Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 7197 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 7197 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12877/2017 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE IN AMMINISTRAZIONE GIUDIZIARIA, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE), indirizzo PEC: EMAIL
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE
-intimato- avverso DECRETO di TRIBUNALE REGGIO CALABRIA n. 2803/2017 depositato il 14/04/2017;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/02/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
-Con il decreto indicato in epigrafe, il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ha rigettato il ricorso ex art. 98 l.fall. proposto da RAGIONE_SOCIALE in Amministrazione giudiziaria contro l’esclusione dallo stato passivo del Fallimento RAGIONE_SOCIALE in liquidazione del credito chirografario di euro 1.462.680,05 in quanto derivante da contratto “simulato” o “nullo”, e comunque non provato nella misura richiesta , all’esito di istruttoria caratterizzata da ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c. della documentazione in possesso della curatela
fallimentare opposta ed espletamento della prova testimoniale articolata dal creditore opponente.
2. -In particolare, dopo aver ricostruito la complessa vicenda in esame (che ha preso origine dall’affidamento da parte del RAGIONE_SOCIALE, con “Contratto di servizio” del 28/02/2005 e successivo “Disciplinare” del 28/02/2006, alla RAGIONE_SOCIALE – società poi fallita nel 2015, il cui capitale sociale apparteneva per il 51% allo stesso RAGIONE_SOCIALE e per il restante 49% alla RAGIONE_SOCIALE -della gestione dei servizi di manutenzione ordinaria e straordinaria, igiene, pulizia, sicurezza e altre attività ausiliarie relative ai propri beni demaniali e patrimoniali, e dalla successiva “Convenzione di esecuzione” di detti servizi stipulata il 01/10/2007 da RAGIONE_SOCIALE, seguita dal “Contratto di prestazione d’opera ” sottoscritto da quest’ultima con ciascuno dei suoi tre soci RAGIONE_SOCIALE, COGNOME. NOME, NOME, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE (di seguito RAGIONE_SOCIALE) , il Tribunale ha osservato, tra l’altro: i) che ai sensi dell’art. 10 del “Contratto di servizio”, RAGIONE_SOCIALE non poteva cederlo a terzi a pena di risoluzione, potendo solo utilizzare strumenti organizzativi idonei al conseguimento dei più elevati livelli di efficienza ed economicità; ii) che da un esame incrociato della compagine societaria delle tre società socie di RAGIONE_SOCIALE emerge che i rispettivi soci hanno ricoperto cariche sociali nelle società socie, nella RAGIONE_SOCIALE e nella partecipata RAGIONE_SOCIALE; iii) che il contratto tra RAGIONE_SOCIALE e il suo socio di minoranza, e quello tra quest’ultimo e i suoi soci, appaiono rientrare nella figura del contratto “con sè stesso”, in quanto stipulato tra enti solo apparentemente diversi, ma in realtà riconducibili al medesimo soggetto, e il cui fine ultimo non è stato ottimizzare la qualità dei servizi, bensì ripartire tra gli stessi soci i ricavi “moltiplicati” delle diverse società, eroganti un servizio analogo e spesso “superfluo”; iv) che la contemporaneità di cariche rivestite in RAGIONE_SOCIALE e in RAGIONE_SOCIALE (o in società ad essa riconducibili) da parte dei vari soggetti ha compromesso il principio di imparzialità nelle scelte gestionali delle due società; v) che i tre contratti di prestazione d’opera appaiono caratterizzati da una significativa similitudine nella forma e nei contenuti e da un livello di generalità nella descrizione dell’oggetto della prestazione tale da
non consentire di identificare adeguatamente le specifiche attività svolte e le funzioni effettivamente rivestite, e da far ritenere solo apparente la diversità dei servizi oggetto delle rispettive forniture; vi) che tutto ciò è contrario al più basilare principio di economicità e buona gestione di un servizio pubblico, comportando una moltiplicazione di costi ingiustificati; vii) che dalla relazione RAGIONE_SOCIALE sulle vicende societarie di RAGIONE_SOCIALE si ricava che non veniva effettuata la prevista validazione delle Relazioni consegnate dai soci, né eseguita alcuna attività finalizzata alla consapevolezza della effettività della prestazione prima di effettuare i pagamenti; viii) che l’esame complessivo delle risultanze istruttorie induce a ritenere che il ‘C ontratto di servizio ‘ sia nullo ex art. 1345 c.c. per illiceità del motivo determinante e comune alle parti, risoltesi a stipularlo « per addivenire ad una anticipata e indebita ripartizione di utili e non per ottimizzare la forniture dei servizi che GST, quale socio di minoranza, avrebbe dovuto fornire a RAGIONE_SOCIALE e per essa al RAGIONE_SOCIALE »; ix) che dall’esame complessivo degli atti, avvalorato dalle testimonianze escusse, è emersa una tale analogia, se non uguaglianza, dei servizi oggetto dei contratti stipulati tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, e tra questa e i suoi soci, da far dubitare della liceità della causa in concreto perseguita dai contraenti, essendo stati stipulati per il perseguimento del medesimo fine (erogazione dei servizi gestori dell’Ente locale) plurimi contratti sostanzialmente tra gli stessi soggetti e con analogo oggetto, con conseguente moltiplicazione di costi a carico dell’Ente pubblico, che non trova alcuna giustificazione nello scopo di “ottimizzare” l’ erogazione dei propri servizi (come previsto dall’art. 10 del Contratto di servizio e dall’art. 10 dello Statuto di GST); x) che ne emerge una condotta reiterata di mala gestio da parte degli amministratori di tutte le società socie di GST, le quali, a diverso titolo, hanno anche partecipato alla vita societaria di RAGIONE_SOCIALE.
