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Motivazione apparente: Cassazione annulla decreto

Una società creditrice si è vista ammettere solo parzialmente il proprio credito nel fallimento di un’altra impresa. La Corte di Cassazione ha annullato la decisione del Tribunale per motivazione apparente, poiché il giudice di merito non aveva spiegato le ragioni per cui aveva ignorato una scrittura privata che provava un debito maggiore. Il caso è stato rinviato per una nuova e completa valutazione.

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Motivazione Apparente: La Cassazione Sottolinea il Dovere del Giudice di Spiegare le Sue Decisioni

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale nel diritto processuale: il requisito della motivazione dei provvedimenti giudiziari. Una decisione che si limita a enunciare il risultato senza esporre un percorso logico comprensibile è affetta da motivazione apparente, un vizio che ne determina la nullità. Questo principio è stato riaffermato in un caso riguardante l’ammissione di un credito al passivo di un fallimento, dove un Tribunale aveva parzialmente respinto le pretese di un creditore senza fornire adeguate spiegazioni.

I Fatti del Caso

Una società fornitrice aveva presentato istanza di ammissione al passivo del fallimento di una farmacia sua cliente, chiedendo il riconoscimento del suo intero credito. A sostegno della propria domanda, la società aveva prodotto, tra le altre cose, una scrittura privata contenente un riconoscimento di debito e una promessa di pagamento, la cui anteriorità alla data del fallimento era, a suo dire, provata da uno scambio di corrispondenza via Posta Elettronica Certificata (PEC).

Il Tribunale, tuttavia, ammetteva il credito solo per un importo minore, corrispondente a un effetto cambiario insoluto, ignorando completamente la scrittura privata e le argomentazioni della creditrice. La motivazione del decreto si limitava a constatare la mancata contestazione sull’effetto insoluto, omettendo qualsiasi riferimento alle altre prove documentali e alle questioni sollevate circa la loro opponibilità alla procedura fallimentare.

La Decisione della Corte di Cassazione e la Motivazione Apparente

La società creditrice ha impugnato il decreto del Tribunale dinanzi alla Corte di Cassazione, lamentando, tra i vari motivi, la nullità del provvedimento per omessa motivazione. La Suprema Corte ha accolto il ricorso, ritenendo fondate le censure.

I giudici di legittimità hanno stabilito che la motivazione fornita dal Tribunale era meramente apparente. Il Tribunale, infatti, non aveva preso alcuna posizione sui punti cruciali sottoposti al suo esame dalla società ricorrente. In particolare, non aveva spiegato perché non avesse considerato la scrittura privata di riconoscimento del debito né perché non avesse valutato la corrispondenza PEC come prova della data certa del documento, elemento fondamentale per la sua opponibilità al curatore fallimentare.

Le Motivazioni

La Corte ha ribadito che una motivazione è apparente quando, pur essendo graficamente esistente, non permette di comprendere l’iter logico-giuridico seguito dal giudice per arrivare alla decisione. Essa non soddisfa il “minimo costituzionale” richiesto, ovvero quel nucleo di argomentazioni indispensabile per rendere il provvedimento una risposta comprensibile alle questioni sollevate dalle parti. Nel caso di specie, il Tribunale si era limitato a giustificare la parziale ammissione del credito sulla base di un singolo elemento non contestato, tralasciando completamente l’analisi del thema decidendum principale, ossia la validità e l’opponibilità della scrittura privata. Questo comportamento ha reso impossibile per la parte comprendere le ragioni del rigetto parziale e per la Corte di Cassazione esercitare il proprio controllo di legittimità. Di conseguenza, il decreto è stato cassato con rinvio al Tribunale, che dovrà riesaminare la questione fornendo una motivazione completa ed effettiva.

Le Conclusioni

Questa ordinanza rafforza un principio fondamentale dello stato di diritto: ogni decisione giurisdizionale deve essere trasparente e comprensibile. Per le imprese e i creditori, ciò significa che in sede di ammissione al passivo fallimentare è loro diritto ottenere una valutazione completa di tutte le prove fornite e una spiegazione logica delle decisioni del giudice. Un provvedimento che ignora le argomentazioni centrali di una parte è illegittimo e può essere annullato. Inoltre, la pronuncia conferma implicitamente l’importanza di strumenti come la PEC, che possono costituire un valido elemento per fornire la prova della data certa di un documento, rendendolo così opponibile nelle procedure concorsuali.

Quando la motivazione di un provvedimento giudiziario è considerata “apparente”?
La motivazione è considerata apparente quando, pur essendo presente formalmente, non rende comprensibile il percorso logico e giuridico seguito dal giudice per giungere alla sua decisione, omettendo di pronunciarsi sui punti cruciali della controversia sollevati dalle parti.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato il decreto del Tribunale in questo caso?
La Corte ha annullato il decreto perché il Tribunale aveva fornito una motivazione apparente. Aveva ammesso solo una parte del credito basandosi su un singolo documento non contestato, senza spiegare perché avesse ignorato altre prove decisive presentate dal creditore, come una scrittura privata di riconoscimento del debito e la relativa corrispondenza PEC.

Una comunicazione via Posta Elettronica Certificata (PEC) può dare data certa a una scrittura privata ai fini dell’opponibilità in un fallimento?
Sì, la sentenza evidenzia che lo scambio di corrispondenza a mezzo PEC può essere considerato un fatto idoneo, ai sensi dell’art. 2704 c.c., a fornire una prova valida dell’anteriorità di un documento rispetto alla dichiarazione di fallimento, rendendolo così opponibile alla procedura.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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