Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 27818 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 27818 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso 32162/2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappres. p.t.; COGNOME; rappresentati e difes i dall’AVV_NOTAIO, per procura speciale in atti;
-ricorrenti –
-contro-
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappres. p.t., rappres. e difesa dagli AVV_NOTAIOti NOME AVV_NOTAIO e NOME COGNOME, per procura speciale in atti;
-controricorrente-
avverso la sentenza d ella Corte d’appello di Milano , n. 2591/2020, depositata in data 16.10.2020;
udita la relazione della causa svolta nel la camera di consiglio dell’1.10 .2025 dal Cons. rel., AVV_NOTAIO COGNOME.
RILEVATO CHE
Su ricorso di RAGIONE_SOCIALE, il Tribunale di Milano emetteva, il 17.11.2017, nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, quale debitore principale, e di NOME COGNOME, nella sua qualità di fideiussore, decreto ingiuntivo per la somma di euro 139.407,31 a titolo di rate non pagate del mutuo chirografario concesso il 29.4.2011, dell’importo di euro 130.000.
RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME proponevano opposizione al decreto ingiuntivo, chiedendone la revoca per nullità della causa del contratto di mutuo, essendo stato stipulato al solo scopo di ripianare il debito della società opponente, risultante dal contratto di conto corrente n. 158/17712, debito in realtà inesistente in quanto determinato da addebiti illegittimi; in via riconvenzionale, veniva chiesto l’accertamento del carattere usurario degli interessi applicati al suddetto contratto di conto corrente, della nullità delle clausole contrattuali in tema di l’anatocismo, le commissioni di massimo scoperto, i costi, le competenze e le remunerazioni e per conseguenza la condanna di UBI RAGIONE_SOCIALE s.p.a. a restituire la somma di € 21.975,54.
Con sentenza emessa il 17.11.2017, i l Tribunale rigettava l’ opposizione, confermando il decreto ingiuntivo opposto, osservando che: il finanziamento in questione non era carente di causa in quanto dalla stessa narrazione dell’opponente si evinceva che il debito del conto corrente ammontava a € 45.000,00 mentre il finanziamento aveva ad oggetto la somma di € 130.000; la stessa perizia attorea non individuava superamenti del tasso soglia di usura in ordine agli interessi di cui al contratto di finanziamento; per quanto riguardava le doglianze relative al contratto di conto corrente, non oggetto del decreto ingiuntivo, ma oggetto della domanda riconvenzionale dell’opponente, mancava la produzione del contratto, seppur dichiaratamente sottoscritto e l’istanza ex art. 210 c.p.c. era tardiva in quanto proposta solo con la precisazione delle conclusioni; le clausole della fideiussione omnibus, di cui si era chiesta la nullità, non rilevavano ai fini della decisione.
Con sentenza del 16.10.2020 la Corte territoriale rigettava l’appello proposto dalla RAGIONE_SOCIALE e da NOME COGNOME, osservando che: la parte appellata aveva pacificamente provato la sussistenza del suo diritto, oggetto del decreto ingiuntivo opposto, in quanto derivante dal contratto di mutuo chirografario concluso tra le parti, contratto tempestivamente prodotto in giudizio da cui emergeva che UBI RAGIONE_SOCIALE s.p.a. aveva mutuato alla predetta società, il 29.4.2011, la somma di € 130.000 al tasso di interesse annuo del 5,25%, e che quindi RAGIONE_SOCIALE era obbligata a restituire 72 rate mensili, ciascuna dell’importo specificato nel piano di ammortamento; in ordine a tale domanda gli appellanti non avevano contestato il debito, ma avevano invece eccepito la nullità del contratto di mutuo per illiceità della causa; secondo la stessa prospettazione degli appellanti non sussiste va neppure astrattamente l’ ipotesi di collegamento negoziale, atteso che non risultava nessun rapporto tra il contratto di conto corrente n. 17712 e il contratto di mutuo n. NUMERO_DOCUMENTO, contratti stipulati, tra l’altro, in periodi temporali molto lontani tra loro (il contratto di conto corrente prima del marzo 2007 e il contratto di mutuo nell’aprile 2011); secondo tale prospettazione, infatti, il collegamento sussisterebbe non già tra due diversi negozi giuridici, bensì tra il contratto di mutuo e il de bito di € 45.030,98, a carico della RAGIONE_SOCIALE, annotato sul conto n. 17712, in quanto il contratto di mutuo sarebbe stato concluso, a dire degli appellanti, allo scopo di consentire alla RAGIONE_SOCIALE di saldare il predetto debito, nonché gli altri debiti indicati, originati da due contratti di finanziamento all’esportazione conclusi nel 2007 e nel 2008 ; posto che il debito di € 45.030,98, annotato sul conto n. 17712, risultava pagato dalla RAGIONE_SOCIALE, era infatti onere del debitore, che ha agito per ottenere la ripetizione dell’indebito (o anche per ottenere l’accertamento dell’insussistenza del debito pagato sia pure mediante compensazione con un suo credito), fornire la prova del carattere indebito del pagamento, mentre nella fattispecie in esame, come detto, gli appellanti non solo non avevano fornito alcuna prova del carattere
indebito del suddetto pagamento (o comunque della suddetta annotazione in conto a loro carico), ma non avevano neppure allegato in modo specifico (a parte l’infondata questione del carattere usurario degli interessi pattuiti) le ragioni della ritenuta illegittimità; nella fattispecie in esame la fideiussione rilasciata da NOME COGNOME il 23.4.2004 riproduceva parzialmente, alle clausole 2, 6 e 8, il tenore letterale delle clausole n. 2, 6 e 8 dello schema contrattuale ABI; gli appellanti non avevano fornito la prova che già nell’aprile 2004 il sistema bancario o comunque almeno un’altra impresa bancaria oltre l’appellata stesse utilizzando in modo uniforme lo schema contrattuale ABI, del quale il successivo provvedimento di RAGIONE_SOCIALE d’Italia aveva accertato l’illiceità con riguardo alle clausole n. 2, 6 e 8 del suddetto schema; in ogni caso, la nullità non poteva riguardare l’intero contratto, ma poteva colpire solamente le clausole che costituivano l’applicazione dell’intesa anticoncorrenziale, in quanto era evidente che le parti contraenti avrebbero comunque concluso il contratto fideiussorio anche in assenza delle clausole suddette; l’appellante non aveva però né allegato, né tanto meno provato che la banca appellata avesse esercitato il diritto di escutere il fideiussore o comunque che il diritto della banca di escutere il fideiussore sussistesse proprio in forza e per la presenza delle clausole in questione, ritenute eventualmente nulle, del contratto di fideiussione; la domanda in grado d’appello, in ordine agli interessi usurari, era generica, non essendo stato neppure allegato a quale contratto o a quali contratti gli appellanti intendessero riferire il carattere usurario degli interessi pattuiti; nell’atto di citazione non era allegato, né quale fosse l’entità dei tassi di interesse, di cui si lamentava il carattere usurario, né a quale operazione di credito si riferissero, posto che i tassi medi rilevati da RAGIONE_SOCIALE d’Italia con i quali effettuare il confronto erano differenziati a seconda del tipo di operazione. RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME ricorrono in cassazione, avverso la suddetta sentenza, con quattro motivi. Ubi RAGIONE_SOCIALE s.p.a.
resiste con controricorso.
RITENUTO CHE
Il primo motivo denunzia violazione delle norme in tema di collegamento negoziale, per non aver la Corte d’appello ritenuto l’ interdipendenza tra i contratti di conto corrente e di mutuo, nella fattispecie del cd mutuo di scopo finalizzato a ripianare un passivo inesistente (risultante dall’illegittima applicazione di clausole contrattuali nulle), sicché lo stesso era nullo per mancanza di causa concreta.
Il secondo motivo denunzia violazione dell’art. 2 l . n. 287/90, per non aver la Corte d’appello ritenuto che la nullità delle clausole della fideiussione omnibus s’estendesse all’intera fideiussione, considerando anche che la banca non avrebbe accettato tale contratto se privo delle tre clausole della suddetta garanzia.
Il terzo motivo denunzia violazione degli artt. 1815, c.2, cc, 644, c.1, cp, l nn. 2 4/2001 e 108/96, per aver la Corte d’appello affermato che gli appellanti non avessero allegato nessun elemento di fatto concreto inerente al rapporto intercorso tra le parti, né avessero prodotto i contratti che disciplinavano i tassi ritenuti usurari.
Al riguardo, i ricorrenti assumono che la Corte territoriale non avrebbe tenuto conto delle perizie depositate, che avrebbero accertato l’applicazione, da parte della banca, nel corso dei rapporti contrattuali, di tassi superiori a quelli imposti dalla legge, sulla base di calcoli conformi alle norme in tema di trasparenza bancaria, come desumibile dagli estratti conto.
Il quarto motivo denunzia violazione degli artt. 61 e 132, c.2, n.4, c.p.c. per non aver la Corte territoriale accolto le istanze degli appellanti circa la nomina di c.t.u. e di esibizione documentale, ex art. 210 c.p.c., al fine di verificare la pattuizione di interessi usurari.
Preliminarmente, va disattesa l’istanza ex art. 299 c.p .c (erroneamente definita di sospensione) per morte di uno dei due ricorrenti (il fideiussore) perché nel giudizio di cassazione, in considerazione della particolare struttura e della
disciplina del procedimento di legittimità, non è applicabile l’istituto dell’interruzione del processo, con la conseguenza che la morte di una delle parti, intervenuta dopo la rituale instaurazione del giudizio, non assume alcun rilievo, né consente agli eredi di tale parte l’ingresso nel processo (Cass., n. 1757/16).
Premesso ciò, il primo motivo (circa la nullità del mutuo solutorio) è infondato in base alla recente sentenza delle Sezioni Unite, a tenore della quale: è valido e, in presenza dei requisiti prescritti dall’art. 474 c.p.c., costituisce titolo esecutivo il contratto di mutuo “solutorio”, il quale si perfeziona, con la conseguente nascita dell’obbligo di restituzione a carico del mutuatario, nel momento in cui la somma mutuata, ancorché non consegnata materialmente, è posta nella disponibilità giuridica del mutuatario medesimo, attraverso l’accredito su conto corrente, e non rileva in contrario che le somme stesse siano immediatamente destinate a ripianare pregresse esposizioni debitorie nei confronti della banca mutuante, costituendo tale destinazione frutto di atti dispositivi comunque distinti ed estranei alla fattispecie contrattuale ( SU, n. 5841/2025).
Nel caso concreto, pertanto, la questione del collegamento negoziale tra conto corrente e mutuo e dell’utilizzo di quest’ultimo p er estinguere le passività del conto risulta ormai priva di fondamento , nel senso che l’utilizzo delle somme mutuati per ripianare i debiti fondati sul conto corrente non può connotarsi di nullità, alla stregua della prospettazione delle parti.
Il secondo motivo è inammissibile. Invero, la Corte d’appello , dopo avere affermato che la nullità è soltanto parziale ove si ipotizzi l’illecito antitrust, ha affermato che non risulta allegato che il diritto di escutere il fideiussore sia stato esercitato in base alle clausole attinte dall’illecito antitrust, dove ndosi anzi escludere che l’escussione sia a vvenuta in base a tali clausole.
Tale ratio decidendi non è stata impugnata, da cui la non decisività del motivo.
In ogni caso, in violazione dell’art. 366 n. 6 c .p.c., non risulta specificatamente indicata la tempestiva introduzione nel giudizio di merito delle circostanze di fatto da cui desumere che le parti non avrebbero concluso il contratto in presenza della nullità parziale, posto che il relativo onere della prova incombe sulla parte interessata alla caducazione dell’intero contratto (Cass. , n. 18794/23 e 6685/24).
Il terzo motivo è parimenti inammissibile. La corte territoriale ha valutato in termini di ‘totale genericità’ l’atto di appello e così facendo lo ha inteso inammissibile ai sensi dell’art. 342 c.p .c.; anche tale statuizione non è stata impugnata.
Il quarto motivo è del pari inammissibile. L’istanza di c.t.u. in discorso è relativa al motivo di appello dichiarato inammissibile, come risulta dallo scrutinio del precedente motivo.
Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso, e condanna i ricorrenti al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio che liquida nella somma di euro 6.200,00 di cui 200,00 per esborsi, oltre alla maggiorazione del 15% per rimborso forfettario delle spese generali, iva ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.p.r. n.115/02, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, ove dovuto. Così deciso, in Roma, nella camera di consiglio del l’1 otto bre 2025.
Il Presidente AVV_NOTAIO NOME COGNOME