Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 21119 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 21119 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17197/2023 R.G. proposto da :
COGNOME CONCETTO, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in SIRACUSA INDIRIZZO. INDIRIZZO DOMICILIO DIGITALE, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che li rappresenta e difende;
-ricorrente-
contro COGNOME
-intimati-
Avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di CATANIA n. 1144/2023 depositata il 19/06/2023. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/05/2025
dalla Consigliera NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Nel marzo 2015, NOME COGNOME conveniva in giudizio ex art. 2901, comma 1, c.c. NOME e NOME COGNOME, chiedendo che fosse dichiarata l’inefficacia, nei suoi confronti, dell’atto di trasferimento immobiliare stipulato il 5 gennaio 2015, con cui NOME COGNOME aveva trasferito al figlio NOME alcuni immobili in esecuzione di un accordo raggiunto in sede di modifica delle condizioni di divorzio. L’attrice deduceva di essere creditrice di NOME COGNOME in forza di un riconoscimento di debito sottoscritto da quest’ultimo il 15 ottobre 2014, in occasione del rilascio di un immobile sito in Augusta, già concesso in locazione dalla medesima società RAGIONE_SOCIALE di cui il convenuto era legale rappresentante. Tale riconoscimento aveva dato luogo all’emissione, in data 6 agosto 2015, del decreto ingiuntivo n. 915/2015, notificato il 17 agosto 2015.
Il Tribunale, con sentenza 61/2022, rigettava la domanda e la Corte d’appello di Catania, in accoglimento dell’appello riformava la sentenza impugnata e dichiarava l’inefficacia, nei confronti degli appellanti, dell’atto di trasferimento immobiliare del 5 gennaio 2015, in relazione a tutti gli immobili ivi indicati.
Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito NOME e NOME COGNOME propongono ora ricorso per cassazione, affidato a 3 motivi.
3.1. Gli intimati, NOME Paolo e NOME COGNOME non hanno svolto attività difensiva.
RAGIONI DELLA DECISIONE
4.1. Con il primo motivo, parte ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 132 c.p.c., 111 Cost., 2901 c.c., 112 e 115 c.p.c., nonché l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, c.p.c.
Contesta la statuizione con cui la Corte d’appello ha ritenuto che il debito personale di NOME COGNOME nei confronti di NOME fosse già sorto alla data del 9 giugno 2014, in corrispondenza del deposito del ricorso per la modifica delle condizioni di divorzio. Assume che tale valutazione sia sorretta da una motivazione solo apparente, contraddetta dalle risultanze istruttorie, dalle quali emergerebbe che il debito personale del COGNOME è sorto soltanto in data 15 ottobre 2014, all’atto della sottoscrizione del riconoscimento di debito, successiva sia alla lettera di diffida del 5 giugno 2014 -indirizzata esclusivamente alla società RAGIONE_SOCIALE -sia al deposito dell’accordo in sede divorzile.
Lamenta, pertanto, che la Corte territoriale abbia omesso di considerare fatti rilevanti e non contestati, ossia che fino al 15 ottobre 2014 l’unico soggetto obbligato fosse la società conduttrice, e che il debito personale del disponente sia sorto solo successivamente all’atto dispositivo. Da ciò deriverebbe l’erronea applicazione dell’art. 2901 c.c., per difetto del requisito della preesistenza del credito, nonché la violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato e di quello della valutazione delle prove.
4.2. Con il secondo motivo, i ricorrenti denunciano, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, nonché la violazione degli artt. 132 c.p.c., 111 Cost. e 2901 c.c., censurando l’ammissibilità dell’azione revocatoria per insussistenza della qualità di creditrice in capo all’attrice al momento della proposizione della domanda.
Assumono che la Corte d’appello abbia erroneamente ritenuto, sia pure implicitamente, ammissibile l’azione revocatoria proposta da NOME in data 8 aprile 2015, senza considerare che, a tale data, l’attrice non era titolare di alcun credito nei confronti di NOME COGNOME. Lamentano, infatti, che il credito azionato nei confronti di quest’ultimo è stato fatto valere soltanto successivamente, con ricorso monitorio del 4 giugno 2015, notificato il 7 agosto 2015, e che lo stesso è stato oggetto di opposizione, con instaurazione di giudizio ordinario tuttora pendente.
Sostengono, pertanto, che, in assenza di un credito certo, liquido o almeno litigioso al momento della proposizione della domanda, l’azione ex art. 2901 c.c. doveva essere dichiarata inammissibile, in conformità all’insegnamento delle Sezioni Unite (Cass. S.U. n. 9440/2004). Lamentano che la Corte territoriale non abbia esaminato tale profilo, nonostante fosse stato specificamente dedotto e pacificamente risultante dagli atti, incorrendo in omesso esame di fatto decisivo e in violazione dei principi che regolano i presupposti soggettivi dell’azione revocatoria.
