Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 35100 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 35100 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 30/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24147/2022 R.G., proposto da
RAGIONE_SOCIALE in persona del procuratore speciale NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME su foglio separato allegato al ricorso, pec EMAIL
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE e per essa la sua mandataria RAGIONE_SOCIALE in persona della procuratrice speciale NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliata in Roma INDIRIZZO per procura su foglio separato allegato al controricorso, pec EMAIL
–
contro
ricorrente
–
Contratto di mutuo -Mutuo solutorio -Ripianamento passività pregresse -Validità
ad. 3.10.2024
RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE, RAGIONE_SOCIALE,
-intimati – per la cassazione della sentenza n. 1505/2021 della CORTE d’APPELLO di Palermo pubblicata il 16.9.2021;
udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 3.10.2024 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza pubblicata il 6.4.2016 il Tribunale di Marsala rigettava le opposizioni proposte da RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE avverso il decreto ingiuntivo con cui era stato loro ingiunto il pagamento di euro 301.355,48, oltre interessi convenzionali, in favore di Banca Nuova s.p.a., afferenti ad un mutuo chirografario contratto da RAGIONE_SOCIALE e garantito da RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE
Nell’ambito del procedimento di appello , intervenuta RAGIONE_SOCIALE e per essa la sua mandataria RAGIONE_SOCIALE (successivamente sostituita RAGIONE_SOCIALE), quale cessionaria del credito, era dichiarata l’interruzione del procedimento a seguito del fallimento di RAGIONE_SOCIALE La Corte d’Appello di Palermo con sentenza pubblicata il 16.9.2021 rigettò l’appello principale proposto da RAGIONE_SOCIALE e l’appello incidentale svolto da RAGIONE_SOCIALE (ora in fallimento), compensando le spese del grado.
Per quanto ancora di interesse nella presente sede, notò la Corte d’appello che:
-Banca Nuova s.p.a. aveva depositato sin dalla fase monitoria i titoli in base ai quali aveva agito (il contratto di finanziamento del debitore principale; il contratto di fideiussione), non rilevando che essi non recassero la sottoscrizione del funzionario di banca, poiché al fine del rispetto della forma scritta era sufficiente la sottoscrizione da parte del cliente;
-quanto al profilo relativo alla consegna della somma mutuata, essa era stata effettivamente versata nel conto corrente della mutuataria, tanto
bastando ai fini della traditio , se poi tale importo fosse stato utilizzato per ripianare passività illegittime sarebbe stato onere della parte appellante provvedere a ll’ allegazione e alla dimostrazione;
-in relazione alla pretesa usurarietà degli interessi praticati, nonostante la diversa natura degli interessi corrispettivi e moratori, anche questi ultimi assolvono ad un funzione remunerativa dell’uso del denaro altrui, ma questo non consente di effettuare la mera sommatoria di essi al fine di ritenere raggiunto il tasso soglia, sì che l’eventuale superamento (in ogni caso escluso dal C.T.U. in sede di relazione suppletiva) per effetto del tasso di mora non innesca la nullità della previsione contrattuale relativa agli interessi corrispettivi legati alla fase della fisiologica restituzione del prestito;
-in ordine alla pretesa concessione ‘abusiva di credito’ da parte della banca, asseritamente a conoscenza delle condizioni critiche del debitore principale, l’appellante si era limitata a riproporre le argomentazioni svolte in primo grado, mentre sarebbe stata necessaria una ricostruzione complessiva della posizione debitoria al fine di verificarne la gravità e la consapevolezza della banca in merito alla condizione di insolvenza;
-in ordine alla disposta condanna in solido del debitore principale e dei garanti, nel ricorso ex art. 638 cod. proc. civ. la banca aveva precisato l’entità della pretesa, comunque rientrante nel limite previsto per RAGIONE_SOCIALE e le percentuali di riparto tra garanti, da ciò ricavandosi il limite da far valere, se del caso, in sede esecutiva;
-correttamente il primo giudice aveva regolato le spese secondo il principio della soccombenza.
Per la cassazione della sentenza della Corte ricorre RAGIONE_SOCIALE sulla base di sei motivi. Risponde con controricorso RAGIONE_SOCIALE quale mandataria di RAGIONE_SOCIALE, resasi nel frattempo cessionaria del credito.
RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE sono rimasti intimati.
