Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 27077 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 27077 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/10/2025
Oggetto: mutuo solutorio
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23760/2023 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , COGNOME NOME, COGNOME NOME e RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME in persona del legale rappresentante pro tempore , tutti rappresentati e difesi dall’ avv. NOME COGNOME
ricorrenti –
contro
BPER Banca s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa da ll’avv. NOME COGNOME
contro
ricorrente –
RAGIONE_SOCIALE rappresentata da RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dagli avv. NOME COGNOME e NOME COGNOME controricorrente – avverso la sentenza della Corte di appello di Bologna n. 1841/2023, depositata il 15 settembre 2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 1° ottobre 2025
dal Consigliere NOME COGNOME;
RILEVATO CHE:
la RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME, NOME COGNOME e la RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME propongono ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Bologna, depositata 15 settembre 2023, di reiezione dell’appello per la riforma della sentenza del Tribunale di Modena che aveva respinto le loro domande di accertamento della simulazione del contratto di mutuo fondiario stipulato dalla predetta RAGIONE_SOCIALE con la Banca Popolare dell’Emilia Romagna s.p.a. o, in INDIRIZZO subordinata, della sua nullità per carenza di causa o per usurarietà del tasso di interesse pattuito, con conseguente declaratoria di nullità delle garanzie personali e reali prestate dalla RAGIONE_SOCIALE, COGNOME Domenico e COGNOME NOME, e, in accoglimento della domanda riconvenzionale della banca, aveva condannato gli attori, in solido fra loro, al pagamento in favore di quest’ultima della somma di euro 176.277,02, oltre interessi legali;
la Corte di appello ha riferito che la allegazione di simulazione o nullità per carenza di causa del contratto di mutuo fondiario dedotto in giudizio si basava sul fatto che la somma mutuata non era mai entrata nella disponibilità della mutuataria, essendo stata funzionale all’estinzione di un debito di un terzo (la RAGIONE_SOCIALE e alla costituzione in favore della banca di ulteriori garanzie e, in via alternativa, sulla natura usuraria del tasso di interesse di mora pattuito;
ha dato atto che il giudice di prime cure aveva disatteso le domande attoree, osservando, in particolare, che la somma mutuata era entrata nella disponibilità giuridica della mutuataria, che il mutuo non aveva, quale unico scopo, quello di costituire in favore della banca garanzie reali e personali per il debito della RAGIONE_SOCIALE e che il tasso di interesse moratorio non era usurario, e aveva ritenuto fondata la domanda riconvenzionale della banca , avuto riguardo all’accertato
inadempimento al contratto di mutuo fondiario oggetto di causa;
ha, quindi, respinto il gravame degli odierni ricorrenti confermando, sostanzialmente, le motivazioni poste dal Tribunale a fondamento della decisione appellata;
il ricorso è affidato a tre motivi;
resistono con distinti controricorsi sia la BPER Banca s.p.a.RAGIONE_SOCIALE sia la RAGIONE_SOCIALE, quale mandataria della RAGIONE_SOCIALE intervenuta, quale cessionaria del credito controverso, nel corso del grado di appello;
-a seguito di proposta di definizione del giudizio a norma dell’art. 380 bis cod. proc. civ., i ricorrenti chiedono la decisione della causa;
le parti depositano memoria ai sensi dell’art. 380 -bis
-.1 cod. proc. civ.;
CONSIDERATO CHE:
il primo motivo è così rubricato: «Vizio di motivazione per mancata ammissione della richiesta di prova testimoniale. Vizio di violazione di legge ex art. 360 n. 3 c.p.c., in relazione agli artt. 112 c.p.c., 1414, 1417 c.c. per avere la Corte di appello di Bologna escluso la ricorrenza, nel caso di specie, di un accordo simulatorio»;
con il secondo motivo si deduce il «Vizio di violazione di legge ex art. 360 n. 3 c.p.c. in relazione agli artt. 1815, 1418, 1419 e 1367 c.c. e motivazione contraddittoria per non avere la Corte di appello di Bologna affermato la nullità della clausola di determinazione degli interessi di mora di cui all’art. 3 del contratto di mutuo del 19/06/2014 e le relative conseguenze applicative»;
con il terzo motivo si lamenta il «Vizio di violazione di legge ex art. 360 n. 3 c.p.c. in relazione agli artt. 58 tub, 2697 c.c., 111, 115 e 116 c.p.c., per non avere la Corte di appello di Bologna verificato in concreto, secondo le risultanze processuali, se il presunto credito oggetto di causa rientrasse effettivamente o meno nel contratto di cessione in favore di RAGIONE_SOCIALE»;
la proposta di definizione del giudizio ha ritenuto che tutti i motivi di
ricorso fossero inammissibili;
– con riferimento al primo motivo ha evidenziato che «Nel dedurre «vizio di motivazione per mancata ammissione della richiesta di prova testimoniale» i ricorrenti non si confrontano con la ratio decidendi adottata dal giudice del merito, il quale ha invece motivato il diniego di ammissione della prova testimoniale affermando che «tutte le suesposte argomentazioni», e cioè quelle concernenti la validità del c.d. mutuo solutorio, «escludono la rilevanza delle prove dedotte, volte a comprovare i presupposti in punto di fatto delle suddette deduzioni in diritto di cui si è appena evidenziata la infondatezza». La corte territoriale ha insomma con tutta chiarezza inteso dire che la narrazione articolata nella prova testimoniale non segnalava alcuna discrasia tra volontà e dichiarazione, bensì un programma negoziale che, ove pure svoltosi secondo l’originaria prospettazione attrice, era da ritenere vero e reale, oltre che lecito.