-Avverso detta decisione RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione in due mezzi; il Fallimento intimato non ha svolto difese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Con il primo motivo il ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione «degli artt. da 11 a 16, 2462, 1395, 1175, 1375, 2391 e 2475 ter c.c., nonché 112 c.p.c.» per una serie di ragioni: i) il tribunale avrebbe travisato i fatti relativi alle compagini societarie delle società coinvolte, poiché solo NOME COGNOME era contestualmente socio/amministratore della società RAGIONE_SOCIALE, presidente del consiglio di amministrazione della RAGIONE_SOCIALE e consigliere nella partecipata RAGIONE_SOCIALE, mentre nessuna carica rivestivano in quest’ultima i soci delle altre due società socie di RAGIONE_SOCIALE, tale da compromettere l ‘ imparzialità delle scelte operate con la sottoscrizione del contratto tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE; ii) di qui l’erroneo assunto che RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE fossero società riconducibili al medesimo soggetto, in contrasto con le norme del codice civile (artt. 11-16, 2462) che attribuiscono e disciplinano la personalità giuridica delle società; iii) il ravvisato “contratto con sè stesso” può essere annullato solo su iniziativa del rappresentato (art. 1395 c.c.), mentre il Fallimento GST mai ha impugnato il contratto stipulato con RAGIONE_SOCIALE, così come non ha mai impugnato le relative delibere per l’eventuale “conflitto di interessi” derivante dalla commistione delle compagini sociali, comunque non integrato dalle condizioni di cui agli artt. 2475-ter e 2391 c.c.; iv) il motivo illecito che ai sensi dell’ art. 1345 c.c. comporta la nullità del contratto si identifica con una finalità vietata dall’ordinamento perché contraria a norme imperative o ai principi dell’ordine pubblico o del buon costume, non anche perché pregiudizievole per i terzi, legittimati semmai ad avvalersi dei rimedi apprestati dall’ordinamento a loro tutela; v) sarebbe destituito di fondamento l’assunto circa la genericità dei contratti sottoscritti tra RAGIONE_SOCIALE e i suoi soci (tra cui RAGIONE_SOCIALE), evincendosi dallo stesso decreto impugnato la prestazione oggetto del contratto; vi) non vi è prova agli atti che il Fallimento abbia contestato l’esistenza e validità del contratto sottoscritto con RAGIONE_SOCIALE, sicché la decisione sarebbe “ultra petita”.
-Con il secondo mezzo, rubricato « Art. 360, 1° c., c.p.c. Omessa motivazione », il ricorrente, dopo aver ribadito che non risulta alcuna contestazione da parte del Fallimento RAGIONE_SOCIALE, né della società “in bonis”, circa i contratti in questione, o le deliberazioni
del consiglio di amministrazione della RAGIONE_SOCIALE, volte a far valere eventuali profili di illegittimità per situazioni di conflitto di interessi o di “mala gestio”, deduce che il tribunale avrebbe deciso la causa « come se l’istruttoria non fosse esistita », « in senso esattamente contrario all’esito della prova testimoniale e delle altre prove », con conseguente inesistenza della motivazione.
-I motivi, che in quanto connessi possono essere esaminati congiuntamente, sono inammissibili, poiché, sotto l’apparente e confusa deduzione di errores in iudicando e in procedendo, ovvero censure motivazionali, mirano in realtà ad una diversa valutazione del merito della causa, che non può trovare ingresso in sede di legittimità (Cass. Sez. U, 34476/2019).