4.3. Con il terzo motivo, i ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione degli artt. 132 c.p.c., 111 Cost., 112, 345 e 2901 c.c. -Ultrapetizione -Inammissibilità dell’appello Omesso esame circa un fatto decisivo -Motivazione apparente (art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, c.p.c.).
I COGNOME censurano la sentenza impugnata nella parte in cui la Corte d’appello ha qualificato l’atto di trasferimento immobiliare del 5 gennaio 2015 come gratuito e connotato da finalità fraudolenta, in assenza di una domanda specifica in tal senso da parte dell’attrice, violando il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato ex art. 112 c.p.c.
Deducono che nel giudizio di primo grado l’azione revocatoria era stata proposta ai sensi dell’art. 2901, comma 1, c.c., senza alcuna
allegazione o prova della consapevolezza del pregiudizio da parte del debitore, né della partecipazione fraudolenta del terzo acquirente, elementi che invece sono richiesti per l’azione proposta in relazione a un atto a titolo oneroso.
Rilevano che i motivi di appello, mediante i quali gli eredi dell’originaria attrice hanno per la prima volta prospettato la simulazione o la finalità fraudolenta dell’atto, integravano domande nuove inammissibili ai sensi dell’art. 345 c.p.c.
Contestano infine che la Corte abbia omesso un’effettiva motivazione circa la natura giuridica dell’atto, limitandosi a generiche affermazioni prive di riscontro probatorio, con conseguente violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e del canone costituzionale di motivazione ex art. 111 Cost.
I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi sono fondati e vanno accolti nei termini di seguito indicati. Come questa Corte ha già avut ripetutamente modo di affermare, la motivazione di un provvedimento deve considerarsi ‘meramente apparente’ allorquando essa sia ‘afflitta da un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili’ ovvero risulti ‘perplessa ed obiettivamente incomprensibile’ (cfr. Cass. 17 maggio 2021, n. 13170. Conf. Cass. 25 settembre 2018, ord. n. 22598; Cass. 12 ottobre 2017, n. 23940 ).
Pertanto, un provvedimento è solo apparentemente motivato quando non è dato comprendere, per l’inconferenza delle affermazioni, quale sia stato l’iter -logico giuridico seguito dal giudice per pervenire alla raggiunta conclusione.
In tal caso la decisione risulta affetta da nullità deducibile in sede di legittimità alla stregua dell’art. 360, 1° comma, n. 4), quale error in procedendo .
Si è d’altro canto precisato che la motivazione deve ritenersi apparente anche quando graficamente esistente ma inidonea a consentire alcun controllo sull’esattezza e la logicità del
ragionamento decisorio, così da non attingere la soglia del ‘minimo costituzionale’ richiesto dall’art. 111, comma 6 Cost’ (v. Cass. 30 giugno 2020, n. 13248; conf. Cass. 7 aprile 2017, ord. n. 9105; Cass. 6 giugno 2012, n. 9113).
L’inesistenza della motivazione il caso più eclatante -sussiste ogni qual volta la pronuncia viziata non rechi alcuna indicazione, neppure grafica, delle ragioni che hanno indotto il giudicante a adottare una determinata decisione.
La motivazione è c.d. apparente quando la stessa, materialmente inserita nel provvedimento impugnato, ‘non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture’ (eloquentemente, Cass. SS. UU. 3 novembre 2016, n. 22232; conf. Cass. 1° marzo 2022, ord. n. 6758; Cass. 14 febbraio 2020, n. 3819; Cass. 23 maggio 2019, n. 13977) essendo quindi, in tal caso, inidonea a consentire alla parte di comprendere e controllare l’operato del giudice, ancorché essa faccia precipuo e abbondante riferimento alle norme che regolano la fattispecie dedotta in giudizio (cfr. Cass. 30 giugno 2020, n. 13248). Il contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili produce come risultato la motivazione c.d. contraddittoria, tale da non consentire la identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base della decisione (v. Cass. 17 agosto 2020, n. 17196. Conf. Cass. 17 maggio 2018, n. 12096; Cass. 9 febbraio 2004, n. 2427).
Orbene, nella specie la motivazione della sentenza impugnata risulta viziata da apparenza, in quanto il percorso argomentativo seguito dalla Corte d’appello non è chiaramente sviluppato e, per alcuni profili, si presenta apodittico, limitandosi a richiamare principi giurisprudenziali in tema di revocatoria senza specifico
riferimento al caso di specie e senza dare debitamente conto dell’effettuato esame delle risultanze istruttorie (cfr. pagg. 6 e 7).
Alla fondatezza nei suindicati termini dei motivi consegue l’accoglimento del ricorso e la cassazione in relazione dell’impugnata sentenza , con rinvio alla Corte d’Appello di Catania , che in diversa composizione procederà a nuovo esame.
Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M
La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione. Cassa in relazione la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’Appello di Catania , in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza