Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 6537 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 6537 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/03/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 10465/2019 R.G. proposto da: COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE, COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente e controricorrente all’incidentalecontro
COGNOME NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente e ricorrente incidentalenonché nei confronti di
COGNOME NOME
avverso la SENTENZA di CORTE D’APPELLO BARI n. 1725/2018 depositata il 09/10/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Udito il P.M., nella persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso per l’a ccoglimento del sesto motivo del ricorso incidentale, da rigettarsi per il resto, e per il rigetto del ricorso principale.
Uditi gli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME per la parte ricorrente.
FATTI DI CAUSA
La controversia concerne la legittimità di servitù relative a impianti (autoclave, canna fumaria, tubazioni) a servizio di un appartamento edificato (da NOME COGNOME e poi venduto a NOME COGNOME) sull’area sovrastante un’autorimessa, servitù asseritamente gravanti su beni di proprietà esclusiva della controparte, NOME COGNOME sorella del venditore . Quest’ultimo – chiamato in garanzia dal compratore è l’ attuale ricorrente in cassazione.
Il compendio immobiliare (composto originariamente da un appartamento a pianterreno, nonché da un giardino e da un’autorimessa ), al quale si accede da due vie, apparteneva originariamente ai coniugi NOME COGNOME ed NOME COGNOME genitori di COGNOME e NOME. Con atto pubblico del 1988, i coniugi avevano donato a Eustachio l’area sovrastante l’autorimessa, concedendogli appunto il diritto di edificare un appartamento in sopraelevazione. Venuta a mancare NOME, tra i superstiti componenti della famiglia (padre e figli) insorgeva un giudizio di divisione ereditaria. A seguito della vendita nel 2005 dell’appartamento da NOME COGNOME a NOME COGNOME il padre di NOME convenne in giudizio l’acquirente per ottenere la rimozione dei vari impianti tecnologici installati nell’autorimessa e nel giardino. NOME COGNOME si costituì in giudizio, chiamando
in causa NOME per essere garantito in caso di soccombenza e sostenendo che gli impianti erano stati realizzati con il consenso dei donanti nell’atto del 1998, che si erano riservati lo stesso diritto di realizzare tubazioni (idriche e fognarie) di raccordo nel caso in cui avessero realizzato una ulteriore edificazione in sopraelevazione sull’appartamento che egli aveva acquistato. NOME COGNOME aderì alla posizione di Gallo. Dopo il decesso del padre (attore), la proprietà del giardino e del garage fu trasferita ai figli NOME, NOME e NOME COGNOME. Svolta una c.t.u., il Tribunale di Bari, con sentenza del 2014, condannò NOME COGNOME alla rimozione di alcune opere contestate, cioè l’autocla ve, le tubazioni di gas, la canna fumaria installata attraverso il solaio della veranda al secondo piano e la ‘ puntazza ‘ dell’impianto elettrico (cioè il dispositivo di messa a terra). Rigettò invece la domanda di eliminazione delle sole tubazioni che ritenne realizzate in conformità all’atto di donazione del 1988, sul presupposto del consenso espresso dai donanti.
NOME COGNOME propose appello, contestando la sentenza di primo grado e sostenendo la legittimità delle servitù esistenti. NOME COGNOME si costituì ribadendo la domanda di manleva. NOME COGNOME chiese la cessazione parziale della materia del contendere in seguito al giudicato del 2014 relativo divisione ereditaria, che aveva assegnato a lei alcune delle proprietà in questione. Peraltro, ella chiedeva la rimozione dei seguenti manufatti: l’impianto di autoclave e la tubazione dotata di rubinetto, entrambi collocati al confine con la proprietà dell’appellata e posti a distanza illegale, come documentato dalla foto n. 8 della CTU e dallo stralcio planimetrico allegato; il tubo di ‘ troppo pieno ‘ , la tubazione del gas metano e la canna fumaria di scarico dei fumi della caldaia a metano, oltre alla parte terminale (puntazza) dell’impianto elettrico. Tutti questi manufatti sono da lei ritenuti illegittimamente ubicati all’interno del giardino, che ella riteneva di sua proprietà esclusiva,
trattandosi in ipotesi di una servitù che avrebbe potuto essere validamente costituita soltanto per iscritto.
