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Motivazione apparente: Cassazione annulla sentenza

La Corte di Cassazione ha esaminato un ricorso proposto da un istituto bancario contro una sentenza di Corte d’Appello che confermava la revoca di rimesse per oltre 2,6 milioni di euro. La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il primo motivo, relativo alla presunta ignoranza dello stato di insolvenza del debitore, ma ha accolto il secondo. Quest’ultimo denunciava una motivazione apparente da parte del giudice d’appello riguardo all’esistenza di un fido assegni, un fatto decisivo per determinare l’importo revocabile. La Corte ha cassato la sentenza per questo vizio, rinviando il caso per un nuovo esame.

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Motivazione Apparente: La Cassazione Annulla la Decisione della Corte d’Appello

Quando un giudice emette una sentenza, ha l’obbligo di spiegare le ragioni della sua decisione. Ma cosa succede se questa spiegazione è solo di facciata? La recente ordinanza della Corte di Cassazione, n. 28485/2025, affronta un caso emblematico di motivazione apparente, un vizio che può portare all’annullamento della sentenza. Analizziamo come l’assenza di un’argomentazione logica su un punto cruciale del processo abbia portato la Suprema Corte a ribaltare la decisione d’appello, offrendo importanti spunti sull’onere di motivazione che grava sui giudici.

I Fatti del Caso: L’Azione Revocatoria Contro l’Istituto di Credito

La vicenda trae origine da un’azione revocatoria fallimentare. Il Tribunale, in primo grado, aveva dichiarato inefficaci alcune rimesse bancarie per un valore complessivo di oltre 2,6 milioni di euro, effettuate da una società poi fallita a favore del proprio istituto di credito. La banca era stata condannata a restituire tale somma alla curatela fallimentare. Secondo il Tribunale, la banca era a conoscenza dello stato di insolvenza della società (scientia decoctionis), come dimostrato da una serie di indizi quali protesti, perdite di esercizio e una significativa esposizione debitoria.

La Corte d’Appello, successivamente, confermava integralmente la decisione di primo grado, rigettando l’appello della banca e condividendo la valutazione sulla sussistenza del requisito soggettivo della scientia decoctionis.

Il Ricorso in Cassazione: Due Motivi a Sostegno della Difesa

L’istituto di credito non si è arreso e ha proposto ricorso per cassazione, basandolo su due motivi principali:

1. Primo motivo: La banca lamentava che la Corte d’Appello avesse omesso di esaminare diverse circostanze di fatto che, a suo dire, avrebbero dimostrato la sua inconsapevolezza dello stato di insolvenza (inscientia decoctionis). Si trattava, secondo la ricorrente, di un’omessa pronuncia su un punto decisivo.
2. Secondo motivo: La difesa si concentrava sul quantum revocabile, ovvero sull’importo da restituire. La banca sosteneva che la Corte d’Appello non avesse minimamente considerato l’esistenza di un contratto di fido assegni, un elemento che avrebbe avuto un impatto diretto sulla quantificazione delle somme revocabili. Su questo punto, la ricorrente denunciava una motivazione apparente, se non del tutto assente.

La Decisione della Suprema Corte e la motivazione apparente che vizia la sentenza

La Corte di Cassazione ha esaminato entrambi i motivi con esiti opposti.

Il primo motivo è stato dichiarato inammissibile. La Suprema Corte ha chiarito che la ricorrente, limitandosi a riprodurre integralmente il motivo d’appello, non aveva formulato una critica specifica alla sentenza impugnata. Inoltre, la Corte ha riqualificato il vizio non come omessa pronuncia, ma come omesso esame di un fatto decisivo. Tuttavia, ha concluso che la banca stava, in sostanza, chiedendo un inammissibile riesame del merito dei fatti, attività preclusa nel giudizio di legittimità.

Il secondo motivo, invece, è stato accolto. La Cassazione ha ritenuto fondata la censura relativa alla motivazione apparente. I giudici di legittimità hanno osservato che la Corte d’Appello aveva liquidato le argomentazioni della banca sul fido assegni senza spendere “una parola di motivazione, nemmeno ricavabile aliunde“. Questo silenzio non permetteva di comprendere l’iter logico seguito dai giudici per rigettare una deduzione che appariva potenzialmente decisiva.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione fonda la sua decisione su un principio cardine del nostro ordinamento processuale: l’obbligo del giudice di fornire una motivazione che non sia solo formalmente esistente, ma anche sostanzialmente comprensibile. Una motivazione è “apparente” quando, pur essendo presente graficamente, si risolve in formule generiche, tautologiche o in affermazioni apodittiche che non consentono di ricostruire il ragionamento del giudice.

Nel caso specifico, di fronte a una precisa contestazione dell’appellante sull’esistenza di un fido e sulle sue conseguenze giuridiche in termini di revocabilità delle rimesse, la Corte d’Appello aveva il dovere di spiegare perché tale argomento fosse infondato. Non facendolo, ha violato l’obbligo di motivazione, creando un vuoto argomentativo che costituisce un vizio della sentenza stessa. Questo vizio, a differenza di una semplice richiesta di rivalutazione dei fatti, attiene alla corretta applicazione delle norme processuali e può, quindi, essere censurato in sede di legittimità.

Le conclusioni

La sentenza è stata cassata con rinvio alla Corte d’Appello, in diversa composizione, che dovrà riesaminare la questione del quantum revocabile, questa volta fornendo una motivazione completa ed esaustiva. Questa ordinanza ribadisce un concetto fondamentale: non basta decidere, bisogna spiegare perché si è deciso in un certo modo. Per le parti in causa, ciò significa che è possibile contestare con successo una sentenza non solo quando il giudice ha sbagliato nell’interpretare la legge, ma anche quando non ha adeguatamente spiegato come e perché è giunto a una determinata conclusione su un punto cruciale della controversia.

Perché il primo motivo di ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il primo motivo è stato ritenuto inammissibile perché la Corte di Cassazione ha stabilito che la banca, limitandosi a riprodurre i motivi d’appello, non aveva mosso una critica specifica alla sentenza impugnata. Inoltre, la sua doglianza si traduceva in una richiesta di riesame del merito dei fatti, attività che non è consentita nel giudizio di legittimità, il quale si concentra solo su errori di diritto.

Cosa si intende per motivazione apparente e perché ha portato all’annullamento della sentenza?
Per motivazione apparente si intende una motivazione che esiste solo formalmente ma è così generica, vaga o tautologica da non rendere comprensibile il percorso logico-giuridico seguito dal giudice. Nel caso di specie, la Corte d’Appello ha rigettato le argomentazioni sul fido senza fornire alcuna spiegazione. Questa assenza di argomentazione costituisce un vizio della sentenza e ne ha causato l’annullamento, perché viola l’obbligo del giudice di giustificare le proprie decisioni.

Qual è la conseguenza pratica della decisione della Cassazione?
La conseguenza è che la sentenza della Corte d’Appello è stata annullata. Il processo dovrà tornare davanti a una diversa sezione della stessa Corte d’Appello, la quale dovrà riesaminare specificamente la questione del fido e delle sue conseguenze sull’importo revocabile, fornendo questa volta una motivazione completa e comprensibile sulla propria decisione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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