Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 9344 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 9344 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12376/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona della mandataria speciale RAGIONE_SOCIALE in persona del consigliere delegato, NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, EMAIL;
-ricorrente-
contro
COGNOME, NOME COGNOME, COGNOME, COGNOME NOME, NOME, tutti elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME, rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) e dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE);
-controricorrenti- nonché contro
COGNOME nella qualità di erede di NOME COGNOME, COGNOME;
-intimati- avverso la SENTENZA della CORTE d’appello di PALERMO n. 1604/2020, depositata il 30/10/2020. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 07/02/2025
dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE, succeduta alla Banca Antonveneta S.p.A., assumendosi creditrice della somma di euro 2.439.439,00 nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, agiva nei confronti di NOME COGNOME e di NOME, NOME e NOME COGNOME, fideiussori della società debitrice principale, nonché nei confronti NOME COGNOME, coniuge di NOME COGNOME, perché, in via principale, fossero dichiarati inefficaci nei suoi confronti, ex art. 2901 cod.civ., gli atti con cui i convenuti avevano alienato in un breve lasso di tempo numerosi immobili di loro proprietà e, in subordine, perché fosse dichiarata la simulazione assoluta degli stessi atti dispositivi.
Il Tribunale di Agrigento, con sentenza n. 1561/2014, rigettava la domanda, ritenendo non provate l’effettività del danno e la consapevolezza da parte dei disponente di arrecare pregiudizio alle ragioni creditorie.
La Corte d’appello di Palermo, con la sentenza n. 1604/2020 depositata il 30/10/2020, all’esito del giudizio promosso, in via principale, da RAGIONE_SOCIALE e, in va incidentale, da NOME, NOME e NOME COGNOME nonché da NOME COGNOME e NOME COGNOME nel quale si costituiva RAGIONE_SOCIALE, cessionaria e avente causa dell’appellante principale, facendone proprie le domande e le conclusioni, ha rigettato
entrambi gli atti di impugnazione e, per l’effetto, ha confermato la decisione del tribunale.
RAGIONE_SOCIALE ricorre per la cassazione di detta sentenza, formulando tre motivi.
NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME resistono con controricorso. NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME sono rimasti intimati.
La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380 -bis 1 cod.proc.civ.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si denunzia la violazione degli artt. 132, 2° comma, n. 4 cod.proc.civ. e 111 Cost., in combinato disposto con gli artt. 2697 e 2901 cod.civ., in riferimento all’art. 360, 1° comma, n. 3 cod.proc.civ.
Attinta da censura è la statuizione con cui la corte d’appello ha rigettato il motivo con cui l’appellata si era doluta della decisione del tribunale che aveva ritenuto non dimostrato il pregiudizio delle ragioni creditorie, nonostante gli atti dispositivi per cui è causa fossero stati alienati a parenti e conoscenti in un breve lasso temporale, privando i fideiussori di tutto il loro patrimonio. La corte d’appello, limitandosi ad affermare che <>, mancando <>, avrebbe reso una motivazione assertiva e apparente, perché non avrebbe analizzato il contenuto del motivo d’appello e avrebbe eluso l’obbligo motivazionale con un’asserzione la mancanza agli atti della prova dell’ eventus damni -reiterativa della sentenza
impugnata che, a sua volta, dopo una lunga trattazione dei caratteri morfologici e funzionali dell’azione revocatoria avulsa da riferimenti al caso concreto, si era limitata a ritenere che <>.
Con il secondo motivo la ricorrente prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 2901 cod.civ. in combinato disposto con gli artt. 115 e 116 cod.proc.civ., in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 3, cod.proc.civ.
La tesi sostenuta è che era stata data prova documentale della ricorrenza dell’ eventus damni , dimostrando che tutti gli immobili dei convenuti erano stati alienati in un breve lasso di tempo a parenti e conoscenti e che i convenuti non avevano contestato né che con gli atti dispositivi avevano diminuito la consistenza del loro patrimonio né provato che il loro patrimonio residuo era sufficiente a far fronte alle ragioni creditorie.
Con il terzo motivo parte ricorrente si duole della violazione dell’art. 132, 2° comma, n. 4 cod.proc.civ. e dell’art. 111, 6° comma, Cost., in combinato disposto con gli artt. 2901 e 2729 cod.civ., in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 3 cod.proc.civ.
Anche quanto all’insussistenza della scientia damni e del consilium fraudis la corte d’appello avrebbe reso una motivazione solo apparente, essendosi limitata a rilevare <>, recependo la
motivazione della sentenza del tribunale che a sua volta non aveva dato prova di avere preso in considerazione tutte le circostanze addotte a giustificazione della fondatezza dell’azione revocatoria: la notevole esposizione debitoria della società principale, di cui NOME COGNOME, la moglie, NOME COGNOME e il figlio, NOME COGNOME, erano (il primo) e/o erano stati (gli altri due) amministratori, mentre gli altri fideiussori erano figli di NOME COGNOME e di NOME COGNOME e, quindi, presumibilmente a conoscenza della situazione finanziaria della società di famiglia; gli atti dispositivi, di cui era stata chiesta la declaratoria di inefficacia e/o la nullità per simulazione assoluta, erano quelli con cui NOME COGNOME e la moglie avevano venduto a NOME COGNOME, loro parente, l’immobile di INDIRIZZO in Ravanusa, presso il quale a distanza di cinque anni dalla vendita gli alienanti continuavano a risiedere, nonché un terreno in Campobello di Licata su cui insisteva una villa di dieci vani, quello con cui NOME COGNOME e il marito, NOME COGNOME, avevano alienato a COGNOME COGNOME, loro cognato, l’appartamento di INDIRIZZO continuando a risiedervi a distanza di cinque anni dalla vendita, quello con cui NOME COGNOME aveva venduto a COGNOME COGNOME, commercialista della debitrice principale e partecipe di un tentativo di transazione con la banca creditrice in relazione al debito nell’interesse della società e dei suoi fideiussori, un terreno di 21 ettari in Ravanusa; gli immobili erano stati venduti ad un prezzo assai inferiore rispetto al valore di mercato.
Il primo ed il terzo motivo che possono essere fatti oggetto di una trattazione congiunta sono fondati.
In primo luogo, si rileva che parte ricorrente ha assolto l’onere impostole dall’art. 366, 1° comma, n. 6 cod.proc.civ.: secondo Cass., Sez. Un., 20/03/2017 n. 7074, infatti, <> (v. anche Cass. 03/11/2021, n. 31314).
In aggiunta, deve ribadirsi che non è fatto divieto al giudice d’appello di motivare per relationem; occorre, però, che la motivazione resti “autosufficiente”, riproducendo i contenuti mutuati e rendendoli oggetto di autonoma valutazione critica nel contesto della diversa causa, in modo da consentire la verifica della sua compatibilità logico-giuridica, mentre deve ritenersi nulla, ai sensi dell’art. 360, 1° comma, n. 4, cod.proc.civ., la sentenza che non compia alcun apprezzamento delle argomentazioni assunte nell’altro giudizio e della loro pertinenza e decisività rispetto ai temi dibattuti dalle parti, limitandosi, come nella specie, ad una generica condivisione della ricostruzione in fatto e delle argomentazioni svolte dal primo giudice, senza alcun esame critico delle stesse in base ai motivi di gravame, così rendendo impossibile l’individuazione delle ragioni poste a fondamento del dispositivo che avrebbe invece richiesto almeno una risposta alle censure formulate, nell’atto di appello e nelle conclusioni, dalla parte soccombente (Cass. 25/10/2018, n. 27112; Cass. 23/08/2018, n. 21037; Cass.03/02/2021, n. 2397).
L’ iter logico seguito, fondato sull’assunto per cui quanto dedotto non fosse idoneo alla prova delle fattispecie invocate, non è affatto percepibile; non è questione di insufficienza nell’esplicitazione dei singoli passaggi di interconnessione tra la conclusione (inidoneità alla dimostrazione dei fatti idonei ad integrare la fattispecie) e il fondamento di essa (tenore concreto delle allegazioni svolte), ma di una motivazione relativamente sia all’assenza dell’ eventus damni
sia al difetto di priva dei requisiti soggettivi dell’ actio pauliana che presenta i tratti paradigmatici della motivazione solo apparente, nel senso che gli enunciati motivazionali contenutivi non consentono di cogliere l’indicazione degli elementi da cui il giudice ha tratto il suo convincimento.
Premesso che l’omissione di qualsiasi motivazione in fatto e in diritto costituisce una violazione di legge di particolare gravità e che le decisioni di carattere giurisdizionale senza motivazione alcuna sono da considerarsi come non esistenti (così Cass. 03/02/2017, n. 2876), nel novero dei vizi motivazionali rientra quello di motivazione meramente apparente, il quale ricorre, allorquando il giudice, violando l’obbligo impostogli dall’ art. 111 Cost., comma 6, e dall’art. 132, 2° comma, n. 4, cod.proc.civ. omette di esporre le ragioni di fatto e di diritto della decisione, di specificare o di illustrare le ragioni e l’iter logico seguito per pervenire alla decisione assunta, esternando le tappe del suo convincimento ed il loro collegamento con le prove su cui si è fondato, sì da permettere di verificare se abbia effettivamente giudicato iuxta alligata et probata (Cass., Sez. Un., 24/03/2017, n.7667; Cass., Sez. Un., 05/08/2016, n.16599).
Ne consegue che debbono considerarsi affette da nullità non solo quelle decisioni che difettino di motivazione dal punto di vista grafico o quelle che presentino un <> e che contengano una <> (cfr. Cass., Sez. Un., 7/04/2014, n. 8053 del 2014), ma anche quelle che offrano una motivazione meramente apparente, del tutto equiparabile alla prima più grave forma di vizio, perché dietro la parvenza di una giustificazione della decisione assunta, la motivazione addotta dal giudice è tale da non consentire <>, venendo quindi meno alla finalità
sua propria, che è quella di esternare un <>, logico e consequenziale, <>, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrare la motivazione con le più varie, ipotetiche congetture (Cass., Sez. Un., 03/11/2016, n.22232).
Alla fondatezza nei suindicati termini del primo e del terzo motivo di ricorso, assorbito il secondo motivo, consegue l’accoglimento del ricorso e la cassazione in relazione dell a impugnata sentenza, con rinvio alla Corte d ‘A ppello di Palermo, che in diversa composizione procederà a nuovo esame, e provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo e il terzo motivo di ricorso; dichiara assorbito il secondo motivo. Cassa in relazione l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d ‘A ppello di Palermo, in diversa composizione.
Così deciso nella Camera di Consiglio del 7 febbraio 2025 dalla