Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 19308 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 19308 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso 36762 -2018 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO , giusta procura allegata al ricorso, con indicazione degli indirizzi pec;
– ricorrente e controricorrente incidentale –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in concordato preventivo, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, rappresentata e difesa dall’ AVV_NOTAIO, giusta procura allegata al controricorso, con indicazione degli indirizzi pec;
– controricorrente e ricorrente incidentale-
e contro
NOME, nella qualità di liquidatore nella procedura concorsuale di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE
– intimato – avverso la sentenza n. 2934/17 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,
pubblicata in data 11/12/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 30/11/2023 dal consigliere COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione notificato in data 22 e 26 ottobre 2004, RAGIONE_SOCIALE convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di Ferrara la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in concordato preventivo, NOME COGNOME quale AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO e NOME COGNOME quale liquidatore esponendo che, in data 10/1/1994, erano stati depositati in un’area di sua proprietà (dov’erano rimasti fino all’agosto 2005), allo scopo di liberare immobili della procedura, alcuni automezzi e che sin dal 21/3/94 era stato depositato, a seguito di istanza del Comitato dei creditori, un preventivo in cui erano indicati i mezzi custoditi e il prezzo giornaliero preteso per il deposito; non era seguito alcun pagamento e i tentativi di definizione transattiva della pretesa non erano andati a buon fine.
Pertanto, la società chiese «la condanna della convenuta RAGIONE_SOCIALE a riconoscere» a tale titolo, in suo favore, la somma di Euro 255.896,00, in applicazione delle tariffe ACI o, in subordine, la somma quantificata nel preventivo del 21/3/94, pari ad Euro 220.268,64 o la minor somma ritenuta di giustizia.
1.1. RAGIONE_SOCIALE eccepì la nullità della citazione, della cui notifica era stata disposta la rinnovazione, per carenza del mandato alle liti; dedusse quindi, in merito, che fosse stata convenuta la gratuità del deposito e chiese
in riconvenzionale il risarcimento dei danni conseguenti all’inadempimento degli obblighi del contratto di deposito.
1.2. Nell’ unica comparsa di costituzione, il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO eccepì il proprio difetto di legittimazione passiva e il liquidatore rappresentò che la sua legittimazione sarebbe sussistita soltanto se, oltre alla proposta domanda di accertamento dell’esistenza del credito nei confronti della società in concordato, fosse stata avanzata anche una domanda di condanna al pagamento del credito nei confronti della procedura.
1.3. Nelle memorie ex art. 183 V comma cod. proc. civ., nella formulazione applicabile ratione temporis (come introdotta dall’art. 17 della legge 26 novembre 1990, n. 353), RAGIONE_SOCIALE formulò una domanda di condanna diretta in via principale specificamente nei confronti della procedura di concordato preventivo, chiedendo di porre a carico di quest’ultima il suo credito, in prededuzione (secondo l’interpretazione operata dal Giudice di primo grado in sentenza , poi condivisa dall’attrice qui ricorrente) ; in via subordinata chiese la condanna della società in concordato.
Con sentenza n.1060/2008, il Tribunale di Ferrara, respinta l’eccezione di nullità della citazione per difetto di procura, dichiarò il difetto di legittimazione passiva del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO e, per quel che qui ancora rileva, l’inammissibilità della domanda di RAGIONE_SOCIALE car nei confronti della procedura concordataria, perché nuova e tardivamente proposta soltanto con le memorie ex V comma dell’ art. 183 cod. proc. civ. e non nella prima udienza; rimarcò, quindi, quanto alla domanda di condanna formulata in subordine nei confronti di RAGIONE_SOCIALENOME, che dei mezzi parcheggiati soltanto cinque risultavano ancora in proprietà della società convenuta e che tuttavia agli atti non vi era prova alcuna che quest’ultima avesse assunto l’obbligo di pagare alla società attrice un corrispettivo anche per i mezzi non di sua proprietà; in conseguenza, condannò RAGIONE_SOCIALE soltanto al pagamento del corrispettivo per i cinque veicoli.
Con sentenza n.2934/2017, la Corte d’appello di Bologna rigettò l’appello principale di RAGIONE_SOCIALE e l’appello incidentale di RAGIONE_SOCIALE.