Orbene, il vizio di motivazione per omessa ammissione della prova testimoniale o di altra prova può essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui essa abbia determinato l’omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia e, quindi, ove la prova non ammessa ovvero non esaminata in concreto sia idonea a dimostrare circostanze tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la ratio decidendi venga a trovarsi priva di fondamento (tra le tante Cass. n. 5654 del 07/03/2017): nel caso in esame, viceversa, la prova testimoniale era evidentemente superflua, visto che, ove pure riscontrata corrispondenza al vero delle circostanze prospettate, il contratto sarebbe rimasto, vero, reale e lecito»;
– in ordine al secondo motivo ha osservato che «Esso censura in realtà l’interpretazione data dalla corte d’appello della clausola contrattuale concernente il cumulo di corrispettivi e moratori, contrapponendo
all’interpretazione data la propria, che sarebbe preferibile: ma è cosa nota che in tema di interpretazione del contratto, il sindacato di legittimità non può investire il risultato interpretativo in sé, che appartiene all’ambito dei giudizi di fatto riservati al giudice di merito, ma afferisce solo alla verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica e della coerenza e logicità della motivazione addotta, con conseguente inammissibilità di ogni critica alla ricostruzione della volontà negoziale operata dal giudice di merito che si traduca in una diversa valutazione degli stessi elementi di fatto da questi esaminati (Cass. 10 febbraio 2015, n. 2465; Cass. 26 maggio 2016, n. 10891; Cass. 14 luglio 2016, n. 14355). In particolare, la parte che, con il ricorso per cassazione, intenda denunciare un errore di diritto o un vizio di ragionamento nell’interpretazione di una clausola contrattuale, non può limitarsi a richiamare genericamente le regole di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., avendo l’onere di specificare i canoni che in concreto assuma violati ed il punto ed il modo in cui il giudice del merito si sia dagli stessi discostato (Cass. 15 novembre 2013, n. 25728). D’altronde, per sottrarsi al sindacato di legittimità, sotto entrambi i cennati profili, quella data dal giudice al contratto non deve essere l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili, e plausibili, interpretazioni; sicché, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni (plausibili), non è consentito – alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito – dolersi in sede di legittimità del fatto che sia stata privilegiata l’altra (Cass. 2 maggio 2006, n. 10131; Cass. 25 ottobre 2006, n. 22899; Cass. 16 febbraio 2007, n. 3644; Cass. 20 novembre 2009, n. 24539; Cass. 25 settembre 2012, n. 16254; Cass. 17 marzo 2014, n. 6125)»;
infine, in merito al terzo motivo, ha sottolineato che «I ricorrenti negano che la legittimazione attiva della cessionaria non fosse stata tempestivamente contestata, come invece ritenuto dalla corte
d’appello: e però, nel vigore del novellato art. 115 c.p.c., a mente del quale la mancata contestazione specifica di circostanze di fatto produce l’effetto della relevatio ad onere probandi, spetta al giudice del merito apprezzare, nell’ambito del giudizio di fatto al medesimo riservato, l’esistenza ed il valore di una condotta di non contestazione dei fatti rilevanti, allegati dalla controparte (Cass. 7 febbraio 2019, n. 3680), ferma restando la sindacabilità del giudizio per vizio motivazionale (Cass. 28 ottobre 2019, n. 27490). Ora, la genericità della contestazione constatata dal giudice di merito trova in effetti riscontro nella stessa esposizione contenuta in ricorso, giacché gli originari attori inizialmente «impugnano e contestano estensivamente le comparse di costituzione e risposta della BPER -Credit Managment nonché della Spring SPV quest’ultima intervenuta nel giudizio ex art. 111 c.p.c., ed entrambe prive di legittimazione nonché di titolarità», contestazione in effetti all’evidenza del tutto g enerica, e solo in conclusionale hanno rilevato «il difetto di legittimazione e di titolarità del rapporto dal lato attivo in capo a RAGIONE_SOCIALE non avendo la predetta società dimostrato che il preteso credito de quo agitur abbia fatto oggetto del contratto di cessione».
