Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 19850 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 19850 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 17/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 20671-2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
– resistente con mandato –
Oggetto
Avviso di addebito -motivazione apparente -rideterminazione importo
R.G.N.20671/2021
COGNOME
Rep.
Ud.14/02/2025
CC
avverso la sentenza n. 1658/2021 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 13/04/2021 R.G.N. 223/2017; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/02/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
1.La Corte d’appello di Napoli, in accoglimento del gravame proposto da INPS, ha riformato la sentenza del Tribunale di Benevento che, in accoglimento dell’opposizione proposta da RAGIONE_SOCIALE aveva annullato l’avviso di addebito del 31/1/2014 relativo al pagamento della somma di Euro 8.588,77 per contributi inerenti al rapporto di lavoro con COGNOME NOME NOME, nel periodo aprile-settembre 2009, somma ritenuta non più esigibile in quanto rideterminata, nelle more del giudizio di primo grado, in Euro 5.384,00 con ordinanza n. 123/16 emessa in via di autotutela dalla D.P.L. di Benevento; il nuovo calcolo risultava dalla riduzione degli effettivi giorni lavorativi attribuiti al lavoratore all’esito di una conciliazione giudiziale intercorsa fra la società ed il lavoratore nell’ambito di un altro procedimento che aveva, in quei termini, rideterminato la sanzione dovuta per le violazioni commesse, ed accertate, nel verbale dell’8/6/2010.
La Corte territoriale ha rilevato che il primo giudice aveva erroneamente ritenuto l ‘avviso di addebito emesso sulla base dell’ordinanza n.123/2016 in contrasto con quanto riportato nella stessa appellata sentenza quanto alla modifica della somma ingiunta per effetto del verbale ispettivo dell’8/06/2010, posto alla base dell’avviso di addebito, e che la stessa parte ricorrente aveva riconosciuto di aver ricevuto una diffida ad adempiere, in data 3/02/2011, dimostrando consapevolezza dell’oggetto della pret esa contributiva. Ha
altresì rilevato che l’ordinanza n.123/2016 , avente ad oggetto la sola rideterminazione delle sanzioni amministrative, non incideva in alcun modo sul credito posto a base dell’avviso di addebito opposto che, pertanto, non poteva essere annullato.
Avverso la sentenza ricorre per cassazione la RAGIONE_SOCIALE affidandosi a cinque motivi, illustrati da memoria.
Notificato il ricorso, l’INPS non ha esercitato difese.
4 . La causa è stata discussa e decisa all’adunanza camerale del 14/2/2025.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo la ricorrente eccepisce la violazione dell’art. 221 , comma 4, L. n.77/2020, in relazione all’art. 360 n. 3 e n. 4 c.p.c., per avere la Corte d’appello deciso la causa , all’udienza del 22/3/2021 , senza previa comunicazione dell’avviso di trattazione scritta, proveniente da un differimento d’ufficio dell’udienza, già fissata in modalità cartolare, del 26/10/2020.
Con il secondo motivo la ricorrente eccepisce la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 , comma 2, n. 4 c.p.c., art. 111 Cost., in relazione all’art. 360 , n. 4 c.p.c., dolendosi della motivazione apparente della sentenza da cui non si comprenderebbe il convincimento del giudice, in violazione del minimo costituzionale.
Con il terzo motivo deduce la violazione dell’art. 345 c.p.c., in relazione all’art. 360 , n. 4 c.p.c., per avere l’INPS nel proprio atto d ‘ impugnazione eseguito una mera riproduzione del verbale ispettivo emesso dalla D.P.L. di Benevento unitamente al successivo avviso di addebito, mai prodotto e depositato in
primo grado, nonché disconosciuti dallo stesso ricorrente per la tardiva produzione e la mancata conformità agli originali, eccependone l’inammissibilità per divieto di ius novorum.
Con il quarto motivo deduce, in collegamento con il precedente motivo, la violazione dell’art. 115 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c., dovendo il giudice fondare la propria decisione su prove presenti nel processo e non già assenti.
Con il quinto motivo deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 n.3 c.p.c., per la erronea ricostruzione della quaestio facti, erronea sussunzione della fattispecie concreta e per una valutazione imprudente della prova: l’ordinanza n.123/2016 non era inconferente ma scaturiva dalla prima ordinanza di cui rideterminava le somme riducendo i giorni lavorativi e l’ammontare contributivo, con la conseguenza che la società si trovava ad essere debitrice di due ordinanze di ingiunzione, per il medesimo oggetto, con indebito arricchimento di INPS.