In particolare, per quel che ancora qui rileva, decidendo su ll’appello principale, la Corte territoriale confermò che la domanda di ammissione in prededuzione alla procedura concorsuale del credito preteso era inammissibile per tardività perché avanzata soltanto con le memorie ex art. 183 cod. proc. civ. ed escluse altresì la fondatezza del secondo motivo di impugnazione, con cui RAGIONE_SOCIALE aveva contestato che il suo diritto al compenso del deposito fosse stato limitato al prezzo di soli cinque veicoli: ribadì, infatti, sul punto, che comunque il riconoscimento di una maggior somma presupponeva l’ammissibilità della domanda nei confronti della procedura concordataria, invece già esclusa.
Avverso questa sentenza RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, affidandolo a quattro motivi; RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso e proposto ricorso incidentale per un motivo, a cui RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
NOME COGNOME non ha svolto difese.
RAGIONE_SOCIALE ha altresì depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente, deve prendersi atto -e sul punto è fondata l’eccezione di RAGIONE_SOCIALE car – che il controricorso è stato tardivamente notificato in data 29 gennaio 2019, oltre i termini dell’art. 370 cod. proc. civ. che scadevano , invece, in quanto non liberi ma a decorrenza successiva, secondo la previsione dell’art. 155 comma I cod. proc. civ. , il giorno precedente, 28 gennaio, per essere stato notificato il ricorso in data 19 dicembre 2018.
Conseguentemente, controricorso e ricorso incidentale sono inammissibili, sicché non deve essere qui riportato ed esaminato l’unico motivo posto a fondamento, concernente la mancata notifica della procura in occasione della rinnovazione della notifica della citazione in appello.
Con il primo motivo di ricorso principale, articolato in riferimento ai n.3 e 4 del comma primo dell’art. 360 cod. proc. civ., RAGIONE_SOCIALE ha lamentato la violazione dell’art. 132, primo comma, n.4 cod. proc. civ. e la nullità della sentenza per motivazione «apparente» sul rigetto del motivo di appello concernente la ritenuta tardività della domanda di condanna a carico della procedura, in prededuzione. Secondo la società ricorrente, la Corte d’appello, omettendo di riportare gli elementi di fatto che caratterizzerebbero la domanda come nuova, avrebbe reso «una affermazione meramente tautologica» e in conseguenza, una motivazione meramente apparente sulle ragioni della ravvisata sussistenza di una mutatio libelli e non di una semplice emendatio .
1.2. Con il secondo motivo, articolato in riferimento al n.3 del comma primo dell’art. 360 cod. proc. civ., la ricorrente ha prospettato la violazione dell’art. 183 cod. proc. civ. e, in riferimento al n. 5, l’omesso esame di un fatto decisivo «anche in relazione all’art. 112 cod. proc. civ.» (così in rubrica) per avere la Corte d’appello confermato la novità e, in conseguenza, l’inammissibilità della domanda di riconoscimento del credito a carico della massa, in prededuzione, anziché qualificarla correttamente quale precisazione o modificazione della domanda proposta, non risultando mutati né il petitum né la causa petendi della controversia e per avere, in conseguenza ulteriore, omesso di esaminare il secondo motivo di appello.
1.3. Con il terzo motivo, articolato in riferimento al n.3 del comma primo dell’art. 360 cod. proc. civ., RAGIONE_SOCIALE ha denunciato la violazione e falsa applicazione degli artt. 169, 111 e 111 bis della legge fallimentare per non avere la Corte ritenuto prededucibile ex lege il suo credito oltre che, ancora una volta in riferimento al n.5 e all’art. 112 cod. proc. civ., per aver omesso l’esame di un fatto decisiv o e, cioè, la nascita del credito in un momento successivo all’inizio della procedura di concordato preventivo e la sua conseguente riferibilità agli organi della procedura, senza necessità di
nuove allegazioni; tutti i crediti sorti successivamente all’inizio della procedura godrebbero infatti della prededuzione c.d. di fatto, perché secondo l’art. 111 della legge fallimentare sono prededucibili tutti i crediti che siano in nesso teleologico con la procedura, in quanto sorti prima della sua apertura ma strumentali ad essa e in quello cronologico, in quanto sorti dopo la procedura; il credito per cui è giudizio sarebbe riferibile agli organi della procedura in quanto sorto nell’interesse della massa, per esigenze di gestione e tutela dei creditori, successivamente all’inizio della procedura.