Ciò detto, indipendentemente dall’efficacia probatoria della produzione dell’avviso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale che rechi l’indicazione per categorie dei rapporti ceduti in blocco, quel che è indubbio, nella giurisprudenza di questa Corte, è che l’accertamento della ricomprensione di un certo rapporto nell’ambito del «blocco» oggetto di cessione è affare del giudice di merito (tra le tante Cass. n. 4277 del 10/02/2023; Cass. n. 17944 del 22/06/2023), il quale, nella specie, ha effettuato la verifica, osservando che: «Da un lato, le risultanze dell’avviso di G.U., dall’altro lato, la generica e inefficace contestazione di parte appellante, inducono a ritenere provata la titolarità del credito pecuniario in capo a RAGIONE_SOCIALE, accertamento di merito sottratto al sindacato di questa Corte»;
il Collegio condivide tali considerazioni;
può aggiungersi, anche in replica alle osservazioni spiegate nella istanza di opposizione, che, come di recente autorevolmente affermato da questa Corte, con sentenza del 5 marzo 2025, n. 5841, resa a Sezioni Unite, il c.d. mutuo solutorio, ossia il mutuo seguito dalla contestuale o comunque immediata destinazione delle somme a ripianare debiti pregressi, è da intendersi perfettamente concluso con l’accredito delle somm e sul conto corrente, in quanto ciò determina l’effettiva disponibilità giuridica delle stesse da parte del mutuatario, e ciò a prescindere dal successivo (logicamente, anche se cronologicamente contestuale) impiego delle somme, la cui destinazione è manifestazione di un differente interesse che sorregge un atto ulteriore, autonomo benché ovviamente dipendente dal primo, in quanto proprio dal primo reso possibile;
ne consegue che il sintagma «mutuo solutorio» non definisce una figura contrattuale atipica, né diversa dal contratto tipico di mutuo, ma piuttosto «una valenza meramente descrittiva di un particolare utilizzo del mutuo»;
ha aggiunto che «Non è dunque possibile qualificare il mutuo solutorio come pactum de non petendo in ragione della pretesa mancanza di un effettivo spostamento di denaro, poiché tale spostamento invece vi è ed è anzi presupposto dell’operazione: l’accredito in conto corrente delle somme erogate non solo è sufficiente ad integrare la datio rei giuridica propria del mutuo, ma anzi proprio la possibilità di un loro impiego è condizione per estinguere il debito già esistente»;
ha, inoltre, concluso che la destinazione, ancorché immediata, delle somme mutuate ad estinzione di esposizioni pregresse, non presenta di per sé carattere di intrinseca illegittimità e osservato che una eventuale finalizzazione del c.d. mutuo solutorio al pregiudizio delle ragioni dei terzi rileva sotto il profilo dell’inefficacia (revocatoria ordinaria o fallimentare), ma non dell’invalidità, non verificandosi
alcuna violazione di norme imperative, e che, ove si tratti di mutuo fondiario, la sua finalizzazione al ripianamento di debiti pregressi non configura una causa di nullità del contratto per mancanza di causa, avuto riguardo alla estraneità dello scopo del finanziamento dalla causa del contratto, rappresentata, al contrario, dall ‘ immediata disponibilità di denaro, a fronte della concessione di una garanzia immobiliare ipotecaria, e dall ‘ obbligo di restituzione della somma erogata;
per le suesposte considerazioni, pertanto, il ricorso va dichiarato inammissibile;
le spese del giudizio seguono il criterio della soccombenza e si liquidano come in dispositivo;
poiché il giudizio è definito in conformità della proposta, va disposta la condanna della parte istante a norma dell’art. 96, terzo e quarto comma, cod. proc. civ. (cfr. Cass., Sez. Un., 13 ottobre 2023, n. 28540);
i ricorrenti vanno, dunque, solidalmente condannati, nei confronti di ciascuna parte controricorrente, al pagamento di una somma che può equitativamente determinarsi in euro 5.000,00, oltre che al pagamento dell’ulteriore somma di euro 2.500,00 in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile; condanna i ricorrenti, in solido tra loro, alla rifusione delle spese di giudizio di legittimità, che si liquidano, in favore di ciascuna parte controricorrente, in complessivi euro 5.000,00, oltre rimborso forfettario nella misura del 15%, euro 200,00 per esborsi e accessori di legge.
Condanna i ricorrenti, in solido tra loro, al pagamento della somma di euro 5.000,00 in favore di ciascuna parte controricorrente e dell’ulteriore somma di euro 2.500,00, in favore della Cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , t.u. spese giust., dà atto della
sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 1 ° ottobre 2025.
Il Presidente