La Corte di appello ha rilevato che la divisione ereditaria aveva determinato mutamenti nella titolarità dei beni. Ha rilevato che sono in contestazione le tubature del piccolo bagno, realizzato all’interno di una veranda; il tubo di ‘troppo pieno’ dell’impianto idrico, posto a servizio dei due appartamenti realizzati sopra il locale autorimessa; la parte terminale della canna fumaria della caldaia a gas, a servizio dell’appartamento di proprietà di Gallo; la tubazione del gas metano appoggiata sul muro esterno degli appartamenti sovrapposti; la presa a terra dell’impianto elettrico del medesimo appartamento. Accogliendo parzialmente l’appello, la sentenza di secondo grado ha affermato che alcuni impianti di cui la sentenza di primo grado aveva ordinato la rimozione, come l’autoclave e la canna fumaria, non violavano le distanze legali ai sensi dell’art. 889 c.c. Per quanto riguarda gli altri impianti, che continuano ad essere contestati da NOME COGNOME, il tubo di ‘troppo pieno’ , la tubazione del gas metano posizionata sul muro di confine della proprietà COGNOME e la parte terminale (puntazza) dell’impianto elettrico, la Corte territoriale ha richiamato la transazione del 2015. Ha constatato che in tale atto nulla si dice circa la proprietà del giardino sul quale insistono i manufatti contestati dall’appellata. « In mancanza di diversi elementi», ha ritenuto che il giardino sia di proprietà comune e indivisa dei tre fratelli e costituisca una pertinenza di entrambi i fabbricati (di INDIRIZZO e di INDIRIZZO NOME). Ha accertato la legittimità della puntazza e del tubo di troppo pieno, mentre ha condannato alla rimozione delle tubazioni del gas, posizionate a distanza inferiore a quella legale e senza prova di conformità agli standard di sicurezza. Infine, la Corte ha accolto la domanda di manleva proposta da NOME COGNOME nei confronti di NOME COGNOME condannandolo a tenere indenne per i costi della rimozione. Le spese del giudizio sono state compensate integralmente tra le parti.
Ricorre in cassazione NOME COGNOME con tre motivi, illustrati da memoria. Resiste NOME COGNOME con controricorso e ricorso incidentale con dieci motivi, illustrati da memoria, cui resiste il ricorrente principale con controricorso. La Procura generale ha depositato osservazioni scritte.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Si premette per connessione l’esposizione di tutti e tre i motivi del ricorso principale.
Il primo motivo del ricorso principale denuncia violazione dell’art. 111 co. 6 Cost. e dell’art. 132 co. 2 n. 4 c.p.c., sostenendo che la motivazione della Corte di appello è apparente e presenti contraddizioni insanabili tra affermazioni inconciliabili. In particolare, si evidenziano contraddizioni tra la qualificazione del giardino come pertinenza comune ad entrambi gli edifici e la condanna immotivata alla rimozione della tubazione del gas metano sul muro dell’edificio di INDIRIZZO Si sottolinea che la vicenda che ha dato luogo alla controversia concerne la rimozione di una tubazione di gas installata lungo un muro di confine di un immobile, ritenuto pertinenza di entrambi i fabbricati. La Corte d’appello, pur ritenendo che il giardino in questione costituisca pertinenza comune dei fabbricati coinvolti e che le opere erano state eseguite con il consenso del precedente proprietario, ha ordinato la rimozione della tubazione senza fornire una motivazione coerente. La sentenza impugnata viene censurata per la mancanza di un’espo sizione dei motivi in diritto, risultando priva del necessario collegamento logico-giuridico tra le premesse di fatto e la decisione adottata. Tale omissione integra un vizio di nullità in quanto impedisce la comprensione del percorso argomentativo della Corte. Si rileva infatti che la decisione si pone in insanabile contrasto con l’accertamento per cui il giardino è una pertinenza comune dei fabbricati, senza tuttavia spiegare le ragioni che giustificherebbero la rimozione della tubazione, nonostante l’app osizione della stessa fosse stata approvata e utilizzata anche da una delle parti. La Corte
avrebbe quindi dovuto specificare le norme applicabili e le ragioni della loro applicazione, ma la motivazione è carente sia in fatto che in diritto, violando il minimo costituzionale di motivazione previsto dall’art. 111 co. 6 Cost
Il secondo motivo del ricorso principale denuncia violazione degli artt. 817, 818, 889 co. 2, 1102 e 1117 c.c. Si afferma che la Corte di appello avrebbe erroneamente qualificato la tubazione di gas come opera illegittima, omettendo di considerare che essa era stata realizzata in conformità all’a tto di donazione del 1988, che prevedeva esplicitamente l’installazione di opere tecnologiche al servizio del fabbricato. Inoltre, si osserva che il cortile su cui insiste era stato riconosciuto pertinenziale al fabbricato servito sia nella donazione stessa sia negli atti successivi, circostanza ignorata nella motivazione della Corte territoriale. Si richiama la giurisprudenza di questa Corte , per sostenere che l’art. 889 c.c. non si applichi ai rapporti tra proprietà individuali e beni comuni.
Il terzo motivo del ricorso principale denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c., sostenendo che la Corte ha alterato gli elementi obiettivi dell’azione introducendo nel giudizio un titolo giuridico diverso da quello dedotto dalle parti. Si contesta che la Corte abbia fondato la decisione sulla necessità di rimuovere manufatti nel cortile senza verificare se tali opere fossero state autorizzate o se rappresentassero un uso conforme alla destinazione originaria del bene. In particolare, si evidenzia che gli atti di provenienza non sono stati analizzati per verificare eventuali autorizzazioni implicite, e che la funzione delle opere installate, come il supporto agli impianti tecnologici del fabbricato servito, non è stata adeguatamente considerata nella valutazione della loro legittimità.
Il primo motivo del ricorso principale è fondato.
Come ribadito da Cass. SU 2767/2023, la versione attuale dell’art. 360 co. 1 n. 5 c.p.c. « deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al
‘ minimo costituzionale ‘ del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella ‘ mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico ‘ , nella ‘ motivazione apparente ‘ , nel ‘ contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili ‘ e nella ‘ motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile ‘ , esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di ‘ sufficienza ‘ della motivazione (con rinvio a Cass. SU 8053/2014). Scendendo più nel dettaglio sull’analisi del vizio di motivazione apparente, la costante giurisprudenza di legittimità ritiene che il vizio ricorre quando la motivazione, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture » (con rinvio, tra le altre a Cass. SU 22232/2016).
Nel caso di specie, la Corte di appello, in ordine alle tubazioni del gas metano , dapprima afferma che va accolto l’appello di NOME COGNOME (v. p. 9 in fondo) e poi a p. 10 conferma contraddittoriamente la condanna alla rimozione con decisione di cui non si percepisce il fondamento logico e giuridico.
Il primo motivo del ricorso principale è accolto.
Ciò determina l’assorbimento del secondo e del terzo motivo che con il primo motivo condividono la sostanza.
2.1. -Anche i motivi del ricorso incidentale sono esposti contestualmente per ragioni di connessione.
Il primo motivo del ricorso incidentale denuncia violazione dell’art. 949 c.c. e dell’art. 2697 c.c. con riguardo alla prova della proprietà
esclusiva del giardino oggetto di causa. Si censura la sentenza per non aver considerato gli elementi probatori acquisiti, tra cui la descrizione catastale e l’accesso esclusivo al giardino, che ne dimostrerebbero la proprietà esclusiva in capo all’attuale ricorrente .
Il secondo motivo denuncia omesso esame circa fatti decisivi in ordine alla proprietà esclusiva del giardino, quali il riconoscimento implicito da parte delle controparti e la presenza di confini e atti notarili che escludono la comproprietà. Si evidenzia che la Corte ha omesso di valutare tali elementi, che avrebbero confermato il diritto esclusivo dell’appellata.
Il terzo motivo denuncia la violazione degli artt. 817 ss., 1117 c.c. per l’errata qualificazione del giardino come pertinenza di entrambi i fabbricati di INDIRIZZO e INDIRIZZO in mancanza di un effettivo vincolo pertinenziale per entrambi e nonostante la relazione materiale e funzionale esclusiva con il fabbricato di INDIRIZZO
Il quarto motivo denuncia nullità della sentenza e del procedimento per violazione degli artt. 111 co. 6 Cost. e 132 co. 2 n. 4 c.p.c., lamentando contraddizioni insanabili nella motivazione, in particolare per la mancata chiarezza sull’accessibilità del giardino dai due fabbricati e sull’effettiva esistenza di un varco di accesso da INDIRIZZO
Il quinto motivo denuncia omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, in particolare riguardo agli atti di provenienza che escludono la pertinenzialità del giardino rispetto al fabbricato di INDIRIZZO e ne confermano la natura esclusiva rispetto al fabbricato di INDIRIZZO
Il sesto motivo denuncia violazione degli artt. 890, 949, e 2967 c.c. nonché dell’art. 5 d.p.r. n. 412/1993, nonché violazione dell’art. 112 c.p.c. riguardo alla legittimità della canna fumaria sboccante nel giardino, lamentando che la Corte abbia trascurato di valutare la presunzione di pericolosità prevista in particolare dall ‘art. 890 c.c.
Il settimo motivo denuncia nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. e degli artt. 889 , 890 e 949 c.c., con riferimento alla legittimità dell’impianto di autoclave, affermando che la Corte abbia ignorato elementi probatori decisivi e principi regolanti la materia.
L’ottavo motivo denuncia violazione degli artt. 889, 890 e 949 c.c., omesso esame di fatto decisivo e violazione degli artt. 111 Cost. e 132 c.p.c. con riguardo alla contraddittorietà della motivazione sulla legittimità della parte terminale dell’impianto elettrico, detta ‘ puntazza ‘ . Si evidenzia che la Corte ha ignorato elementi che avrebbero escluso tale legittimità, nonché la violazione delle norme sulle distanze.
