Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 32208 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 32208 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27187/2022 R.G. proposto da :
COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in MILANO INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che li rappresenta e difende
-ricorrente-
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in MILANO INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME che lo rappresenta e difende -ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che lo rappresenta e difende -controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO MILANO n. 2496/2022 depositata il 15/07/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 06/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
– RAGIONE_SOCIALE, da un lato, nonché NOME COGNOME e NOME COGNOME, quali soci e fideiussori dall’altro, ricorrono con distinti ricorsi, l’una per sei mezzi, gli altri per cinque mezzi, nei confronti di BPER Credit Management s.c.p.a., quale mandataria di BPER BANCA s.p.a., contro la sentenza del 15 luglio 2022, con cui la Corte d’appello di Milano, provvedendo in rigetto del loro appello principale ed in accoglimento dell’appello incidentale spiegato dalla banca, ha, in riforma della sentenza di primo grado, integralmente respinto la domanda degli attori volta alla dichiarazione di risoluzione per inadempimento della banca di un contratto di mutuo intercorso con la società originaria attrice asseritamente costituente un mutuo di scopo, con condanna della medesima banca alle dovute restituzioni e risarcimenti.
La Corte d’Appello ha invero ritenuto:
che il mutuo difettasse delle caratteristiche per poter essere definito «mutuo di scopo» difettando il «comune interesse» della banca non ravvisabile nella sola venuta ad esistenza/avanzamento della costruzione dell’immobile finanziato per rendere proporzionalmente capiente l’ipoteca iscritta dalla banca a garanzia del mutuo concesso, in conformità all’orientamento di legittimità che anche in questo caso individua un normale mutuo edilizio fondiario con ammortamento ed erogazione della somma mutuata in più tranche s condizionate ai S.aRAGIONE_SOCIALE e non un mutuo di scopo ( v. Cass. n. 9838/2021);
-che alcun inadempimento fosse ravvisabile nell’erogazione della prima tranche del finanziamento sul c/c della mutuataria, avvenuto
in conformità delle pattuizioni contrattuali su un conto in quel momento scoperto, con copertura, sì, dell’esposizione presente ma, evidentemente, riespansione della possibilità di utilizzo dell’intero affidamento concesso, lasciando immutata la complessiva disponibilità di mezzi finanziari così come la capacità di finanziamento della mutuataria.
– RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso
E’ stata formulata una proposta di definizione del giudizio a norma dell’art. 380 -bis c.p.c. La difesa di parte ricorrente ha chiesto la decisione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.- Il ricorso della società mutuataria contiene i seguenti motivi.
1.1- Primo motivo: violazione degli artt. 1362 primo e secondo comma e 1363 c.c. per errata sussunzione di tipologia contrattuale, nonché nell’interpretazione delle norme contrattuali sul le tempistiche di erogazione dei finanziamenti; violazione dell’art. 38 comma primo Decr. Legisl. 1/9/1993 n.385 in relazione alla Delibera del C.I.C.R. 22/4/1995, tutti rilevanti quali falsa applicazione di norme di diritto ai sensi e per gli effetti dell’art. 360 comma primo n.3 c.p.c.
1.2- Secondo motivo: nullità della sentenza per motivazione apparente, in violazione degli artt. 132 comma secondo n.4, 118 comma primo e secondo Disp. Att. c.p.c., e 111 comma sesto Cost., in relazione all’art. 360 comma primo n.4 c.p.c.
1.3Terzo motivo: violazione dell’art. 112 c.p.c. rilevante sotto il profilo di cui all’art. 360 comma primo n.4 c.p.c. 1.
1.4- Quarto motivo: violazione degli artt. 112 e 345 comma secondo c.p.c. rilevante sotto il profilo di cui all’art. 360 comma primo n.4 c.p.c.
1.5- Quinto e sesto motivo: violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. rilevante sotto il profilo di cui all’art. 360 comma primo n.4 c.p.c. per omesso esame di un fatto storico decisivo per il giudizio
che è stato oggetto di discussione tra le parti, rilevante sotto il profilo di cui all’art. 360 comma primo n.5 c.p.c.
2.- Il ricorso RAGIONE_SOCIALE–COGNOME contiene i seguenti motivi.