La Corte d’appello, allora, avrebbe dovuto esaminare il contenuto sostanziale della pretesa fatta valere, come desumibile dalla natura delle vicende dedotte e rappresentate, non limitandosi a uniformarsi al tenore letterale degli atti.
1.4. Con il quarto motivo, articolato in riferimento al n.3 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., la ricorrente ha sostenuto la violazione degli artt. 1322, 1325, 1337 e 1375 cod. civ. per non avere la Corte d’appello provveduto a qualificare il contratto intercorso con gli organi della procedura e limitato la pretesa creditoria, senza valutare l’utilità ricavata dal deposito di tutti gli automezzi e non soltanto dei cinque rimasti in proprietà della società in concordato.
2. Il primo motivo è fondato.
Nella citazione introduttiva (il cui atto è esaminabile da questa Corte per essere stato dedotto un error in procedendo ), RAGIONE_SOCIALE aveva dapprima prospettato, che, in data 10 gennaio 1994, RAGIONE_SOCIALE in concordato preventivo aveva depositato presso la sua sede «un certo numero di automezzi» e, seppure «sollecitata» «non aveva assunto iniziativa alcuna in ordine al pagamento del corrispettivo del deposito», facendole poi pervenire «per il tramite dei propri legali» una proposta transattiva inaccettabile; quindi, aveva aggiunto che, in relazione a tale deposito, in data 21/3/94, per espressa richiesta degli organi della procedura aveva formulato e fatto pervenire al AVV_NOTAIO un preventivo con il quale aveva
quantificato l’ammontare dei diritti di custodia, allegando sul punto il verbale del comitato dei creditori del 18 febbraio 94; infine, aveva chiesto di «accertare il carattere professionale del servizio di deposito e custodia svolto in favore di RAGIONE_SOCIALE in concordato preventivo» e conseguentemente «condannare RAGIONE_SOCIALE in concordato preventivo a riconoscere» il suo credito.
Nelle memorie ex art. 183 V comma cod. proc. civ., nella formulazione applicabile ratione temporis (come introdotta dall’art. 17 della legge 26 novembre 1990, n. 353), la società attrice aveva quindi formulato una esplicita domanda di condanna in via principale nei confronti della procedura di concordato preventivo che nel giudizio era già presente con il liquidatore e, in via subordinata, nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE.
2.2. Il Tribunale di Ferrara, in primo grado – in applicazione di una giurisprudenza oggetto, invero, di precisazioni da questa Corte – aveva affermato che, nel concordato con cessione di beni – qual era quello cui era sottoposta la società convenuta – si determina, rispetto ai crediti concordatari, una scissione fra titolarità del debito che resta all’imprenditore e legittimazione all’adempimento che compete al liquidatore e che quest’ultimo, litisconsorte necessario, fosse il legittimato passivo della domanda di condanna; aveva, quindi, rimarcato che nessuna domanda di condanna nei confronti della procedura era stata tempestivamente avanzata in citazione o in prima udienza di trattazione e aggiunto, infine, che la domanda, come riformulata nelle memorie ex V comma dell’art. 183 cod. proc. civ. era certamente nuova perché avente ad oggetto il pagamento di un credito sorto in funzione della procedura e, come tale, prededucibile.
La Corte territoriale, nelle prime undici righe della motivazione – le sole dedicate alla questione -si è limitata dapprima ad escludere che nella domanda di «condanna al riconoscimento del credito» di natura accertativa, proposta nei confronti della società in concordato asserita debitrice, potesse «ritenersi implicitamente compresa» (così in sentenza) la diversa condanna al
pagamento delle relative somme, con ciò evidentemente riferendosi unicamente al tipo di decisione richiesta.
Ha, quindi, argomentato che «in particolare» la «precisazione» che la seconda domanda fosse diretta anche nei confronti della procedura, con richiesta in via principale di porre a carico della stessa il debito di RAGIONE_SOCIALE, con ammissione in prededuzione e solo in subordine a carico della società in concordato, «ha necessitato nuove allegazioni in fatto rilevanti ai fini del decidere» che avrebbero potuto «trovare ingresso al più tardi entro la prima udienza di trattazione»: non ha, tuttavia, ulteriormente specificato quali fossero le allegazioni in fatto nuove e necessarie alla identificazione di un mutamento di domanda.
2.3. Ciò precisato in fatto, deve considerarsi in diritto che, secondo l’interpretazione di questa Corte in merito agli elementi oggettivi identificativi della domanda ( petitum e causa petendi ), si ha mutatio libelli quando si avanzi una pretesa obiettivamente diversa da quella originaria, introducendo nel processo un petitum diverso e più ampio oppure una causa petendi fondata su situazioni giuridiche non prospettate prima e particolarmente su un fatto costitutivo radicalmente differente, di modo che si ponga un nuovo tema d’indagine e si spostino i termini della controversia, con l’effetto di disorientare la difesa della controparte ed alterare il regolare svolgimento del processo; si ha, invece, semplice emendatio quando si incida sulla causa petendi , sicché risulti modificata soltanto l’interpretazione o qualificazione giuridica del fatto costitutivo del diritto, oppure sul petitum , nel senso di ampliarlo o limitarlo per renderlo più idoneo al concreto ed effettivo soddisfacimento della pretesa fatta valere (Cass. Sez. 2, n. 20716 del 13/08/2018, Sez. 2, n. 1585 del 28/01/2015).
La modificazione della domanda ammessa ex art. 183 cod. proc. civ. può riguardare anche uno o entrambi gli elementi oggettivi della stessa ( petitum e causa petendi ), sempre che la domanda così modificata risulti comunque connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio e senza che,
perciò solo, si determini la compromissione delle potenzialità difensive della controparte, ovvero l’allungamento dei tempi processuali (Sez. U, n. 12310 del 15/06/2015; Sez. U, n. 22404 del 13/09/2018; in ultimo, Sez. 3, n. 30455 del 02/11/2023).
2.4. Nella fattispecie in esame, il Tribunale aveva fondato il suo giudizio di inammissibilità per novità della domanda formulata nei confronti della procedura sull’intervenuto mutamento del destinatario e, perciò, sulla modifica del l’elemento soggettivo (il liquidatore quale organo della procedura invece della società in concordato), senza tuttavia argomentare in ordine alla natura del credito preteso e al fatto che il liquidatore quale convenuto organo della procedura, già partecipava al giudizio in quanto sin dall’inizio citato ; aveva altresì posto in rilievo che anche la richiesta di prededuzione incideva sulla novità della domanda.
Come rilevato al precedente punto 2.2., la Corte territoriale non ha, invece, confermato il giudizio di inammissibilità, impugnato da RAGIONE_SOCIALE con il suo primo motivo di appello, sul l’argomento del mutamento dell’elemento soggettivo, limitandosi a ritenere formulata, nelle memorie ex V comma dell’art. 183, una «precisazione» della domanda implicante «fatti nuovi», così genericamente indicati.
Già nell’utilizzo del termine «precisazione» è evidente, allora, la sovrapposizione degli indici della mutatio e della emendatio che rendono la motivazione sul punto della novità della domanda meramente apparente e, perciò, censurabile ex n. 4 comma I dell’art. 360 cod. proc. civ. : invero, in seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica del rispetto del «minimo costituzionale» richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., che viene violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, o risulti perplessa ed obiettivamente
incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (da ultimo, Cass. Sez. 1, n. 7090 del 03/03/2022).
2.5. Ciò posto, deve allora considerarsi innanzitutto che, per principio ormai consolidato, nell’esercizio del potere di interpretazione e qualificazione della domanda, il giudice di merito non è condizionato dalla formula adottata dalla parte, dovendo egli tener conto del contenuto sostanziale della pretesa come desumibile dalla situazione dedotta in giudizio e dalle eventuali precisazioni formulate nel corso del medesimo, nonché del provvedimento in concreto richiesto (Cass. Sez. L, n. 6226 del 18/03/2014, Sez. 3, n. 20322 del 20/10/2005, Sez. U, n. 27 del 21/02/2000).
Questa operazione ermeneutica di confronto tra conclusioni e fatti premessi nella citazione è stata, invece, del tutto omessa.
Quindi, quanto alla valenza di mutatio o di emendatio della «precisazione che la domanda fosse rivolta anche nei confronti della procedura» , deve rammentarsi in diritto che l’ammissibilità del «trasferimento» di una domanda già proposta nei confronti di altro convenuto a un soggetto diverso già presente nel giudizio dipende dall’essere o non il diverso destinatario già parte del rapporto oggetto della domanda stessa.
Sul punto, deve ancora precisarsi che il Tribunale aveva, a fondamento della sua decisione, richiamato il principio sancito dalla sentenza n. 4779 del 28/05/1987, resa dalle Sezioni Unite di questa Corte, secondo cui «a seguito dell’omologazione del concordato preventivo con cessione pro solvendo dei beni, si determina, rispetto ai crediti concordatari, la scissione fra titolarità del debito, che resta all’imprenditore, e legittimazione all’adempimento, che compete al liquidatore», sicché «nella controversia promossa dal creditore, per sentir accertare il carattere concordatario delle proprie ragioni, i predetti soggetti assumono la qualità di litisconsorti necessari, anche agli effetti dell’art. 102 secondo comma cod. proc. civ.»: così decidendo, tuttavia, il
Tribunale non aveva comunque esaminato se fosse o non rilevante che quel litisconsorte necessario già partecipasse al giudizio.
Questa Corte, in ogni caso, dopo la sentenza delle Sez. U, n. 4779 del 28/05/1987 richiamata dal Giudice di primo grado, ha chiarito che, invece, la legittimazione processuale del liquidatore del concordato non è conseguenza della circostanza per cui la controversia abbia o non ad oggetto l’accertamento di una ragione di credito e la condanna al pagamento del correlativo debito, ancorché idonee ad influire sul riparto che segue le operazioni di liquidazione, ma è ancorata e circoscritta al perimetro delle prerogative liquidatorie e distributive che fanno capo allo stesso liquidatore e, quindi, ai rapporti che nel corso ed in funzione della liquidazione vengano in essere (Cass. Sez. 2, n. 33422 del 2019, Sez. 2 n. 17606 del 04/09/2015; Sez. 1, n. 24683 del 19/10/2017; Sez. 1, n. 7661 del 13/04/2005): la procedura di concordato preventivo mediante cessione dei beni ai creditori già comportava, infatti, per il debitore ammesso, soltanto uno spossessamento cosiddetto «attenuato», perché consistente unicamente nella scissione tra titolarità dei beni, non sottratta al debitore e la loro gestione dopo l’omologazione, con trasferimento agli organi della procedura dei relativi poteri finalizzati alla liquidazione in funzione dell’esecuzione ; in conseguenza di questa scissione, non è ravvisabile neppure alcuna ipotesi di litisconsorzio necessario tra debitore in concordato e liquidatore perché la legittimazione dei due soggetti è distinta e scissa in conseguenza della scissione tra titolarità del bene e sua successiva gestione a fini concorsuali.
La Corte d’appello , dunque, non si è confrontata con questi principi, omettendo del tutto di valutare se la natura del credito preteso, come prospettata in citazione attraverso l’allegazione dei fatti posti a suo fondamento, implicasse un effettivo mutamento del destinatario della condanna o soltanto proprio una «precisazione».
2.4. Stessa carenza argomentativa si riscontra relativamente alla riscontrata novità della richiesta di ammissione in prededuzione: è vero che la
richiesta di prededuzione è considerata come incidente sul thema disputandum , ma nella giurisprudenza di questa Corte sviluppatasi in riferimento alla diversa procedura del giudizio di opposizione allo stato passivo, caratterizzata da una natura impugnatoria.
Nella fattispecie, invece, si controverte di un credito azionato in un giudizio ordinario introdotto con citazione, in cui i fatti costitutivi della invocata prededuzione l’attinenza del credito a spese di procedura – erano stati già tempestivamente dedotti con l’atto introduttivo, sicché la dichiarazione di inammissibilità per novità della pretesa non risulta sorretta da adeguata motivazione neppure in riferimento a tale profilo.
Il primo motivo del ricorso principale è, pertanto, accolto.
Dall’accoglimento del primo motivo deriva, in logica conseguenza, l’assorbimento dell’esame de lle restanti censure.
La sentenza impugnata è perciò cassata, con rinvio alla Corte d’appello di Bologna in diversa composizione perché provveda al riesame della domanda in conformità ai principi suesposti.
Statuendo in rinvio, la Corte d’appello deciderà anche sulle spese di legittimità.
Stante il tenore della pronuncia sul ricorso incidentale, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso principale, assorbiti i restanti e dichiara inammissibile il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Bologna in diversa composizione anche per le spese di legittimità.
Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del d.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile