Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 8670 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 8670 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 01/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 4494-2021 r.g. proposto da:
COGNOME e COGNOME entrambi rappresentati e difesi, giusta procura speciale allegata al ricorso, dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME con cui elettivamente domiciliano in Roma, alla INDIRIZZO presso lo studio RAGIONE_SOCIALE.
-ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE, con sede in Roma, al INDIRIZZO in persona del Direttore Crediti Speciali dott. NOME COGNOME rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata al controricorso, da ll’ Avvocato NOME COGNOME presso il cui studio elettivamente domicilia in Roma, alla INDIRIZZO
-controricorrente –
FALLIMENTO RAGIONE_SOCIALE in persona dei curatori Avv. NOME COGNOME e dott. NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore .
-intimati –
avverso la sentenza, n. cron. 1038/2020, della CORTE DI APPELLO di L’AQUILA , pubblicata il giorno 28/07/2020; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno
28/03/2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. Con atto ritualmente notificato (introduttivo del processo n.r.g. 92/2003), NOME COGNOME, NOME COGNOME e la RAGIONE_SOCIALE (di cui era amministratore e socio il COGNOME) convennero la Banca Nazionale del Lavoro s.p.a. (d’ora in poi, anche, breviter , BNL s.p.a.) innanzi al Tribunale di Teramo onde ottenere la declaratoria di nullità parziale del contratto di apertura di credito con affidamento mediante scopertura sul conto corrente n. 10626 (intestato alla RAGIONE_SOCIALE) e la declaratoria di nullità o annullabilità di un contratto di mutuo, stipulato dal COGNOME e dalla COGNOME, solo formalmente ‘fondiario’, imposto, in realtà, dalla banca al solo fine di ridurre le presunte passività relative al rapporto di conto corrente predetto, evitabile, unitamente ad altro analogo successivamente stipulato, se solo quest’ultima, nel corso del rapporto, avesse correttamente contabilizzato sul medesimo conto i costi effettivamente pattuiti: entrambi i contratti di mutuo, dunque, dovevano considerarsi nulli, in quanto finalizzati al ripianamento di passività inesistenti e, pertanto, ex artt. 1325, 1344 e 1418 cod. civ., nulli per difetto ovvero illiceità della causa; comunque annullabili, per violazione della buona fede nella conclusione e nella esecuzione del contratto. Gli attori invocarono pure il ricalcolo, tramite consulenza tecnica di ufficio, dell’ammontare della somma a credito ed a debito delle parti sulla base della documentazione agli atti e delle eccezioni di nullità di cui sopra, con la consequenziale condanna della banca alla restituzione della somma indebitamente percepita.
1.1. Si costituì la BNL s.p.a., eccependo, preliminarmente la nullità dell’avversa domanda e la prescrizione, e chiedendo, nel merito, il rigetto della stessa. In via riconvenzionale, chiese condannarsi la controparte al pagamento della somma di € 508.541, 00 derivante da vari rapporti.
1.2. Autorizzata la chiamata in causa della RAGIONE_SOCIALE, gruppo BNL, richiesta dagli attori al fine di ottenere la declaratoria di nullità ed inefficacia del contratto di factoring stipulato dalla RAGIONE_SOCIALE e dalla RAGIONE_SOCIALEr.l. in data 11 ottobre 1996, del contratto dell’11 ottobre 1996 ‘ condizioni generali delle future operazioni di factoring’, nonché della connessa ‘ appendice alle condizioni generali per le future operazioni di factoring’ del 14 ottobre 1996, per violazi one degli artt. 1346, 1418 e 1325 cod. civ. ed al fine di sentir dichiarare dovute le sole somme in conto capitale, i medesimi attori estesero, quindi, il petitum a quanto sopra detto ed invocarono nello specifico (per effetto dello scambio di memorie ex artt. 180 e 183, comma quinto, cod. proc. civ. all’epoca vigenti): i ) la nullità ed inefficacia delle condizioni generali del contratto di apertura di credito e di conto corrente n. 10626; ii ) la nullità ed inefficacia degli addebiti in c/c per interessi ultralegali applicati; iii ) la nullità ed inefficacia di qualsiasi capitalizzazione di interessi; iv ) la nullità ed inefficacia degli addebiti in c/c per non convenute commissioni sul massimo scoperto trimestrale; v ) l’illegittimità del meccanismo di calcolo dei giorni di valuta; vi ) la determinazione del Tasso Effettivo Globale (T.E.G.) e la nullità ed inefficacia di qualsiasi pretesa eccedente il cd. tasso soglia nel periodo trimestrale di riferimento. Reiterarono quanto già precisato con riferimento al contratto di mutuo ed a quello di factoring (con riferimento al quale contestarono la illegittima applicazione di clausole non pattuite) e chiesero la condanna delle banche convenute al risarcimento del danno (per la illegittima segnalazione alla Centrale rischi presso la Banca d’Italia per uno sta to di sofferenza falsamente quantificato) ed alle spese di lite.
1.3. Si costituì la RAGIONE_SOCIALE, eccependo la prescrizione e contestando la pretesa attorea.
1.4. La BNL s.p.a., nella memoria del 20 aprile 2004, rinunciò sia alla domanda riconvenzionale per il pagamento della somma pretesa a titolo di factoring sia a quella pretesa a titolo di mutuo ipotecario.
Con atto ritualmente notificato (introduttivo del diverso processo n.r.g. 436/2004), i soli NOME COGNOME e NOME COGNOME proposero, innanzi al Tribunale di Teramo, opposizione all’esecuzione preannunciata dalla BNL s.p.a. mediante atto di precetto del 17 giugno 2003, con il quale la banca aveva intimato loro il pagamento della somma di € 202.596,48, oltre accessori, in ragione del credito derivante dal mutuo fondiario oggetto della prima controversia. Le domande ed i motivi proposti erano sovrapponibili all’altra lite, con in più la domanda di accertamento della nullità del precetto e del difetto in capo alla BNL s.p.a. del diritto di agire in executivis .
L’adito tribunale, riuniti i due giudizi predetti, con sentenza n. 805/2015: a ) dichiarò la nullità, per violazione degli artt. 1283 e 1284, comma 3, cod. civ., delle clausole di determinazione degli interessi in misura superiore al tasso legale, di capitalizzazione degli interessi, di applicazione delle commissioni di massimo scoperto e valute contenute nel contratto di conto corrente distinto con il n. 10626 concluso tra la Diesse s.r.l. e la BNL s.p.a.; b ) accertò che il saldo finale dell’appena menzi onato rapporto di conto corrente era pari ad € 186.929,67 a credito in favore della Diesse s.r.l. e, per l’effetto, condannò la BNL s.p.a. al pagamento, in favore del Fallimento Diesse s.r.l., a titolo di ripetizione d’indebito, della somma di € 186.929,67 , oltre interessi al tasso legale dall’8 gennaio 2003 al saldo; c ) dichiarò la nullità del contratto di mutuo stipulato dal COGNOME e dalla Cordoni con la BNL s.p.a., in data 6 maggio 1998, a rogito Notar COGNOME di Mosciano Sant’Angelo, rep. n. 3521, racc. n. 1182; d ) accolse l’opposizione all’esecuzione proposta dal COGNOME e dalla COGNOME e, conseguentemente, dichiarò la nullità del precetto del 17 giugno 2003 notificatogli dalla BNL s.p.a.; e ) condannò la BNL s.p.a. al pagamento, in favore del COGNOME e della COGNOME, a titolo di ripetizione di indebito, della somma di € 24.553,76, oltre interessi al tasso legale dall’8 gennaio 2003 al saldo; f ) rigettò le domande proposte da parte attrice con riferimento al contratto di factoring del 16 dicembre 1996, al
contratto dell’11 ottobre 1996 ‘ condizioni generali delle future operazioni di factoring’ ed alla connessa ‘ appendice alle condizioni generali per le future operazioni di factoring’ del 14 ottobre 1996; g ) rigettò le domande risarcitorie proposte dagli attori; h ) compensò integralmente le spese di lite tra le parti; i ) pose definitivamente a carico di tutte le parti, in egual misura, le spese di consulenza tecnica d’ufficio.
Il gravame promosso contro questa decisione da BNL s.p.a. fu parzialmente accolto dalla Corte di appello di L’Aquila, con sentenza del 24 giugno/28 luglio 2020, n. 1038, pronunciata nel contraddittorio con NOME COGNOME, NOME COGNOME, il RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE che così dispose: «, in parziale riforma della sentenza di primo grado: 1) rigetta la domanda di nullità del contratto di mutuo stipulato da NOME COGNOME e NOME COGNOME con la Banza Nazionale del Lavoro, in data 6 maggio 1998, a rogito Notar COGNOME di Mosciano Sant’Angelo, rep. n. 3521, racc. n. 1182, e rigetta l’opposizione all’esecuzione proposta da NOME COGNOME e NOME COGNOME; 2) compensa interamente tra tutte le parti le spese di lite del presente grado ».
4.1. Per quanto qui ancora di interesse, quella corte, accogliendo il terzo motivo di appello ivi formulato dalla banca, osservò, tra l’altro, che: « La Corte rileva l’irrilevanza dell’esistenza, o meno, di un collegamento tra i contratti di mutuo fondiario e l’eventuale risanamento sul c/c n. 10626 delle passività della RAGIONE_SOCIALE di cui il COGNOME era socio ed amministratore . Ciò che rileva, invece, ai fini che occupano questa sede, è che non si rinvengono, anche in presenza del predetto collegamento, motivi di illiceità della causa del contratto di mutuo, ben potendo il contratto di mutuo fondiario essere utilizzato in termini generali ed astratti per il conseguimento delle finalità più varie, ivi compresa quella del ripianamento di una passività pregressa, che non può dirsi finalità vietata dalla legge (si veda Cass. n.9511/2007 e Cass. 317/2001). A tale riguardo, la Corte richiama il principio di diritto espresso dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 19282/2014 secondo cui ‘Il contratto di mutuo fondiario non è un mutuo di scopo. Ed invero lo scopo del finanziamento non entra nella causa del contratto. Pertanto è lecito il
contratto di mutuo fondiario stipulato per sanare debiti pregressi’. D’altro canto, la stessa Corte Costituzionale, con sentenza n. 175/2004 si è occupata per altro verso della materia, e con obiter dictum ha identificato l’oggetto del mutuo fondiario con la concessione di finanziamenti a medio e lungo termine garantiti da ipoteca di primo grado su immobili, senza necessità che la somma mutuata sia destinata in concreto, ad un’opera edilizia o fondiaria. Per quanto sopra detto, la Corte ritiene che il terzo motivo di appello formulato dalla BNL s.p.a. debba essere accolto e conseguentemente debba essere rigettata la domanda di nullità del contratto di mutuo del 06.05.1998 per Notar COGNOME di Mosciano Sant’Angelo (Te) Rep. 3521 Racc. 1182 stipulato da NOME COGNOME e NOME COGNOME posto a base del precetto del 17.06.2003, e debba essere rigettata l’opposizione all’esecuzione ».