2.1- Primo motivo: violazione degli artt. 1362 primo e secondo comma e 1363 c.c., per errata sussunzione ditipologia contrattuale, nonché per errata interpretazione delle norme contrattuali sulle tempistiche di erogazione dei finanziamenti; violazione dell’art. 38 comma primo Decr. Legisl. 1/9/1993 n.385 in relazione alla Delibera del C.I.C.R. 2/4/1995, tutti rilevanti quali falsa applicazione di norme di diritto ai sensi e per gli effetti dell’art. 360 comma primo n.3 c.p.c.
2.2- Secondo motivo: nullità della sentenza per motivazione apparente in violazione degli artt. 132 comma secondo n.4, 118 comma primo e secondo Disp. Att. c.p.c., e 111 Cost., in relazione all’art. 360 comma primo n. 4 c.p.c.
2.3-Terzo motivo: violazione degli artt. 112 e 345 comma secondo c.p.c. rilevante sotto il profilo di cui all’art. 360 comma primo n.4 c.p.c.
2.4 -Quarto e quinto motivo: violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. rilevante sotto il profilo di cui all’art. 360 comma primo n.4 c.p.c.; omesso esame di un fatto storico decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, rilevante sotto il profilo di cui all’art. 360 comma primo n.5 c.p.c.
3.- La proposta ha il tenore che segue.
« I ricorsi sono manifestamente inammissibili.
Il primo motivo di ciascun ricorso è articolato in diverse censure, concernenti per un verso la violazione delle regole di ermeneutica contrattuale, violazione che avrebbe erroneamente condotto il giudice di merito ad escludere che il contratto di mutuo avesse natura di mutuo di scopo, per altro verso la violazione della disciplina legale del mutuo fondiario, essenzialmente per il
fatto che la banca avrebbe erogato un importo superiore al massimo finanziabile.
Ora, a dire il vero, siffatto motivo, e la stessa tesi che vorrebbe inquadrato il contratto nell’ambito del mutuo di scopo, è spiegata contro l’evidenza, sol che si consideri che il mutuo di scopo risponde alla funzione di procurare al mutuatario i mezzi economici destinati al raggiungimento di una determinata finalità, comune al finanziatore, la quale, integrando la struttura del negozio, ne amplia la causa rispetto alla sua normale consistenza, sia in relazione al profilo strutturale, perché il mutuatario non si obbliga solo a restituire la somma mutuata e a corrispondere gli interessi, ma anche a realizzare lo scopo concordato, mediante l’attuazione in concreto del programma negoziale, sia in relazione al profilo funzionale, perché nel sinallagma assume rilievo essenziale proprio l’impegno del mutuatario a realizzare la prestazione attuativa (Cass. 18 giugno 2018, n. 15929).
Detto questo, discorrere di mutuo di scopo nel caso di specie è del tutto fuor di luogo, giacché è lampante, come ritenuto dal giudice di merito, che la pattuizione in discorso non aveva certo ad oggetto la costruzione di una villetta e sei garage e la ristrutturazione di altro immobile nel comune interesse e della società mutuataria e della banca mutuante, mentre l’esecuzione dell’opera era considerata nella pattuizione intercorsa tra le parti ai soli fini della scansione dei tempi di esecuzione del contratto di mutuo.
Dopo di che, quanto all’interpretazione del contratto, è cosa nota, e ne è perfettamente consapevole la stessa parte ricorrente, che gli spazi per il sindacato dell’interpretazione operata dal giudice di merito sono estremamente ridotti, avendo il ricorrente per cassazione l’onere di specificare i canoni di ermeneutica contrattuale che in concreto assuma violati e,
soprattutto, il punto ed il modo in cui il giudice del merito si sia dagli stessi discostato (a mero titolo di esempio Cass. 15 novembre 2013, n. 25728): occorre insomma che il giudice di merito abbia platealmente violato la regola legale di interpretazione, e, nel caso di specie, pur nell’indubbio sforzo della parte ricorrente di presentare un motivo quanto più possibile aderente alle indicazioni della giurisprudenza, resta il fatto che esso non fa altro che contrapporre la propria interpretazione a quella, perfettamente plausibile, sostenuta dal giudice di merito. E in fin dei conti ciò che residua è per l’appunto una censura totalmente versata in merito e volta a ribaltare l’accertamento insindacabilmente compiuto dalla Corte d’appello.
Quanto alla violazione della disciplina concernente il mutuo fondiario, poi, il motivo è palesemente fuori bersaglio: al di là della posizione assunta sui limiti di finanziabilità dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass., Sez. Un., 16 novembre 2022, n. 33719), il fatto è che ove pure potesse attribuirsi rilievo alla relativa violazione, essa si ripercuoterebbe sull’applicazione della disciplina del credito fondiario, che è fondamentalmente una disciplina di tutela della banca mutuante, ma non assumerebbe alcun rilievo al fine di dimostrare la natura del contratto quale mutuo di scopo.
– Le denunce di vizio motivazionale possono essere sbrigate in questa sede con poche parole: è vano il tentativo di far rientrare nelle note quattro categorie elencate dalla sentenza numero 8053 del 2014 di questa Corte asserite insufficienze motivazionali che con difficoltà avrebbero potuto essere fatte rientrare entro l’ambito di applicazione del testo previgente del numero 5 dell’articolo 360 c.p.c. ante riforma del 2012. Nel caso di specie la motivazione c’è, avendo il giudice di merito, per un verso, ritenuto che l’erogazione di parte del mutuo, per 149.000 €, ben potesse attuarsi mediante accredito sul conto corrente della
società mutuataria recante al momento un saldo passivo prossimo al limite previsto, e, per altro verso, ritenuto che la banca avesse poi rispettato le scansioni temporali delle successive erogazioni.
Anche i motivi separatamente spiegati in ordine alla violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, per avere la Corte d’appello deciso su eccezioni della banca asseritamente non tempestivamente formulate non ha pregio: in realtà, difatti, non si tratta neppure di eccezioni, ma di mere difese concernenti la fondatezza della domanda attrice, ossia profili che la Corte d’appello avrebbe senz’altro potuto prendere in considerazione d’ufficio.
Vi è poi una censura di travisamento della prova, ma la S.C. ha ormai chiarito che l’errore di percezione del giudice sul contenuto oggettivo della prova non è denunciabile in cassazione (Cass., Sez. un., 5 marzo 2024, n. 5792)».
4.Premesso che i due ricorsi possono essere trattati unitariamente come da Proposta di definizione anticipata, il Collegio condivide le conclusioni circa l’inammissibilità dei motivi.
4.1- Entrambi i ricorrenti nel contestare la Proposta con riguardo al primo motivo sostengono che il contratto avesse risposto alla funzione di procurare ai mutuatari i mezzi economici destinati al raggiungimento della finalità costituita dalla costruzione ex novo di entità immobiliari e alla ristrutturazione di altre entità immobiliari preesistenti, sicché si sarebbe trattato di un finanziamento frazionato da corrispondersi in funzione dello stato di avanzamento dei lavori, ove « il comune interesse della Banca» -ritenuto mancante nella Proposta -si evincerebbe dal contenuto letterale delle numerose specifiche clausole contrattuali, che giustificherebbe un’interpretazione della volontà delle parti nel senso del «mutuo di scopo», tenore letterale che il giudice di merito non avrebbe considerato nel giungere alle conclusioni interpretative censurate. Insistono, inoltre, nel fatto che la Corte d’appello avrebbe errato
nel qualificare il mutuo come un « normale mutuo fondiario » poiché lo stesso non costituirebbe una fattispecie di siffatto genere di finanziamento per carenza dei requisiti di legge che specificamente disciplinano il mutuo «fondiario»
4.1.1 – Il Collegio reputa che -come rilevato nella proposta -il giudice di merito non abbia affatto omesso di valutare il contenuto delle pattuizioni contrattuali, ma ne abbia offerto un’interpretazione che la censura dei ricorrenti non declina in modo ammissibile, poiché è principio consolidato di questa Corte che « quando si sostiene che un’esegesi di un disposto contrattuale sia stata errata sulla base dei criteri ermeneutici di cui agli artt. 1362 e segg. cod. civ. la censura si deve articolare nella puntuale e precisa enunciazione delle ragioni per le quali l’esegesi ritenuta dal giudice di merito sarebbe stata errata e tale enunciazione deve, dunque, esporre per quale ragione il criterio che si assume violato risulterebbe male applicato dall’esegesi seguita dal giudice di merito » (Cass. n.15350/2017 in motivazione); mentre nella specie i ricorrenti hanno solo apoditticamente osservato «il chiarissimo tenore letterale delle clausole contrattuali»; sicché detta censura finisce per degradare nella inammissibile pretesa di rimettere in discussione in sede di legittimità la valutazione compiuta dal giudice di merito sulla base degli elementi di fatto oggetto del contradditorio.
