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Mora del debitore: accordo sul pagamento la esclude

Un fornitore farmaceutico ha citato in giudizio una farmacia per ottenere il pagamento degli interessi di mora su fatture saldate in ritardo. La Cassazione ha respinto il ricorso, confermando le decisioni dei giudici di merito. È stato provato un accordo verbale, consolidato da una prassi ventennale, secondo cui il pagamento avveniva tramite assegno ritirato da un incaricato del fornitore presso la sede della farmacia. Questa modalità deroga alla regola generale del pagamento al domicilio del creditore, trasformando l’obbligazione da ‘portabile’ a ‘querable’. Di conseguenza, senza una formale richiesta di pagamento, non si configura la mora del debitore. Inoltre, la Corte ha stabilito l’inapplicabilità del D.Lgs. 231/2002 sui ritardi di pagamento, poiché il contratto di somministrazione era stato stipulato prima della sua entrata in vigore.

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Mora del debitore: quando un accordo sul pagamento la esclude

La gestione dei pagamenti nei rapporti commerciali è un aspetto cruciale. Ma cosa succede quando le prassi consolidate tra le parti deviano dalle regole generali previste dalla legge? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su un caso emblematico, spiegando come un accordo sul luogo e le modalità di pagamento possa escludere la mora del debitore e, di conseguenza, la richiesta di interessi. Approfondiamo questa importante decisione.

I fatti di causa: la fornitura farmaceutica e la richiesta di interessi

Una società fornitrice di prodotti farmaceutici citava in giudizio il titolare di una farmacia per ottenere il pagamento di oltre 17.000 euro a titolo di interessi legali e di mora. Tali interessi sarebbero maturati a causa del ritardato pagamento di numerose fatture emesse tra il 2003 e il 2007. Secondo il fornitore, il termine di pagamento pattuito era di 180 giorni, ma la farmacia aveva costantemente saldato i propri debiti oltre tale scadenza.

La farmacia, tuttavia, si opponeva alla richiesta, sostenendo che sin dall’inizio del loro rapporto commerciale, nel lontano 1986, era stata stabilita una specifica e immutata modalità di pagamento: un incaricato della società fornitrice si recava periodicamente presso la farmacia per ritirare un assegno bancario non trasferibile. Secondo questa ricostruzione, il comportamento del fornitore, che per anni non aveva mai contestato tale prassi, configurava una violazione del principio di buona fede contrattuale.

L’accordo sul pagamento e la questione sulla mora del debitore

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno dato ragione alla farmacia. I giudici di merito hanno ritenuto provata l’esistenza di un accordo verbale, consolidato da una prassi ultraventennale, che derogava alle norme generali sul luogo di adempimento delle obbligazioni pecuniarie (art. 1182 c.c.).

In base alla legge, i debiti di denaro sono di norma ‘portabili’, ovvero devono essere pagati al domicilio del creditore. In questo caso, il debitore è automaticamente in mora (mora ex re) se non paga entro la scadenza. Tuttavia, le parti avevano stabilito che il pagamento dovesse avvenire presso il domicilio del debitore (la farmacia), trasformando l’obbligazione in ‘querable’. Ciò significa che spettava al creditore (il fornitore) attivarsi per riscuotere il credito, inviando il proprio incaricato. Poiché il fornitore non aveva mai formalmente messo in mora la farmacia, non poteva pretenderne gli interessi per il ritardo.

La decisione della Cassazione: la natura del contratto e l’inapplicabilità del D.Lgs. 231/2002

La società fornitrice ha impugnato la decisione in Cassazione, sostenendo che il rapporto non fosse un unico contratto di durata (somministrazione), ma una serie di singoli contratti di vendita. Questa distinzione era fondamentale per tentare di applicare il D.Lgs. n. 231 del 2002, che disciplina i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali e prevede interessi di mora automatici.

Le motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha rigettato tutti i motivi del ricorso. In primo luogo, ha confermato la qualificazione del rapporto come contratto di somministrazione, un tipico contratto di durata iniziato nel 1986. Tale interpretazione, basata sui fatti accertati dai giudici di merito, è stata ritenuta plausibile e non sindacabile in sede di legittimità.

In secondo luogo, la Corte ha sottolineato un punto decisivo: l’art. 10 del D.Lgs. 231/2002 esclude espressamente la sua applicazione ai contratti conclusi prima dell’8 agosto 2002. Poiché il contratto di somministrazione era stato stipulato nel 1986, la nuova disciplina sugli interessi di mora non poteva trovare applicazione, nonostante le singole forniture fossero avvenute in seguito. La volontà del legislatore era chiara nel limitare l’efficacia della nuova normativa ai soli contratti futuri.

Infine, è stata confermata la validità dell’accordo sulle modalità di pagamento. Le testimonianze, comprese quelle di ex dipendenti della società fornitrice, avevano provato che un agente si recava regolarmente in farmacia per ritirare l’assegno. Questa prassi consolidata ha di fatto stabilito il luogo dell’adempimento presso il debitore, rendendo necessaria una formale costituzione in mora per far scattare eventuali interessi, cosa mai avvenuta.

Le conclusioni

La decisione della Cassazione ribadisce un principio fondamentale: gli accordi tra le parti, anche se verbali ma supportati da una prassi costante e duratura, possono prevalere sulle disposizioni generali del codice civile. In questo caso, l’aver stabilito che il pagamento dovesse essere ‘richiesto’ presso la sede del debitore ha impedito che si configurasse automaticamente la mora del debitore. Questa sentenza serve da monito sull’importanza di definire chiaramente non solo i termini, ma anche le modalità e il luogo del pagamento nei contratti commerciali, e sulla rilevanza del principio di buona fede nell’esecuzione dei rapporti di lunga durata.

Quando un accordo sul pagamento può escludere la mora automatica del debitore?
Un accordo, anche verbale ma consolidato da una prassi costante nel tempo, che stabilisce il luogo di pagamento presso il domicilio del debitore (obbligazione ‘querable’) esclude la mora automatica. In questo caso, il creditore deve richiedere formalmente il pagamento per costituire in mora il debitore, poiché non si applica la regola della mora ‘ex re’.

La normativa sui ritardi di pagamento (D.Lgs. 231/2002) si applica ai contratti stipulati prima della sua entrata in vigore?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che, in base alla specifica norma transitoria (art. 10 del decreto), le disposizioni del D.Lgs. 231/2002 non si applicano ai contratti conclusi prima dell’8 agosto 2002, anche se si tratta di contratti di durata (come la somministrazione) le cui prestazioni si protraggono nel tempo.

Qual è la differenza tra un contratto di vendita a consegne ripartite e un contratto di somministrazione?
La vendita a consegne ripartite è caratterizzata da un’unica prestazione (la consegna di una quantità predeterminata di merce) che viene frazionata nel tempo per agevolare l’esecuzione. Il contratto di somministrazione, invece, prevede una pluralità di prestazioni periodiche o continuative, la cui entità è volta a soddisfare un fabbisogno duraturo del somministrato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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