Per la cassazione di questa sentenza, NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto un ricorso recante cinque motivi, illustrati anche da memoria ex art. 380bis .1 cod. proc. civ. Ha resistito, con controricorso, Banca Nazionale del Lavoro s.p.a. Sono rimasti solo intimati, invece, il Fallimento RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE –RAGIONE_SOCIALE
RAGIONI DELLA DECISIONE
I formulati motivi di ricorso denunciano, rispettivamente, in sintesi:
I) « Violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., per omessa pronuncia sul rilievo di nullità dei contratti di mutuo per difetto della causa, accolta dal Tribunale e riproposta dai ricorrenti in appello, nullità derivante d all’accertata originaria insussistenza del saldo passivo del conto corrente ripianato con le somme mutuate ». Si ascrive alla corte distrettuale di non essersi pronunciata sul rilievo di nullità dei contratti di mutuo per difetto della causa, attesa l’originaria insussistenza del saldo passivo del conto corrente ripianato con le somme mutuate, avendo statuito sulla sola nullità di quei contratti per causa illecita;
II) « Violazione dell’art. 132, n. 4, c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., per inesistenza della motivazione, ovvero mera apparenza della stessa, in ordine alla eccepita nullità per difetto di causa del mutuo ». Si lamenta la inesistenza della motivazione della sentenza impugnata, ovvero la
sua mera apparenza, quanto alla eccepita nullità dei mutui per difetto di causa, qualora si ritenesse che il rigetto della domanda di nullità dei mutui costituisca anche rigetto implicito della nullità per difetto di causa;
III) « Violazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. in relazione all’omesso esame del fatto decisivo costituito dall’accertata insussistenza del saldo passivo del conto corrente 1026, anche alle date di stipula dei mutui fondiari impugnati, fatto la cui esistenza risulta dal testo della sentenza impugnata e dagli atti processuali, avente carattere di decisività in relazione al rilievo dell’eccepita inesistenza della causa dei contratti di mutuo, e che ha costituito oggetto di discussione tra le parti ». Si imputa alla corte territoriale di avere del tutto omesso l’esame del fatto, asseritamente decisivo e discusso tra le parti, dell’accertata insussistenza di un saldo debitorio sul conto corrente n. 10626, intestato alla società RAGIONE_SOCIALEla RAGIONE_SOCIALE, non solo alla data di chiusura del rapporto di conto corrente ma anche -ciò che qui rileva -alle date di stipula (25.9.1996 e 6.5.1998) dei mutui fondiari impugnati, per difetto di causa, dagli attuali ricorrenti;
IV) « Violazione degli artt. 1325, n. 2, e 1418 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per nullità dei contratti di mutuo in difetto di causa, stante l’inesistenza dell’esposizione debitoria costituita dal saldo passivo del conto corrente al cui ripianamento le somme maturate erano destinate ». Si insiste nella invocata nullità dei contratti di mutuo per difetto di causa, stante l’accertata finalità solutoria degli stessi e l’inesistenza del saldo passivo del conto corrente ripianato da questi ultimi;
« Violazione riflessa dell’art. 2033 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., in ordine all’implicita revoca della condanna della mutuante, statuita in primo grado, al rimborso, per ripetizione dell’indebito, degli interessi corrispettivi del mutuo del quale si chiede accertarsi la nullità ». Ci si duole dell’erronea, implicita revoca della condanna della mutuante, sancita in primo grado, al rimborso, per ripetizione dell’indebito, degli interessi corrispettivi e delle spese del mutuo del quale è eccepita la nullità.
Allo scrutinio dei primi quattro motivi di ricorso, giova premettere che la recentissima decisione resa da Cass., SU, 5 marzo 2025, n. 5841,
pronunciandosi sulla questione -oggetto di soluzioni non uniformi nella giurisprudenza di questa Corte -concernente il « se il cd. mutuo solutorio -vale a dire, secondo un minimale approccio definitorio che può dirsi comunemente accettato, il mutuo seguito dalla contestuale o comunque immediata destinazione delle somme a ripianare debiti pregressi -possa, oppure no, effettivamente considerarsi un vero e proprio contratto di mutuo o se vada piuttosto diversamente qualificato e, nel primo caso, se possa anche considerarsi valido », hanno stabilito che « Il perfezionamento del contratto di mutuo, con la conseguente nascita dell’obbligo di restituzione a carico del mutuatario, si verifica nel momento in cui la somma mutuata, ancorché non consegnata materialmente, sia posta nella disponibilità giuridica del mutuatario medesimo, attraverso l’accredito su conto corrente, non rilevando in contrario che le somme stesse siano immediatamente destinate a ripianare pregresse esposizioni debitorie nei confronti della banca mutuante, costituendo tale destinazione frutto di atti dispositivi comunque distinti ed estranei alla fattispecie contrattuale. Anche ove si verifichi tale destinazione, il contratto di mutuo (cd. mutuo solutorio), in presenza dei requisiti previsti dall ‘art. 474 cod. proc. civ., costituisce valido titolo esecutivo ».