Il nono motivo denuncia violazione degli artt. 889, 890 e 949 c.c. nonché nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., con riferimento alla tubazione di ‘ troppo pieno ‘ , senza adeguata valutazione della sua incompatibilità con le norme sulle distanze legali. Sotto altro profilo si denuncia omessa pronuncia sul profilo fatto valere che il serbatorio costituisce un peso ad un bene di proprietà della deducente.
Il decimo motivo (X) denuncia violazione degli artt. 889 e 890 c.c. sotto il profilo della presunzione assoluta di pericolosità ivi prevista per le tubazioni del gas.
2.2. – I primi cinque motivi possono essere esaminati congiuntamente perché riguardano tutti il tema dei rapporti di proprietà sul giardino.
Essi sono fondati.
La motivazione della Corte sul punto è perplessa e dovrà essere rinnovata al fine di pervenire ad un accertamento effettivo, risoluto e coerente. Nelle scarne righe di motivazione, che concludono per il carattere di pertinenza comune del giardino ad entrambi gli edifici, si insiste ripetutamente sulla « mancanza di diversi elementi » che depongono in senso contrario a tale carattere, ma nel successivo
capoverso la Corte afferma testualmente: « Nei successivi grafici progettuali, relativi ad un titolo edilizio rilasciato in sanatoria, la porta che consentiva l’accesso diretto al giardino dalla autorimessa risulta chiusa ». Con ciò s’inocula nel tessuto motivazionale un’affermazione non riducibile in via interpretativa a coerenza con la precedente asserzione che mancano elementi per escludere il carattere pertinenziale del giardino ad entrambi gli edifici. Infatti, è da ribadire che il proprietario della cosa principale deve avere la piena disponibilità della pertinenza per configurare un rapporto pertinenziale (cfr. Cass. 27636/2018; Cass.14559/2004).
I primi cinque motivi del ricorso incidentale sono accolti (nel senso di cui al precedente capoverso).
2.3. -Il sesto motivo (relativo alla canna fumaria) è accolto sotto il seguente profilo.
In adesione all’ argomentazione del P.M., è da ribadire che « il rispetto della distanza prevista per fabbriche e depositi nocivi e pericolosi dall’art. 890 cod. civ. è collegato ad una presunzione assoluta di nocività e pericolosità che prescinde da ogni accertamento concreto nel caso in cui vi sia un regolamento edilizio comunale che stabilisca la distanza medesima; mentre, in difetto di una disposizione regolamentare, si ha una presunzione di pericolosità relativa, che può essere superata mediante prova contraria (cfr., tra le altre, Cass. 9267/2018).
Nel caso di specie, la Corte territoriale, da un lato, ha escluso l’applicabilità del l’art. 889 c.c., dall’altro lato, non ha svolto un doveroso accertamento onde superare, se del caso, la presunzione di pericolosità ex art. 890 c.c. in relazione alla canna fumaria della caldaia a gas.
2.4. -Il settimo motivo è da accogliere sotto il profilo della esclusione apodittica dell’autoclave dal concetto di cisterna ex art. 889 co. 1 c.c. (cfr. sentenza p. 6: « va, parimenti, esclusa l’ illegittimità dell’impianto di autoclave, consistente in serbatoi in metallo atteso
che tale impianto esula dal novero di cisterna di cui al primo comma dell’articolo 889 c.c. » ). Ciò determina la violazione dell’articolo menzionato, così come interpretato dalla giurisprudenza di questa Corte (cfr., tra le molte, Cass. 27642/2013).
2.5. L’ottavo e il nono motivo relativi rispettivamente alla parte terminale dell’impianto elettrico e alla tubazione di ‘ troppo pieno ‘ , sono logicamente assorbiti dall’accoglimento dei primi cinque motivi sul regime di appartenenza del giardino.
2.6. -Il decimo motivo è l ogicamente assorbito dall’accoglimento del primo motivo del ricorso principale.
-La Corte accoglie il primo motivo del ricorso principale; dichiara assorbiti il secondo e il terzo motivo del ricorso principale; accoglie i primi sette motivi del ricorso incidentale; dichiara assorbiti l’ottavo, il nono e il decimo motivo del ricorso incidentale ; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti; rinvia alla Corte di appello di Bari, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo del ricorso principale; dichiara assorbiti il secondo e il terzo motivo del ricorso principale; accoglie i primi sette motivi del ricorso incidentale; dichiara assorbiti l’ottavo, il nono e il decimo motivo del ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti; rinvia alla Corte di appello di Bari, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 16/01/2025.