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Mutuo in franchi svizzeri: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha esaminato il caso di un mutuo in franchi svizzeri, le cui clausole erano state giudicate poco trasparenti dall’AGCM. La Corte ha stabilito che la mancanza di trasparenza di una clausola non ne determina automaticamente la nullità. Per essere nulla, la clausola deve creare un significativo squilibrio a danno del consumatore. Inoltre, la sentenza ha chiarito che le decisioni dell’AGCM non creano una presunzione legale vincolante per il giudice civile, il quale mantiene la propria autonomia di valutazione.

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Mutuo in Franchi Svizzeri: la Cassazione esclude la nullità automatica per scarsa trasparenza

Una recente sentenza della Corte di Cassazione affronta la complessa questione del mutuo in franchi svizzeri, fornendo chiarimenti cruciali sul rapporto tra trasparenza contrattuale, vessatorietà delle clausole e valore dei provvedimenti dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM). La decisione segna un punto di svolta, specificando che la sola mancanza di chiarezza di una clausola non è sufficiente a decretarne la nullità.

I Fatti di Causa: Un Mutuo e il Rischio di Cambio

Un gruppo di mutuatari aveva citato in giudizio un istituto di credito, chiedendo di dichiarare la nullità di alcune clausole contenute nei loro contratti di mutuo. Tali contratti, indicizzati al franco svizzero, prevedevano un meccanismo di “doppia indicizzazione”: il debito era legato non solo a un tasso di interesse variabile, ma anche al tasso di cambio tra euro e franco svizzero. I clienti lamentavano la scarsa trasparenza di queste clausole, in particolare quelle relative all’estinzione anticipata, che li esponevano a un significativo rischio valutario. Le loro richieste erano state respinte sia in primo grado che in appello.

Il Valore del Provvedimento AGCM nel Giudizio sul Mutuo in Franchi Svizzeri

Il fulcro del ricorso in Cassazione si basava su un provvedimento dell’AGCM che aveva effettivamente accertato la redazione “in modo poco chiaro” delle clausole in questione. Secondo i ricorrenti, tale accertamento avrebbe dovuto portare il giudice a dichiarare d’ufficio la nullità delle clausole per vessatorietà, in quanto prive dei necessari requisiti di chiarezza e comprensibilità per il consumatore medio.

La Corte d’Appello, tuttavia, aveva respinto questa tesi, sostenendo che la mancanza di trasparenza, secondo il Codice del Consumo, non comporta automaticamente la nullità, ma può al più rilevare sotto un profilo interpretativo o risarcitorio, profili non sollevati in primo grado dai mutuatari.

L’Analisi della Corte di Cassazione: Trasparenza non equivale a Vessatorietà

La Suprema Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito, rigettando il ricorso e cogliendo l’occasione per delineare principi di diritto di notevole importanza.

Distinzione tra Chiarezza e Squilibrio Contrattuale

Il punto centrale della decisione è la netta distinzione tra il requisito della trasparenza e il giudizio sulla vessatorietà di una clausola. La normativa a tutela del consumatore (artt. 33 e ss. del Codice del Consumo) sanziona con la nullità le clausole che determinano un “significativo squilibrio” dei diritti e degli obblighi a danno del consumatore. La mancanza di chiarezza e comprensibilità di una clausola (violazione dell’art. 35 Codice del Consumo) non è, di per sé, sufficiente a integrare tale squilibrio. In altre parole, una clausola può essere scritta male ma non essere necessariamente squilibrata nel suo contenuto. Per dichiararne la nullità, il giudice deve accertare che quella clausola, anche se poco chiara, produca un effettivo e significativo svantaggio normativo per il consumatore.

Il Superamento di un Precedente: l’Autonomia del Giudice Civile dall’AGCM

Con una mossa significativa, la Corte ha superato un suo precedente orientamento (sentenza n. 23655/2021), che attribuiva al provvedimento dell’AGCM il valore di una presunzione legale di vessatorietà, suscettibile di prova contraria. La sentenza in esame stabilisce invece che l’accertamento dell’AGCM sulla non trasparenza di una clausola non crea alcuna presunzione legale nel giudizio civile. Il giudice civile mantiene la piena autonomia nella valutazione della validità della clausola e non è vincolato dalle conclusioni dell’autorità amministrativa. Quest’ultima svolge un ruolo di public enforcement, mentre il giudice civile si occupa del private enforcement, e le due sfere, pur potendo dialogare, restano distinte.

La Questione del Derivato Implicito

I ricorrenti avevano anche sostenuto che il contratto di mutuo contenesse un “derivato implicito”, data la sua dipendenza dal rapporto di cambio. Anche questo motivo è stato respinto. La Corte ha ribadito che la previsione di una doppia indicizzazione (a un tasso di interesse e a una valuta) non trasforma un contratto di mutuo in uno strumento finanziario derivato, poiché manca l’elemento fondamentale dell’investimento di risorse da parte del mutuatario, il quale, al contrario, viene finanziato.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano sulla necessità di mantenere una chiara separazione tra i diversi tipi di controllo sui contratti dei consumatori. Un conto è il controllo sulla trasparenza formale delle clausole, che attiene alla chiarezza con cui sono presentate le informazioni; un altro è il controllo sulla sostanza del contratto, volto a verificare l’esistenza di un effettivo squilibrio di diritti e obblighi. La nullità di protezione, prevista dal Codice del Consumo, è una sanzione grave legata al secondo tipo di controllo. Affermare che la sola mancanza di trasparenza comporti la nullità significherebbe estendere in modo improprio l’ambito di applicazione di tale sanzione. Inoltre, la Corte ha voluto riaffermare il principio dell’autonomia della giurisdizione, specificando che le valutazioni giuridiche di un’autorità amministrativa, per quanto qualificata come l’AGCM, non possono condizionare o vincolare la decisione del giudice.

Le Conclusioni

In conclusione, questa sentenza stabilisce un importante principio per chi ha sottoscritto un mutuo in franchi svizzeri o altri contratti bancari complessi. Non è sufficiente appellarsi a un provvedimento dell’AGCM che certifichi la scarsa chiarezza delle clausole per ottenerne la declaratoria di nullità. Il consumatore che agisce in giudizio ha l’onere di dimostrare non solo che la clausola è poco trasparente, ma anche e soprattutto che essa determina un concreto e significativo squilibrio contrattuale a suo danno. Questo verdetto rafforza l’autonomia del potere giudiziario e chiarisce i confini tra i diversi strumenti di tutela a disposizione dei consumatori.

Una clausola poco trasparente in un mutuo in franchi svizzeri è automaticamente nulla?
No. Secondo la sentenza, la mancanza di trasparenza non determina di per sé la nullità della clausola. Per essere dichiarata nulla, la clausola deve anche causare un “significativo squilibrio” dei diritti e degli obblighi a danno del consumatore.

Un provvedimento dell’AGCM che accerta la scarsa chiarezza di una clausola contrattuale è vincolante per il giudice civile?
No. La Corte ha stabilito che la decisione dell’AGCM non crea una presunzione legale vincolante nel giudizio civile. Il giudice mantiene la propria piena autonomia nel valutare la validità della clausola, e l’accertamento dell’Autorità non lo condiziona.

Un mutuo con doppia indicizzazione (tasso d’interesse e cambio valutario) è considerato uno strumento finanziario derivato?
No. La Corte ha confermato che un mutuo, anche se con doppia indicizzazione, non si qualifica come strumento finanziario derivato. Manca infatti l’elemento tipico del derivato, ossia l’investimento di risorse finanziarie da parte del cliente, il quale in un contratto di mutuo viene invece finanziato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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