate tra le parti. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dalla I. 24 dicembre 2012, n. 228, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1- bis.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione Civile del 6.11.2025
Il Presidente NOME COGNOME