Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 7383 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 7383 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1658/2021 R.G. proposto da :
COGNOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME
-controricorrente-
nonchè contro
COGNOME NOME -intimato-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO BOLOGNA n. 2840/2020 depositata il 26/11/2020. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/02/2025
dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
– Il ricorso riguarda la sentenza con cui la Corte d’appello di Bologna ha confermato la decisione del locale Tribunale che aveva respinto le domande proposte da NOME COGNOME e NOME COGNOME nei confronti di Cassa di Risparmio di Cento s.p.a., volte ad ottenere la declaratoria di nullità del contratto di mutuo ipotecario stipulato dal sig. COGNOME in data 22.2.2011 – e della conseguente iscrizione ipotecaria nonché della garanzia fideiussoria prestata dalla signora COGNOME – e l’accertamento dell’indebito relativo agli importi pretesi dalla banca mutuante per invalidità delle clausole relative agli interessi sulle rate rimaste insolute, con finale compensazione tra le somme eventualmente ancora dovute all’azienda di credito e il maggior controcredito, anche risarcitorio, maturato dagli stessi attori. La banca aveva chiesto il rigetto delle domande.
– Il Tribunale – premesso che le parti attrici avevano prospettato la nullità del mutuo oggetto di causa sul rilievo che esso fosse stato stipulato al solo scopo di permettere l’estinzione della posizione debitoria gravante sulla società RAGIONE_SOCIALE (di cui l’COGNOME era socio unico e Amministratore Unico) nonché l’addebito al mutuatario di interessi ultra legali e di ulteriori oneri economici illegittimamente pretesi dalla banca – osservava che, in mancanza di una specifica pattuizione in tal senso nel contratto di mutuo sottoscritto peraltro dall’COGNOME a titolo personale e senza alcun riferimento la propria qualità di legale rappresentante della società – il mutuo era caratterizzato solo da uno scopo soggettivo e da un nesso occasionale col precedente debito, sicché il rapporto sinallagmatico non includeva alcuna particolare prestazione di scopo avente carattere di essenziale corrispettività rispetto
all’erogazione della somma, sicché si trattava di un mutuo ordinario; riteneva, inoltre, inammissibile ai sensi dell’art. 2722 c.c. la prova testimoniale, del tutto generiche le ulteriori censure di legittimità del contratto prive di riferimento alle voci di debito contestate e sfornite di riscontro probatorio le pretese risarcitorie.
– La Corte d’appello ha respinto il gravame – proposto dal solo COGNOME – osservando:
quanto al primo motivo – con cui l’appellante si doleva che il Tribunale non avesse considerato che l’art. 4 del mutuo prevedeva che la somma erogata fosse utilizzata «a scopo di liquidità » mentre la banca aveva destinato l’importo all’estinzione del saldo passivo del conto dell’RAGIONE_SOCIALE – che, secondo detto art. 4 « il cliente ai soli fini fiscali per la determinazione dell’aliquota dell’imposta sostitutiva, dichiara di destinare il presente finanziamento a scopo di liquidità » , perciò non v’era alcun accordo tra la banca e il cliente in ordine alla destinazione delle somme mutuate che modificasse la causa del mutuo come prevista dall’art. 1813 c.c. ma solo una dichiarazione unilaterale del signor COGNOME ai fini dell’applicazione dell’aliquota fiscale dell’imposta sostitutiva; del resto anche a voler seguire l’argomentazione dell’appellante la destinazione delle somme erogate a mutuo consisterebbe in una generica disponibilità delle stesse da utilizzare, per l’appunto, al generico scopo della creazione di una risorsa liquida in favore del mutuatario, sicché