Altrettanto condivisibile è il rilievo contenuto nella Proposta circa l’irrilevanza della qualificazione come «fondiario» o meno del mutuo in questione atteso che tale qualificazione non rileva agli effetti della possibilità di ravvisare l’inadempimento che gli attori qui ricorrenti hanno posto a fondamento della domanda di risoluzione e risarcimento danni svolta nei confronti della banca, sulla base di una qualificazione del contratto come mutuo di scopo, che -come condivisibilmente illustrato nella proposta -tale non era secondo il costante orientamento di legittimità per cui « il
mutuo può essere qualificato di scopo solo allorché la clausola di destinazione coinvolga l’interesse diretto o indiretto dell’istituto finanziatore, mentre l’indicazione dei motivi per i quali il finanziamento viene erogato, non accompagnato da uno specifico programma contrattuale teso alla loro realizzazione, non basta ai fini di tale qualificazione (cfr. Cass. n. 24699/2017 e n.15929/2018 » (in motivazione Cass. n. 15695/24).
4.2 Anche con riguardo al dedotto vizio di «apparenza» della motivazione (secondo mezzo di entrambi i ricorsi) va confermato quanto rilevato nella proposta a proposito del fatto che i ricorrenti pretendono una rivisitazione della decisione nel merito laddove -sub specie della violazione dell’art. 111 Cost. deducono, in effetti, un inammissibile vizio di insufficienza nella motivazione con cui la Corte d’appello ha affermato l’impossibilità di individuare « nella sola venuta ad esistenza/avanzamento della costruzione dell’immobile finanziato » funzionale a rendere proporzionalmente capiente l’ipoteca iscritta dalla banca a garanzia del mutuo concesso, un’ipotesi di mutuo di scopo, poiché, « anche secondo recentissimo indirizzo del Giudice di Legittimità pienamente condiviso da questa Corte, si è di fronte ad un normale mutuo edilizio/fondiario, con preammortamento ed erogazione della somma mutuata in più trances condizionate ai s.a.l. (cfr. ancora Cass. sent. n. 9838 del 14.4.2021), e non ad un mutuo di sco po».
Invero, come ripetutamente sancito dalla giurisprudenza di legittimità, il vizio di omessa o apparente motivazione della decisione sussiste soltanto qualora il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento (cfr., tra le più recenti, Cass. nn. 18079, 16117, 9807 e 6127 del 2024; Cass. nn.
33961 e 27501 del 2022; Cass. nn. 26199, 1522 e 395 del 2021); onde è possibile ravvisare una «motivazione apparente» solo nel caso in cui le argomentazioni del giudice di merito siano, diversamente da quanto accaduto nella specie, del tutto inidonee a rivelare le ragioni della decisione e non consentano l’identificazione dell’iter logico seguito per giungere alla conclusione fatta propria nel dispositivo risolvendosi in espressioni assolutamente generiche, tali da non permettere di comprendere la ratio decidendi seguita dal giudice, altresì precisandosi che un simile vizio deve apprezzarsi non rispetto alla correttezza della soluzione adottata o alla sufficienza della motivazione offerta, bensì unicamente sotto il profilo dell’esistenza di una motivazione effettiva (cfr. Cass. n. 16117 del 2024; Cass. nn. 33961 e 27501 del 2022; Cass. n. 395 del 2021), il che nella specie, evidentemente, non è.
4.3.- Con riguardo al dedotto vizio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato ( di cui al terzo e quarto mezzo dei ricorsi) i ricorrenti hanno denunciato la violazione dell’art. 112 c.p.c. censurando l’omessa pronuncia sulla domanda di accertamento dell’inadempimento della Banca « per non avere questa somministrato i finanziamenti entro i termini contrattualmente previsti », omissione che sarebbe consistita ( si legge nel ricorso della società pag. 38) nel fatto che, pur « chiamata a valutare la sussistenza di inadempimenti della banca nella somministrazione delle erogazioni », avrebbe escluso tali inadempienze senza null’altro argomentare o aggiungere salvo rimarcare che la Banca aveva erogato finanziamenti pur emergendo in atti prova documentale di come l’erogazione erano state effettuate anche quando alcuni s.a.l. non lo avrebbero consentito; inoltre avrebbe escluso l’inadempimento della banca per aver distratto a proprio beneficio la prima erogazione di 140.000,00 euro, aderendo all’ipotesi della rimessa ripristinatoria, benché questa fosse stata dedotta in giudizio tardivamente in secondo grado.
Reputa il collegio -come già il Presidente estensore della proposta che tale denunciata omessa corrispondenza tra chiesto e pronunciato non sussista.
Va premesso che è stato chiarito da questa Corte più volte che il principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato deve ritenersi violato ogni qual volta il giudice, interferendo nel potere dispositivo delle parti, alteri alcuno degli elementi obiettivi di identificazione dell’azione, attribuendo o negando ad alcuno dei contendenti un bene diverso da quello richiesto e non compreso, nemmeno implicitamente o virtualmente, nella domanda, ovvero, pur mantenendosi nell’ambito del petitum , rilevi d’ufficio un’eccezione in senso stretto che, essendo diretta ad impugnare il diritto fatto valere in giudizio dall’attore, può essere sollevata soltanto dall’interessato, oppure ponga a fondamento della decisione fatti e situazioni estranei alla materia del contendere, introducendo nel processo un titolo ( causa petendi ) nuovo e diverso da quello enunciato dalla parte a sostegno della domanda (Cass. 19 giugno 2004, n. 11455; Cass. 6 ottobre 2005, n. 19475; Cass. 11 gennaio 2011, n. 455; Cass. 24 settembre 2015, n. 18868).
Pertanto per integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto: ciò non si verifica quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata col capo di domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia (Cass. 4 ottobre 2011, n. 20311; Cass. 20 settembre 2013, n. 21612; Cass. 11 settembre 2015, n. 17956). Viceversa, l’omesso esame di un
argomento difensivo spiegato da una delle parti si colloca non già dal versante dell’osservanza dell’articolo 112 c.p.c., bensì da quello del rispetto dell’obbligo motivazionale: riguardo al quale trova applicazione il ribadito principio secondo cui al fine di assolvere l’onere di adeguatezza della motivazione, il giudice di appello non è tenuto ad esaminare tutte le allegazioni delle parti, essendo necessario e sufficiente che egli esponga concisamente le ragioni della decisione così da doversi ritenere implicitamente rigettate tutte le argomentazioni logicamente incompatibili con esse (Cass. 2 dicembre 2014, n. 25509; Cass. 20 novembre 2009, n. 24542).
Ciò chiarito appare evidente, da un lato che, quanto all’omessa pronuncia su presunti inadempimenti della banca, i ricorrenti si dolgono inammissibilmente in effetti in della motivazione nel merito in concreto resa (sul punto la sentenza gravata afferma che « alcun inadempimento, e conseguentemente alcun danno, può altresì rilevarsi dai tempi di erogazione dell’intero importo mutuato nelle varie trances collegate agli stati di avanzamento dei lavori di costruzione dell’immobile finanziato, emergendo in atti prova documentale di come le erogazioni siano state effettuate dalla banca anche quando alcuni s.a.l. (e, in generale, alcuni ritardi nella costruzione credibilmente ascrivibili alle varianti in corso d’opera), non lo avrebbero consentito (cfr. la copiosa documentazione sui s.a.l. prodotta dalla stessa società mutuataria da cui emerge un quadro di erogazioni in percentuale superiore a quanto sarebbe stato possibile in stretta proporzione all’avanzamento dei lavor »i); dall’altro, che, con riguardo alle ipotetiche «eccezioni» tardivamente proposte, essi si dolgono in effetti della ritenuta fondatezza di «difese» svolte dalla banca circa l’erogazione «effettiva» della somma che era andata di fatto a coprire un conto solo «passivo» lasciando così invariata l’estensione della disponibilità finanziaria della società: difese svolte sulla base di allegazioni che i ricorrenti neppure deducono non fossero già
parte del contraddittorio; onde va confermato il principio per cui « Le mere difese, volte a contrastare genericamente le avverse pretese senza tradursi nell’allegazione di un fatto impeditivo, modificativo o estintivo rispetto alle stesse, non sono precluse, ancorché “nuove”, in appello poiché esse non rientrano nel campo di applicazione dell’art. 345, comma 2, c.p.c. che vieta espressamente la proposizione delle sole nuove eccezioni in senso proprio, ossia quelle non rilevabili d’ufficio, e non, indistintamente, tutte le difese comunque svolte dalle parti’ (Cass. n. 23796/2018; Cass. n. 12980/2020).
4.4- Con riguardo alla dedotta violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. rilevante sotto il profilo di cui all’articolo 360 comma primo n. 4 c.p.c. e di omesso esame di un fatto storico decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti rilevante ex articolo 360 comma primo n. 5 c.p.c. (oggetto del quinto motivo di ricorso della società e del quarto e quinto motivo di ricorso dei soci) si osserva che la ricorrente deduce l’omessa considerazione del fatto che il conto non era affatto «scoperto» alla data di erogazione della prima tranche di finanziamento, sicché la erogazione stessa sarebbe stata «finta», non potendosi configurare alcuna situazione di sofferenza, né la banca aveva diritto di distrarre in proprio favore l’importo a compensazione di un’apertura di credito non ancora contrattualmente scaduta; inoltre la Corte non avrebbe chiarito le circostanze per cui ha escluso l’inadempimento e il danno con riguardo ai tempi di erogazione l’intero importo mutuato collegato alle varie tranches di finanziamento; secondo i ricorrenti la Corte non avrebbe esaminato alcuna prova, né chiarito la fonte del proprio convincimento in violazione dell’articolo 115 c.p.c., né tenuto conto dei fatti storici descritti nel ricorso e dei documenti che li rappresentavano
Reputa il collegio che detti motivi siano inammissibili poiché le censure dedotte si basano su una nuova rivalutazione del materiale
probatorio in atti che è inibito in sede di legittimità, essendo « inammissibile il ricorso per Cassazione che denuncia violazione degli artt. 115 e 132 comma 2 numero 4 c.p.c. se i motivi attengono alla valutazione delle prove svolta dal giudice di merito e non presentano un’omessa analisi di un fatto storico decisivo e controverso né evidenziano una violazione costituzionalmente rilevante inerente all’esistenza della motivazione » (Cass. n.18279/2024 e n. 18211/2024, tra e più recenti); nel caso di specie la Corte territoriale è, invero, giunta alla conclusione tramite l’esame dei SRAGIONE_SOCIALE, del contratto di apertura di credito, del contratto di mutuo, degli estratti conto periodici del conto corrente della società, prodotti dagli odierni ricorrenti per cui non sussiste né la violazione dell’art. 115 c.p.c. né quella di cui all’art. 116 c.p.c rispetto al quale va confermato l’orientamento per cui « in materia probatoria relativamente all’accertamento dei fatti storici allegati dalle parti a sostegno delle rispettive pretese, i vizi motivazionali deducibili in sede di ricorso per Cassazione non possono consistere nella circostanza per la quale la valutazione delle prove sia stata effettuata dal giudice in maniera difforme rispetto a come voluto dalla parte, in quanto a norma dell’articolo 116 c.p.c. rientra nella discrezionalità del giudice di merito individuare le fonti del proprio convincimento apprezzare le prove controllarne l’attendibilità e la concludenza e scegliere tra le varie risultanze istruttorie quelle ritenute più idonee e rilevanti con l’unico limite di fornire un’adeguata e logica motivazione». (per tutte v. Cass. n. 3535/2015 e n.2741/2015).
4.5 Infine è inammissibile anche la dedotta violazione dell’art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c. che si fonda sulla omessa considerazione di un fatto storico decisivo ai fini della controversia (nella fattispecie indicato nell’inadempimento del contratto da parte della banca da cui discende l’inesistenza del presunto diritto risarcitorio della ricorrente) perché esso implica l’indicazione del «fatto
storico» specifico il cui esame sia stato omesso, il dato testuale da cui esso risultava esistente, il come e il quando tale fatto sia stato oggetto di discussione, e la sua decisività: elementi tutti che non si rinvengono nel ricorso. (v. in tal senso tra le più recenti Cass. n. 23969/2024 e Cass.n.22541/2024).
─ I due ricorsi vanno in conclusione dichiarati inammissibili
– Le spese processuali seguono la soccombenza. Ciascuna parte ricorrente va condannata alla rifusione delle spese processuali in favore della parte intimata, che ha depositato il controricorso in relazione a ciascuno dei due ricorsi.
6.1- Considerato che la trattazione del procedimento è stata chiesta ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. ultimo comma a seguito di proposta di inammissibilità, la Corte, avendo definito il giudizio in conformità della proposta, deve applicare il terzo e il quarto comma dell’articolo 96 c.p.c., come testualmente previsto dall’art. 380 bis ultimo comma (« Se entro il termine indicato al secondo comma la parte chiede la decisione, la Corte procede ai sensi dell’articolo 380-bis.1 e quando definisce il giudizio in conformità alla proposta applica il terzo e il quarto comma dell’articolo 96 »). L’art. 96 terzo comma, a sua volta, così dispone: « In ogni caso, quando pronuncia sulle spese ai sensi dell’articolo 91, il giudice, anche d’ufficio, può altresì condannare la parte soccombente al pagamento, a favore della controparte, di una somma equitativamente determinata» . Il quarto comma aggiunge: « Nei casi previsti dal primo, secondo e terzo comma, il giudice condanna altresì la parte al pagamento, in favore della cassa delle ammende, di una somma di denaro non inferiore ad euro 500 e non superiore ad euro 5.000 ».
6.2- Come chiarito dalle Sezoni Unite di questa Corte, si tratta di una disposizione (introdotta dall’art. 3, comma 28, lett. g), D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, a decorrere dal 18 ottobre 2022, ai sensi di quanto disposto dall’art. 52, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 149/2022) che contiene, nei casi di conformità tra proposta e
decisione finale, una valutazione legale tipica, ad opera del legislatore delegato, della sussistenza dei presupposti per la condanna al pagamento di una somma equitativamente determinata a favore della controparte (art. 96 terzo comma) e di una ulteriore somma di denaro non inferiore ad euro 500,00 e non superiore ad euro 5.000,00 (art. 96 quarto comma, ove, appunto il legislatore usa la locuzione «altresì»). In tal modo, risulta codificata una ipotesi di abuso del processo, peraltro già immanente nel sistema processuale (da iscrivere nel generale istituto del divieto di lite temeraria nel sistema processuale) » (Cass. Sez. Un. n.27433/2023, in motivazione).
6.3Quanto alla disciplina intertemporale sull’applicazione ai giudizi di cassazione delle disposizioni di cui all’art. 96 terzo e quarto comma c.p.c per effetto del rinvio operato dall’ultimo comma dell’art. 380 bis nel testo riformato, le stesse Sezioni unite hanno affermato che « la predetta normativa -in deroga alla previsione generale contenuta nell’art. 35 comma 1 del Lgs. n. 149/2022 sia immediatamente applicabile a seguito dell’adozione di una decisione conforme alla proposta, sebbene per giudizi già pendenti alla data del 28 febbraio 2023. Ed infatti la norma di cui all’art. 380 bis c.p.c. (che nella parte finale richiama l’art. 96 commi 3 e 4) è destinata a trovare applicazione, come espressamente previsto dal co. 6 dell’art. 35 del D. Lgs. n. 149/2022, anche nei giudizi introdotti con ricorso già notificato alla data del 1° gennaio 2023 e per i quali non è stata ancora fissata udienza o adunanza in camera di consiglio» (come, appunto, quello in esame). (Cass. Sez. U. 27 settembre 2023, n. 27433, in motivazione, ribadito da Cass. Sez. U. 13 ottobre 2023, n. 28540).
6.4- In definitiva, ciascuna parte ricorrente vanno condannata nei confronti della controricorrente al pagamento della somma equitativamente determinata avuto riguardo alla liquidazione delle spese di lite, di euro 6.500,00, oltre che al pagamento
dell’ulteriore somma di euro 2.500,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile i ricorsi proposti da RAGIONE_SOCIALE nonché da NOME COGNOME e NOME COGNOME; condanna ciascuna delle parti ricorrenti, ossia la società RAGIONE_SOCIALE nonché NOME COGNOME e NOME COGNOME gli ultimi due in solido fra loro, al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, per entrambi i controricorsi, in euro 6.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge; condanna ciascuna parte ricorrente altresì al pagamento della somma di euro 6.500,00 in favore della parte controricorrente e dell’ulteriore somma di euro 2.500,00 in favore della Cassa delle ammende. A i sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello stabilito per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 1ª