Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 17148 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 17148 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso 9531/2021 proposto da:
COGNOME rappres. e difesi dall’avv. NOME COGNOME per procura speciale in atti;
-ricorrenti –
-contro-
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappres. p.t., quale mandataria della RAGIONE_SOCIALE rappres. e difesa dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME per procura speciale in atti:
-controricorrente-
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappres. pt.;
-intimata- avverso la sentenza n. 1601/2020 della Corte d’appello di Catania pubblicata il 29.09.2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29/05/2025 dal Cons. rel., dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Con decreto emesso il 4.1.2016 veniva ingiunto a NOME COGNOME e NOME COGNOME il pagamento della somma di euro 3.167.757,22 quale credito per otto rate del contratto di finanziamento per euro 3.000.000 stipulato il 25.6.13.
Con sentenza del 22.2.18 il Tribunale di Siracusa rigettava l’opposizione al suddetto decreto proposta dal COGNOME, accogliendola per la COGNOME quale fideiussore.
Con sentenza del 21.9.2020 la Corte territoriale rigettava l’appello del Barreca e accoglieva quello della Banca MPS spa, condannando la COGNOME, in solido con il primo, al pagamento della somma di euro 3.167.757,22 oltre interessi convenzionali.
Quanto all’appello del Barreca, la Corte d’appello di Catania osservava che: l’appellante aveva criticato la motivazione che lo stesso Tribunale aveva qualificato ad abundantiam , in ordine alla qualifica del mutuo come di scopo, senza attingere l’effettiva motivazione; al riguardo, non era fondata la prospettazione dell’ appellante di nullità del mutuo, relativa alla circostanza che le esposizioni da ripianare con il provento del mutuo sarebbero derivate da pregressi rapporti tra le parti caratterizzati da clausole nulle (perché prevedenti interessi ultralegali ed anatocistici) e da cui sono scaturite le obbligazioni da estinguere con il finanziamento, e che pertanto sarebbero inesistenti ove tali rapporti fossero stati depurati dalle predette clausole, con la conseguenza che difetterebbe la stessa causa; tale prospettazione era comunque generica, non essendo stati indicati i contratti richiamati nel mutuo e, in ogni caso, gli asseriti contratti pregressi non erano stati prodotti, risultando precluso qualunque accertamento dei tassi e delle
condizioni applicate dalla banca (essendo onere del convenuto dimostrare la fondatezza dell’eccezione sollevata); la banca aveva invece assolto il proprio onere probatorio, producendo il contratto di mutuo oggetto dell’inadempimento; non era corretto il riferimento all’omessa contestazione da parte della banca in ordine a documenti prodotti, in mancanza di fatti specifici che la banca avrebbe dovuto contestare; il contenuto del giuramento decisorio deferito era generico, non consentendo di stabilire né se gli interessi ultralegali richiesti trovassero idonea fonte, né se e in quale misura la dedotta nullità della clausola anatocistica avesse determinato una posizione creditoria concreta della banca, da ritenere illegittima; era altresì infondato il motivo con cui era stato dedotto il mancato rilievo d’ufficio della nullità dei contratti che avevano dato origine al debito da ripianarsi con il finanziamento, in quanto non emergente dagli atti acquisiti.
Circa l’appello della MPS, la Corte d’appello invece osservava che: era da accogliere il motivo unico concernente la statuizione sull’annullamento della fideiussione rilasciata dal Barreca, il quale aveva conferito procura generale alla Barcio, per conflitto d’interessi del rappresentante pronunciato su domanda di quest’ultima; al riguardo, l’esistenza del conflitto d’interessi ai sensi dell’art. 1394 cc richiedeva un accertamento in concreto sulla base di una comprovata relazione antagonistica d’incompatibilità degli interessi di cui erano portatori il rappresentante e il rappresentato; il Tribunale si era limitato a constatare tale mera coincidenza conflittuale senza che la stessa COGNOME avesse dedotto specifiche situazioni, essendo emersi stretti rapporti di parentela tra le stesse parti, sicché la fideiussione era da ricollegare ad un vantaggio economico per l’intero nucleo familiare (fatti non contestati); era parimenti infondata la doglianza relativa alla nullità della fideiussione perché contratto ‘a valle’ derivante da accordi
presi dalle banche in violazione della normativa antitrust (come accertato con delibera n 55 del 2.5.05 della banca d’Italia in relazione alle norme bancarie uniformi ABI in materia); in particolare, la questione della dispensa del fideiussore dall’osservanza dei termini di cui all’art. 1957 cc era irrilevante, in quanto la banca non si era avvalsa di tale rinuncia, attivandosi solo con il ricorso monitorio, alla scadenza del termine semestrale, dalla scadenza dell’obbligazione principale (coincidente con la scadenza dell’ultima rata convenuta).
NOME COGNOME ricorre in cassazione, avverso la suddetta sentenza, con sei motivi. La RAGIONE_SOCIALE quale mandataria della RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
Non si è costituita Banca MPS s.p.a.
RITENUTO CHE
Il primo motivo denunzia violazione degli artt. 1230, 1813, cc, in relazione a ll’art. 1325 cc, per aver la Corte d’appello, dopo aver correttamente rilevato che il contratto di finanziamento era stato stipulato al fine di estinguere i pregressi debiti assunti dal ricorrente nei confronti della banca, erroneamente qualificato tale contratto come finanziamento piuttosto che quale pactum de non petendo, ritenendo erroneamente provato il credito in questione che, invece, la banca avrebbe avuto l’onere di provare.
Il secondo motivo denunzia violazione degli artt. 112, 115, 116, cpc, 2697 cc, in relazione agli artt. 117 e 127 d.lgs. 385/93, 1284 cc, 23 dlgs. n. 58/98, in relazione all’art. 1325 cc, per aver la Corte d’appello , omettendo di rilevare che il collegamento negoziale con i pregressi rapporti contrattuali estinti atteneva alla causa concreta del contratto di finanziamento, ritenuto che l’onere di dimostrare la validità del rapporto contrattuale a sostegno del ricorso monitorio incombesse sull’opponente e non sulla banca.
Il terzo motivo deduce omesso esame della documentazione prodotta il 23.10.17, per non aver la Corte territoriale rilevato che essa identificava i pregressi rapporti contrattuali (contratto derivato e i relativi addebiti, in mancanza del relativo contratto; estratti-conto dai quali desumere l’applicazione di interessi ultralegali al conto corrente con apertura di credito ed interessi anatocistici).
Il quarto motivo deduce nullità del contratto di conto corrente assistito da apertura di credito, del contratto derivato e dei contratti di finanziamento oggetto di ripianamento, nonché violazione degli artt. 1418, 1421, cc, 117, 127 dlgs. 385/93, 1284 cc, 23 dlgs. 58/98, 1325 cc, per aver la Corte d’appello rigettato l’eccezione di nullità dei suddetti contratti oggetto di ripianamento, tutti funzionalmente collegati a quello di finanziamento, omettendo di dichiararne la nullità, anche considerando la mancanza di forma scritta dei contratti pregressi.
Il quinto motivo deduce violazione degli artt. 1394, 1395, cc, per aver la Corte territoriale pronunciato l’annullamento del contratto di fideiussione, pur avendo il ricorrente concluso un contratto con sé stesso dal cui testo si evinceva il riferimento alla procura generale (rilasciata dalla Barcio al Barreca) che non conteneva l’autorizzazione al compimento di atti in conflitto d’interessi, in mancanza della prova, da parte della banca, che l’operazione di finanziamento era dovuta alla volontà della fideiussore o che il suo contenuto fosse stato da lei predeterminato.
Il sesto motivo denunzia violazione degli artt. 112, 115, 116, cpc, 2697 cc, per aver la Corte d’appello posto a fondamento della sentenza la mancata specifica contestazione, da parte della fideiussore, dell’asserito generico vantaggio che la prestazione della garanzia avrebbe assicurato al nucleo familiare, non trattandosi di fatti specifici
suscettibili di contestazione, non avendo peraltro la banca chiarito quale fosse il vantaggio per la COGNOME, estranea ai debiti pregressi. Il primo motivo è inammissibile.
Va osservato che è valido e, in presenza dei requisiti prescritti dall’art. 474 c.p.c., costituisce titolo esecutivo il contratto di mutuo “solutorio”, il quale si perfeziona, con la conseguente nascita dell’obbligo di restituzione a carico del mutuatario, nel momento in cui la somma mutuata, ancorché non consegnata materialmente, è posta nella disponibilità giuridica del mutuatario medesimo, attraverso l’accredito su conto corrente, e non rileva in contrario che le somme stesse siano immediatamente destinate a ripianare pregresse esposizioni debitorie nei confronti della banca mutuante, costituendo tale destinazione frutto di atti dispositivi comunque distinti ed estranei alla fattispecie contrattuale (SU, n. 5841/2025).
La soluzione si colloca sulla scia del precedente maggioritario orientamento secondo cui il cosiddetto “mutuo solutorio”, stipulato per ripianare la pregressa esposizione debitoria del mutuatario verso il mutuante, non è nullo – in quanto non contrario né alla legge, né all’ordine pubblico – e non può essere qualificato come una mera dilazione del termine di pagamento del debito preesistente oppure quale “pactum de non petendo” in ragione della pretesa mancanza di un effettivo spostamento di denaro, poiché l’accredito in conto corrente delle somme erogate è sufficiente ad integrare la “datio rei” giuridica propria del mutuo e il loro impiego per l’estinzione del debito già esistente purga il patrimonio del mutuatario di una posta negativa (SU n. 5841/2025; Cass., n. 231249/2022; n. 7740/2020; in senso contrario, Cass. Sez. 1, sentenza n. 1517 del 25-1-2021, Cass. Sez. 1, ordinanza n. 20896 del 5-8-2019).
Il ‘mutuo solutorio’, secondo quanto chiarito dalla citata decisione delle Sezioni Unite, si distingue altresì dal il mutuo di scopo, la cui causa è più di ampia di quella del normale contratto di mutuo, in quanto il mutuatario non si obbliga solo a restituire la somma mutuata e a corrispondere gli interessi, ma anche a realizzare lo scopo concordato, mediante l’attuazione in concreto del programma negoziale, va inquadrato nell’ambito dei contratti di durata, poiché le parti sono avvinte dal rilievo causale che il raggiungimento dello scopo assume nell’economia del rapporto (Cass., n. 2519/2024).
Orbene, la decisione impugnata è del tutto conforme al menzionato orientamento, mentre la doglianza in esame è diretta a contrapporre alla motivazione in questione una diversa, fondata su argomentazioni in diritto respinte dalle Sezioni Unite, con quanto ne segue ai sensi dell’art. 360 bis n. 1 c.p.c. .
L’inammissibilità del primo motivo refluisce sul secondo, posto che non era onere della banca dimostrare l’esistenza del debito per l’estinzione del quale era stato stipulato il mutuo, in quanto essa doveva provare soltanto il perfezionamento del contratto del mutuo azionato in via monitoria, essendo ad esso estranea la destinazione finalistica delle somme mutate, non attenendo alla causa contrattuale, né al suo atto genetico.
Il terzo mezzo è inammissibile perché estraneo a ll’ambito del vizio contemplato dal n. 5 dell’art. 360, c.1, cpc: invero, il motivo non ha ad oggetto uno specifico fatto storico, ma il governo dell’intero materiale probatoria acquisito al giudizio, poiché si sostiene che dalla documentazione prodotta fossero identificabili i rapporti pregressi. E, secondo un consolidato orientamento di questa Corte, il mancato esame di un documento può essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui determini l’omissione di motivazione su un punto decisivo
della controversia e, segnatamente, quando il documento non esaminato offra la prova di circostanze di tale portata da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la “ratio decidendi” venga a trovarsi priva di fondamento. Ne consegue che la denuncia in sede di legittimità deve contenere, a pena di inammissibilità, l’indicazione delle ragioni per le quali il documento trascurato avrebbe senza dubbio dato luogo a una decisione diversa (Cass., n. 16812/2018; n. 16583/2024).
Nella specie, il motivo è fondato sull’omesso esame di documenti che avrebbero dimostrato i rapporti pregressi tra le parti e, dunque, la destinazione delle somme mutuate all’estinzione dei debiti derivanti da tali rapporti, ma, come si è visto, tale destinazione finalistica è irrilevante, poiché riguarda questioni che non sono decisive in quanto esorbitanti dall’ambito del mutuo solutorio.
Inoltre, la Corte d’appello ha rilevato che, prescindendo dalla qualifica del contratto di finanziamento come mutuo di scopo, il ricorrente non aveva adeguatamente impugnato la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva argomentato che il Barreca non avesse indicato specificamente i contratti richiamati nel suddetto contratto. Ora, sotto tale profilo, emerge un’ulteriore fattispecie d’inammissibilità del motivo; nel ricorso, infatti, non è interamente trascritto il contenuto del contratto di finanziamento, nella parte in questione.
Il quarto motivo è inammissibile. I ricorrenti assumono che la nullità discenderebbe dalla mancata produzione dei contratti a monte, ma a parte il fatto che l’onere della prova al riguardo, come detto, non incombeva sulla banca, la doglianza fa riferimento al l’art. 117 TUB con riguardo a contratti che neppure risulta fossero sottoposti al requisito
della forma scritta ratione temporis , e la cui individuazione non è stata neppure allegata.
In ogni caso, il motivo muove nuovamente dalla premessa errata del collegamento contrattuale, che riguarda la prospettiva della configurabilità dell’invocato pactum de non petendo (di cui si è discorso in ordine ai precedenti motivi).
Il quinto motivo è inammissibile perché non deduce un error in iudicando in iure , ma scivola nel merito. Invero, la doglianza formulata non riguarda il significato e la portata applicativa delle norme richiamate, ma piuttosto la concreta applicazione fattane in funzione delle risultanze di causa (è stato dedotto che la COGNOME avesse interesse ad estinguere il debito del Barreca, ciò che è stato recisamente escluso dalla Corte d’appello ).
Inoltre, va rilevato che la critica è relativa a questione nuova, attraverso il riferimento alla fattispecie del contratto con sé stesso, che non emerge dagli atti e non ha costituito oggetto di discussione tra le parti.
Infine, il sesto motivo è parimenti inammissibile.
La Corte territoriale ha richiamato il consolidato orientamento di questa Corte a tenore del quale, il conflitto d’interessi idoneo, ex art. 1394 c.c., a produrre l’annullabilità del contratto, richiede l’accertamento dell’esistenza di un rapporto d’incompatibilità tra gli interessi del rappresentato e quelli del rappresentante, da dimostrare non in modo astratto od ipotetico ma con riferimento al singolo atto o negozio che, per le sue intrinseche caratteristiche, consenta la creazione dell’utile di un soggetto mediante il sacrificio dell’altro; tale situazione, riferendosi ad un vizio della volontà negoziale, deve essere riscontrabile al momento perfezionativo del contratto, restando irrilevanti evenienze
successive eventualmente modificative dell’iniziale convergenza d’interessi (Cass., n. 8907/2024; n. 2529/2017).
Nella specie, il ricorrente non ha espressamente attinto tale ratio , esprimendo una doglianza non pertinente alla motivazione della sentenza impugnata che ha fatto riferimento alla non contestazione, da parte del ricorrente, del fatto che il conflitto d’interessi non fosse stato adeguatamente dedotto, atteso che era da presumere che la fideiussione fosse stata contratta nell’interesse del nucleo familiare di cui erano parte il rappresentante e la rappresentata.
Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso, e condanna i ricorrenti al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio, che liquida nella somma di euro 18.200,00 di cui 200,00 per esborsi, oltre alla maggiorazione del 15% quale rimborso forfettario delle spese generali, iva ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.p.r. n.115/02, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, ove dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio del 29 maggio 2025.