non c’era ragione per ritenere che l’obiettivo di estinguere il passivo della RAGIONE_SOCIALE dovesse ritenersi estraneo alla generica finalità enunciata nel mutuo; peraltro con lettera alla banca del 22.2.2011 (stessa data della sottoscrizione del mutuo) l’COGNOME aveva dato all’azienda di credito espressamente « disposizione di azzerare l’utilizzo dello scoperto di conto corrente autorizzato per euro 300.000 radicato sul conto corrente RAGIONE_SOCIALE srl n. 729/3 e provvedere all’estinzione anticipata del mutuo chirografario di residui euro 119.857,19 al 1.2. 2011 (…). Per le
finalità di estinzione delle esposizioni di cui sopra vorrete girocontare le somme necessarie del conto corrente n. 501/1 intestato a me medesimo sul quale verrà accreditato il netto ricavo del mutuo di euro 500.000 stipulato in data odierna al conto corrente intestato ad RAGIONE_SOCIALE n. 729/3 »;
quanto al secondo motivo di impugnazione – che riguardava il rigetto delle istanze istruttorie relative alla prova testimoniale che fermo il fatto che le stesse erano inammissibili per quanto sopra detto, l’appellante non aveva neppure indicato i capitoli di prova che, a suo dire, sarebbero stati rilevanti e decisivi ai fini della dimostrazione della tesi difensiva;
quanto alla richiesta di cui alle conclusioni rese nell’atto di impugnazione – di pronunciare la nullità e l’inefficacia di tutte le clausole del mutuo concernenti gli interessi convenzionali, degli addebiti effettuati a tale titolo e di dichiarare la nullità della fideiussione prestata dalla sig. COGNOME che si trattava di istanze inammissibili in quanto, con riguardo alla prima, nella citazione in appello sul punto il sig. COGNOME si era (contraddittoriamente) riservato di proporre detta domanda in separato giudizio, quanto alle altre si trattava di richieste del tutto prive di qualsiasi motivo di gravame.
– Contro la sentenza ha proposto ricorso NOME COGNOME affidandolo a due motivi di cassazione. Cassa di Risparmio di Cento s.p.a. ha resistito con controricorso. La sig. COGNOME è rimasta intimata. All’esito di fusione per incorporazione di Cassa di Risparmio di Cento s.p.a. in Credem s.p.a. quest’ultima ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
– Il primo motivo denuncia omesso esame da parte della Corte d’appello di Bologna di un fatto decisivo per il giudizio ex art. 360 comma 2 n. 5 c.p.c. e conseguente violazione e falsa applicazione di legge ex art. 360 comma 2 n. 3 c.p.c. del
combinato disposto degli artt. 1418, 1325, 1813, 1814, 1421 c.c. per non avere la Corte d’appello rilevato la nullità per mancanza della causa o dell’oggetto del contratto di mutuo siglato in data 22.2.2011, le cui somme erano state integralmente impiegate per ripianare una precedente esposizione debitoria chirografaria della società integralmente posseduta dal signor COGNOME nei confronti del medesimo istituto di credito, quindi per attribuire alla banca garanzie ipotecarie di cui prima non disponeva; il ricorrente reputa che l’oggetto del contratto avrebbe dovuto essere l’attribuzione al signor COGNOME delle somme in questione e che la causa del contratto avrebbe dovuto essere quella di consentirgli di disporre delle somme mutuate mentre egli non aveva mai potuto disporre delle somme mutuate perché erano state impiegate immediatamente per ripianare la pregressa esposizione predetta, ed in ciò consisterebbe il fatto oggetto dell’omesso esame denunciato; la Corte d’appello avrebbe, poi, violato le norme che impongono di rilevare d’ufficio una fattispecie di nullità contrattuale la quale deriverebbe dalla mancanza di causa, rappresentata nel contratto di specie, dalla messa a disposizione di somme che invece non erano mai entrate nella disponibilità del mutuatario.
1.1. – Il motivo è inammissibile sotto diversi profili.
