Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 21504 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 21504 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 31/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29718/2019 R.G. proposto da: COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME AVV_NOTAIO che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato AVV_NOTAIO COGNOME;
NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrenti –
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di VENEZIA n. 847/2019 depositata il 06/03/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 04/06/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME citava in giudizio NOME COGNOME e NOME COGNOME per accertare l’insussistenza di una servitù di passaggio a favore dei mappali di proprietà dei convenuti con ordine di astenersi dall ‘ uso indebito del terreno attoreo.
Si costituiva in giudizio NOME COGNOME che proponeva domanda riconvenzionale di usucapione e, in subordine, richiedeva la costituzione di una servitù coattiva per interclusione.
Si costituiva NOME COGNOME eccependo parimenti l’usucapione della servitù di passaggio esercitata in continuità con il padre.
Il Tribunale di Padova rigettava la domanda di parte attrice e dichiarava l ‘ intervenuto acquisto per usucapione della servitù di passaggio pedonale e carrabile, con qualsiasi mezzo, a favore dei fondi come indicati in sentenza
NOME COGNOME proponeva appello avverso la suddetta sentenza.
Resistevano al gravame NOME COGNOME e NOME COGNOME.
7. La Corte d’ Appello di Venezia rigettava il gravame dell’attore . In particolare, la Corte territoriale evidenziava che lo stesso appellante aveva dato atto che la strada mappale 538 era di proprietà COGNOME per 4 metri e COGNOME per 1,30 metri. Peraltro, nell ‘ accordo privato tra le parti sottoscritto in data 2.9.1991 si conveniva alla lettera E che: ” il proprietario del mapp. 538, COGNOME NOME, instaura a favore della sig.ra COGNOME NOME, una servitù di passaggio con qualsivoglia mezzo, e la signora COGNOME NOME instaura a favore del geom. COGNOME NOME e del di lui padre, sulla sucitata fascia di terreno di metri 1,30 servitù di passaggio con qualsiasi mezzo, inoltre si dichiara da ambedue le parti che non verranno fatte nel tempo rivalse di nessun tipo. S ‘ intende che qualsivoglia mezzo potrà transitare sulla larghezza complessiva del nuovo passaggio per metri 5,30 e per tutta la lunghezza della strada “. Successivamente in data 27.6.1995 tra le parti, con autentica di firme del AVV_NOTAIO si stipulava un atto di costituzione di servitù reciproca di passaggio pedonale e carrabile, con qualsivoglia mezzo, su tutta l ‘ estensione del mappale 538 e su porzione dei mappali 451 e 452.
Ne conseguiva, quindi, che anche la COGNOME avesse diritto di utilizzare e servirsi di detta strada per accedere e recedere dal proprio fondo, evidenziandosi come, con la citata scrittura del 1991, si fosse fatto riferimento ad una servitù di passaggio senza ulteriore specificazione. Risultava, quindi, corretta la decisione del primo giudice secondo cui le appellate beneficiavano della servitù di passaggio costituita per destinazione del padre di famiglia come risultava dalla sentenza del Pretore di Cittadella n. 65/1989 e come
successivamente riconosciuto espressamente dalle citate convenzioni.
La Corte d’Appello riteneva infondato anche il secondo motivo con il quale l’ appellante si lamentava della violazione dell ‘ art. 1102 c.c., in quanto a suo dire, il primo giudice sarebbe incorso in una grave svista equiparando due istituti distinti: le servitù prediali e la comunione.
Ad avviso del la Corte d’Appello la doglianza non era pertinente e nessuna svista poteva essere addebitata al Tribunale atteso che il primo giudice dopo aver scritto che le parti – con la citata scrittura del 1991 – avevano costituito una servitù reciproca di passaggio (con qualsiasi mezzo sulla strada realizzata sui mappali di proprietà COGNOME e COGNOME), aveva evidenziato che per l ‘ uso di tale passaggio andava applicato l ‘a rt. 1102 c.c.
Inoltre, la descrizione della servitù risultava dalla consulenza tecnica rispetto alla quale nessuna osservazione critica era stata svolta. In secondo luogo, il passaggio risultava effettuato anche sul terreno di proprietà dell ‘ appellata COGNOME e quindi anche a favore del terreno della medesima, così dovendosi interpretare la locuzione dei già citati accordi: ” servitù di passaggio con qualsiasi mezzo “. Infine, il passaggio per accedere e recedere dai fondi COGNOME risultava avvenuto quanto meno a partire dal 1989 data in cui la servitù era stata riconosciuta – attraverso i mappali 451 e 452 e quindi anche tramite il mappale 538. Sul punto le stesse testimonianze dei testimoni di parte attrice non escludevano il passaggio. In conseguenza di ciò era corretto l ‘ assunto del Tribunale secondo il quale attraverso la servitù inizialmente costituita per destinazione del padre di famiglia la
NOME e prima di lei il defunto padre avevano usucapito il diritto di transitare sul mappale 538. Risultava, peraltro, pure la presenza di opere visibili e permanenti destinate all ‘ esercizio della servitù: la strada ed un cancello che consentivano per l ‘ appunto l ‘ accesso ai mappali 1241 e 1178, come descritti nell ‘ elaborato peritale.
L’ appellante si era limitato a riproporre quanto già indicato in primo grado, osservandosi come l ‘ accesso alla pubblica via da parte delle appellate fosse effettuato attraverso la strada delineata dal mappale 538. Inoltre, non difettava in capo alle appellate l ‘ animus possidendi atteso che in riferimento a tale requisito si doveva far riferimento a quello sussistente in capo all ‘ allora proprietario NOME, al quale erano succedute nel 2004 la moglie COGNOME NOME e la figlia NOME NOME.
Peraltro, la sentenza del Pretore di Cittadella, l ‘ accordo del 1991, e l ‘ atto notarile del 1995, non avevano escluso il possesso ad usucapionem , essendo il possesso una questione di fatto. Tanto più che non risultava che l ‘ appellante dal 1989 al 2013, data di notifica della citazione introduttiva del giudizio, avesse proposto atti interruttivi idonei quali atti giudiziari o la perdita materiale del potere di fatto sulla cosa.
Infine, i testimoni COGNOME NOME e COGNOME NOME avevano confermato la circostanza che il passaggio sulla strada avveniva anche quando era in vita il COGNOME NOME e che successivamente la COGNOME NOME avesse continuato ad utilizzare il passaggio in questione; ne conseguiva che il possesso iniziato dal de cuius era continuato dall ‘ erede.
Lo COGNOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di sei motivi illustrati da memoria.
Le Zauppa – COGNOME resistono con separati controricorsi.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo di ricorso è così rubricato: violazione/falsa applicazione degli artt. 1027, 1063 e 1065 c.c. per aver la Corte affermato che la scrittura privata del 1991, costitutiva della servitù di passaggio reciproca tra i mapp. 538 e 451-1082, autorizza le convenute ad esercitare tale passaggio anche a favore di ulteriori fondi. Altresì nullità della sentenza per motivazione illogica e/o contraddittoria per avere la Corte affermato che il diritto di passaggio delle parti convenute derivava da tali convenzioni salvo poi confermare la sentenza del giudice di prime cure che aveva stabilito l’acquisto per usucapione del medesimo diritto di passaggio.
Secondo parte ricorrente sarebbe violato l’art. 1063 c.c. nella parte della sentenza in cui si afferma che le controparti beneficiano della servitù di passaggio costituita per destinazione del padre di famiglia come risulta dalla sentenza del Pretore di Cittadella n. 65/1989″, in quanto tale titolo dichiarava, sì, costituita la servitù a carico del mappale 538 e a favore dei mappali 451 e 1082 (all’epoca mapp. 452), ma aveva cura di specificare che tale servitù era ” costituita esclusivamente per i mappali 451 e 452 con ordine a COGNOME NOME di cessare e di far cessare il transito in qualsiasi modo esercitato su detti mappali 451 e 452 per accedere ad altri mappali di cui abbia la disponibilità “: di talché l’uso che la Corte ha ritenuto di riconoscere alle odierne convenute in base al titolo sarebbe in realtà espressamente escluso dal titolo stesso.
L’art. 1063 c.c. sarebbe, altresì, violato in relazione all’atto notarile del 1995, il quale limiterebbe espressamente la servitù
reciproca ai mappali ai mappali 538, dal lato COGNOME, e 4511082 (all’epoca 452), dal lato COGNOME INDIRIZZO, e come tale è stato trascritto.
Inoltre, sarebbe violato l’art. 1065 c.c. nel dichiarare che, poiché l’accordo del 1991 non delinea chiaramente i limiti della servitù di passaggio, allora deve ritenersi che la COGNOME abbia diritto di accedere a mappali che sull’atto non sono nemmeno indicati e che appartengono a soggetti estranei alla convenzione in quanto di proprietà del marito. Dichiarare una servitù “implicitamente” costituita a favore anche di mappali del tutto estranei al titolo costituirebbe un evidente aggravio del diritto di passaggio stesso che, come tale, violerebbe l’art. 1065 c.c.
Infine, vi sarebbe una contraddizione insanabile nella parte della sentenza dove si afferma che r isulta corretta la decisione del primo giudice secondo cui le appellate beneficiano della servitù di passaggio costituita per destinazione del padre di famiglia come risulta dalla sentenza del Pretore di Cittadella n. 65/1989 e come successivamente riconosciuto espressamente dalle citate convenzioni” (pagg. 17-18), così dichiarando che il diritto di passaggio trova fondamento nella sentenza e negli accordi del 1991 e 1995 rispetto alla parte che conferma integralmente la sentenza del Tribunale di Padova oggetto di impugnazione, la quale aveva dichiarato l’intervenuto acquisito della servitù da parte delle convenute per usucapione.
Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: violazione/falsa applicazione degli artt. 1065 e 1102 c.c. e dei principi in tema di servitù e comunione, per aver la Corte affermato che l ‘ uso di una servitù di passaggio reciproca è regolato dalle norme in materia di
uso della cosa comune. Altresì nullità della sentenza per difetto assoluto di motivazione sul punto.
In primo luogo, parte ricorrente lamenta che la Corte d’Appello abbia confermato la sentenza del Tribunale secondo cui, trattandosi di una servitù reciproca, poteva applicarsi l’art. 1102 c.c. e dunque la COGNOME poteva estendere il diritto di passaggio anche alla figlia NOME COGNOME.
Al contrario il titolare di un diritto di servitù di passaggio reciproca non ha né la facoltà né il diritto di estenderne l’uso a favore di fondi estranei alla servitù, a maggior ragione quando questi appartengano a soggetti terzi rispetto alla vicenda.
La censura è proposta anche sotto il profilo della carenza assoluta di motivazione per essersi la Corte d’Appello limitata a riportare le affermazioni del Tribunale in termini di mera adesione.
Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: nullità della sentenza per motivazione apparente, per aver la Corte rigettato la doglianza in cui l’appellante evidenziava che le prove testimoniali avevano riferito di un uso del passaggio sporadico e generico, con la considerazione, del tutto apodittica e, dunque, meramente apparente, che “sul punto le stesse testimonianze del testimoni di parte attrice non escludono il passaggio”.
La censura attiene alla mancanza di motivazione in ordine alla prova positiva e concreta di un uso del passaggio pubblico, pacifico, continuato, ultraventennale ed uti dominus.
Il quarto motivo di ricorso è così rubricato: violazione/falsa applicazione degli artt. 1158 e 1146 c.c., per avere la Corte affermato il principio, privo di alcuna base normativa o giurisprudenziale, secondo cui, in ipotesi di successione nel
possesso utile ai fini di usucapione, deve aversi riguardo esclusivamente all’animus possidendi del dante causa e non altresì all ‘ animus dell’avente causa.
La censura ha ad oggetto il passaggio motivazionale della sentenza impugnata secondo cui sussiste in capo alle appellate l’ animus possidendi atteso che in riferimento a tale requisito si deve far riferimento a quello sussistente in capo al l’ allora proprietario NOME, al quale sono succedute nel 2004 la moglie NOME e la figlia COGNOME NOME.
Risulterebbero violate le norme indicate in rubrica alla luce del principio secondo cui, ai fini d ell’ usucapione, qualora si verifichi una successione ex art. 1146 c.c., anche l’avente causa deve possedere con le caratteristiche necessarie ad usucapire, ivi compreso l’ animus possidendi, fino alla maturazione del termine ventennale di cui art. 1158 c.c.
4.1 I primi quattro motivi di ricorso, che stante la loro evidente connessione possono essere trattati congiuntamente, sono fondati.
La motivazione della Corte d’Appello non rende comprensibili le ragioni della decisione e, dunque, è apparente per impossibilità di ricavare la logicità del ragionamento inferenziale del giudice. Essa inoltre è caratterizzata da un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili.
In particolare, si legge nella sentenza a pag. 18 che risulta corretta la decisione del primo giudice secondo cui le appellate beneficiano della servitù di passaggio costituita per destinazione del padre di famiglia come risulta dalla sentenza del Pretore di Cittadella n. 65/1989 e come successivamente riconosciuto espressamente dalle citate convenzioni, mentre a pag. 13 e 14 si
legge che il Tribunale aveva accertato l’usucapione della servitù e tale statuizione trova conferma nella sentenza impugnata.
In altri termini non si comprende a quale titolo, usucapione o destinazione del padre di famiglia, si riconosca la servitù in capo alle allora parti appellate.
Anche in relazione al secondo motivo di appello, con il quale si deduceva violazione dell’art. 1102 c.c. per aver confuso due istituti equiparando le servitù e la comunione, la motivazione è apparente. Infatti, la Corte d ‘ Appello ha ritenuto la doglianza « non pertinente perché il primo giudice dopo aver scritto che le parti – con la citata scrittura del 1991 – avevano costituito una servitù reciproca di passaggio (con qualsiasi mezzo sulla strada realizzata sui mappali di proprietà COGNOME e COGNOME), ha evidenziato che per l ‘ uso di tale passaggio andava applicata la norma dell’art. 1102 c.c. ».
