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Modifica unilaterale contratto: quando è illegittima?

Un’ordinanza cautelare del Tribunale delle Imprese ha bloccato la modifica unilaterale contratto di fornitura di gas. Una società fornitrice aveva imposto un drastico aumento del prezzo a una società rivenditrice, la quale ha ottenuto un provvedimento d’urgenza per mantenere le condizioni originarie. Il giudice ha ritenuto probabile l’illegittimità della variazione, ravvisando i presupposti dell’abuso di dipendenza economica e il rischio di un danno grave e irreparabile per l’azienda più piccola.

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Modifica Unilaterale Contratto: Quando il Fornitore Non Può Aumentare il Prezzo?

La stabilità dei rapporti commerciali è un pilastro per ogni impresa. Ma cosa succede quando un fornitore decide di cambiare le carte in tavola? Una recente ordinanza del Tribunale delle Imprese ha affrontato un caso emblematico di modifica unilaterale contratto di fornitura, offrendo importanti tutele alle aziende più deboli. Il provvedimento blocca l’aumento di prezzo imposto da un colosso dell’energia a un suo rivenditore, delineando i confini tra legittimo esercizio dei diritti contrattuali e abuso di posizione dominante.

I Fatti del Caso: Un Aumento di Prezzo Insostenibile

Una società operante nel settore della rivendita di gas aveva stipulato un contratto quadro di fornitura a lungo termine con una delle principali aziende energetiche nazionali. In base a questo accordo, la società rivenditrice acquistava il gas per poi distribuirlo ai suoi clienti finali.

Improvvisamente, la società fornitrice comunicava un drastico e immediato aumento del corrispettivo, giustificandolo sulla base di una clausola contrattuale che le attribuiva il diritto di variazione. Questo aumento era talmente significativo da rendere impossibile per la rivenditrice continuare la propria attività senza subire perdite ingenti, rischiando di uscire dal mercato. Di fronte a questa situazione, la società più piccola si è rivolta al Tribunale chiedendo un provvedimento d’urgenza per obbligare il fornitore a mantenere le condizioni di prezzo precedenti.

La Decisione del Tribunale e la Sospensione della Modifica Unilaterale Contratto

Il Tribunale delle Imprese, esaminati i fatti, ha accolto la richiesta della società rivenditrice. Con un’ordinanza cautelare, ha ordinato alla società fornitrice di continuare ad applicare i termini economici originari fino alla conclusione della causa di merito.

La decisione si fonda sulla valutazione di due elementi chiave, tipici dei procedimenti d’urgenza: il fumus boni iuris, ovvero la probabile fondatezza delle ragioni del richiedente, e il periculum in mora, cioè il rischio di un danno grave e irreparabile. Secondo il giudice, la modifica unilaterale contratto operata dal fornitore appariva, a una prima analisi, illegittima e potenzialmente dannosa in modo irreversibile.

Le Motivazioni della Decisione

L’analisi del giudice si è concentrata su due aspetti fondamentali che hanno portato all’accoglimento del ricorso.

Il Fumus Boni Iuris: La Probabile Illegittimità della Modifica

Il Tribunale ha ritenuto che la pretesa del fornitore di aumentare il prezzo fosse probabilmente infondata. In primo luogo, la clausola contrattuale che permetteva la variazione del prezzo era stata interpretata in modo restrittivo. Ma l’argomento decisivo è stato il richiamo alla disciplina sull’abuso di dipendenza economica (art. 9 della L. 192/1998).

Secondo il giudice, la relazione tra le due società presentava le caratteristiche tipiche della dipendenza economica: il rivenditore non aveva alternative realistiche per reperire il gas a condizioni diverse sul mercato. L’imposizione di un aumento di prezzo così oneroso è stata quindi vista come un possibile sfruttamento di questa posizione dominante, integrando un abuso vietato dalla legge. Inoltre, è stato evidenziato come le modalità di comunicazione della variazione non fossero conformi ai principi di buona fede e correttezza contrattuale.

Il Periculum in Mora: Il Rischio di Danno Imminente

Il secondo pilastro della decisione è stato il riconoscimento di un pericolo concreto e attuale per la sopravvivenza stessa dell’azienda rivenditrice. Se fosse stata costretta a pagare il nuovo prezzo, l’azienda avrebbe subito perdite tali da comprometterne la continuità operativa. Questo danno è stato qualificato come ‘irreparabile’, poiché un eventuale risarcimento futuro non sarebbe stato sufficiente a rimediare alla cessazione dell’attività e all’uscita dal mercato. Il provvedimento d’urgenza era quindi l’unico strumento idoneo a preservare l’integrità dell’impresa in attesa di una sentenza definitiva.

Le Conclusioni

Questa ordinanza rappresenta un importante precedente a tutela delle piccole e medie imprese nei rapporti con i grandi fornitori. Stabilisce che il diritto di una parte di modificare unilateralmente un contratto (ius variandi) non è assoluto, ma deve essere esercitato nel rispetto della buona fede e non può tradursi in un abuso ai danni della parte più debole. La decisione riafferma la centralità della disciplina sull’abuso di dipendenza economica come strumento per riequilibrare i rapporti di forza nel mercato e garantire una concorrenza leale. Per le imprese, il messaggio è chiaro: clausole contrattuali apparentemente svantaggiose possono essere contestate con successo se il loro esercizio risulta arbitrario e pregiudizievole.

Un fornitore può modificare unilateralmente il prezzo in un contratto di fornitura?
No, non in modo arbitrario. Secondo l’ordinanza, il diritto di modifica unilaterale del contratto deve essere esercitato nel rispetto dei principi di buona fede e correttezza. Se la modifica impone condizioni ingiustificatamente gravose e sfrutta una posizione di forza, può essere considerata illegittima per abuso di dipendenza economica.

Cosa si intende per ‘abuso di dipendenza economica’ in questo contesto?
Si verifica quando un’impresa più grande e forte (il fornitore) sfrutta la situazione di debolezza di un’altra impresa (il rivenditore), che non ha alternative reali sul mercato, per imporre condizioni contrattuali eccessivamente svantaggiose, come un aumento di prezzo sproporzionato.

Quali sono i presupposti per ottenere un provvedimento d’urgenza per bloccare un aumento di prezzo?
È necessario dimostrare due elementi: il fumus boni iuris, cioè la probabile fondatezza del proprio diritto a non subire l’aumento, e il periculum in mora, ovvero il rischio concreto che, senza un intervento immediato del giudice, l’azienda subirebbe un danno grave e irreparabile, come la cessazione dell’attività.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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