Anche a prescindere dal fatto che, sul piano formale, il mezzo prospetta cumulativamente vizi di natura eterogenea (censure motivazionali ed errores in iudicando ), in contrasto con la tassatività dei motivi di impugnazione per cassazione e con l’orientamento della giurisprudenza di legittimità per cui una simile tecnica espositiva riversa impropriamente sul giudice di legittimità il compito di isolare, all’interno di ciascun motivo, le singole censure (cfr., ex plurimis , anche nelle rispettive motivazioni, Cass. nn. 16448 e 4979 del 2024; Cass. nn. 35782, 30878, 27505 e 4528 del 2023; Cass. nn. 35832 e 6866 del 2022; Cass. n. 33348 del 2018; Cass. nn. 19761, 19040, 13336 e 6690 del 2016; Cass.
n. 5964 del 2015; Cass. nn. 26018 e 22404 del 2014), il ricorrente sottopone impropriamente alla Corte il vizio motivazionale di cui all’art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c. per non avere la Corte d’appello rilevato la nullità per mancanza della causa o dell’oggetto del contratto di mutuo, ovvero per il fatto che le somme erogate erano state integralmente impiegate per ripianare una precedente esposizione debitoria chirografaria della società del signor COGNOME nei confronti del medesimo istituto di credito, per attribuire a quest’ultimo garanzie ipotecarie di cui prima non disponeva.
Tuttavia – come noto, in ragione della pronuncia delle Sezioni Unite n. 8053/2014 cui questa Corte ha dato continuità con innumerevoli sentenze – il vizio in questione deve attenere a un « fatto storico », principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali e che il giudice non abbia considerato, poiché; come ben spiegato nel precedente predetto, « poiché la sentenza, sotto il profilo della motivazione, si sostanzia nella giustificazione delle conclusioni, oggetto del controllo in sede di legittimità è la plausibilità del percorso che lega la verosimiglianza delle premesse alla probabilità delle conseguenze. L’implausibilità delle conclusioni può risolversi tanto nell’apparenza della motivazione, quanto nell’omesso esame di un fatto che interrompa l’argomentazione e spezzi il nesso tra verosimiglianza delle premesse e probabilità delle conseguenze e assuma, quindi, nel sillogismo, carattere di decisività: l’omesso esame è il “tassello mancante” alla plausibilità delle conclusioni rispetto alle premesse date nel quadro del sillogismo giudiziario. Ciò non significa che possa darsi ingresso, in alcun modo, ad una surrettizia revisione del giudizio di merito, dovendosi tener per fermo, mutatis mutandis , il rigoroso insegnamento di questa Corte secondo cui: “in sede di legittimità il controllo della motivazione in fatto si compendia nel verificare che il discorso giustificativo svolto dal giudice del merito circa la propria statuizione esibisca i requisiti
strutturali minimi dell’argomentazione (fatto probatorio – massima di esperienza – fatto accertato) senza che sia consentito alla Corte sostituire una diversa massima di esperienza a quella utilizzata o confrontare la sentenza impugnata con le risultanze istruttorie, al fine di prendere in considerazione un fatto probatorio diverso o ulteriore rispetto a quelli assunti dal giudice del merito a fondamento della sua decisione” (Cass. n. 14953 del 2000 )».
Nella specie invece, ciò che il ricorrente chiede alla Corte è, proprio, una revisione della specifica ricognizione che il giudice di merito ha fatto delle risultanze istruttorie, comprese quelle che assume ignorate, dolendosi del fatto che da esse il giudice non abbia tratto la conclusione che il contratto fosse nullo per mancanza della causa o dell’oggetto.
Peraltro è evidente che il mezzo è ulteriormente inammissibile ai sensi dell’art. 360 comma 4 c.p.c. poiché detta ricognizione e le conclusioni che ne derivano sono oggetto di una decisione c.d. doppia conforme.
Infine il motivo non si confronta con la ratio decidendi , della sentenza gravata dal momento che la Corte ha escluso che la clausola dell’art. 4 del contratto in ordine alla destinazione delle somme mutuate incidesse sulla causa del mutuo come prevista dall’art. 1813 c.c., considerandola una dichiarazione unilaterale del signor COGNOME funzionale all’applicazione dell’aliquota fiscale dell’imposta sostitutiva; ed ha altresì osservato che, anche a voler ritenere che fosse invece espressiva di un accordo tar le parti per la destinazione della somma erogata dalla stessa, si evincerebbe solo lo scopo comune di creare una risorsa liquida in favore del mutuatario, alla quale non c’era lacuna ragione di ritenere estraneo l’obiettivo di estinguere il passivo della RAGIONE_SOCIALE da questi interamente posseduta oltre che solitariamente amministrata, obiettivo realizzato con disposizione di bonifico dello stesso COGNOME alla banca mutuante; la quale disposizione, peraltro, stante il
maggior ammontare della somma ricevuta rispetto a quello dello scoperto di cui era stato disposto il ripianamento, non aveva neppure esaurito lo scopo dichiarato di far ottenere al mutuatario nuova liquidità, il che esclude che l’operazione fosse esclusivamente volta a trasformare il debito coreografare io in debito garantito dai ipoteca come sostiene il ricorrente.
