Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 31319 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 31319 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20109/2020 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di NAPOLI n. 1328/2020 depositata il 26/09/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La società RAGIONE_SOCIALE conveniva in giudizio dinanzi il Tribunale di Napoli NOME COGNOME quale titolare della farmacia San Sossio, sita in Frattamaggiore, per sentirlo condannare al pagamento degli interessi legali e moratori asseritamente dovuti per il ritardato pagamento di fatture emesse a fronte della fornitura di medicinali e altri prodotti farmaceutici relativamente agli anni compresi tra il 2003 e il 2007 per un importo complessivo di euro 17.388,00.
La società attrice deduceva che il termine di pagamento delle fatture era stato pattuito tra le parti in 180 giorni decorrenti dalla fine del mese di emissione delle stesse e che il cliente aveva sempre pagato quanto dovuto oltre tale scadenza, sicché ella aveva diritto al pagamento degli interessi legali aventi funzione compensativa e degli interessi di mora ex d. lgs. n. 231 del 2002 aventi funzione risarcitoria.
NOME COGNOME resisteva chiedendo il rigetto della domanda. Egli contestava l’esistenza dell’accordo relativ o al termine di pagamento delle fatture e deduceva che tra le parti, sin dall’insorgere nel 1986 del rapporto commerciale, si era pattuito che il pagamento della merce sarebbe avvenuto mediante successivo rilascio di assegno bancario non trasferibile a mani di un incaricato della società da ritirarsi presso la farmacia e tale modalità di pagamento non era mai mutata nel corso degli anni. Dunque, il comportamento dell’attrice configurava una violazione del principio di buona fede contrattuale non essendo mai stato contestate le modalità e i termini di pagamento delle fatture.
Il Tribunale riteneva provata la circostanza dedotta dal convenuto e rigettava la domanda.
Avverso detta sentenza proponeva appello la società RAGIONE_SOCIALE
NOME COGNOME resisteva al gravame chiedendone il rigetto.
La C orte d’ Appello di Napoli rigettava il gravame.
In particolare, evidenziava che tutti i testimoni, compreso quelli addotti dall’appellante , avevano riferito in maniera concorde che il pagamento della fornitura della merce avveniva a mezzo assegno bancario mediante consegna del titolo a mano di un corriere che successivamente allo scadere del termine di 180 giorni, verbalmente pattuito, si recava presso la farmacia per ritirare l’assegno medesimo . Dunque, la ricostruzione del Tribunale circa la non imputabilità al convenuto dei ritardi lamentati dalla società attrice doveva essere confermata. Infatti, nel corso dei cinque anni cui si riferivano i pagamenti, non era mai stato contestato al dottor COGNOME il ritardo nei pagamenti medesimi ed egli non era mai stato costituito in mora per consentirgli di adempiere l’obbligazione , come necessario, dovendosi riscuotere presso il suo domicilio. Peraltro, non poteva trovare applicazione la disciplina sugli interessi commerciali essendo il contratto concluso prima dell’8 agosto 2002. Inoltre, la necessità della prova scritta della pattuizione di un termine superiore a quello di legge era stata prevista solo per i contratti successivi al 1° gennaio 2013.
I l nucleo essenziale dell’accordo invocato dal COGNOME che riguardava l’intero arco temporale cui si riferi va la pretesa creditoria della società non atteneva né alla data del pagamento, né alle conseguenze del suo ritardo, bensì al luogo di adempimento dell’obbligazione pecuniaria in deroga all’art. 1498, ultimo comma,
c.c., in conformità al principio generale ex articolo 1182 c.c. In altri termini, le modalità di pagamento costantemente utilizzate, unitamente alla circostanza del consolidato regolare ritiro dei titoli, consentivano di ritenere provato il regime convenzionale di deroga alle disposizioni sulla natura portabile del debito pecuniario del compratore e, dunque, di escludere la mora ex re .
La società RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione.
NOME COGNOME NOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME quali eredi di NOME COGNOME hanno resistito con controricorso.
Entrambe le parti con memoria depositata in prossimità dell’udienza ha nno insistito nelle rispettive richieste.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione degli articoli 1362 ss., 1470 e 1559 c.c.
Il giudice d’appello avrebbe erroneamente interpretato la volontà negoziale trattandosi di contratti di fornitura rientranti a pieno titolo nella disciplina di cui all’articolo 1470 c.c.
Nella prassi commerciale la fornitura sia pure di prodotti farmaceutici dà luogo ad una vendita e non ad una somministrazione, dunque, il rapporto seppur anteriore al 2002 si comporrebbe di plurimi ma singoli contratti di fornitura di farmaci il cui corrispettivo nel periodo che va dal 2000 del 2007 sarebbe stato saldato in ritardo rispetto al termine di 180 giorni pattuito per il pagamento.
Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione degli articoli 4 e 11 del d. lgs. n. 231 del 2002.
La censura è ripetitiva della precedente dovendosi ritenere applicabile alla fattispecie l’art. 4 del d.lgs. n. 231 del 2002 senza
la necessità di una preventiva messa in mora per il pagamento degli interessi.
I contratti di durata sono sensibili ai mutamenti legislativi sicché dovrebbe applicarsi la legislazione sopravvenuta oltre al fatto che si tratta di plurimi e autonomi contratti di vendita.
Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione degli articoli 4, 5 e 11 del d.lgs. n. 231 del 2002; violazione e falsa applicazione degli artt. 1218 e ss. c.c.; violazione falsa applicazione dell’articolo 11 delle preleggi e dei principi giurisprudenziali regolanti la materia.
Anche in questo caso la censura attiene al rapporto dedotto in giudizio che sarebbe rappresentato da una pluralità di contratti che si realizzerebbero di volta in volta con la consegna della merce e, dunque, non rileverebbe il fatto che il rapporto negoziale complessivo aveva avuto origine in un momento anteriore al 2002, trovando applicazione invece le modifiche legislative via via intervenute in base al decreto legislativo n. 231 del 2002. Di conseguenza non sarebbe necessaria una messa in mora e gli interessi sarebbero da riconoscersi ex lege .
Il quarto motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione degli artt. 1218, 2697 e 2710 c.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 4 del d. lgs. n. 231 del 2002, violazione e falsa applicazione dell’articolo 115 c.p.c. e dei principi giurisprudenziali regolanti la materia.
La Corte d’Appello avrebbe violato l’obbligo di motivazione non potendosi giustificare neppure sul piano logico le argomentazioni contraddittorie riguardo la prassi commerciale e la pattuizione di un termine più ampio di quello previsto dalla legge essendo inoltre
inconferente il luogo dell’adempimento dell’obbligazione . Così come la prevalenza del compendio preparatorio rispetto alle scritture contabili non contestato dalla controparte.
I quattro motivi di ricorso, che stante la loro evidente connessione possono essere esaminati congiuntamente, sono in parte infondati, in parte inammissibili.
I giudici di merito hanno ritenuto che al contratto in oggetto debba applicarsi la disciplina dei contratti di durata ad esecuzione periodica in cui la prestazione di fornitura va ripetuta a distanza di tempo e a scadenze determinate (art. 1559 cod. civ.) e tale interpretazione è del tutto plausibile e, in quanto tale, non suscettibile di sindacato in sede di legittimità, trattandosi nella specie di un contratto di fornitura di materiale farmaceutico intercorso tra le parti a partire dal 1986 e dunque dovendosi inquadrare nell’ambito della somministrazione qual e tipica ipotesi di contratto di durata che si distingue dalla vendita a consegne ripartite (in cui l’unica prestazione è frazionata nel tempo).
Ciò premesso, in relazione alla asserita erronea qualificazione ed interpretazione del contratto, trattandosi invece di plurimi e autonomi contratti di vendita e alla dedotta violazione delle norme interpretative ex art. 1362 e ss. c.c., deve evidenziarsi che le censure sono inammissibili anche perché nulla si dice nel ricorso circa il rapporto contrattuale. Infatti, il ricorrente non riporta alcuna clausola del contratto o alcuna diversa modalità di svolgimento dello stesso rispetto a quanto accertato e neanche specifica nel dettaglio il tipo di merce oggetto della fornitura, sicché non è possibile sindacare l’interpretazione che ne ha fatto la Corte
d’Appello come contratto di durata che, peraltro, date le circostanze risultanti dagli atti, si è già detto essere del tutto plausibile.
