Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 20591 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 20591 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 22/07/2025
1.La Corte di Appello di Bologna ha rigettato l’appello proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza del Tribunale di Parma, che aveva respinto le sue domande, volte ad ottenere la monetizzazione di 75 giorni di ferie non godute.
NOME COGNOME Direttore della Struttura Complessa Pronto Soccorso e Medicina d’urgenza dell’Azienda Ospedaliero Universitaria di Parma dal 1° novembre 2006 e turnista in P.S., in data 6.7.2018 aveva inviato le proprie dimissioni all’Ufficio personale dell’ azienda Ospedaliero Universitaria di Parma, con diritto a pensione dal 1.5.2019; le dimissioni erano state accolte dall’Azienda con determinazione del 26.6.2018.
Il Cervellin aveva dedotto di avere programmato il godimento dei 145 giorni di ferie residue al 26.6.2018 ma di non averne potuto fruire interamente per esigenze di servizio; aveva in particolare evidenziato che nonostante nel febbraio 2019 avesse inviato a tutti i collaboratori di una mail in cui aveva annunciato che la sua presenza in servizio sarebbe stata solo occasionale per la necessità di smaltire le ferie residue, si era più volte trovato costretto a garantire la sua presenza in azienda per improrogabili esigenze di servizio e che negli ultimi due mesi di servizio gli erano state affidate numerose incombenze.
Aveva dunque lamentato che la sua domanda di monetizzazione dei 75 giorni di ferie residue era stata respinta dall’Azienda.
La Corte territoriale ha evidenziato l’ampio anticipo con cui il Cervellin aveva programmato il suo pensionamento, nonché la consapevolezza del lavoratore degli oneri e delle conseguenze del mancato godimento, come risultava dalla mail del 1.3.2019; ha pertanto ritenuto che il Cervellin potesse concretamente usufruire dei giorni di ferie e promuovere iniziative per la migliore funzionalità del servizio, ove carente di possibili sostituti ed ha considerato superflua ogni altra attività datoriale.
Ha poi escluso che dall’istruttoria testimoniale fossero desumibili elementi idonei ad avvalorare la tesi del Cervellin, non essendo emersa l’impossibilità di sostituire il Cervellin negli ultimi dieci mesi di lavoro; i testi avevano invece riferito che il Cervellin poteva sottrarsi ai turni di pronto soccorso.
Ha condiviso le statuizioni del primo giudice, secondo cui le carenze di organico e l’inserimento del COGNOME nei turni di pronto soccorso non avevano precluso il godimento delle ferie negli anni precedenti.
Ha infine rilevato che era incontestata la possibilità del Cervellin di essere sostituito dai Responsabili dei diversi settori e dai due Vice Direttori di Dipartimento ed ha ritenuto incomprensibili le dichiarazioni del ricorrente, secondo cui era n ecessario che assumesse in prima persona le ‘decisioni forti’.
Avverso tale sentenza il COGNOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi, illustrati da memoria.
L’Azienda Ospedaliero Universitaria di Parma ha resistito con controricorso, illustrato da memoria.
DIRITTO
1.Con il primo motivo il ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3 cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1362, 1363, 1364, 1365, 1366, 1367, 1368, 1369, 1370 e 1371 cod. civ., dell’art. 36 Cost., dell’art. 7 della Direttiva 2003/88/CE, dell’art. 2109 cod. civ., degli artt. 17 e 21 del CCNL dirigenza sanitaria 5.12.1996, dell’art. 19 del CCNL Comp arto Sanità 1.9.1995, dell’art. 33 del CCNL Dirigenza medica del 19.12.2019 per il periodo 2016-2018.
Addebita alla Corte territoriale di non avere considerato che la fruizione delle ferie dei dirigenti ai quali è data facoltà di autoprogrammare i periodi feriali deve avvenire compatibilmente con le esigenze aziendali, e che nel caso di specie il COGNOME era stato impossibilitato a godere delle ferie per specifiche esigenze aziendali.
Aggiunge che l’art. 5, comma 8, del d.l. n. 95/2012 non ha efficacia retroattiva.
Con il secondo motivo il ricorso denuncia , ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3 cod. proc. civ., violazione o falsa applicazione degli artt. 1362, 1363, 1364, 1365, 1366, 1367, 1368, 1369, 1370 e 1371 cod. civ., dell’art. 36 Cost., dell’art. 7 della Direttiva 2003/88/CE, dell’art. 2109 cod. civ., degli artt. 17 e 21 del CCNL dirigenza sanitaria 5.12.1996, dell’art. del CCNL Comparto Sanità
1.9.1995, dell’art. 33 del CCNL Dirigenza medica del 19.12.2019 per il periodo 20162018, in combinato disposto con l’art. 2697 cod. civ., per avere la Corte territoriale erroneamente ritenuto che gravasse sul Cervellin l’onere di dimostrare di non avere potuto godere delle ferie.
Sostiene che l’onere di dimostrare la possibilità del dirigente di godere delle ferie grava sul datore di lavoro.
Insiste nel sostenere che il COGNOME era stato impossibilitato a godere delle ferie per specifiche esigenze aziendali, richiamando la documentazione prodotta e le deposizioni dei testi escussi.
In disparte il richiamo alla documentazione prodotta e alle deposizioni dei testi escussi, i primi due motivi, che vanno trattati congiuntamente per la loro connessione logica, sono fondati, in conformità a precedenti di questa Corte, da intendersi qui richiamati anche ai sensi dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ. (Cass. n. 13613/2020; Cass. n. 18140/2022; Cass. n. 21780/2022; Cass. n. 9982/2024; Cass. n. 13679/2024).
Si è in particolare affermato che il dirigente che al momento della cessazione del rapporto non ha fruito delle ferie ha diritto a un’indennità sostitutiva, a meno che il datore di lavoro dimostri di averlo messo nelle condizioni di esercitare il diri tto in questione prima di tale cessazione, mediante un’adeguata informazione nonché, se del caso, invitandolo formalmente a farlo (Cass. n. 13613/2020 cit.).
Il potere del dirigente pubblico di organizzare autonomamente il godimento delle proprie ferie, pur se accompagnato da obblighi previsti dalla contrattazione collettiva di comunicazione al datore di lavoro della pianificazione delle attività e dei riposi, alla cessazione del rapporto non comporta la perdita del diritto all’indennità sostitutiva delle ferie, se il datore di lavoro, in esercizio dei propri poteri di vigilanza ed indirizzo sul punto, non dimostra di avere formalmente invitato il lavoratore a fruire delle ferie e di avere assicurato altresì che l’organizzazione del lavoro e le esigenze del servizio cui il dirigente era preposto non fossero tali da impedire il loro godimento (Cass n. 18140/2022 cit.).
Si è infatti chiarito che dalle sentenze della Corte di giustizia dell’Unione europea Grande sezione del 6 novembre 2018, rese in cause riunite C-569 e C570/2016 Stadt Wuppertal, in causa C-619/2016, NOME COGNOME ed in
causa C684/16 NOME COGNOME nonché dall’art. 7 delle direttive 2003/88 e 93/104 e dall’art. 31 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, deriva che:
Le ferie annuali retribuite costituiscono un diritto fondamentale ed irrinunciabile del lavoratore e correlativamente un obbligo del datore di lavoro; il diritto alla indennità finanziaria sostitutiva delle ferie non godute al termine del rapporto di lavoro è intrinsecamente collegato al diritto alle ferie annuali retribuite;
è il datore di lavoro il soggetto tenuto a provare di avere adempiuto al suo obbligo di concedere le ferie annuali retribuite, dovendo sul punto darsi continuità al principio affermato da Cass. n. 15652/2018;
la perdita del diritto alle ferie ed alla corrispondente indennità sostitutiva alla cessazione del rapporto di lavoro può verificarsi soltanto nel caso in cui il datore di lavoro offra la prova:
di avere invitato il lavoratore a godere delle ferie, se necessario formalmente; – di averlo al contempo avvisato -in modo accurato e in tempo utile a garantire che le ferie siano ancora idonee ad apportare all’interessato il riposo ed il relax cui esse sono volte a contribuire -del fatto che, se egli non ne fruisce, tali ferie andranno perse al termine del periodo di riferimento o di un periodo di riporto autorizzato (Cass. n. 21780/2022 cit.).
Muovendo da tale ricostruzione, questa Corte ha dunque affermato il seguente principio di diritto: “Il potere del dirigente pubblico di organizzare autonomamente il godimento delle proprie ferie non comporta la perdita del diritto, alla cessazione del rapporto, all’indennità sostitutiva delle ferie, se il datore di lavoro non dimostra di avere, in esercizio dei propri doveri di vigilanza ed indirizzo sul punto, formalmente e inutilmente chiesto al lavoratore di fruire delle ferie e di avere assicurato, altresì, che l’organizzazione del lavoro e le esigenze del servizio cui il dirigente era preposto non fossero tali da impedire il loro godimento; il relativo invito deve essere formulato in modo accurato ed in tempo utile a garantire che ferie e riposi siano ancora idonei ad apportare all’interessato il relax a cui sono finalizzati e deve contenere l’avviso che, in caso di mancato godimento, ferie e riposi andranno persi al termine del periodo di riferimento o di un periodo di riporto autorizzato ” (Cass. n. 13679/2024).
Secondo l’indirizzo della Corte di Giustizia, l’assetto sostanziale della fattispecie deve muovere dalla verifica di cosa sia stato fatto dal datore di lavoro perché quelle ferie fossero godute e quali fossero in rapporti tra quell’endemica insufficienza di organico, evidentemente non imputabile al lavoratore, e la necessità di assicurare la prosecuzione del servizio, il tutto con la regola ultima di giudizio che, nei casi incerti, pone l’onere probatorio a carico del datore di lavoro e non del lavoratore (v. Cass. n. 9877/2024 e 9982/2024 cit.).
La sentenza impugnata non si è attenuta a tali principi, in quanto a fronte della comunicazione del Cervellin del 1.3.2019 ha ritenuto superfluo ogni atto ulteriore datoriale ed ha ritenuto indimostrata l’impossibilità del dirigente di farsi sostituire, così ponendo a carico del dirigente medico l’onere di dimostrare di non aver potuto fruire delle ferie; non ha dunque preteso che il datore di lavoro, nell’ esercizio dei suoi doveri di vigilanza ed indirizzo sul punto, avesse formalmente e inutilmente chiesto al lavoratore di fruire delle ferie e che avesse dimostrato come l’organizzazione del lavoro e le esigenze del servizio cui il dirigente era preposto non fossero tali da impedire il loro godimento.
La sentenza impugnata ha infatti ritenuto indimostrato che solo la presenza del Cervellin avrebbe garantito la continuità del servizio ed ha considerato dirimenti la possibilità del COGNOME di sottrarsi al turno di pronto soccorso e la sua pregressa possibilità di fruire delle ferie nonostante la carenza di organico; ha dunque ripartito gli oneri probatori in modo erroneo, non avendo addossato all’Azienda l’onere di dimostrare di avere assicurato che l’organizzazione del lavoro e le esigenze del servizio cui il dirigente era preposto non fossero tali da impedire il loro godimento.
Il terzo motivo, con cui il ricorso denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 91 e 93 cod. proc. civ., per non avere la Corte territoriale condannato l’Azienda Ospedaliero Universitaria di Parma alla rifusione delle spese di lite dei gradi di merito, deve pertanto ritenersi assorbito.
In conclusione vanno accolti i primi due motivi e va dichiarato assorbito il terzo; la sentenza impugnata va dunque cassata con rinvio in relazione ai motivi accolti, anche per il regolamento delle spese del giudizio di legittimità.
P. Q. M.
La Corte accoglie i primi due motivi e dichiara assorbito il terzo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia ala Corte di Appello di Bologna in diversa composizione per il regolamento delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Lavoro della