-Invero i giudici di merito, con una motivazione tutt’altro che inesistente, ed anzi assai ampia e sicuramente superiore alla soglia del “minimo costituzionale” (Cass. Sez.U, 8053/2014), per quanto caratterizzata da una certa qual esuberanza nella qualificazione giuridica degli istituti applicati alla complessa fattispecie, hanno in sostanza ritenuto, all’esito dell’istruttoria espletata e con dovizia di argomentazioni (non tutte censurate), che -come dedotto in sede di verifica dei crediti dal curatore fallimentare in via di eccezione (con riserva di agire per il recupero delle somme indebitamente già erogate) -la trama complessiva degli articolati rapporti societari e negoziali intercorsi tra gli enti coinvolti (tenuto conto, tra l’altro, che l’amministratore di RAGIONE_SOCIALE ricopriva contestualmente la carica di membro del consiglio di amministrazione di RAGIONE_SOCIALE), abbiano dato vita ad un illecito “progetto contrattuale” tra la partecipata RAGIONE_SOCIALE e il suo socio di minoranza; esso era invero finalizzato non già, come dovuto, all’ottimizzazione dei servizi pubblici da rendere alla collettività locale, bensì ad una surrettizia distribuzione dei ricavi e indebita distribuzione anticipata degli utili tra le tre società socie di RAGIONE_SOCIALE (tra cui la ricorrente RAGIONE_SOCIALE), con conseguente illecita moltiplicazione di costi a danno dell’Ente locale (RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, socio di maggioranza di RAGIONE_SOCIALE).
Il tutto accompagnato dalla rilevata genericità e indeterminatezza delle prestazioni dedotte, in maniera pressoché indistinta, nei tre
contratti d’opera così s tipulati ‘a valle’ dell’operazione , nonché della mancanza di prova dell’assenza di risorse di GST (presupposto in tesi legittimante il ricorso ai ‘sotto -contratti ‘ ) e della effettività delle prestazioni richieste a ciascun socio.
Di qui la ravvisata malversazione di risorse pubbliche, ritenuta idonea ad integrare l’ illiceità del motivo illecito comune alle parti, o meglio della causa in concreto dei contratti in questione; valutazione, questa, rispetto alla quale ci si limita qui ad evocare ulteriori risvolti propri delle società a partecipazione pubblica (quale è RAGIONE_SOCIALE) -come l’originario assoggettamento a vincoli economici derivanti dal cd. patto di stabilità e i maggiori controlli da parte degli enti pubblici partecipanti imposti dall’art. 147-quater del testo unico sugli enti locali (introdotto dal d.l. n. 174 del 2012, convertito con modif. dalla legge n. 213 del 2012) -che da sempre giustificano, a determinate condizioni, la giurisdizione della Corte dei Conti in tema di danno erariale (cfr. Cass. Sez. U, 11139/2017, 21692/2016), configurabile anche qualora la partecipata non abbia, come nel caso in esame -se non altro in mancanza di una partecipazione pubblica totalitaria (v. Cass. Sez. U, 26283/2013, 22409/2018) -natura di società “in house providing” (cfr. Cass. Sez. U, 15979/2022, 4264/2023).
5. -A fronte di siffatte emergenze processuali, e al netto del difetto di autosufficienza che caratterizza vari passaggi dei motivi, è appena il caso di aggiungere, con riguardo al primo motivo, che non integra violazione né falsa applicazione di norme di diritto la denuncia di una erronea ricognizione della fattispecie concreta in funzione delle risultanze di causa, poiché essa si colloca al di fuori dell’ambito interpretativo ed applicativo della norma di legge (Cass. 4784/2023).
Difatti, il discrimine tra violazione di legge in senso proprio (per erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa) ed erronea applicazione della legge (in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta) è segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, diversamente dalla prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (Cass. 195/2016, 26110/2015, 8315/2013, 16698/2010).
Ne segue che le doglianze attinenti non già all’erronea ricognizione della fattispecie astratta recata dalle norme di legge, bensì all’erronea ricognizione della fattispecie concreta alla luce delle risultanze di causa, ineriscono tipicamente alla valutazione del giudice di merito (Cass. 13238/2017, 26110/2015). Del resto, ove si ammettesse un sindacato di legittimità sulle quaestiones facti , si consentirebbe un inammissibile raffronto tra le ragioni del decidere espresse nel provvedimento impugnato e le risultanze istruttorie sottoposte al vaglio del giudice di merito (Cass. Sez. U, 28220/2018; Cass. 2001/2023, 28643/2020, 33858/2019, 32064/2018, 8758/2017). Il ricorrente per cassazione non può dunque pretendere di contrapporre a quelle del giudice di merito le proprie valutazioni (a prescindere dal loro essere più o meno appaganti, sotto il profilo del coordinamento delle acquisizioni istruttorie) per ottenere la revisione degli accertamenti di fatto da questi compiuti, o una diversa lettura delle risultanze processuali (Cass. 3630/2017, 9097/2017, 30516/2018, 205/2022), non essendo compito di questa Corte condividere o meno la ricostruzione dei fatti e la valutazione delle prove contenute nella decisione impugnata (Cass. 12052/2007, 3267/2008).
-Segue la declaratoria di inammissibilità del ricorso senza statuizione sulle spese, in mancanza di difese dell’intimato .
-Sussistono i presupposti di cui all’ art. 13, comma 1quater, d.P.R. 115/02 (cfr. Cass. Sez. U, 23535/2019, 4315/2020).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 14/02/2024.