– Il secondo motivo denuncia violazione o falsa applicazione in relazione all’art. 360 comma 1 n.3 c.p.c. degli articoli 1363 e 1366 c.c., dell’articolo 1414 c.c. nonché del combinato disposto degli artt. 1418 e 1325 c.c. per non aver la Corte d’appello di Bologna rilevato la premeditata violazione della finalità espressamente indicata nel contratto di mutuo in questione; la denunciata violazione di legge riguarderebbe le norme sulla simulazione (il contratto di mutuo sarebbe simulato, mentre quello realmente voluto dalle parti – dissimulato – sarebbe quello volto a stabilire l’utilizzo della provvista per una finalità diversa da quella prevista dal contratto); in altri termini poiché la somma era stata erogata solo simulatamente per una data finalità ma le parti erano già d’accordo per destinare le somme mutuate ad altro scopo, il contratto sarebbe nullo per violazione del motivo fondante l’erogazione; invero il giorno stesso della stipula del mutuo venne rilasciata dal signor COGNOME una disposizione di bonifico con cui veniva ordinato alla banca di girocontare le somme mutuate sul conto corrente della RAGIONE_SOCIALE; quindi l’interpretazione dell’art. 4 del contratto sarebbe errata perché tra le parti sarebbe stato convenuto non per consentire al sig. COGNOME di disporre di nuova liquidità, ma per attribuire alla banca garanzie ipotecarie di cui prima questa non disponeva.
2.1. – Il motivo è inammissibile in quanto è tutto versato in fatto, mirando ad una revisione dell’accertamento motivatamente compiuto dal giudice di merito (di cui s’è detto nell’esaminare il primo mezzo), onde va ribadito il consolidato principio per cui,
traducendosi l’accertamento della volontà delle parti in relazione al contenuto di un negozio giuridico in una indagine di fatto affidata al giudice di merito, il ricorrente per cassazione, al fine di far valere la violazione dei canoni legali di interpretazione contrattuale di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., non solo deve fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione, mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti non potendo, invece, la censura risolversi nella mera contrapposizione dell’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata. (Cass. n. 9461/2021; Cass. n.16987/2018; Cass. n. 28319/2017).
2.2. – Ne consegue che il vizio di violazione di legge nella specie è impropriamente invocato essendo altrettanto noto e consolidato il principio per cui in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; mentre l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità (Cass. n. 24155/2017; Cass. n. 195/2016, confermate da innumerevoli sentenze successive, v. ex multis Cass. 13747/2018 ; Cass. n. 3340/2019; Cass. 31546/2019). E nella specie è evidente che la parte ricorrente lamenta la erronea applicazione delle norme in materia di simulazione e nullità del contratto simulato in ragione della inammissibile pretesa di una difforme valutazione degli esiti istruttori; dunque non denuncia un’erronea ricognizione della
fattispecie astratta recata dalla norma di legge (ossia un problema interpretativo, vizio riconducibile all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.) bensì un vizio-motivo, da valutare alla stregua del novellato art. 360, primo comma n. 5 c.p.c., che – nella versione ratione temporis applicabile – lo circoscrive all’omesso esame di un fatto storico decisivo (cfr. sul punto Cass. Sez. U. n. 19881/ 2014), riducendo al «minimo costituzionale» il sindacato di legittimità sulla motivazione (Cass. Sez. U. n. 8053/2014).
3.- Il ricorso in conclusione va dichiarato inammissibile. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come nel dispositivo, ai sensi del D.M. 12 luglio 2012, n. 140. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 9.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello stabilito per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 1ª