2.1. In particolare, le Sezioni Unite, dopo aver esposto le ragioni del contrasto ed individuato nei termini suddetti la questione sottoposta al loro esame, hanno rimarcato, tra l’altro, che:
« Ai sensi dell’art. 1813 cod. civ. ‘il mutuo è il contratto col quale una parte consegna all’altra una determinata quantità di danaro o di altre cose fungibili, e l’altra si obbliga a restituire altrettante cose della stessa specie e qualità’. Secondo l’opi nione prevalente in dottrina e pacifica in giurisprudenza il mutuo è un contratto reale, che si perfeziona, cioè, con la consegna (traditio) della cosa data a mutuo (res), la quale però, per essere tale, deve essere idonea a consentire il conseguimento de lla ‘disponibilità giuridica’ della res da parte del mutuatario, per effetto della creazione, da parte del mutuante, di un autonomo titolo di disponibilità, tale da determinare l’uscita della somma dal proprio patrimonio e l’acquisizione della medesima al
patrimonio della controparte, a prescindere da ogni successiva manifestazione di volontà del mutuante. Non è dunque necessaria la consegna materiale, ma è sufficiente che la res sia messa nella ‘disponibilità giuridica’ del mutuatario, il che avviene quand o il mutuante crea un autonomo titolo di disponibilità a favore del primo, fermo restando l’altro elemento costitutivo rappresentato dall’assunzione da parte del mutuatario dell’obbligazione univoca, espressa ed incondizionata -di restituire il tantundem».
« Proprio sul concetto di ‘disponibilità giuridica’ delle somme erogate a titolo di mutuo si concentra, però, il problema giuridico da risolvere nel caso del mutuo solutorio. In particolare, è dall’immediata riappropriazione da parte della banca delle somme mutuate (carattere distintivo dell’operazione) che si origina il dubbio se possa dirsi realizzata la messa a disposizione della somma mutuata, presupposto indispensabile della stessa qualificazione dell’operazione alla stregua di mutuo. La soluzione divar icata che ne danno gli opposti orientamenti nasce da un diverso modo di approccio alla questione. Il primo e prevalente indirizzo adotta un metodo di analisi logico giuridica della fattispecie. Il secondo indirizzo sembra invece privilegiare un metodo empi rico di analisi, legato al concreto atteggiarsi dell’operazione nella pratica e alla considerazione delle motivazioni che, di regola, ne stanno alla base. Dei due metodi è certamente da preferire il primo in quanto maggiormente in grado di ordinare gli elementi che caratterizzano la fattispecie secondo la sequenza fatto-norma-effetto, sequenza che non richiede necessariamente anche un distanziamento temporale, ma che deve essere apprezzabile sul piano logico siccome idonea a dare spiegazione ai fatti accertati secondo il paradigma normativo più appropriato ed esaustivo. Il secondo indirizzo appare, invece, condizionato dall’intento di negare copertura giuridica alla motivazioni spesso (ma non sempre né necessariamente) sottostanti all’operazione, in modo più efficace di quanto non consenta l’eventuale ricorso alle azioni revocatorie o di simulazione; omette in tal modo però di considerare che un conto è la qualificazione (eventualmente, anche solo astratta) dell’operazione negoziale e, quindi, il giudizio sulla validità di
quest’ultima, altra cosa è l’abuso che di un istituto le parti possono mettere concretamente in pratica ».
« Tornando, dunque, alla domanda posta al bivio tra i due orientamenti, la chiave di lettura che si è detto preferibile ne individua la risposta nella sua stessa formulazione: se, infatti, di riappropriazione si tratta per ciò stesso si postula che le somme siano prima transitate sul conto o, comunque, nella ‘disponibilità giuridica’ del mutuatario. Tale nozione ha riguardo all’effetto giuridico rappresentato dal mutamento delle disponibilità economiche e finanziarie del mutuatario e del complessivo assetto delle stesse e non può dubitarsi che tale effetto si realizzi già in conseguenza e al momento dell’accredito. È certo, poi, che l’accredito sul conto di per sé in altro non consiste, né potrebbe consistere, se non in una operazione contabile, ma nulla autorizza a svalutare tale nozione come sinonimo di operazione fittizia o apparente, valendo piuttosto a rappresentare semanticamente nel contesto considerato una reale vicenda economica e giuridica, in definitiva costituita dall’inserimento di una posta attiva in capo al corre ntista come tale idonea a comportare inevitabili mutamenti nei rapporti di dare avere con la banca mutuante. Non può dunque costituire argomento spendibile il rilievo che l’operazione si risolva in una annotazione contabile (come anche nella specie attesta to dalla sua qualificazione in estratto conto come ‘operazione di giro’). Come è stato efficacemente rimarcato (Cass. n. 23149 del 2022, cit.), ‘sostenere che il mutuo solutorio esuli dalla ‘natura tipologica’ del contratto di mutuo, riducendosi ad una ‘partita contabile’, è affermazione che prova troppo: in epoca di moneta elettronica, infatti, qualsiasi solutio si riduce ad una “partita contabile”, come ad es., il pagamento eseguito con carta di credito, carta di debito, carta revolving o PayPal’. Tutti questi atti solutori si sostanziano in una mera annotazione contabile o, al limite, in una delegatio solvendi. È già stato, anzi, in tal senso del tutto condivisibilmente evidenziato che la progressiva dematerializzazione dei valori mobiliari e la loro sostituzione con annotazioni contabili, nonché la normativa antiriciclaggio e le altre misure tese a limitare l’uso di contante nelle transazioni commerciali,
hanno accentuato l’utilizzo di strumenti alternativi al trasferimento di danaro (Cass. 03/12/2021, n. 38331) ».
« Con l’accredito delle somme sul conto corrente, il contratto di mutuo è, dunque, da intendersi perfettamente concluso e la disponibilità giuridica della somma effettivamente conseguita; e ciò a prescindere dal successivo (logicamente, anche se cronologicamente contestuale) impiego delle somme, la cui destinazione è manifestazione di un differente interesse che sorregge un atto ulteriore, autonomo benché ovviamente dipendente dal primo, in quanto proprio dal primo reso possibile. Ben si comprende allora come il sintagma ‘mutuo solutorio’ non definisca una figura contrattuale atipica, né diversa dal contratto tipico di mutuo. Esso ha piuttosto una valenza meramente descrittiva di un particolare utilizzo del mutuo. Non si tratta di un mutuo di scopo. Nel mutuo di scopo una parte si obbliga a fornire le risorse economiche necessarie per il conseguimento di una finalità legislativamente prevista (Cass. n. 943 del 2012) o convenzionalmente pattuita (Cass. n. 26770 del 2019; n. 15929 del 2018; n. 24699 del 2017) ad un’altra parte, la quale si impegna non solo a restituire l’importo ricevuto ma anche a svolgere le attività necessarie per il raggiungimento dello scopo, sicché l’impegno assunto dal mutuatario si inserisce nel sinallagma contrattuale assumendo rilevanza sotto il profilo causale. Tutto ciò non si verifica nel mutuo solutorio, nel quale l’utilizzo della somma non attiene al momento genetico del contratto di mutuo e non ne caratterizza la causa, ma, quale elemento logicamente successivo, si colloca interamente su di un piano ulteriore e distinto: ciò come detto – non sempre né necessariamente in senso cronologico, ma certamente in senso logico e giuridico dal momento che proprio la disponibilità giuridica delle poste attive sul conto corrente consente l’im putazione giuridica ed economica dei movimenti contabili successivi. Non è dunque possibile qualificare il mutuo solutorio come pactum de non petendo in ragione della pretesa mancanza di un effettivo spostamento di denaro, poiché tale spostamento invece vi è ed è anzi presupposto dell’operazione: l’accredito in conto corrente delle somme erogate non solo è sufficiente ad integrare la datio rei giuridica propria del mutuo, ma anzi proprio la possibilità
di un loro impiego è condizione per estinguere il debito già esistente. Come ha evidenziato Cass. n. 23149 del 2022, componendosi il patrimonio di ogni soggetto di beni materiali, beni immateriali e crediti, chi usa il denaro ricevuto in mutuo per estinguere un debito verso il mutuante purga il proprio patrimonio di una posta negativa. Ne deriva, per converso, che se la consistenza del patrimonio del mutuatario risulta essere mutata, uno ‘spostamento di denaro’ deve essersi necessariamente verificato ».
« Peraltro, anche dal punto di vista pratico, l’opinione qui respinta manifesta la sua debolezza. Nella prassi, infatti, avviene spesso che l’operazione in esame sia accompagnata non solo, o non tanto, dalla concessione di una garanzia, quale l’ipoteca, ma da ulteriori modificazioni dell’originario rapporto. In particolare, vengono spesso modificati i tassi di interesse, le modalità di restituzione della somma mutuata (non solo le scadenze finali, ma anche la periodicità), gli accessori o altre garanzie personali. In tutti questi casi, appare evidente l’eccentricità dell’operazione, complessivamente intesa, rispetto ad un mero pactum de non petendo».
« Non vi sono, inoltre, ragioni che possano giustificare una aprioristica stigmatizzazione dell’operazione in termini di nullità negoziale. La destinazione, ancorché immediata, delle somme mutuate ad estinzione di esposizioni pregresse, non presenta di per sé carattere di intrinseca illegittimità -salvo l’accertamento di peculiari condotte delittuose ridondante, sul piano negoziale, in un vizio di nullità (cfr. Cass. n. 26248 del 2024; n. 4376 del 2024; n. 16706 del 2020) -essendo anzi essa stessa espressione di un principio di ordine pubblico e risultando peraltro tipizzata dal legislatore per alcune figure di finanziamento . Ciò, certo, non esclude che, in concreto, il cd. mutuo solutorio possa mascherare un atto in frode ai creditori o un mezzo anomalo di pagamento. Una tale finalizzazione dell’operazione rileva però sotto il profilo dell’inefficacia (revocatoria ordinaria o fallimentare), non dell’invalidità, non verificandosi alcuna violazione di norme imperative (Cass. n. 5034 del 2022; n. 3024 del 2020; n. 4202 del 2018) . ».
« Se, dunque, è certamente vero che la concessione di un mutuo cd. solutorio può, nel singolo caso, celare un atto in frode dei creditori o un mezzo anomalo di pagamento, è anche vero che -come già detto -un conto è la qualificazione (eventualmente, anche solo astratta) dell’operazione negoziale e, quindi, il giudizio sulla validità di quest’ultima, altra cosa è l’abuso che di un istituto le parti possono mettere concretamente in pratica al fine di ledere la par condicio creditorum. Quest’ultimo profilo tr ova il proprio compendio rimediale non già attraverso una tutela ‘reale’ che elimini dalla realtà giuridica, attraverso la sanzione della nullità, il contratto, ma attraverso ulteriori strumenti garantiti dall’ordinamento, quali ad es., la revocabilità del pagamento ovvero l’inefficacia delle garanzie abusivamente concesse. In particolare, la stipulazione di un contratto di mutuo con la contestuale concessione d’ipoteca sui beni del mutuatario, ove non risulti destinata a procurare a quest’ultimo un’effettiva disponibilità, essendo egli già debitore in virtù di un rapporto obbligatorio non assistito da garanzia reale, è revocabile, in presenza dei relativi presupposti, in quanto diretta, per un verso, ad estinguere con mezzi anormali la precedente obbligazione e, per altro verso, a costituire una garanzia per il debito preesistente, dovendosi ravvisare il vantaggio conseguito dalla banca non già nella stipulazione del negozio in sé, ma nell’impiego dello stesso come mezzo per la ristrutturazione di un passivo almeno in parte diverso (v. in questo senso, Cass. Sez. 1, ordinanza n. 4694 del 22/02/2021, Rv. 660570-01) ».
« Né, ove si tratti di mutuo fondiario, la sua finalizzazione al ripianamento di debiti pregressi può configurare causa di nullità del contratto per mancanza di causa o la sua risoluzione per inadempimento. Anche per il mutuo fondiario (il quale si caratterizza per la concessione da parte degli istituti di credito di un finanziamento a medio e lungo termine garantito da ipoteca di primo grado su un bene immobile, con un limite di finanziabilità fissato all’80% del valore degli immobili offerti in garanzia: a rt. 38 t.u.b.) è pacifica l’opinione e va qui ribadito -che lo scopo del finanziamento esuli dalla causa del contratto, rappresentata, al contrario, dall’immediata disponibilità di denaro, a fronte della concessione di una garanzia immobiliare ipotecaria, e dall’obbligo di
restituzione della somma erogata. Si esclude, dunque, che il mutuo fondiario sia un mutuo di scopo ‘poiché nessuna delle norme da cui è regolato impone una specifica destinazione del finanziamento concesso né vincola il mutuatario al conseguimento di una determinata finalità e l’istituto mutuante al controllo dell’utilizzazione della somma erogata, ma si qualifica nella specificità in funzione della possibilità di prestazione, da parte del mutuatario che sia proprietario di immobili rustici o urbani, di gar anzia ipotecaria’ (Cass. n. 9838 del 2021; n. 1517 del 2021; n. 724 del 2021; n. 10117 del 2021; n. 20552 del 2020; n. 3024 del 2020; n. 4792 del 2012; n. 9511 del 2007). Ne deriva che è pure da escludere che l’eventuale indicazione nel contratto di mutuo di una destinazione delle somme diversa da quella in concreto realizzata possa comportare l’applicazione dei rimedi della nullità (Cass. n. 26770 del 2019; n. 25793 del 2015) o della risoluzione del contratto (Cass. n. 1517 del 2021) ».
« Né, infine, può dirsi che la previsione già nel contratto di mutuo ordinario di una destinazione della somma mutuata al ripianamento di debiti determini di per sé una modifica del tipo contrattuale, costituendo essa una semplice esteriorizzazione dei motivi del negozio. Allo stesso modo, la conoscenza da parte della banca della necessità del mutuatario di estinguere pregresse passività non rende lo scopo comune. La disciplina del mutuo ordinario di cui agli artt. 1813 ss. c.c. non attribuisce, infatti, alcun rilievo causale alla destinazione della somma mutuata (Cass. n. 8382 del 2022). Nella conclusione di un contratto di mutuo, gli scopi soggettivi che alimentano la volontà delle parti rimangono al di fuori della struttura del contratto, contrariamente a quanto avviene nel mutuo di scopo. L’utilizzo concreto delle somme da parte del mutuatario risulta, in definitiva, giuridicamente irrilevante, e, quindi, inidoneo tanto ad inficiare la validità del contratto sotto il profilo della causa, quanto ad influire sul sinallagma contrattuale . ».
« Posto che la destinazione delle somme mutuate al ripianamento di pregresse esposizioni, ancorché immediato e realizzato attraverso una mera operazione contabile cd. ‘di giro’, non toglie, ma anzi presuppone, che il mutuo si sia perfezionato (con l’accredit o delle somme sul conto corrente),
ne discende che il contratto medesimo, nella ricorrenza dei requisiti di cui all’art. 474 c.p.c., costituisce valido titolo esecutivo ».
Dalle considerazioni sopra svolte intorno al concetto di ‘ disponibilità giuridica ‘» ed alla valenza di elemento costitutivo del contratto di mutuo attribuibile all’accredito delle somme su conto corrente, deriva che « tale accredito determina di per sé un effetto non solo contabile ma anche, indissolubilmente, economico e giuridico venendo a costituire posta attiva del patrimonio dell’intestatario del conto, da quella appostazione derivando sempre e comunque un mutamento della complessiva situazione debitoria/creditoria del mutuatario. È in ciò che si realizza e si esaurisce quella disponibilità giuridica che è necessaria ma anche sufficiente perché possa dirsi perfezionato il contratto di mutuo. L’atto dispositivo vale a dire l’utilizzo delle somme logicamente anche se non cronologicamente successivo -è elemento esterno alla fattispecie legale del contratto di mutuo e non ne condiziona, dunque, il perfezionamento. È pertanto certamente vero che la disposizione operata dal mutuatario presuppone (e quindi di per sé dimostra) l’acquisita disponibilità giuridica, ma non è vero anche il contrario, che cioè ove pure si dimostri che quella disposizione non provenga dal mutuatario, per ciò stesso si dovrebbe anche escludere che la disponibilità giuridica non fosse stata in precedenza acquisita. La movimentazione in uscita di somme dal conto corrente bancario operata in assenza di disposizioni in tal senso dell’intestatario è condotta illecita aggredibile, se del caso, dall’interessato, in sé e per sé, con i rimedi restitutori e/o risarcitori appropriati (fermo restando che di contro occorrerebbe anche considerare il venir meno dell’effetto estintivo delle pregresse esposizioni e l’insorgere dell’obbligo di restituire comunque le somme messe a disposizione), ma resta pur sempre fatto distinto dal mutuo e dalla erogazione delle somme che lo ha perfezionato attraverso l’accredito; l’eventuale illiceità di quell’atto non può valere a elidere la realtà effettuale del fatto che lo precede, vale a dire l’accredito e la disponibilità giuridica delle somme che con esso si determina ».
« È appena il caso di precisare al riguardo che da tale ipotesi va comunque tenuta distinta quella dell’accredito delle somme mutuate su conto corrente
già debitore nei confronti della banca mutuante. In tal caso l’estinzione o la riduzione del saldo debitorio sono effetti algebrici della erogazione delle somme su conto corrente debitore e lo è allo stesso modo il risultato , ex art. 1852 cod. civ., della ‘materiale’ disponibilità da parte del mutuatario solo di quella parte delle somme mutuate eventualmente eccedenti il precedente saldo passivo. Ciò però non esclude né la effettiva traditio delle somme (dal momento che la disponi bilità ‘giuridica’ delle so mme è proprio ciò che ha consentito l’estinzione o la riduzione del precedente saldo debitore), né la riferibilità di quella destinazione solutoria al mutuatario, questa essendo coessenziale alla accettazione, al momento della stipula del mutuo, del suo regolamento su conto corrente che il mutuatario, essendone anche l’intestatario, ben sapeva o doveva sapere essere in passivo ».
2.2. Orbene, è palese che le argomentazioni tutte fin qui riportate, che il Collegio condivide integralmente, incidano sui formulati motivi di ricorso, contribuendone -in modo dirimente -a giustificarne la infondatezza nei sensi di cui appresso.
Il primo motivo, che, come si ricorderà, ascrive alla corte distrettuale di essersi pronunciata solo sulla liceità, o meno, del mutuo solutorio e non anche sull’ulteriore eccepito suo difetto di causa (e conseguente nullità) in relazione alla concreta vicenda in esame, si rivela insuscettibile di accoglimento.
3.1. Esso, infatti, nei termini in cui effettivamente è stato prospettato, in ogni caso sarebbe inidoneo a provocare la cassazione della decisione impugnata, tenuto conto dei principi complessivamente desumibili dalla già descritta pronuncia resa da Cass., SU, n. 5841 del 2025, laddove si è chiarito, tra l’altro, che: i ) in relazione al mutuo fondiario (tali erano, pacificamente, quelli di cui oggi si discute), -che si caratterizza per la concessione da parte degli istituti di credito di un finanziamento a medio e lungo termine garantito da ipoteca di primo grado su un bene immobile, con un limite di finanziabilità fissato all’80% del valore degli immobili offerti in garanzia (art. 38 t.u.b.) -è pacifica l’opinione « che lo scopo del finanziamento esuli dalla causa del contratto, rappresentata, al contrario, dall’immediata disponibilità di denaro,
a fronte della concessione di una garanzia immobiliare ipotecaria, e dall’obbligo di restituzione della somma erogata. Si esclude, dunque, che il mutuo fondiario sia un mutuo di scopo ‘poiché nessuna delle norme da cui è regolato impone una specifica destinazione del finanziamento concesso né vincola il mutuatario al conseguimento di una determinata finalità e l’istituto mutuante al controllo dell’utilizzazione della somma erogata, ma si qualifica nella specificità in funzione della possibilità di prestazione, da parte del mutuatario che sia proprietario di immobili rustici o urbani, di garanzia ipotecaria’ (Cass. n. 9838 del 2021; n. 1517 del 2021; n. 724 del 2021; n. 10117 del 2021; n. 20552 del 2020; n. 3024 del 2020; n. 4792 del 2012; n. 9511 del 2007) »; ii ) più in generale, « La disciplina del mutuo ordinario di cui agli artt. 1813 ss. c.c. non attribuisce, , alcun rilievo causale alla destinazione della somma mutuata (Cass. n. 8382 del 2022). Nella conclusione di un contratto di mutuo, gli scopi soggettivi che alimentano la volontà delle parti rimangono al di fuori della struttura del contratto, contrariamente a quanto avviene nel mutuo di scopo. L’utilizzo concreto delle somme da parte del mutuatario risulta, in definitiva, giuridicamente irrilevante, e, quindi, inidoneo tanto ad inficiare la validità del contratto sotto il profilo della causa, quanto ad influire sul sinallagma contrattuale . ».