Nelle memorie depositate in prossimità dell’udienza la RAGIONE_SOCIALE rappresenta che, dopo il deposito del ricorso, la Corte d’appello di Napoli , con successiva sentenza n. 4144/2021 pubblicata il 16/9/2021, aveva annullato tutti i verbali impugnati con il ricorso introduttivo dichiarando l’insussistenza delle pretese fatte valere dall’appellato – in quella sede – Ministero del Lavoro D.P.L. di Benevento, verbali su cui si fonda la somma oggetto del presente giudizio e sui quali l’INPS, in accoglimento dell’istanza di autotutela con richiesta di revoca/annullamento e sospensiva di un rinnovato sollecito di pagamento, provvedeva a sospendere, con comunicazione del 4/10/2024, l’avviso di addebito impugnato.
Il ricorso è infondato e va respinto.
Il primo motivo è inammissibile. Il ricorrente non ha specificamente allegato il contenuto della comunicazione della cancelleria inerente al differimento d’ufficio della prima udienza – fissata con trattazione scritta – dalla quale evincere che la successiva udienza di rinvio, del 22/3/2021, si sarebbe invece tenuta in presenza delle parti. Il ricorrente, invero, nel confermare di aver ricevuto il decreto di fissazione di prima udienza in modalità cartolare, ha altresì affermato di essersi presentato per sonalmente presso l’aula in cui si sarebbe dovuta tenere l’udienza del 22/3/2021, ma, da un lato, non ha specificamente allegato di aver richiesto eventualmente la trattazione orale entro i cinque giorni prima della prima udienza (a mente del quarto comma dell’art. 221 , L. n.77/2020 che, pertanto, non risulta essere stato violato), dall’altro, non ha trascritto , in ricorso, l’avviso di differimento d’ufficio da parte della cancelleria (che nella prospettazione del ricorrente avrebbe derogato alla disposizione in trattazione scritta della prima udienza differita d’ufficio). Neppure riporta l’attività di verbalizzazione ‘presso la cancelleria’ della volontà di discutere la causa in presenza, come rappresentato nella doglianza relativa al primo motivo di ricorso.
3.1 – Non sono pertanto illustrati e riportati, in ricorso, gli atti in forza dei quali si sarebbe potuto contestare quanto puntualmente affermato dalla Corte territoriale in ordine al rinvio di ufficio della data della nuova prima udienza, e cioè ‘la permanenza delle condizioni di trattazione già stabilite’, e l’intervenuto ‘rituale deposito delle note’.
3.2 -Resta anche inesplorato, in assenza del compimento di altra attività processuale, il paventato pregiudizio dell’attività
difensiva, atteso l’avvenuto deposito di note, fatto processuale menzionato nell’impugnata sentenza e non confutato. Questa Corte ha già altre volte espresso il principio secondo cui la denuncia di vizi fondati sulla pretesa violazione di norme processuali non tutela l’interesse all’astratta regolarità dell’attività giudiziaria, ma garantisce solo l’eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in conseguenza della denunciata violazione (fra tante, Cass. n.23638/2016); la parte deve, cioè, prospettare le ragioni per le quali tale vizio abbia comportato una lesione del diritto all’effettività della tutela giurisdizionale ed al giusto processo (Cass. n.26831/2014). Ne consegue che è inammissibile l ‘ impugnazione con la quale si lamenti un mero vizio del processo, senza prospettare anche le ragioni per le quali l’erronea applicazione della regola processuale abbia comportato, per la parte, una lesione del diritto di difesa o altro pregiudizio per la decisione di merito (Cass.n.26419/2020).
4. Il secondo motivo è infondato. In primo luogo, il ricorrente non enuncia le ragioni per le quali l’impugnata sentenza non integrerebbe neppure il ‘minimo costituzionale’ che, per costante giurisprudenza, si ravvisa nelle ipotesi di mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale, di motivazione apparente, di manifesta ed irriducibile contraddittorietà e di motivazione perplessa od incomprensibile, al di fuori delle quali il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un fatto storico che abbia formato oggetto di discussione e che appaia decisivo ai fini di una diversa soluzione della controversia (Cass. n.19765/2022).
4.1 – La motivazione del provvedimento impugnato con ricorso per cassazione deve, invero, ritenersi apparente quando, pur se graficamente esistente ed eventualmente sovrabbondante nella descrizione astratta delle norme che regolano la fattispecie dedotta in giudizio, non consente alcun controllo sull’esattezza e logicità del ragionamento decisorio, così da non attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 comma 6 Cost. (Cass. n.13248/2020).
4.2 – La motivazione è, infatti, apparente, e la sentenza sarebbe conseguentemente nulla perché affetta da error in procedendo, allorquando, ‘benché graficamente esistente, non renda tuttavia percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture ‘ (Cass. , Sez.Un. n. 22232/2016, e ord. n. 1986/2025, conf. Cass. n. 13977/2019 e n. 29227/2021).