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, ai sensi dell’art.380bis .1. cod. proc. civ..
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo è denunciata ‘ Violazione e falsa applicazione delle norme di diritto ex art. 360 comma 1 n. 3 in relazione agli artt. 1418 c.c., 1813 c.c. sulla nullità del finanziamento/mutuo e dei contratti connessi per inesistenza di causa ‘.
La ricorrente censura la sentenza della Corte d’appello nella parte ha ritenuto essere intervenuta la traditio in occasione dell’erogazione del mutuo in favore del debitore principale, mentre l’importo erogato era stato impiegato per ripianare una sua pregressa esposizione ‘e per liberarsi di derivati’ (v. pag. 4 del ricorso). In questo contesto, il contratto di m utuo lo si sarebbe dovuto considerare nullo, poiché ‘la banca mette a disposizione della contraente somme di denaro (garantite da ipoteca o fideiussioni), che -sostanzialmente -non vengono consegnate a questa, ma servono per ripianare esposizioni debitorie intercorse tra le stesse parti’.
1.1. Il motivo è inammissibile ai sensi dell’art. 366, comma primo, n. 6, cod. proc. civ.
1.2. La Corte d’appello in relazione alla consegna della somma mutuata in favore di RAGIONE_SOCIALE s.p.a. (allora in bonis ) ha osservato che essa fu effettivamente versata nel conto corrente della mutuataria, così integrando la traditio . Se poi tale importo fosse stato utilizzato per ripianare passività illegittime, sarebbe stato onere della correntista mutuataria (o dei garanti tramite quella) provvedere ad allega re e dimostrare ‘l’utilizzo per specifiche finalità ‘.
Nel ritenere essere intervenuta la traditio della somma mutuata la Corte d’appello ha richiamato Cass., sez. III, 18 gennaio 2021, n. 724 secondo cui: ‘ l’accredito della somma mutuata mediante una annotazione contabile nell’ambito di un rapporto in conto corrente, comporta di fatto che l’importo mutuato sia concretamente messo a disposizione del mutuatario e, quindi, equivale al materiale trasferimento del danaro, anche nel caso in cui il rapporto su cui viene effettuato l’accredito sia passivo’. In termini
analoghi è stato affermato che ‘ Il cosiddetto “mutuo solutorio”, stipulato per ripianare la pregressa esposizione debitoria del mutuatario verso il mutuante, non è nullo – in quanto non contrario né alla legge, né all’ordine pubblico – e non può essere qualificato come una mera dilazione del termine di pagamento del debito preesistente oppure quale “pactum de non petendo” in ragione della pretesa mancanza di un effettivo spostamento di denaro, poiché l’accredito in conto corrente delle somme erogate è sufficiente ad integrare la ” datio rei ” giuridica propria del mutuo e il loro impiego per l’estinzione del debito già esistente purga il patrimonio del mutuatario di una posta negativa’ (v. Cass., sez. III, 25 luglio 2022, n. 23149; 30 novembre 2021, n. 37654; 27 agosto 2015, n. 17194; 30 novembre 2011, n. 25569; Sez. I, 3 gennaio 2011, n. 14; 21 febbraio 2001, n. 2483; 8 marzo 1999, n. 1945; 9 maggio 1991, n. 5193. V, in senso conforme, Cass., sez. I, 9 giugno 2023, n. 16377, la quale ha statuito che in ‘ caso di stipula del contratto di mutuo con contestuale concessione d’ipoteca sui beni del mutuatario, ove l’importo pattuito, pur effettivamente erogato, venga utilizzato per l’estinzione del precedente debito chirografario, l’intera operazione non integra un negozio in frode alla legge, ma è semmai impugnabile per revocatoria, in presenza dei relativi presupposti, in quanto diretta per un verso ad estinguere con mezzi anormali la precedente obbligazione, e per altro verso a costituire una garanzia per il debito preesistente, dovendosi ravvisare il vantaggio conseguito dalla banca non già nella stipulazione del mutuo, ma nell’impiego dello stesso come mezzo per la ristrutturazione di un passivo almeno in parte diverso’).
La Corte d’appello, come già detto, una volta ritenuto integrato il requisito della traditio , ha poi sostenuto che sarebbe stato onere dell’appellante allegare e provare se poi tale importo fosse stato utilizzato per ripianare passività illegittime. La ricorrente afferma quest’oggi che la somma mutuata sarebbe stata impiegata per ripianare una esposizione del debitore principale e ‘per liberarsi di derivati’ (v. pag. 4 del ricorso).
1.3. In base all’art. 366, comma primo, n. 6, cod. proc. civ. è doverosa, al fine del rispetto del principio di specificità, l’indicazione degli atti processuali e dei documenti sui quali si fonda il motivo e l’illustrazione del contenuto rilevante, provvedendo alla loro individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di cassazione, al fine di renderne possibile l’esame (v. Cass., sez. un., 27 dicembre 2019, n. 34469; Sez, III, 16 marzo 2012, n. 4220). Infatti, sulla parte ricorrente grava l’obbligo di precisazione anche dell’esatta collocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, e se siano stati rispettivamente acquisiti o prodotti anche in sede di giudizio di legittimità (v. Cass., 4 marzo 2021, n. 5999; sez. un., 23 settembre 2019, nn. 23552 e 23553; Cass., 18 giugno 2020, n. 11892; 6 novembre 2012, n. 19157; 23 marzo 2010, n. 6937; 12 giugno 2008, n. 15808; 25 maggio 2007, n. 12239), la mancanza anche di una sola di tali indicazioni rendendo il ricorso inammissibile (cfr. Cass., sez. un., 34469/2019 cit.; sez. un., 19 aprile 2016, n. 7701), poiché il compito dei giudici della corte è quello di procedere a una ‘verifica degli atti stessi, non già alla loro ricerca’ (v. Cass. 20 luglio 2021, n. 20753; 24 giugno 2020, n. 12498; 20 marzo 2017, n. 7048).
Nel caso di specie, la ricorrente ha omesso di provvedere alla debita individuazione delle censure svolte. Fermo restando che, come si è detto sopra, la destinazione della somma mutuata per ripianare una passività pregressa non è per sé motivo di nullità, la ricorrente non ha provveduto nel corso del giudizio di merito, come si legge nella sentenza impugnata, ad allegare e dimostrare l’eventuale utilizzo del denaro per ripianare passività illegittime, ed in questa sede omette l’indicazione degli atti processuali e dei documenti sui quali si fonda il motivo e l’illustrazione del contenuto rilevante, provvedendo alla loro individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di cassazione, al fine di renderne possibile l’esame.
Con il che non si pone neanche il preteso contrasto tra l’orientamento maggioritario in tema di ‘mutuo solutorio’ e quello minoritario , non escludente, però, il perfezionamento del mutuo mediante accredito delle somme in conto corrente e con acquisizione della loro disponibilità (v. Cass., sez. I. 5 agosto 2019, n. 20896; 8 aprile 2020, n. 7740; 25 gennaio 2021, n. 1517), per il cui componimento Cass., sez. II, 10 luglio 2024, n. 18903 ha rimesso la questione alle Sezioni Unite di questa Corte al fine di conoscere ‘ se sia corretto ritenere che il ripianamento delle precedenti passività eseguito dalla Banca autonomamente e immediatamente con operazione di giroconto, secondo quanto lamentano i ricorrenti, soddisfi il requisito della disponibilità giuridica della somma a favore del mutuatario, per cui il ripianamento delle passività abbia costituito una modalità di impiego dell’importo mutuato entrato nella disponibilità del mutuatario ‘.
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia ‘ Violazione e falsa applicazione delle norme di diritto ex art. 360 comma 1 n. 3 in relazione all’art. 2697 c.c. in tema di onere della prova del credito gravante sulla Banca e non sull’opponente a d.i. RAGIONE_SOCIALE .
RAGIONE_SOCIALE contesta la decisione della Corte d’appello nella parte in cui (v. pag. 7) è stato ritenuto che fosse suo onere produrre documentazione relativa al rapporto di conto corrente, ‘al fine di dimostrare l’utilizzo per specifiche finalità’. Qual e terzo rispetto al rapporto di conto corrente la ricorrente non era onerata della produzione della documentazione, mentre la banca avrebbe dovuto informare il fideiussore della nuova operazione di mutuo, provare la validità del titolo e produrre la docume ntazione relativa al credito azionato, fra cui ‘le copie dei contratti di finanziamento che si andavano ad estinguere’ e ‘le operazioni su derivati con cui la RAGIONE_SOCIALE ha cercato di ripianare il suo debito’.