Il secondo motivo di ricorso, che, come si ricorderà, lamenta l’inesistenza o la mera apparenza della motivazione della sentenza impugnata quanto alla pretesa nullità dei contratti di mutuo per difetto di causa, si rivela comunque inidoneo a provocare la cassazione della medesima sentenza, ove pure si volesse, – in via di mera ipotesi -considerare sussistente un simile vizio (magari opinando che la motivazione della corte distrettuale sarebbe riferita esclusivamente alla liceità dei mutui in questione e non anche al loro difetto di causa in concreto originaria). Tanto, per l’affatto dirimente ragione, appena esposta ( cfr . § 3.2.), -e che, dunque, per intuibili ragioni di sintesi, deve intendersi qui riprodotta -per cui è stata ritenuta infondata la doglianza di cui al precedente motivo.
Il terzo motivo di ricorso, che censura l’omesso esame del fatto, asseritamente decisivo e discusso tra le parti, dell’accertata insussistenza di
un saldo debitorio sul conto corrente n. 10626, intestato alla società del RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALEla RAGIONE_SOCIALE), non solo alla data di chiusura del rapporto di conto corrente ma anche alle date di stipula (25.9.1996 e 6.5.1998) dei mutui fondiari impugnati, per difetto di causa, dal RAGIONE_SOCIALE e dalla RAGIONE_SOCIALE, si rivela infondato.
5.1. È innegabile, infatti, che la corte distrettuale, laddove ha escluso a monte qualsivoglia rilevanza del collegamento negoziale tra i mutui predetti ed il risanamento del menzionato conto corrente, ha sostanzialmente esaminato, evidentemente ritenendolo, sebbene implicitamente, privo di decisività, il fatto del cui omesso esame oggi si dolgono i ricorrenti. A tanto va solo aggiunta, come ulteriore giustificazione della non decisività di quel fatto, l’affatto dirimente ragione, già esposta al precedente § 3.2. di questa motivazione, – da intendersi qui nuovamente trascritta -per cui è stata ritenuta infondata la doglianza di cui al primo motivo.
Parimenti insuscettibile di accoglimento risulta il quarto motivo, con il quale si è insistito nella invocata nullità dei contratti di mutuo per difetto di causa, stante l’accertata finalità solutoria degli stessi e l’inesistenza del saldo passivo del conto corrente ripianato da questi ultimi.
6.1. In proposito, infatti, è sufficiente richiamare sia le argomentazioni tutte, già riportate, della pronuncia delle sezioni Unite di questa Corte n. 5841 del 2025, sia le già descritte ragioni di inammissibilità ed infondatezza del primo motivo e quelle di infondatezza del secondo e del terzo.
Circa il quinto motivo di ricorso, infine, che lamenta l’erronea, implicita revoca della condanna della banca mutuante, come sancita in primo grado, al rimborso, per ripetizione dell’indebito, degli interessi corrispettivi e delle spese del mutuo del quale è eccepita la nullità, lo stesso deve considerarsi evidentemente assorbito, stante l’avvenuto mancato accoglimento di quelli precedenti, la cui invocata (ma rimasta solo tale) fondatezza ne costituisce il logico presupposto.
In definitiva, quindi, l’odierno ricorso di NOME COGNOME e NOME COGNOME deve essere respinto, restando a loro carico, in via solidale, le spese di questo giudizio di legittimità, altresì dandosi atto -in assenza di ogni discrezionalità
al riguardo ( cfr . Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017) e giusta quanto precisato da Cass., SU, n. 4315 del 2020 -che, stante il tenore della pronuncia adottata, sussistono, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte dei medesimi ricorrenti, in solido tra loro, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto, mentre « spetterà all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento ».
PER QUESTI MOTIVI
La Corte rigetta il ricorso di NOME COGNOME e NOME COGNOME e li condanna, in solido tra loro, al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità sostenute dalla costituitasi controricorrente, liquidate in complessivi € 5.800,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in € 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera dei medesimi ricorrenti, in solido tra loro, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, giusta il comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima sezione civile