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Motivazione apparente: quando la sentenza è nulla?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 5777/2024, ha rigettato il ricorso di un imprenditore condannato al risarcimento danni per una truffa immobiliare. Il caso verteva sulla presunta motivazione apparente della sentenza di merito che aveva quantificato il danno basandosi su una perizia di parte. La Corte ha chiarito che un’ampia e articolata motivazione, anche se contestata, non costituisce una motivazione apparente. Il ricorso è stato giudicato inammissibile anche perché tendeva a un riesame del merito dei fatti, non consentito in sede di legittimità.

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Motivazione Apparente: La Cassazione Chiarisce i Limiti del Sindacato di Legittimità

Una sentenza deve sempre essere motivata. Ma cosa accade se la motivazione esiste solo in apparenza? La recente ordinanza della Corte di Cassazione n. 5777/2024 affronta proprio il tema della motivazione apparente, delineando i confini tra una valutazione di merito non sindacabile e un vizio che porta alla nullità della sentenza. Questo principio è cruciale per garantire la trasparenza e la controllabilità delle decisioni giudiziarie.

I Fatti del Caso: Una Complessa Vicenda Immobiliare

La controversia nasce dalla vendita di un immobile. Il venditore sosteneva che l’accordo reale con l’acquirente, una società di costruzioni, prevedesse obblighi ulteriori rispetto a quanto formalizzato nell’atto di compravendita, tra cui la cessione di altri immobili e il versamento di una somma aggiuntiva. A seguito del mancato adempimento di tali impegni, il venditore denunciava l’amministratore della società per truffa aggravata.

Il percorso giudiziario è stato tortuoso:
1. Inizialmente, la Corte d’Appello penale assolveva l’imputato.
2. La Corte di Cassazione, in sede penale, annullava l’assoluzione, rilevando una notevole sperequazione tra il valore dell’immobile (stimato tra 460.000 e 500.000 euro) e il prezzo pagato (219.000 euro) e rinviava il caso al giudice civile per la quantificazione dei danni.
3. La Corte d’Appello, in sede di rinvio civile, condannava l’imprenditore a un risarcimento di 169.000 euro.

È contro quest’ultima decisione che l’imprenditore ha proposto ricorso in Cassazione.

I Motivi del Ricorso e la Denuncia di Motivazione Apparente

Il ricorrente basava la sua difesa su tre motivi principali, ma i più rilevanti riguardavano la quantificazione del danno. Egli sosteneva che la Corte d’Appello avesse errato nel fondare la propria decisione esclusivamente sulla perizia della controparte, ignorando altre risultanze probatorie, come una consulenza tecnica d’ufficio svolta in un altro procedimento.

Secondo il ricorrente, tale scelta avrebbe dato vita a una motivazione apparente, ovvero a un ragionamento solo formalmente esistente ma, in sostanza, vuoto, illogico e non ancorato ai fatti, rendendo impossibile comprendere il percorso logico-giuridico seguito dal giudice.

Le Motivazioni della Suprema Corte: Il Rigetto del Ricorso

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, fornendo importanti chiarimenti. In primo luogo, ha dichiarato inammissibile il motivo relativo all’omesso esame di fatti decisivi. I giudici hanno ribadito un principio consolidato: il ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove poter ridiscutere i fatti e le prove. Il ricorrente, criticando la valutazione delle perizie, stava in realtà chiedendo un nuovo apprezzamento del merito, attività preclusa in sede di legittimità.

In secondo luogo, e questo è il punto centrale, la Corte ha escluso la sussistenza di una motivazione apparente. I giudici hanno affermato che la motivazione della Corte d’Appello era “ampia e articolata” e consentiva di “individuare agevolmente il percorso logico-giuridico seguito”. Sebbene il ricorrente non condividesse le conclusioni del giudice di merito, ciò non significava che la motivazione fosse inesistente o meramente apparente. Il semplice fatto che il giudice abbia preferito una prova rispetto a un’altra, spiegandone le ragioni, non rende la sua decisione nulla.

Le Conclusioni: Quando una Motivazione è Valida?

La decisione in commento rafforza la distinzione tra un vizio di motivazione, che può portare alla nullità della sentenza, e una semplice divergenza sulla valutazione delle prove, che non può essere fatta valere in Cassazione. Una motivazione è “apparente” solo quando è talmente carente o contraddittoria da non permettere alcun controllo sul ragionamento del giudice. Al contrario, una motivazione che, pur contestata nel merito, espone in modo chiaro e coerente le ragioni della decisione, supera il vaglio di legittimità. Questa pronuncia serve da monito: non si può utilizzare l’accusa di motivazione apparente per tentare di ottenere un riesame dei fatti già ampiamente discussi nei gradi di merito.

Cos’è la ‘motivazione apparente’ e perché può rendere nulla una sentenza?
La motivazione è ‘apparente’ quando, pur essendo scritta, non spiega in modo comprensibile e logico le ragioni della decisione. Si tratta di argomentazioni talmente generiche, contraddittorie o slegate dai fatti da non permettere di capire il percorso decisionale del giudice. Questo vizio rende la sentenza nulla perché viola l’obbligo di motivare i provvedimenti giudiziari.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove, come ad esempio le perizie?
No, non è possibile. La Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, non può effettuare una nuova valutazione dei fatti o delle prove (come perizie e documenti). Proporre una diversa lettura delle risultanze istruttorie costituisce un motivo inammissibile.

Perché è stato respinto il motivo sull’inammissibilità della costituzione di parte civile?
La Corte ha ritenuto il motivo inammissibile perché non contestava specificamente le due ragioni (rationes decidendi) usate dalla Corte d’Appello per rigettare l’eccezione. La Corte di merito aveva stabilito che la questione era superata dalla precedente sentenza della Cassazione penale (che aveva implicitamente ammesso la costituzione) e che mancava l’identità soggettiva tra le parti del giudizio civile precedente e quelle del processo penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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