Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 2779 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 2779 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 30/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5388/2020 R.G.
proposto da
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall ‘ AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO , con domicilio digitale all’indirizzo EMAIL
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in qualità di procuratore di RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall ‘ AVV_NOTAIO, con domicilio digital e all’indirizzo EMAIL
– controricorrente –
e contro
BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA
– intimata – avverso la sentenza n. 1740 della CORTE D ‘ APPELLO di BARI, depositata il 27/8/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/1/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
RILEVATO CHE:
-la RAGIONE_SOCIALE -in qualità di acquirente di un complesso immobiliare, gravato da ipoteca in favore di Banca Monte dei Paschi di S.p.A. in virtù del finanziamento concesso alla sua dante causa RAGIONE_SOCIALE (poi fallita), e di accollante del medesimo mutuo ipotecario -conveniva in giudizio la banca mutuante domandando la declaratoria di nullità o l’annullamento del contratto con conseguente inefficacia dell’ipoteca;
-sosteneva l’attrice l’invalidità del negozio in quanto stipulato per estinguere un debito inesistente verso lo stesso istituto di credito e, inoltre, per superamento della soglia di finanziabilità;
-il Tribunale di Bari, con la sentenza n. 1909 del 27/4/2015, respingeva la domanda;
-nel processo di secondo grado, al quale partecipava RAGIONE_SOCIALE (rappresentata da RAGIONE_SOCIALE) quale cessionaria del credito della banca, l’odierna ricorrente invocava la sentenza della Corte d’appello di Bari n. 95 del 18/1/2018, avente (in tesi) l’autorità di giudicato esterno, che aveva confermato l’ammissione, in chirografo, del credito di Banca Monte dei Paschi di Siena al passivo della RAGIONE_SOCIALE, così escludendo la validità dell’ipoteca costituita a garanzia del mutuo ;
-con la sentenza n. 1740 del 27/8/2019, la Corte d’appello di Bari, rigettata l’impugnazione, confermava la decisione del giudice di primo grado; per quanto qui ancora rileva, la Corte di merito statuiva, in primis , l’infondatezza dell’eccezione di giudicato: «La questione della validità dell’ipoteca è rimasta estranea al giudizio sia di primo che di secondo grado: di primo grado, perché il tribunale ha ammesso il credito in chirografo (non sulla base di un giudizio di nullità della garanzia ipotecaria, ma solo) per non essere il bene ipotecato nella disponibilità della massa (essendo stato alienato prima del fallimento), e di secondo grado, per mancata impugnazione, da parte di RAGIONE_SOCIALE, della relativa statuizione. Lo dice espressamente il giudice di appello … Ri guardo alla nullità del mutuo ex art. 1344 c.c., si sostiene che il contratto sia stato stipulato allo scopo di
trasformare un credito chirografario -quello derivante dal primo mutuo -in uno garantito da ipoteca, in violazione del principio della par condicio creditorum . La tesi è priva di fondamento. Per giurisprudenza costante della S.C. , il negozio in frode alla legge è quello che persegue una finalità vietata in assoluto dall’ordinamento, in quanto contraria a norma imperativa o ai princìpi dell’ordine pubblico o de l buon costume ovvero perché diretta ad eludere una norma imperativa. L’intento di recare pregiu dizio ad altri soggetti non rientra, invece, nella descritta fattispecie , sia perché il negozio in frode alla legge è ipotesi del tutto distinta da quella del negozio in frode ai terzi, sia perché non si rinviene nell’ordinamento una norma che stabilisca in via generale, come per il primo tipo di contratto, l’invalidità del contratto stipulato in frode ai terzi, ai quali ultimi l’ordinamento accorda rimedi specifici, correlati alle varie ipotesi di pregiudizio che essi possano risentire dall’altrui attività negoziate. … Da ciò consegue che non appare esperibile l’azione di nullità in relazione alla dedotta alterazione della par condicio creditorum , in assenza di una norma che vieti, in via generale, di porre in essere attività negoziali pregiudizievoli per i terzi, apprestando l’ordinamento, a tutela di chi risulti danneggiato da tale atto negoziale, dei rimedi speciali che comportano, in presenza di particolari condizioni, l’applicazione della sola sanzione dell’inefficacia.» ;
-avverso tale decisione la RAGIONE_SOCIALE proponeva ricorso per cassazione, affidato a due motivi;
-resisteva con controricorso la RAGIONE_SOCIALE (rappresentata da RAGIONE_SOCIALE), mentre restava intimata la Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A.;