In proposito deve darsi continuità al seguente principio di diritto: La vendita a consegne ripartite si distingue dalla somministrazione perché mentre la prima è caratterizzata dalla unicità della prestazione, avente ad oggetto la consegna di una quantità predeterminata di cose da effettuarsi in più riprese per agevolare l’esecuzione o il ricevimento della prestazione stessa, nella seconda si ha una pluralità di prestazioni periodiche di cose, la cui consegna è frazionata nel tempo per corrispondere ad un fabbisogno periodico del somministrato, anche se nel contratto è indicata la quantità complessiva delle cose di cui si prevede che costui, nel tempo di durata del rapporto, possa avere bisogno (Sez. 3, Sentenza n. 6864 del 17/11/1983, Rv. 431527 -01; Conf. 4291/81, mass. n. 419975).
Ciò premesso deve osservarsi come il decreto legislativo n. 231 del 2002 avente ad oggetto l’a ttuazione della direttiva 2000/35/CE relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, all ‘art. 10 recante norme transitorie e finali, espressamente esclude l’applicabilità delle disposizioni del decreto ai contratti conclusi prima dell’8 agosto 2002.
Se, dunque, nei rapporti di durata di norma la legislazione sopravvenuta può integrare o etero-determinare il contenuto negoziale questo non può accadere nella specie per espressa volontà legislativa.
Sulla base di tale considerazione cadono le censure di violazione del suddetto decreto fondate sul presupposto che si tratti di autonomi contratti di vendita o che comunque anche se rientranti
nella disciplina dei contratti di durata, dall’entrat a in vigore del suddetto decreto, dovrebbe applicarsi la relativa disciplina, compresa quella della mora ex lege allo scadere del termine previsto per l’adempimento.
La Corte, dunque, come si è già detto, ha accertato che le parti avevano un accordo in virtù del quale il pagamento della merce avveniva per mezzo dell’agente della società ricorrente. La Corte d’Appello ha evidenziato che il pagamento della fornitura di merce veniva effettuato a mezzo assegno bancario, mediante consegna del titolo a mani di un corriere incaricato dalla stessa Fardea, il quale successivamente allo scadere del termine di 180 giorni verbalmente pattuito con il Dott. COGNOME, si recava presso la farmacia per ritirare l’assegno: di tale tenore sono le testimonianze di NOME COGNOME e NOME COGNOME, già dipendenti della RAGIONE_SOCIALE e dello stesso corriere incaricato del ritiro degli assegni, tale NOME COGNOME. Quest’ultimo ha precisato, inoltre, di aver svolto tale attività a fronte del riconoscimento di una provvigione da parte della RAGIONE_SOCIALE, pari allo 0,70 % delle somme incassate dal Dott. COGNOME, confermando che questi usufruiva della dilazione di 180 giorni per il pagamento delle fatture del mese di riferimento.
Già il primo Giudice aveva ritenuto provata la circostanza dedotta dal convenuto, secondo cui il pagamento delle fatture avveniva a semplice richiesta del corriere incaricato dalla RAGIONE_SOCIALE, immediatamente e brevi manu con la consegna di assegno di importo corrispondente, sicché nessun ritardo poteva imputarsi al Dott. COGNOME nel pagamento delle fatture, del resto neanche mai contestato dalla RAGIONE_SOCIALE nel corso del rapporto.
Dunque, nella specie si è accertato che legittimamente le parti avevano stabilito le suddette modalità di pagamento e che non vi è stato alcun ritardo nel pagamento della fornitura non essendo stato il COGNOME mai messo in mora e non potendosi ritenere applicabile per le ragioni espresse la mora ex re .
Il ricorso è rigettato.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater D.P.R. n. 115/02, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità nei confronti della parte controricorrente che liquida in euro 2300, più 200 per esborsi, oltre al rimborso forfettario al 15% IVA e CPA come per legge;
ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115/2002, inserito dall’art. 1, co. 17, I. n. 228/12, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto;
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione