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Modifica verbale contratto: vale l’accordo tacito?

In una controversia su un contratto d’appalto, la Cassazione ha stabilito che una modifica verbale del contratto è valida se provata da comportamenti concludenti, come l’emissione e il pagamento di fatture a un prezzo diverso da quello pattuito per un lungo periodo. La condotta delle parti può quindi prevalere sull’accordo scritto originario.

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Modifica Verbale Contratto: Quando il Comportamento Vale Più della Carta

In ambito commerciale, la stretta di mano e la parola data hanno ancora un valore, anche quando esiste un contratto scritto. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione esplora proprio questo tema, chiarendo come e quando una modifica verbale contratto possa essere considerata valida ed efficace. La sentenza analizza il caso di un appalto di servizi in cui, per quasi due anni, l’appaltatore ha fatturato e ricevuto pagamenti a un prezzo inferiore a quello originariamente pattuito per una specifica attività, senza mai sollevare contestazioni. Questo comportamento, secondo i giudici, è stato sufficiente a provare l’esistenza di un nuovo accordo tra le parti.

I Fatti di Causa

Una società appaltatrice, specializzata nello smaltimento di fanghi biologici, aveva stipulato un contratto quadro con un’importante azienda committente. L’accordo prevedeva corrispettivi diversi a seconda del tipo di smaltimento: un prezzo più alto per il “trattamento” e uno più basso per la “termodistruzione”.

Per un lungo periodo, l’appaltatore ha svolto anche l’attività di trattamento ma ha emesso fatture applicando il corrispettivo inferiore previsto per la termodistruzione. Solo in un secondo momento, a seguito della necessità di utilizzare un nuovo impianto, ha richiesto il pagamento del prezzo più elevato. Di fronte al rifiuto della committente di saldare le differenze pregresse, l’appaltatore ha avviato un’azione legale per recuperare circa 1,2 milioni di euro.

La difesa della committente si è basata su un punto cruciale: sosteneva che le parti avessero raggiunto un accordo verbale successivo per applicare la tariffa più bassa a entrambe le tipologie di servizio. I giudici di primo grado e d’appello hanno dato ragione alla committente, ritenendo che il comportamento tenuto dall’appaltatore per circa due anni (invio di consuntivi e fatture al prezzo inferiore, senza alcuna protesta) costituisse una prova sufficiente di tale accordo modificativo.

La Decisione della Corte: la Validità della Modifica Verbale del Contratto

L’appaltatore, nel frattempo dichiarato fallito, ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando principalmente due aspetti:
1. La motivazione della Corte d’Appello era contraddittoria, perché prima parlava di un accordo modificativo e poi qualificava il comportamento dell’appaltatore come “acquiescenza” a un inadempimento, due concetti logicamente distinti.
2. La semplice tolleranza del creditore verso un pagamento inferiore non può impedirgli di chiedere l’adempimento completo in un secondo momento.

La Corte di Cassazione ha rigettato entrambi i motivi, confermando la decisione dei giudici di merito.

Il Valore della Condotta Prolungata nel Tempo

Il punto centrale della decisione è il valore probatorio attribuito al comportamento delle parti. La Corte ha affermato che la Corte d’Appello ha correttamente ricostruito la volontà delle parti non basandosi su un singolo elemento, ma su una serie di indizi gravi, precisi e concordanti:
* La trasmissione mensile di consuntivi con il prezzo più basso.
* L’emissione di fatture conformi a tali consuntivi per un periodo di quasi due anni.
* L’assenza di qualsiasi contestazione formale per tutto quel tempo.

Questo insieme di elementi, secondo la Suprema Corte, costituisce una “condotta concludente” che manifesta in modo inequivocabile la volontà di accettare una modifica delle condizioni contrattuali originarie. Non si tratta di semplice tolleranza, ma di un vero e proprio accordo tacito.

La Motivazione “per relationem” e il Ruolo dell’Acquiescenza

La Cassazione ha anche chiarito l’apparente contraddizione nella motivazione d’appello. Il riferimento all'”acquiescenza” non era una seconda e autonoma ragione della decisione, ma un’argomentazione rafforzativa. In altre parole, i giudici d’appello hanno prima stabilito che vi era stato un accordo modificativo verbale, e poi hanno aggiunto che la lunga durata di tale condotta (l’acquiescenza) ne accreditava ulteriormente l’esistenza, rendendo inverosimile la tesi di un semplice errore protratto per anni.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha ritenuto infondati i motivi di ricorso, spiegando che la decisione della Corte d’Appello era logicamente coerente e sufficientemente motivata. I giudici di merito hanno correttamente utilizzato il meccanismo della prova per presunzioni, basando la loro conclusione su un insieme di fatti noti (l’invio di fatture a prezzo ridotto, la mancanza di contestazioni, la durata del comportamento) per risalire al fatto ignoto, ovvero l’esistenza di un accordo verbale di modifica. La Corte ha sottolineato che un giudice non è tenuto a confutare punto per punto ogni singola argomentazione dell’appellante, essendo sufficiente che l’impianto logico della sentenza sia solido e incompatibile con le tesi della parte soccombente. La qualificazione del comportamento come “sostanziale acquiescenza” è stata interpretata non come una contraddizione, ma come un elemento che rafforzava la ricostruzione di un accordo modificativo, evidenziando come la condotta biennale fosse incompatibile con la persistenza del vecchio accordo.

Le Conclusioni

L’ordinanza offre un’importante lezione pratica per le imprese: i contratti scritti non sono immutabili e il comportamento quotidiano nella gestione dei rapporti commerciali può avere conseguenze giuridiche significative. Una modifica verbale contratto può essere ritenuta valida se supportata da una condotta costante e univoca delle parti. Chi intende mantenere ferme le condizioni scritte originarie ha l’onere di contestare tempestivamente e formalmente qualsiasi deviazione, per evitare che il proprio silenzio o la propria passività vengano interpretati come un consenso a nuove e diverse pattuizioni.

Un contratto scritto può essere modificato da un accordo verbale o da un comportamento concludente?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, un accordo verbale successivo o una condotta concludente delle parti, protratta nel tempo e priva di contestazioni, può modificare le pattuizioni originarie di un contratto scritto. Il comportamento delle parti diventa prova dell’esistenza di una nuova volontà contrattuale.

La semplice tolleranza di un pagamento inferiore a quello pattuito impedisce di chiedere la differenza in futuro?
In generale, la mera tolleranza non estingue il diritto del creditore. Tuttavia, se questa “tolleranza” si protrae per un lungo periodo e si inserisce in un quadro di comportamenti coerenti (come l’emissione di fatture per l’importo inferiore), può essere interpretata non come semplice passività, ma come prova di un accordo modificativo che sostituisce il precedente.

Perché il comportamento dell’appaltatore è stato considerato prova di un nuovo accordo e non un errore?
La Corte ha ritenuto inverosimile che un errore sul prezzo di fatturazione potesse protrarsi per circa due anni senza mai essere corretto o contestato. La durata e la coerenza del comportamento (invio di consuntivi e fatture sempre allo stesso prezzo inferiore) sono state considerate indizi sufficientemente gravi e precisi per concludere che le parti avessero raggiunto un nuovo accordo verbale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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