Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 18550 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 18550 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 08/07/2024
ha pronunciato la seguente
ordinanza sul ricorso n. 10669/2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, difeso da ll’ AVV_NOTAIO NOME COGNOME, domiciliato a Roma presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, difesa dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME; -controricorrente- avverso la sentenza della Corte di appello di Venezia n. 2721/2020 del 19/10/2020.
Udita la relazione del consigliere NOME COGNOME.
Fatti di causa
Il Fallimento dell’appaltatrice RAGIONE_SOCIALE conviene dinanzi al Tribunale di Venezia la RAGIONE_SOCIALE, poi RAGIONE_SOCIALE, per la condanna al pagamento del credito di circa € 1.196.223. Allega l’attore che l’appaltatrice, RAGIONE_SOCIALE, aveva concluso con la committente convenuta un contratto quadro di appalto del servizio di carico, trasporto e smaltimento di fanghi biologici prodotti nell’attività di disidratazione presso lo stabilimento di Mantova della convenuta, per il periodo tra il 1/4/2008 e il 31/3/2011
rilevanti
–
insindaca-
bilità.
Adunanza 13/6/2024
camerale
(poi fino al 31/5/2011, in forza di tre integrazioni contrattuali). Erano previsti corrispettivi distinti: € 179,50 a tonnellata per la termodistruzione, € 310 a tonnellata per il trattamento. L’attore allega un a applicazione erronea all’attività di smaltimento mediante trattamento del corrispettivo inferiore, previsto per la termodistruzione. Ne scaturisce l’azione giudiziaria per il pagamento delle differenze. La convenuta contesta, allegando accordi per l’applicazione del corrispettivo inferiore per entrambi i tipi di attività. La domanda è stata rigettata in primo grado ed accolta parzialmente in appello, riconoscendosi l’ importo l’ulteriore di circa € 395.162 a titolo di corrispettivo residuo. Il riconoscimento è fondato su una comunicazione del novembre 2010 con cui, senza contestazione da parte della committente, l’appaltatrice RAGIONE_SOCIALE ha indicato un impianto di smaltimento diverso dal precedente, con la richiesta di autorizzare che, a partire dal terzo conferimento presso il nuovo impianto, venga riconosciuto il maggiore corri spettivo di € 310 a tonnellata.
Ricorre in cassazione l’attore con due motivi, illustrati da memoria. Resiste la convenuta con controricorso e memoria. Il consigliere delegato ha proposto la definizione per manifesta infondatezza del ricorso. Il ricorrente ne ha chiesto la decisione.
Ragioni della decisione
1. Il primo motivo (p. 10) denuncia la violazione dell’art. 132 co. 2 n. 4 c.p.c., per avere la Corte di appello adottato una motivazione apparente o contraddittoria nel pronunciarsi sul primo motivo di appello con il quale l’attore si lamenta dell’erron eità della motivazione con cui il giudice di prime cure ha rilevato la modifica degli accordi originari volta ad applicare il corrispettivo inferiore anche all’attività di trattamento (e non solo alla termodistruzione). Si fa valere, da un lato, che la Corte di appello si è limitata (p. 9) a richiamare la motivazione della sentenza di primo grado affermando semplicemente di condividerla , senza confrontarsi con l’argomentazione sviluppata nel motivo d’appello; dall’altro lato, si sostiene che, contraddittoriamente con l’assunto della modifica degli accordi originari ( svolto per
relationem), la Corte di appello in un passaggio successivo abbia riqualificato il comportamento adottato da NOME come acquiescenza, qualificazione che presuppone invece l’inadempimento rispetto all’accordo originario (rimasto quindi immodificato).
Il secondo motivo (p. 23) denuncia la violazione degli artt. 1218, 1219, 1453 c.c. poiché la Corte territoriale ha ritenuto che l’appaltatrice avesse prestato acquiescenza all’inadempimento della committente nel versare un corrispettivo inferiore a quello pattuito. Tale passaggio motivazionale è considerato in via autonoma rispetto a quello colpito dal primo motivo. Si fa valere che nessuna delle disposizioni citate prevede che la tolleranza del creditore rispetto all’inadempimento possa precludergli l’eser cizio dell’azione di adempimento.
In particolare, il ricorrente riporta il primo motivo di appello, con cui egli aveva criticato: (a) l’attendibilità dell’eccezione, accolta dal giudice di prime cure, che la modifica degli accordi fosse intervenuta con lo scambio di comunicazioni del 14/19 novembre 2008, con cui invece la RAGIONE_SOCIALE si era limitata a richiedere a COGNOME di inserire gli impianti della società RAGIONE_SOCIALE tra quelli di smaltimento elencati nel contratto quadro e RAGIONE_SOCIALE si era limitata ad autorizzare l’inserimento, senz’altro aggiunge re; (b) che il tenore della corrispondenza intercorsa tra le parti, l’emissione delle fatture da parte del creditore nonché la durata dell’esecuzione del contratto, in assenza di contestazioni fossero base congrua di presunzioni; (c) l’aver ritenuto che: ( c1) si fosse raggiunto un accordo modificativo di un contratto del valore di svariati milioni di euro in carenza di forma scritta, a fronte di modifiche ben meno rilevanti redatte in via formale; (c2) l’accordo verbale fosse intervenuto tra due dipendenti privi del potere di spendere il nome dei rispettivi datori di lavoro; (c3) le comunicazioni via mail intercorse tra le parti fossero opponibili al fallimento; (c4) non dovesse essere previsto un apposito articolo contrattuale per giustificare tale modifica ; (c5) la nota dell’8/11/2010
non si limitasse a rappresentare al committente la necessità di conferire i rifiuti presso un nuovo stabilimento.
Su questa base, da un lato, il ricorrente lamenta che la Corte di appello, senza confrontarsi con tali censure, si sia limitata a confermare le argomentazioni svolte dal Tribunale con il seguente passaggio, insufficiente ad accreditare la legittimità di una motivazione per relationem: si «ritiene conforme lo snodo motivazionale con il quale il giudice di prime cure è pervenuto a riscontrare la sopravvenuta pattuizione inter partes di un analogo corrispettivo anche per l’attività di trattamento, prima dello smaltimento definitivo dei fanghi oggetto di convenzione, eseguita presso lo stabilimento RAGIONE_SOCIALE». Dall’altro lato, il ricorrente denuncia che, in un passaggio successivo della motivazione, la Corte di appello abbia riqualificato il comportamento adottato da RAGIONE_SOCIALE come acquiescenza (sentenza, p. 9: «Simile condotta, protrattasi per circa due anni, si qualifica pertanto in termini di sostanziale acquiescenza ad eventuali inesatti adempimenti della committente nel pagamento dei corrispettivi che, conseguentemente, in difetto di un formale atto successivo di costituzione in mora, a giudizio di questo Collegio, non assumono rilevanza giuridica, non potendo essere qualificati quali inadempimenti imputabili avuto comunque riguardo all’interesse del creditore a ricevere la inesatta prestazione»). Tale qualificazione presuppone quindi contraddittoriamente l’inadempimento rispetto all’accordo originario (e non già una modifica successiva, presupposta nel passaggio precedente della motivazione). Tale profilo è assunto inoltre distintamente come oggetto di critica nel secondo motivo, che a tale riguardo denuncia la violazione degli artt. 1218, 1219, 1453 c.c. nei termini anzidetti.
2.1. -Sui due motivi ci si può pronunciare congiuntamente per connessione.
Essi non sono fondati.
La pronuncia di primo grado ha accertato l’accordo verbale per applicare il corrispettivo inferiore (previsto per l’attività di sola termodistruzione)
anche all’attività comprensiva di trattamento, sulla base dei seguenti indizi: (a) la trasmissione da parte di CFM a COGNOME, a cadenza mensile in corso di servizio (per il periodo tra il dicembre 2008 e il giugno 2011) del consuntivo dell’attività, con l’indicazione del quantitativo di fanghi trasportati e smaltiti in discarica, del destinatario e del prezzo; (b) su questa base, con il benestare di COGNOME, l’emissione proprio da parte di CFM di corrispondenti fatture con menzione del corrispettivo di € 179,50 a tonnellata, identico per entrambe le tipologie di smaltimento a far data dal maggio 2009; (c) ulteriore conferma: il contenuto della comunicazione dell’8/10/2008 (recte dell’8/10/2010), con cui l’appaltatrice comunicava alla committente che RAGIONE_SOCIALE, presso la quale era effettuata parte dello smaltimento dei fanghi, aveva deciso di ridurre il numero dei conferimenti settimanali, cosicché si rendeva necessario indicare RAGIONE_SOCIALE come nuovo impianto di smaltimento, con la richiesta di autorizzare che, a partire dal terzo conferimento presso il nuovo impianto, venisse riconosciuto il prezzo di € 310 a tonnellata; (d) le inferenze che: (d1) tale richiesta di autorizzazione significasse l’applicazione di un nuovo corrispettivo, diverso e maggiore rispett o a quello dovuto e applicato fino ad allora; (d2) non fosse verosimile la tesi secondo cui si sarebbe verificato un errore – protrattosi per due anni -sull’importo. A fondamento giuridico, la pronuncia di primo grado richiama l’art. 2723
c.c.
2.2. – Nel passaggio della motivazione a p. 8 e seguente, la sentenza ha rispettato in misura sufficiente i limiti di ammissibilità della motivazione per relationem, poiché indica in modo effettivo, risoluto e non contraddittorio le ragioni del proprio convincimento, giacché essa non è tenuta esplicitamente a confutare ogni singolo argomento critico prospettato dall’appellante (come invece il ricorrente mostra – anche nella memoria – di ritenere necessario). Infatti, la confutazione può discendere dalla incompatibilità delle censure con l’impianto logico adottato in motivazione. Il ritenere indispensabile una confutazione esplicita (uno ad uno, per così dire) urterebbe
contro
il canone di efficienza sotto il profilo della proporzionalità, che implica non solo la necessità e l’idoneità dello strumento (in questo caso: della motivazione), ma anche la sobrietà (nel senso che esso non deve eccedere lo scopo da conseguire). Vi è infatti un richiamo comprensibile ai contenuti degli atti di riferimento e ai motivi di appello e si è dato vita ad una valutazione effettiva, da parte del giudice di appello, della infondatezza dei motivi del gravame. Tanto è sufficiente a superare il vaglio di legittimità, senza che ciò comporti che questa Corte faccia proprio l’apprezzamento del giudice di merito. Esso ha da rimanere il «suo» (cfr. l’aggettivo possessivo impiegato dall’art. 116 co. 1 c.p.c.). In questo senso, in relazione alla motivazione per relationem, cfr. Cass. 2397/2021, 20883/2019.
2.3. – Ciò trova conferma -passando ad indicare le ragioni del rigetto del secondo motivo -nella valorizzazione della durata circa biennale della condotta, sinteticamente descritta indietro. Infatti, ciò è da configurare come argomentazione diretta ad accreditare ulteriormente la ricostruzione di un accordo modificativo delle originarie condizioni contrattuali e non già come posizione di una ragione autonoma di infondatezza dell’appello, facente leva su una sorta di tolleranza sanante gli inadempimenti. Ciò sarebbe stato incompatibile con la precedente ricostruzione. Senonché non si può concludere in questo senso, poiché l’espressione «inesatti inadempimenti» è accompagnata dall’aggettivo «eventuali», ch e dà ad intendere il carattere ipotetico del ragionamento e che toglie persuasività anche all’argomento che fa leva sulla spendita della parola «acquiescenza». Infatti, che si tratti di un’argomentazione rafforzativa del precedente ragionamento lo si ricav a in modo definitivamente appagante dal rinnovato richiamo all’accordo modificativo compiuto in fondo a p. 10.
2.4. – I due motivi sono rigettati.
– Il ricorso è rigettato.
Le spese si liquidano in dispositivo, anche ex art. 93 co. 3 e 4 c.p.c.
Inoltre, ai sensi dell’art. 13 co. 1 -quater d.p.r. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo uni ficato a norma dell’art. 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al rimborso delle spese del presente giudizio in favore della parte controricorrente, che liquida in € 13.000 , oltre a € 200 per esborsi, alle spese generali, pari al 15% sui compensi e agli accessori di legge. Inoltre, condanna la parte ricorrente al pagamento ex art. 96 co. 3 c.p.c. di € 10.000 in favore della parte controricorrente, nonché al pagamento ex art. 96 co. 4 c.p.c. di € 4.000 in favore della cassa delle ammende.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo unificato, se dovuto.
Così deciso a Roma, il 17/6/2024.