Risulta evidente che la motivazione che si esaurisce nella frase sopra riportata non è idonea a spiegare le ragioni della decisione in quanto le argomentazioni offerte sono obiettivamente inidonee a far comprendere l’iter logico seguito per la formazione del convincimento del Giudice.
Allo stesso modo risulta palesemente contraddittoria la motivazione sul terzo motivo di appello dello COGNOME che aveva lamentato l’inesistenza della servitù relativamente ai mappali 1080, 1177, 1179 e 1084 di proprietà COGNOME NOME e relativamente ai mappali 1176 (ora 1241) e 1178 per COGNOME NOME, seppur contigui ai mappali 451 e 452 che godevano invece pacificamente della servitù di passaggio a favore del mappale 538.
Anche in questo caso la Corte utilizza l’espressione: la doglianza non è pertinente, che già di per sé non rende chiaro se
la si ritiene inammissibile o infondata e la motivazione che segue tale affermazione è ancora una volta totalmente carente in quanto si limita a richiamare la servitù per destinazione del padre di famiglia costituita a carico del mappale 538 ed a favore dei soli mappali 451 e 452 sulla base della quale la COGNOME e prima di lei il defunto padre avevano usucapito il diritto di transitare sul mappale 538.
Infine, anche in relazione al quarto motivo di appello si riscontra la medesima carenza di argomenti essendosi limitata la Corte d’Appello ad affermare la sussistenza in capo alle appellate dell’animus possidendi atteso che in riferimento a tale requisito si debba far riferimento a quello sussistente in capo all ‘ allora proprietario COGNOME NOME, al quale sono succedute nel 2004 la moglie COGNOME NOME e la figlia COGNOME NOME e che il possesso è una questione di fatto.
Anche in questo caso si torna a sovrapporre la servitù per destinazione del padre di famiglia e l’usucapione della stessa senza rendere comprensibile il ragionamento giuridico in base al quale si riconosce ad NOME COGNOME e NOME COGNOME la titolarità della servitù di passaggio.
Ne consegue che la motivazione della Corte d’Appello oltre ad e non offre adeguata giustificazione al rigetto dei motivi di appello dello COGNOME in quanto, a prescindere in questa sede da ogni valutazione di merito in ordine alla loro fondatezza, non si comprendono le ragioni del loro rigetto.
In altri termini non essendo percepibili quale siano le ragioni della decisione non è possibile alcun controllo sull’esattezza,
logicità e congruenza del ragionamento inferenziale del giudice (in tal senso tra molte: Cass. n. 4891 del 2000; n. 1756 e n. 24985 del 2006; n. 11880 del 2007; n. 161, n. 871 e n. 20112 del 2009; n. 4488 del 2014; sezioni unite n. 8053 e n. 19881 del 2014; sul vizio di motivazione apparente, v. anche SSUU 2767/2023 in motivazione).
Una tale motivazione è obiettivamente affetta da quei vizi che sono rimasti i soli di cui ci si possa dolere in Cassazione dopo la riforma del n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ., secondo i principi dettati da Cass. Sez. U. nn. 8053 e 8054 del 2014, ravvisandosi in essa una «motivazione apparente», comunque inficiata da un «contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili», tanto da presentarsi come «perplessa ed obiettivamente incomprensibile».
In conclusione, deve affermarsi che la sentenza impugnata è nulla per violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. in quanto dalla motivazione, apparente e insanabilmente contraddittoria, non è possibile comprendere il percorso logico giuridico compiuto dal Giudice.
5. Il quinto motivo di ricorso è così rubricato: violazione/falsa applicazione degli artt. 1158 e 1140 c.c., per aver la corte affermato che il possesso utile ad usucapionem è una mera questione di fatto, e dunque per avere negato qualunque rilevanza dell’animus possidendi; altresì omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, ex art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., per avere il giudice trascurato di prendere in alcuna considerazione i documenti in cui NOME COGNOME ammette di aver esercitato il passaggio per concessione dell’odierno ricorrente.
Il sesto motivo di ricorso è così rubricato: omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio per avere il giudice riconosciuto l’usucapione di un passaggio quotidiano pedonale e veicolare a favore di NOME COGNOME a fronte del fatto che la stessa convenuta aveva dichiarato che, fino al 2001, tale passaggio era avvenuto esclusivamente al fine di manutenzione dei fondi.
6.1 Il quinto e il sesto motivo di ricorso sono logicamemnte assorbiti dall’accoglimento dei primi quattro.
La Corte accoglie i primi quattro motivi di ricorso nei sensi di cui in motivazione, dichiara assorbiti i restanti due, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte d’Appello di Venezia in diversa composizione anche in relazione alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie i primi quattro motivi di ricorso nei sensi di cui in motivazione, dichiara assorbiti i restanti due, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte d’Appello di Venezia in diversa composizione anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità;
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione