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Mutuo Dissenso: la Cassazione sul contratto risolto

Un contratto di franchising di sigarette elettroniche si interrompe. Il franchisor chiede il pagamento di fatture insolute, mentre il franchisee lamenta gravi inadempimenti e chiede un risarcimento danni. Le corti di merito e la Cassazione stabiliscono che il contratto si è sciolto per mutuo dissenso, desunto dalla prolungata inattività di entrambe le parti. La richiesta di risarcimento del franchisee viene respinta per mancanza di prova del nesso causale tra gli inadempimenti e i danni subiti.

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Mutuo Dissenso: Come un Contratto Può Finire Senza un Accordo Scritto

La fine di un rapporto contrattuale non sempre avviene con una stretta di mano o un documento firmato. A volte, è il silenzio e l’inattività a parlare. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 7906/2024, ha chiarito che un contratto di franchising può considerarsi concluso per mutuo dissenso anche solo sulla base dei comportamenti delle parti. Questo principio, noto come risoluzione per facta concludentia, ha importanti implicazioni per imprenditori e professionisti.

I Fatti del Caso: Franchising e Inadempimenti

La vicenda nasce da un contratto di franchising per la vendita di sigarette elettroniche. Una società affiliata (franchisee) si opponeva a un decreto ingiuntivo per fatture non pagate, emesso dalla casa madre (franchisor).

L’affiliato non solo contestava il debito, ma presentava una domanda riconvenzionale per un ingente risarcimento danni. Le accuse mosse al franchisor erano pesanti: fornitura di merce non conforme (con conseguenti sequestri penali), gestione inadeguata degli ordini, consegna di prodotti difettosi e imposizione di politiche commerciali svantaggiose. Questi inadempimenti, secondo il franchisee, lo avrebbero costretto a chiudere il punto vendita, causando gravi perdite economiche.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano dato ragione parziale a entrambe le parti. Avevano ridotto l’importo dovuto dal franchisee, riconoscendo alcuni inadempimenti del franchisor, ma avevano respinto la richiesta di risarcimento danni per mancata prova del nesso di causalità. Il punto cruciale, però, era la conclusione che il contratto si fosse già sciolto da anni, non per una dichiarazione formale, ma per il comportamento di entrambe le parti che avevano cessato ogni attività legata al franchising.

La Decisione della Corte di Cassazione sul Mutuo Dissenso

La Corte di Cassazione ha rigettato sia il ricorso principale del franchisee sia quello incidentale del franchisor, confermando la decisione della Corte d’Appello. Gli Ermellini hanno stabilito che l’interpretazione dei giudici di merito era corretta: la prolungata e reciproca inerzia delle parti costituiva una chiara manifestazione di volontà di porre fine al rapporto contrattuale, integrando così un’ipotesi di mutuo dissenso tacito.

Le Motivazioni della Corte

La decisione della Cassazione si fonda su alcuni pilastri giuridici fondamentali che meritano di essere analizzati.

Il Mutuo Dissenso per Comportamenti Concludenti

Il cuore della pronuncia risiede nell’articolo 1372 del Codice Civile, che stabilisce che il contratto ha forza di legge tra le parti e non può essere sciolto che per mutuo dissenso o per cause ammesse dalla legge. La Corte ha ribadito un principio consolidato: questo accordo risolutorio non necessita di una forma scritta, a meno che non sia richiesta per il contratto originario. Poiché il contratto di franchising non è un contratto ‘solenne’ che richiede la forma scritta per la sua validità, anche la sua risoluzione può avvenire in modo informale.

Il comportamento delle parti – l’aver cessato per anni ogni esecuzione del contratto – è stato considerato un ‘fatto concludente’ (facta concludentia), sufficiente a dimostrare la comune volontà di sciogliere il vincolo. L’argomentazione del franchisee, secondo cui l’inattività era solo una sospensione in attesa di un adempimento del franchisor, non è stata ritenuta credibile.

La Prova del Danno e il Nesso Causale

Un altro punto cruciale riguarda la richiesta di risarcimento danni. La Cassazione ha confermato che non è sufficiente lamentare un inadempimento per ottenere un risarcimento. È onere di chi chiede i danni dimostrare rigorosamente due elementi:

1. L’esistenza del danno: Provare concretamente le perdite subite (danno emergente) e il mancato guadagno (lucro cessante).
2. Il nesso di causalità: Dimostrare che quel danno è una conseguenza diretta e immediata dell’inadempimento della controparte (art. 1223 c.c.).

Nel caso di specie, il franchisee non è riuscito a provare che i costi sostenuti per l’attività (acquisto quote, affitto, dipendenti) non sarebbero stati affrontati anche con un contratto regolarmente eseguito. La sua richiesta è stata quindi respinta per un difetto di prova.

Rigetto del Ricorso Incidentale

Anche le lamentele del franchisor sono state respinte. La società si doleva di essere stata considerata inadempiente, ma la Corte ha ritenuto che il suo ricorso fosse una mera riproposizione delle difese già esaminate e respinte in appello, senza individuare vizi specifici nella sentenza impugnata. È stato quindi dichiarato inammissibile.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza offre spunti pratici di grande rilevanza:

1. Attenzione all’inattività: Un’interruzione prolungata e ingiustificata dei rapporti contrattuali può essere interpretata da un giudice come una volontà comune di risolvere il contratto, anche in assenza di comunicazioni formali.
2. La forma è sostanza (a volte): Se si intende solo sospendere l’esecuzione di un contratto, è fondamentale comunicarlo chiaramente alla controparte per iscritto, per evitare che il comportamento venga interpretato come una volontà di risoluzione.
3. Il risarcimento va provato: Chi intende chiedere un risarcimento danni deve prepararsi a un onere probatorio rigoroso. È essenziale documentare non solo l’inadempimento altrui, ma anche e soprattutto il legame diretto tra quell’inadempimento e ogni singola voce di danno richiesta.

Un contratto può essere considerato risolto per ‘mutuo dissenso’ anche senza un accordo scritto?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, se il contratto originario non richiede una forma scritta per la sua validità (come nel caso del franchising analizzato), il mutuo dissenso può essere desunto anche da comportamenti concludenti (per facta concludentia) delle parti, come una prolungata e reciproca cessazione dell’esecuzione delle prestazioni contrattuali.

Per ottenere un risarcimento danni, è sufficiente dimostrare l’inadempimento della controparte?
No, non è sufficiente. La parte che chiede il risarcimento ha l’onere di provare non solo l’inadempimento, ma anche il nesso di causalità diretto tra tale inadempimento e i danni specifici che lamenta di aver subito. In assenza di tale prova, la domanda di risarcimento viene respinta.

Il giudice è obbligato a disporre una Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU) se una parte la richiede per provare un danno?
No. La decisione di disporre una CTU rientra nel potere discrezionale del giudice. La consulenza tecnica non può essere utilizzata come mezzo per sopperire alla mancata prova da parte dell’interessato. Se una parte non fornisce elementi di prova sufficienti a sostegno della propria richiesta, il giudice non è tenuto a ordinare una CTU per cercarli.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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