2.1. Il motivo è inammissibile ai sensi dell’art. 366, comma primo, n. 6, cod. proc. civ.
2.2. Anche a voler prescindere dal fatto che la ricorrente non ha provveduto alla corretta identificazione della motivazione criticanda, per aver citato in modo parziale il primo capoverso di pag. 7 della motivazione,
là dove l’onere della prova è stato riferito in primo luogo alla correntista mutuataria e non ha aggredito la motivazione riportata a pag. 6 della sentenza, la ricorrente nel censurare nuovamente la motivazione riportata a pag. 7 della sentenza della Corte d’appello (là dove è stata ritenuta provata la traditio ), ma sotto il profilo della asserita violazione delle norme in tema di riparto dell’onere della prova, ugualmente omette di provvedere alla debita individuazione delle censure svolte, precisando se quanto oggi dedotto sia stato oggetto del thema decidendum in primo grado ed oggetto di motivo di appello, precisando, altresì, se nel corso del giudizio di primo e secondo grado abbia chiesto la produzione della documentazione indicata quest’oggi . In breve, la parte non ha colmato il vuoto già segnalato nella sentenza di appello come peraltro segnalato in occasione dello scrutinio del primo motivo.
3 Con il terzo motivo viene denunciata ‘ Violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 comma 1 n. 3 in relazione agli artt. 2 Cost., 1175 e 1375 c.c. nonché sulla liberazione del fideiussore per obbligazione futura ex art. 1956 c.c., nonché in relazione all’art. 21 TUF.’
Secondo la ricorrente la Corte d’appello erroneamente avrebbe escluso che la banca sia incorsa in una concessione abusiva di credito, nonostante che dagli estratti conto, riportanti saldi parziali sempre negativi, emergesse il grave indebitamento di RAGIONE_SOCIALE Plast s.p.a. Così facendo la banca, in assenza della speciale autorizzazione ex art. 1956 cod. civ., aveva continuato ad erogare credito in modo indebito, violando altresì l’obbligo della buona fede come reso palese dalle operazioni sui derivati.
3.1. Il motivo è inammissibile per più ordini di ragione.
3.2. La ricorrente omette sia di indicare la motivazione criticanda così incorrendo nella violazione dell’art. 366, comma primo, n. 4, cod. proc. civ., sia di procedere alla localizzazione nel corso del giudizio delle censure svolte in ordine alla sussistenza di una grave esposizione del debitore principale ed alla relativa consapevolezza in capo alla banca, nuovamente violando l’art. 366, comma primo, n. 6, cod. proc. civ.
A comprova dell ‘ aspecificità della denuncia svolta in questa sede, a parte l’ambiguità con cui per un verso s i denuncia l’assenza di tutti gli estratti conto dall’origine del rapporto (v. pag. 5 del ricorso), per un altro si riferisce che i saldi parziali ‘dei medesimi risultano essere sempre negativi’, mette conto rilevare come, senza indicare la sede ed il modo della deduzione nel corso del giudizio e la sua persistente invocazione nel corso del procedimento di appello, si riferisca a proposito dell’impiego di ‘euro 9.542,64 + 202.249,20’ per estinguere un precedente prestito, ‘euro 134.350,00 sono stati utilizzati per operazioni derivati OTC’ (v. pag. 10 del ricorso), mentre nel primo motivo si è fatto riferimento all’impiego ‘per ripianare i debiti della società … e per liberarsi di derivati’ (pag. 4 del ricorso) e nel secondo motivo si è detto di ‘operazioni su d erivati con cui la RAGIONE_SOCIALE ha cercato di ripianare il suo debito’.
Con il quarto motivo si denuncia ‘ Violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 comma 1 n. 3 sull’applicazione di interessi usurari ‘.
La ricorrente, nel censurare la sentenza della Corte d’appello là dove ha ritenuto, al fine del superamento del tasso soglia, di tenere distinti gli interessi corrispettivi da quelli moratori, ha dedotto che nel corso delle operazioni di C.T.U. il proprio consulente e l’ausiliario del giudice avrebbero concordemente valutato come usurario il tasso moratorio e, conseguentemente, quest’ultimo avrebbe espunto tutti gli interessi corrispettivi.
4.1. Anche tale motivo è inammissibile per difetto di specificità.
A prescindere dal rilievo che nel valutare il profilo dell’usurarietà in modo distinto con riferimento agli interessi corrispettivi ed a quelli di mora la Corte d’appello si è uniformata all’indirizzo di Cass., sez. un., 18 settembre 2020, n. 19597 (‘ o ve l’interesse corrispettivo sia lecito, e solo il calcolo degli interessi moratori applicati comporti il superamento della predetta soglia usuraria, ne deriva che solo questi ultimi sono illeciti e preclusi; ma resta l’applicazione dell’art. 1224 comma 1, c.c., con la conseguente applicazione degli interessi nella misura dei corrispettivi
lecitamente pattuiti ), da ciò potendo discendere l’inammissibilità ai sensi dell’art. 360 bis , n. 1, cod. proc. civ., la ricorrente omette di provvedere, con riferimento agli evocati passaggi della C.T.U., alla loro individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di cassazione, al fine di renderne possibile l’esame.
Va, altresì, notato come non risulti aggredita la parte della motivazione in cui la Corte d’appello dà atto che il C.T.U. ‘applicando infine (con la relazione suppletiva) i criteri indicati dalla recente giurisprudenza per la verifica dell’usurarietà, ha escluso che s i fosse in presenza di violazione della relativa disciplina ‘ (pag. 11 della motivazione).
Con il quinto motivo è denunciata ‘ Violazione e falsa applicazione di legge ex art. 360 n. 3 in relazione alla solidarietà e indivisibilità del debito tra tutti i fideiussori ‘ .
La ricorrente lamenta che la Corte d’appello a pag. 12 in punto solidarietà ed indivisibilità del debito fra fideiussori avrebbe emesso una pronuncia ‘contraddittoria e parziale’.
5.1. Il motivo è inammissibile per l’inadeguata formulazione della censura. Il motivo di ricorso poggia sulla enunciazione delle ragioni per le quali la decisione è erronea e si traduce in una critica della decisione impugnata, non potendosi, a tal fine, prescindere dalle motivazioni poste a base del provvedimento stesso, la mancata considerazione delle quali comporta la nullità del motivo per inidoneità al raggiungimento dello scopo.
Dietro lo schermo della violazione di legge, che neppure è stata indicata, la ricorrente prospetta un vizio senza tener conto degli strettissimi limiti in cui è consentito dedurre in cassazione il vizio della motivazione se non nell’ambito della riduzione entro ‘il minimo costituzionale’. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuti in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi
sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione. (v. Cass., sez. un., 7 aprile 2014, nn. 8053-8054). Profili, questi ultimi, non ricorrenti nel caso di specie, avendo la Corte d’appello chiarito che già nel ricorso ex art. 638 cod. proc. civ. la banca aveva precisato l’entità d ella richiesta, nel limite di quanto previsto per RAGIONE_SOCIALE e le percentuali di riparto tra i garanti.
Con il sesto motivo si prospetta la violazione ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. n. 3, cod. proc. civ. in relazione all’art. 90 cod. proc. civ.
La ricorrente lamenta che, stante la fondatezza dei motivi di opposizione, la Corte d’appello avrebbe dovuto accogliere l’opposizione al decreto ingiuntivo e condannare Banca Nuova ed i suoi successori al pagamento delle spese del giudizio
6.1. Il motivo è inammissibile.
6.2. Anche a prescindere dalla non corretta evocazione dell’art. 90 cod. proc. civ. rubricato ‘onere delle spese’, ma abrogato dall’art. 299 d.p.r. 115/2002, e dalla mancata enunciazione della ragione addotta dalla Corte d’appello per disporre la compensazione delle spese del grado, la valutazione sulla concessione o meno della compensazione delle spese di lite rientra nel potere discrezionale del giudice di merito ed esula dalla valutazione di questa Corte. Infatti, il sindacato della Corte di cassazione è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa; pertanto, esula da tale sindacato e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito la valutazione dell’opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite, e ciò sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca, sia nell’ipotesi di concorso di altri giusti motivi (v. Cass. 31 agosto 2020, n. 18128; 17 ottobre 2017, n. 24502; 31 marzo 2017, n. 8421; 19 giugno 2013, n. 15317).
All’inammissibilità dei motivi consegue l’inammissibilità del ricorso.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo in favore della controricorrente, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 9.200,00, di cui euro 9.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Terza sezione civile della