4.3 – Nel caso in esame, il motivo si sviluppa attraverso il richiamo a numerose pronunce di legittimità, senza individuare i passaggi motivazionali censurabili della impugnata sentenza che non si traducono in una disamina logico-giuridica ovvero in ragionamenti contraddittori ed illogici. Non è infatti sindacabile in cassazione la fondatezza della motivazione o la sua persuasività sotto il profilo della completezza ed esattezza (Cass. n. 24388/2017); essa può non essere convincente ma non è carente, né lesiva del diritto di difesa allorquando, come è accaduto, si comprende l’iter seguito dal giudicante nella individuazione del verbale ispettivo posto alla base della pretesa contributiva tradottasi nell’avviso di addebito, nella
sopravvenienza dell’ordinanza n.123/2016 rispetto all a originaria pretesa contributiva (facilmente desumibile dalla mera considerazione del dato cronologico della sua emissione), e nel rilievo del contenuto della rideterminazione delle sanzioni amministrative a giustificazione del minore importo complessivo preteso da INPS.
4.4 – Il ricorrente, ben vero, non riporta i brani della pronuncia dai quali sarebbe evincibile una mera affermazione dei motivi di accoglimento dell’appello in luogo della esternazione delle ragioni ed implicazioni logiche in base alle quali gli argomenti tratti dalla sentenza di primo grado sarebbero sovvertibili. Sul punto si rammenti quanto affermato da questa Corte con ord. n.3819/2020: ‘ il vizio di motivazione previsto dall’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e dall’art. 111 Cost. sussiste quando la pronuncia riveli una obiettiva carenza nella indicazione del criterio logico che ha condotto il giudice alla formazione del proprio convincimento, come accade quando non vi sia alcuna esplicitazione sul quadro probatorio, né alcuna disamina logico-giuridica che lasci trasparire il percorso argomentativo seguito ‘. Non si riscontra, quindi, il vizio lamentato.
Il terzo ed il quarto motivo sono infondati. Il ricorrente esprime una doglianza generica e priva di puntuale riferimento ai propri atti difensivi di secondo grado nei quali avrebbe eccepito la tardività del deposito dei documenti di INPS. In particolar e, manca l’indicazione topografica dell’allegazione degli atti da cui potrebbe evincersi la tardività della loro produzione, e la rilevanza del contenuto degli stessi; lamenta, infatti, una tecnica di allegazione, nel corpus dell’atto di appello dell’INPS, sia del verbale ispettivo della D.P.L. di Benevento, sia del successivo avviso di pagamento, ma di essi
non è fatta specifica menzione contenutistica, né si comprende la rilevanza di tale censura rispetto ai rilievi formali opposti avverso l’avviso di addebito come enunciati nella ‘esposizione sommaria dei fatti’. Nel ricorso, inoltre, manca lo specifico riferimento alla devoluzione in appello di tale eccepita tardività per violazione dei ‘nova’, avendo il ricorrente segnalato, genericamente, di aver ‘sempre disconosciuto e contestato’ la produzione documentale di controparte. La doglianza riportata nel quart o motivo, anch’essa genericamente articolata, resta assorbita nel terzo motivo con il quale lo stesso ricorrente opera un collegamento; si aggiunga ad ogni modo che la doglianza di avere pronunciato su prove reputate presenti ma in realtà mai offerte non s i fa carico di verificarne l’eventuale compatibilità con i poteri istruttori di cui all’art. 437 c.p.c.
6. Il quinto motivo è infondato. Non emerge alcuna violazione del criterio del prudente apprezzamento nel processo valutativo della prova di cui all’art. 116 c.p.c.; in particolare, l’impugnata sentenza ha chiaramente individuato il perimetro della rideterminazione delle sanzioni amministrative irrogate nei confronti della RAGIONE_SOCIALE per un importo complessivo che non incide sul credito della pretesa contributiva in ragione della natura di accertamento negativo del credito oggetto della domanda spiegata attraverso l’opposizione ad avviso di addebito. Il diverso importo delle sanzioni amministrative, che ha giustificato l’emissione dell’ordinanza n. 123/2016, conferma quanto già valutato in primo grado circa la rimessione ad INPS per la nuova determinaz ione delle somme dovute sulla base dell’ord. 123/16, ma non elide la fonte della pretesa contributiva; questa, poi, non è superata dalla successiva pronuncia allegata alla memoria di udienza (la n. 4144/21 della Corte d’appello di
Napoli, di cui non risulta il passaggio in giudicato) che non elide le argomentazioni svolte nella impugnata sentenza per la insindacabilità in sede di legittimità degli aspetti valutativi ivi svolti (peraltro inerenti a diverse parti processuali).
Ad ogni modo, attraverso l’eccepita violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., si tenta di introdurre una nuova valutazione del materiale probatorio, incidendo da un lato sul libero convincimento, dall’altro su valutazioni di merito insindacabili in sede di legittimità (cfr. Cass. n.15008/2023).
In conclusione, il ricorso va complessivamente respinto. Al rigetto non fa seguito la statuizione delle spese processuali stante il mancato esperimento di difese in questo grado da parte di INPS. Sussistono i presupposti processuali per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art.13 comma 1 -quater del D.P.R. n.115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 14 febbraio