-le parti depositavano memorie;
-all ‘ esito della camera di consiglio del 22/1/2024, il Collegio si riservava il deposito dell ‘ ordinanza nei successivi sessanta giorni, a norma dell ‘ art. 380bis .1, comma 2, cod. proc. civ.;
CONSIDERATO CHE:
-col primo motivo del ricorso, formulato ai sensi dell ‘ art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., si deduce: «Falsa applicazione delle norme e dei principî in tema di giudicato con conseguente violazione dell’art. 2909 cod.»; ad avviso della ricorrente, la decisione impugnata -che prescinde dalla questione attinente agli effetti della pronuncia di accertamento del passivo fallimentare -confonde la ragione posta a fondamento della sentenza della Corte d’appello di Bari n. 95 del 18/1/2018 con l’oggetto del giudizio, conclusosi (per effetto della mancata impugnazione di Banca Monte dei Paschi di Siena) con la definitiva declaratoria di inefficacia dell’ipoteca ;
-la censura è inammissibile per plurime ragioni;
-i n primo luogo, in violazione dell’art. 366 cod. proc. civ., il ricorso omette di fornire alla Corte di legittimità gli elementi indispensabili per esaminare la doglianza, dato che si richiamano alcuni stralci della motivazione della pronuncia in giudicato (peraltro, gli stessi già considerati nella sentenza impugnata) senza però riprodurne il testo integrale (in proposito: Cass., Sez. 2, Sentenza n. 17310 del 19/08/2020, Rv. 65889501; Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 13988 del 31/05/2018, Rv. 649163-01);
-se è vero, in fatti, che l’interpretazione del giudicato esterno può essere effettuata anche direttamente dalla Corte di cassazione con cognizione piena, costituisce imprescindibile presupposto di tale esame che il ricorso per cassazione riporti il testo del giudicato che si assume erroneamente interpretato dal giudice di merito, con richiamo congiunto della motivazione e del dispositivo, sì da consentire la piena comprensione della decisione invocata (Cass., Sez. L, Sentenza n. 5508 del 08/03/2018, Rv. 647532-01);
-in secondo luogo, il motivo è privo di decisività, perché è consolidato l’orientamento a cui questo Collegio intende dare continuità -secondo cui, sia anteriormente alla riforma della disciplina fallimentare risalente al 2006-2007, sia successivamente ad essa, i provvedimenti di ammissione o esclusione dallo stato passivo hanno un’efficacia solo endoconcorsuale: «La
legge fallimentare, nella formulazione anteriore alla riforma e qui applicabile ratione temporis , non stabilisce espressamente l’efficacia endofallimentare, e cioè limitata agli effetti del concorso, del decreto di esecutività dello stato passivo; tale efficacia, tuttavia, in conformità del costante orientamento della giurisprudenza (Cass. 11 marzo 2003, n. 3550; Cass. 22 febbraio 2002, n. 2573), deve essere affermata in base al rilievo che l’accertamento del passivo si svolge secondo regole proprie che vedono, da un lato, una speciale disciplina della opponibilità degli atti alla massa dei creditori e, dall’altro, una posizione marginale del fallito che non dispone di mezzi per impugnare la decisione del giudice delegato. Analoga efficacia deve essere attribuita, per le stesse ragioni, anche alle sentenze che nel regime anteriore alla riforma concludono i giudizi a cognizione ordinaria previsti per l’accertamento del passivo.» (così Cass., Sez. 1, Sentenza n. 8431 del 05/04/2013, in motivazione);
-la citata decisione è stata ripresa sia da Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 23175 del 22/10/2020, sia da Cass., Sez. 1, Sentenza n. 22047 del 13/10/2020 («l decreto che rende esecutivo lo stato passivo e le decisioni assunte dal tribunale all’esito dei giudizi all’articolo 99, producono effetti soltanto ai fini del concorso. Ma tale disposizione recepisce un principio, assolutamente fermo, preesistente alla riforma del 2006.»), sia da Cass., Sez. 3, Sentenza n. 8110 del 14/03/2022, secondo le quali le modifiche normative intervenute non hanno introdotto una disciplina diversa rispetto a quella previgente, ma hanno, al contrario, recepito e rafforzato l’orientamento interpretativo che attribuiva (e tuttora attribuisce) alle statuizioni degli organi fallimentari un’efficacia meramente endoconcorsuale;
-per quanto esposto, dunque, l’infondata tesi della ricorrente -che vorrebbe attribuire al mancato riconoscimento, nel passivo fallimentare della RAGIONE_SOCIALE, del rango ipotecario ai crediti della Banca Monte dei Paschi di Siena l’effetto, extrafallimentare, di un definitivo riconoscimento
dell’inefficacia dell’ipoteca è priva di decisività e, conseguentemente, inammissibile;
-col secondo motivo del ricorso, formulato ai sensi dell ‘ art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., si deduce: «Violazione del principio dell’abuso del diritto conseguente a violazione dell’art. 2 Cost. e falsa applicazione degli artt. 1344 e 1418 cod. civ.»; sostiene la ricorrente che la Corte d’appello ha omesso di rilevare che la violazione del dovere di solidarietà sociale, dal quale discende la figura giurisprudenziale de ll’abuso del diritto, costituisce motivo di invalidità del contratto di mutuo ipotecario, il quale -proprio perché finalizzato a ledere la par condicio creditorum -riverberava i suoi effetti pregiudizievoli nei confronti di terzi estranei al negozio;
-la censura è infondata;
-con dovizia di argomentazioni e di richiami giurisprudenziali, la Corte d’appello barese ha illustrato le ragioni per le quali secondo un consolidato orientamento -la lesione delle ragioni dei creditori, concorrenti con la banca mutuante per la liquidazione del patrimonio della RAGIONE_SOCIALE, non determina l’ invalidità del negozio: particolarmente significativo è il riferimento del giudice di merito a Cass., Sez. 1, Sentenza n. 19196 del 28/09/2016, Rv. 641305-01 -secondo cui «La violazione di una norma imperativa non dà luogo necessariamente alla nullità del contratto, giacché l’art. 1418, comma 1, c.c., con l’inciso «salvo che la legge disponga diversamente», impone all’interprete di accertare se il legislatore, anche nel caso di inosservanza del precetto, abbia consentito la validità del negozio predisponendo un meccanismo idoneo a realizzare gli effetti voluti della norma, sicché, in assenza di un divieto generale di porre in essere attività negoziali pregiudizievoli per i terzi, la stipulazione di un contratto di mutuo ipotecario in violazione dell’art. 216, c omma 3, l.fall., che punisce la condotta di bancarotta preferenziale, non dà luogo a nullità per illiceità di causa, ai sensi del citato art. 1418, ma costituisce il presupposto per la revocazione degli atti lesivi della par condicio creditorum » -, poiché
nemmeno la violazione di una norma penale, volta proprio a preservare il concorso dei creditori e la loro par condicio , determina la nullità del negozio;
-poi, s uccessivamente all’introduzione di questo giudizio, Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 4694 del 22/02/2021, Rv. 660570-01, ha ribadito che «la stipulazione di un contratto di mutuo con la contestuale concessione d’ipoteca sui beni del mutuatario, ove non risulti destinata a procurare a quest’ultimo un’effettiva disponibilità, essendo egli già debitore in virtù di un rapporto obbligatorio non assistito da garanzia reale, è revocabile», non già invalida; più recentemente, anche Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 22563 del 26/07/2023, Rv. 668683-01, ha statuito che «La concessione di un’ipoteca a garanzia dell’adempimento delle obbligazioni nascenti da un mutuo fondiario è revocabile, ai sensi dell’art. 67, l.fall., qualora le somme oggetto di tale contratto siano destinate a ripianare una precedente esposizione debitoria e l’atto si inserisca in un’operazione unitaria a ciò funzionale»;
-la censura -che non investe l’affermata (dalla Corte d’appello) esclusione del collegamento negoziale tra il mutuo ipotecario e l’antecedente finanziamento del 1995 -è infondata, infine, anche alla luce della decisione di Cass., Sez. 3, Sentenza n. 23149 del 25/07/2022, Rv. 665427-01, che, con ampia e dettagliata motivazione e in dissenso da altri precedenti di legittimità, ha inequivocabilmente statuito che «Il cosiddetto ‘mutuo solutorio’, stipulato per ripia nare la pregressa esposizione debitoria del mutuatario verso il mutuante, non è nullo -in quanto non contrario né alla legge, né all’ordine pubblico e non può essere qualificato come una mera dilazione del termine di pagamento del debito preesistente oppure quale pactum de non petendo in ragione della pretesa mancanza di un effettivo spostamento di denaro, poiché l’accredito in conto corrente delle somme erogate è sufficiente ad integrare la datio rei giuridica propria del mutuo e il loro impiego per l’estinzione del debito già esistente purga il patrimonio del mutuatario di una posta negativa»;
-al rigetto del ricorso consegue la condanna della ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità sostenute dalla controricorrente, le quali sono liquidate, secondo i parametri normativi, nella misura indicata nel dispositivo;
-va dato atto, inoltre, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , D.P.R. n. 115 del 2002, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell ‘ art. 1bis dello stesso art. 13;
p. q. m.
la Corte rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese di questo giudizio, liquidate in Euro 4.200,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre ad accessori di legge;
ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, qualora dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile,