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Mutuo dissenso: contratto risolto senza colpa di nessuno

La Corte di Cassazione ha confermato la risoluzione di un contratto preliminare di compravendita per mutuo dissenso. Nonostante le accuse reciproche di inadempimento tra promittenti acquirenti e venditore, i giudici hanno ritenuto che la volontà comune di sciogliere il vincolo, manifestata con le rispettive domande di risoluzione, fosse sufficiente a porre fine al contratto, senza necessità di individuare un colpevole.

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Risoluzione del Contratto per Mutuo Dissenso: La Cassazione Fa Chiarezza

Quando un accordo contrattuale si incaglia e entrambe le parti si accusano a vicenda di inadempimento, quale destino attende il contratto? La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 1764 del 2025, offre una risposta chiara: se entrambe le parti manifestano la volontà di porre fine al rapporto, si può arrivare a una risoluzione per mutuo dissenso, anche senza individuare un unico colpevole. Questa decisione è fondamentale per comprendere le dinamiche di scioglimento dei contratti in situazioni di stallo e conflitto reciproco.

I Fatti di Causa

La vicenda ha origine da un contratto preliminare per la compravendita di un fabbricato rurale. I promissari acquirenti e il promittente venditore avevano pattuito un prezzo e versato una caparra. Il contratto prevedeva una clausola cruciale: la stipula di un contratto d’affitto entro un termine stabilito, essenziale per gli acquirenti al fine di ottenere la qualifica di coltivatore diretto e accedere a contributi europei.

Tuttavia, il contratto d’affitto non viene mai firmato. Gli acquirenti accusano il venditore di aver subordinato la firma a nuove e più onerose condizioni economiche, chiedendo una caparra aggiuntiva. Di contro, gli eredi del venditore sostengono che gli acquirenti si siano resi irreperibili all’appuntamento per la stipula.

La controversia approda in tribunale: gli acquirenti chiedono la risoluzione per inadempimento del venditore e la restituzione del doppio della caparra. Gli eredi del venditore, a loro volta, chiedono la risoluzione per inadempimento degli acquirenti e il diritto di trattenere la caparra. Il Tribunale di primo grado dà ragione agli acquirenti, ma la Corte d’Appello ribalta la decisione, dichiarando il contratto risolto per mutuo dissenso, ritenendo che nessuna delle due parti avesse provato un inadempimento grave e colpevole dell’altra, ma che entrambe avessero mostrato un comportamento incompatibile con la prosecuzione del rapporto.

La Decisione della Cassazione sul mutuo dissenso

I promissari acquirenti si rivolgono alla Corte di Cassazione, contestando la decisione della Corte d’Appello. Lamentano, tra le altre cose, che i giudici non abbiano adeguatamente valutato le prove che dimostravano l’inadempimento del venditore e che abbiano erroneamente dichiarato la risoluzione per mutuo dissenso in assenza di un accordo esplicito in tal senso.

La Suprema Corte rigetta il ricorso, confermando in toto la sentenza d’appello. I giudici di legittimità ribadiscono un principio giurisprudenziale consolidato: quando vi sono reciproche domande di risoluzione contrattuale, fondate su presunti inadempimenti di ciascuna parte, il giudice deve prima valutare se esista un inadempimento grave e prevalente. Se, come nel caso di specie, non è possibile accertare singoli e specifici addebiti di colpa, il giudice non può far altro che prendere atto dell’impossibilità di esecuzione del contratto. La volontà di entrambe le parti di sciogliere il vincolo, manifestata attraverso le rispettive azioni legali, integra i presupposti per una risoluzione per mutuo dissenso.

La Valutazione degli Inadempimenti Reciproci

La Corte sottolinea che la richiesta di un ulteriore acconto da parte del venditore non rappresentava un grave inadempimento, ma una proposta negoziale, peraltro da imputare al prezzo finale. Allo stesso modo, l’irreperibilità degli acquirenti non era stata provata in modo inequivocabile. Di fronte a questo stallo probatorio e a un evidente “irrigidimento” delle posizioni di entrambe le parti, la soluzione corretta è stata quella di dichiarare lo scioglimento del contratto per la concorde volontà di non dargli più esecuzione.

Le motivazioni

La motivazione della Cassazione si fonda sull’articolo 1453 c.c., che regola la risoluzione per inadempimento. La Corte spiega che quando entrambe le parti chiedono la risoluzione, esse manifestano una volontà comune: quella di porre fine al contratto. Questa duplice manifestazione di volontà, diretta allo stesso scopo (lo scioglimento del rapporto negoziale), è sufficiente a produrre l’effetto risolutorio. Non si tratta di un potere d’ufficio del giudice che va oltre le richieste delle parti, ma della corretta interpretazione della loro volontà processuale. L’impossibilità di proseguire il rapporto non deriva da un evento esterno, ma dalla scelta stessa dei contraenti di agire in giudizio l’uno contro l’altro per lo stesso fine.

Le conclusioni

La sentenza consolida un importante principio di diritto contrattuale e processuale. In situazioni di conflitto insanabile, dove le colpe non sono chiaramente attribuibili, il giudice può riconoscere la fine del contratto per mutuo dissenso, basandosi sulla volontà implicita delle parti. Questa decisione offre una via d’uscita pragmatica per le controversie contrattuali bloccate, evitando che rimangano in un limbo giuridico. Per i contraenti, ciò significa che avviare una causa per la risoluzione del contratto è una scelta dagli esiti potenzialmente definitivi: anche se non si riesce a provare la colpa altrui, la propria domanda di scioglimento potrebbe essere interpretata come una manifestazione di volontà sufficiente a determinare, insieme a quella della controparte, la fine del rapporto.

Cosa succede se entrambe le parti di un contratto chiedono al giudice la sua risoluzione accusandosi a vicenda?
Se il giudice non riesce a stabilire con certezza un inadempimento grave e colpevole da parte di uno solo dei contraenti, deve prendere atto della volontà di entrambi di porre fine al rapporto. Di conseguenza, dichiara il contratto risolto per mutuo dissenso, poiché le due contrapposte manifestazioni di volontà sono dirette allo stesso scopo: lo scioglimento del vincolo negoziale.

Una richiesta di modificare le condizioni economiche di un preliminare è sempre un grave inadempimento?
No. Secondo la sentenza in esame, non lo è necessariamente. Nel caso specifico, la richiesta di un acconto maggiore (comunque da scalare dal prezzo finale) è stata interpretata come una mera proposta negoziale nell’ambito delle trattative e non come una modifica unilaterale e illegittima tale da giustificare la risoluzione del contratto per inadempimento.

Il giudice può dichiarare la risoluzione per mutuo dissenso anche se nessuna delle parti lo ha chiesto esplicitamente?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che, in presenza di reciproche domande di risoluzione per inadempimento, il giudice può dichiarare lo scioglimento del contratto per mutuo dissenso. Questa non è una decisione presa d’ufficio che va oltre le richieste delle parti, ma la conseguenza logica del fatto che entrambe hanno manifestato l’intenzione di non voler più dare esecuzione al contratto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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