Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 32175 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 32175 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. r.g. 22764/2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa, giusta procura speciale rilasciata su foglio separato in atti , dall’ avvocato NOME COGNOME presso cui è elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa giusta procura speciale del 22/09/2021 rilasciata su foglio separato, dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME presso cui è elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente –
NOME COGNOME ASSUNTINA COGNOME
-intimati-
avverso la sentenza della Corte di Appello di Roma n. 878/2021, pubblicata in data 04/02/2021, non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19/09/2024 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
1.Con la sentenza non definitiva impugnata la Corte di Appello di Roma ha riformato la sentenza del Tribunale di Roma che aveva accolto la domanda formulata dalla RAGIONE_SOCIALE di risarcimento del danno nei confronti della Banca Nazionale del Lavoro per avere consentito al procuratore speciale della società la sottrazione di ingenti risorse economiche con la connivenza dei funzionari della Banca.
La Corte distrettuale ha ritenuto meritevole di riforma la sentenza di primo grado, nella misura in cui ha erroneamente assecondato un ampliamento del thema decidendum ac disputandum come introdotto con l’atto introduttivo. Ad avviso della corte, la società attrice ha introdotto con la comparsa di nuovo difensore, successiva all’udienza di precisazione delle conclusioni, domande ulteriori ed aggiuntive rispetto a quelle formulate con la citazione: i) con l’atto introduttivo la domanda aveva ad oggetto il versamento di assegni bancari non trasferibili emessi in favore di RAGIONE_SOCIALE da parte del sig. COGNOME non sul c.c. della società, ma sul proprio conto personale, con violazione della clausola di intrasferibilità e responsabilità della banca negoziatrice ai sensi dell’art. 43 L.A., nonché ‘cambiamento’ da parte del COGNOME anche per cassa di molti assegni, ii) con la comparsa di nuovo difensore la domanda veniva ampliata con la contestazione della negoziazione di un considerevole ed anomalo numero di assegni trasferibili intestati all”RAGIONE_SOCIALE o alla RAGIONE_SOCIALE da parte del RAGIONE_SOCIALE con accredito sul proprio conto, nonché l’omessa segnalazione di tali movimentazioni al la correntista in violazione della normativa antiriciclaggio e delle pattuizioni contrattuali.
Conseguentemente, la corte d’appello ha riformato la sentenza di prime cure che ha fondato la decisione sulla responsabilità della banca per la negoziazione indebita da parte del Pirrocco di assegni trasferibili intestati alla RAGIONE_SOCIALE o della RAGIONE_SOCIALE accreditati sul c/c personale del
procuratore, per violazione del principio di divieto di domande nuove introdotte oltre il termine di cui all’art. 183, comma 6°, n. 1 c.p.c..
In secondo luogo, la corte di merito ha ritenuto inutilizzabile la documentazione acquisita dal Tribunale in ottemperanza all’ordinanza adottata ai sensi dell’art. 210 c.p.c. ritenendo errato il presupposto della specificità dell’istanza formulata dalla società attrice, att eso che la successiva specificazione effettuata con la costituzione di nuovo difensore, in assenza dei presupposti per una rimessione in termini, era da considerarsi tardiva.
Conclusivamente, la Corte d’Appello ha limitato la decisione alla asserita illecita negoziazione degli assegni non trasferibili e ha rilevato la inesistenza in atti di titoli di tal natura posti all’incasso sul c/c del procuratore speciale, con conseguente rigetto della domanda attorea.
Infine, la corte si è pronunciata sulle domande riconvenzionali formulate dalla Banca totalmente obliterate dal Tribunale.
La sentenza pubblicata il 04/02/2021, non notificata è stata impugnata con ricorso in Cassazione da RAGIONE_SOCIALE assistito da cinque motivi di ricorso. Si è costituita la sola Banca con controricorso, chiedendo il rigetto dell’impugnazione.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo la società ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 112,163, nn 3 e 4 e 183 c.p.c..
Ad avviso della ricorrente, la statuizione secondo la quale la domanda di accertamento della responsabilità della banca, originariamente formulata con riguardo agli assegni non trasferibili, è domanda nuova se riferita ad assegni trasferibili sarebbe erronea in quanto contrastante con la norma di cui all’art. 112 c.p.c. .
In particolare, la causa petendi del giudizio non sarebbe mai mutata avendo lo stesso continuato ad avere ad oggetto comportamenti relativi al medesimo rapporto violativi, sia degli obblighi discendenti dal contratto di c/c, sia di norme di legge. In altri termini, la deduzione in corso di causa di nuove modalità distrattive di somme riconducibili
alla società avrebbe specificato maggiormente la fondatezza della responsabilità della Banca e delle richieste di natura risarcitoria.
In sintesi, il mutamento non avrebbe riguardato la causa petendi né il petitum , ma esclusivamente la prova offerta costituita da assegni liberi, anziché non trasferibili per dimostrare la sussistenza del danno, circostanza che non integra mutamento della domanda.
Con il secondo motivo di censura si contesta ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4 la violazione falsa applicazione degli artt. 153, 183 e 294 c.p.c..
Ad avviso della difesa della ricorrente la sentenza impugnata è erronea nella parte in cui ha statuito che con la memoria del 13/02/2014 avente ad oggetto l’esistenza di ulteriori assegni trasferibili incassati dal signor COGNOME la società odierna ricorrente avrebbe introdotto una domanda nuova ammissibile solo nell’ambito delle barriere preclusive fissate dall’articolo 183, comma sesto, n. 1 c.p.c., soprattutto in considerazione del fatto che la Corte di appello non ha tenuto conto che i fatti dedotti nella predetta memoria sono stati scoperti solo nell’ottobre 2013 e che ciò impediva una tempestiva deduzione nei termini di cui all’articolo 183 citato, maturati due anni prima nel 2011. La Corte di appello sarebbe, comunque, incorsa nella violazione dell’articolo 153 c.p.c. che consente la remissione in termini per l’introduzione di una richiesta di risarcimento danni sopravvenuti al maturare delle preclusioni istruttorie.
Con il terzo motivo di censura si eccepisce la nullità della sentenza ai sensi dell’articolo 360 n. 4 c.p.c. per violazione degli articoli 153, 183, 294 c.p.c. e degli articoli 24 Costituzione e 101 112 115 e 116 c.p.c., nonché dell’articolo 119, comma quarto, T.U.B. e degli articoli 210 e 263 c.p.c. con riferimento all’articolo 2697 c.c., nonché omesso esame di fatti decisivi ex art 360 n. 5 c.p.c..
La Corte di Appello avrebbe erroneamente ritenuto che l’ordinanza di rimessione in termini del giudice di primo grado fosse limitata alla documentazione depositata con la comparsa di nuovo difensore del 13/02/2014, per cui l’ulteriore documentazione prodotta non avrebbe
potuto essere utilizzata ai fini della decisione. Ed invero le produzioni documentali successive alla comparsa di costituzione di nuovo difensore del 13/02/2014 sono accompagnate da ll’i stanza di rimessione in termini e tali produzioni sarebbero state tutte ammesse con l’ordinanza del tribunale del 26/10/2014.
Con riguardo all’ordine di esibizione di cui la Corte di appello afferma l’inammissibilità ai sensi dell’articolo 94 disp. attuazione c.p.c. per genericità dell ‘i stanza, la difesa della società ricorrente richiama l’applicabilità dell’articolo 119 T.U.B., quale norma speciale rispetto all’articolo 210 c.p.c..
Con il quarto motivo di censura si contesta la violazione dell’articolo 112 c.p.c., nonché la violazione o falsa applicazione degli articoli 1395 1362 c.c. ex articolo 360, comma 1, numero 3, c.p.c., nonché omesso esame di fatti decisivi ex art 360 numero 5 c.p.c..
In primo luogo, si eccepisce un vizio di ultrapetizione della sentenza che sarebbe andata oltre la domanda contenuta nel quinto motivo di appello della RAGIONE_SOCIALE, sostituendo propri rilievi ufficiosi quali la perimetrazione della materia del contendere ai soli assegni non trasferibili, con una disamina dei poteri conferiti al RAGIONE_SOCIALE in virtù della procura rilasciatagli dalla società RAGIONE_SOCIALE Il motivo di appello era invece incentrato sulla erroneità della sentenza di primo grado che aveva riconosciuto una responsabilità della banca in ordine alla falsità delle firme per girata apposte sugli assegni e per aver ritenuto legittimo il disconoscimento avvenuto ad opera della signora NOME COGNOME rimasta contumace.
Ciò posto, La Corte di merito ha ritenuto corretta la condotta del COGNOME che versava gli assegni non trasferibili sul conto della società RAGIONE_SOCIALE per poi prelevarne importi corrispondenti in contanti ed emettere assegni della società a favore di sé stesso in conformità al potere di eseguire disposizioni e prelevamenti dai conti correnti per qualsiasi importo anche mediante assegni bancari all’ordine di terzi e di girare assegni. Tali operazioni ad avviso della Corte sarebbero state lecite, nonostante il divieto sancito dall’articolo 1395 codice civile
applicabile anche agli atti unilaterali in virtù dell’articolo 1324 codice civile, secondo cui il rappresentante non può concludere contratti con sé stesso a meno che il rappresentato lo abbia autorizzato specificamente ovvero il contratto sia determinato in modo da escludere la possibilità di conflitto di interessi.
Pertanto, la Corte distrettuale avrebbe dovuto escludere che il procuratore potesse legittimamente operare a suo favore come in concreto accertato dalla Corte stessa.
Con il quinto motivo si denuncia il capo relativo all’accoglimento della domanda riconvenzionale della Banca che, come ritenuto dal tribunale, non poteva che essere condizionata dal rigetto delle domande risarcitorie della società. Conseguentemente l’accoglimento dei motivi di ricorso non può che produrre l’effetto cassatorio anche relativamente al capo di accoglimento della domanda riconvenzionale della banca. Il primo motivo di ricorso è infondato.
La corte distrettuale ha correttamente ritenuto l’inammissibilità della domanda formulata dall’odierna società ricorrente per mutatio libelli .
Va premesso che si ha “mutatio libelli” quando si avanzi una pretesa obiettivamente diversa da quella originaria, introducendo nel processo un “petitum” diverso e più ampio oppure una “causa petendi” fondata su situazioni giuridiche non prospettate prima e particolarmente su un fatto costitutivo radicalmente differente, di modo che si ponga al giudice un nuovo tema d’indagine e si spostino i termini della controversia, con l’effetto di disorientare la difesa della controparte ed alterare il regolare svolgimento del processo; si ha, invece, semplice “emendatio” quando si incida sulla “causa petendi” in modo che risulti modificata soltanto l’interpretazione o qualificazione giuridica del fatto costitutivo del diritto, oppure sul “petitum”, nel senso di ampliarlo o limitarlo per renderlo più idoneo al concreto ed effettivo soddisfacimento della pretesa fatta valere. (Cass. Sez. L, Sentenza n. 17457 del 27/07/2009).
In altri termini, si ha “mutatio libelli” quando la parte immuti l’oggetto della pretesa ovvero quando introduca nel processo, attraverso la
modificazione dei fatti giuridici posti a fondamento dell’azione, un tema di indagine e di decisione completamente nuovo, fondato su presupposti totalmente diversi da quelli prospettati nell’atto introduttivo e tale da disorientare la difesa della controparte e da alterare il regolare svolgimento del contraddittorio. (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1585 del 28/01/2015).
La corte distrettuale ha correttamente ritenuto la sussistenza della mutatio libelli, avendo la società RAGIONE_SOCIALE introdotto con la comparsa depositata in data 13/10/2014 domande ulteriori ed aggiuntive comportanti un ampliamento del thema decidendum allegando circostanze nuove come la negoziazione di un considerevole e anomalo numero di assegni trasferibili intestat i alla ‘RAGIONE_SOCIALE‘ o alla RAGIONE_SOCIALE da parte del Pirrocco con accredito sul proprio conto, nonché l’omessa segnalazione di tali movim entazioni alla correntista.
In altri termini, la comparsa depositata oltre i termini preclusivi di cui all’art. 183, comma 6, n. 1 c.p.c. ha irritualmente introdotto un nuovo e diverso tema di indagine relativamente alla indebita sottrazione di somme alla società costituito dalla negoziazione di assegni trasferibili accreditati sul conto del Pirrocco, laddove gli originari fatti costitutivi erano limitati al versamento di assegni circolari con violazione della clausola di intrasferibilità e responsabilità della banca negoziatrice ai sensi dell’art. 43 L.A., nonché ‘ cambiamento ‘ da parte del sig. COGNOME direttamente per cassa di molto assegni circolari.
Anche il secondo motivo è infondato.
Parte ricorrente contesta la decisione che ha ritenuto la mutatio libelli anche sotto diverso profilo. In particolare, si rileva che i fatti dedotti con la memoria del 13/02/2014 sono stati scoperti solo nel 2013 il che avrebbe impedito una tempestiva deduzione nei termini di cui all’art. 183 c.p.c. già da anni maturati (2011). Conseguentemente, ad avviso della ricorrente, la corte distrettuale sarebbe incorsa nella violazione dell’art. 153 c.p.c. alla luce della giurisprudenza di questa Corte che ha affermato che i fatti sopravvenuti così come i fatti antecedenti di cui si sia avuta conoscenza successivamente per fatto non imputabile alla
parte che li deduce, possono essere dedotti in ogni stato e grado del giudizio.
Orbene, al riguardo è da rilevarsi come la rimessione in termini richiesta dalla parte ha avuto ad oggetto il deposito tardivo di ulteriori documenti comprovanti a dire della ricorrente i danni cagionati alla società dalla condotta infedele del COGNOME.
Tale deposito tardivo ha avuto ad oggetto documentazione scoperta successivamente, ma avente ad oggetto fatti preesistenti alla proposizione della domanda giudiziale che non erano mai stati allegati nell’atto introduttivo. Tale profilo rende evidente la in fondatezza della censura che non coglie il corretto ambito della rimessione in termini che non può riguardare la proposizione di una nuova domanda allorquando i fatti costituivi della medesima preesistevano alla sua introduzione.
Le stesse considerazioni valgono per il terzo motivo riguardante la specifica critica alla decisione impugnata relativamente alle ulteriori produzioni documentali successive alla comparsa di costituzione di nuovo difensore del 13/02/2014.
Infine, restano assorbiti il quarto motivo, in quanto avente ad oggetto la critica della decisione che ha perimetrato la materia del contendere ai soli assegni non trasferibili, e il quinto motivo relativo alla domanda riconvenzionale della Banca che presupporrebbe l’accoglimento dei superiori motivi di impugnazione.
Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta ricorso. Condanna parte ricorrente alle spese processuali, che liquida in € 7 .000,00, a titolo di compensi, oltre € 200,00 per esborsi, nonché al rimborso forfetario delle spese generali, nella misura del 15%, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art.13, comma 1 quater del DPR 115/2002, dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del
ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1 bis dello stesso art.13. Così deciso in Roma, il 19/09/2024