Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 9174 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 9174 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1788/2021 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell ‘ avvocato COGNOME NOME (CF: CODICE_FISCALE), che la rappresenta e difende
-Ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall ‘ avvocato COGNOME NOME (CF:CODICE_FISCALE)
-Controricorrente –
avverso la SENTENZA della CORTE D ‘ APPELLO di MILANO n. 2760/2020 depositata il 21/10/2010.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La società RAGIONE_SOCIALE convenne dinnanzi al Tribunale di Milano RAGIONE_SOCIALE al fine di ottenerne la condanna al risarcimento dei danni subiti a causa dello spostamento di una delle due sedi di carico individuate nel contratto di appalto intercorso tra le parti per
l ‘ espletamento di servizi di trasporto merce stipulato tra le parti il 1°/05/2009.
COGNOME espose che: (i) l ‘ art. 29 del contratto concluso con RAGIONE_SOCIALE stabiliva che ‘ ogni accordo modificativo del presente accordo dovrà essere concluso in forma scritta, a pena di invalidità ai sensi dell ‘ art. 1352 c.c. ‘ ; (ii) all ‘ epoca della sottoscrizione del contratto, i due centri di distribuzione di RAGIONE_SOCIALE ( ‘ CEDI ‘ ), presso i quali partivano le consegne per tutto il territorio nazionale, erano siti in Pieve NOME (MI) ed Anagni (FR); (iii) a far data dal luglio 2013, RAGIONE_SOCIALE chiuse il CEDI di Pieve NOME e trasferì le relative attività sul nuovo CEDI aperto a Fidenza; (v) lo spostamento del terminale centrale, come ogni altra modifica del contratto, sarebbe stato possibile, ai sensi del menzionato art. 29 del contratto, solo mediante accordo tra le parti in forma scritta, accordo scritto che, nel caso di specie, è mancato; (vi) in conseguenza di tale spostamento, COGNOME assunse di aver subìto maggiori costi, dal luglio 2013 fino alla cessazione del rapporto intervenuta nel settembre 2015, per l ‘ importo di euro 2.607,360,00. Ciò in quanto: (i) dal 2009 (inizio contratto) fino alla data di chiusura del CEDI di Pieve NOME, COGNOME parcheggiava ogni fine settimana nel piazzale di RAGIONE_SOCIALE di Pieve NOME i circa 30 veicoli impiegati nell ‘ appalto, che venivano presi in consegna dagli autisti alle dipendenze dell ‘ appaltatrice il lunedì successivo; (ii) il CEDI di Fidenza (PR) non era dotato di piazzale idoneo al ricovero degli automezzi dell ‘ attrice, la quale si è vista costretta a far rientrare ogni fine settimana i camion ed i conducenti presso la propria sede di Zingonia (BG) per farli ripartire il lunedì successivo dalla medesima sede alla volta di Fidenza (PR).
Di tali asseriti costi COGNOME chiese ad RAGIONE_SOCIALE la rifusione.
RAGIONE_SOCIALE si costituì la contestando la domanda attorea e chiedendone il rigetto.
Con sentenza n. 285/2019 il Tribunale di Milano rigettò la domanda di RAGIONE_SOCIALE.
Avverso detta sentenza RAGIONE_SOCIALE propose gravame dinanzi alla Corte d ‘ appello di Milano.
Si costituì RAGIONE_SOCIALE (a cui RAGIONE_SOCIALE ha, medio tempore , conferito il ramo di azienda inerente all ‘ attività oggetto di causa), chiedendo il rigetto dell ‘ appello e la conferma della sentenza impugnata.
Con sentenza n. 2760/2020, depositata in data 21/10/2020, oggetto di ricorso, la Corte d ‘ appello di Milano ha rigettato l ‘ appello, confermando la sentenza di primo grado.
Avverso la predetta sentenza la società RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell ‘ art. 380bis 1 c.p.c.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente denuncia, in relazione all ‘ art. 360, 1° co., n. 3, c.p.c., ‘ Violazione o falsa applicazione degli artt. 1352 e 1453 c.c. ‘ . La ricorrente riporta il passaggio della sentenza gravata nel quale, dato atto che lo spostamento di uno dei due CEDI individuati costituiva una modifica della prestazione affidata dalla committente all ‘ appaltatore, la Corte territoriale espone che: « Detta modifica, peraltro, seppure non prevista nelle clausole contrattuali, era astrattamente possibile, seppure a precise condizioni, atteso che l ‘ art. 29 del contratto stabiliva che ‘ ogni accordo modificativo del presente accordo dovrà essere concluso in forma scritta, a pena di invalidità ai sensi dell ‘ art. 1352 c.c. ‘ . Lo spostamento del terminale centrale, dunque, come ogni altra modifica del contratto, sarebbe stato possibile mediante accordo tra le parti concluso in forma scritta: accordo scritto che, nel caso di specie, non si è verificato » (così a p. 14, 4° §, della sentenza).
La ricorrente lamenta che, nonostante tali premesse, la propria domanda è stata rigettata in quanto, come motiva la sentenza, ‘ l ‘ appellante avrebbe potuto rifiutarsi di eseguire la prestazione stante l ‘ unilaterale variazione contrattuale non concordata. Ciò non è avvenuto e RAGIONE_SOCIALE ha eseguito ugualmente le prestazioni nonostante non sia intervenuto alcun accordo stipulato per iscritto, a modifica del cedi da pieve NOME a Fidenza ‘ .
Sul primo motivo. Secondo la giurisprudenza di legittimità ‘ Le parti che abbiano convenuto l ‘ adozione della forma scritta per un determinato atto, nella loro autonomia negoziale possono successivamente rinunciarvi, anche tacitamente, mediante comportamenti incompatibili con il suo mantenimento, costituendo la valutazione in ordine alla sussistenza o meno di una rinuncia tacita un apprezzamento di fatto incensurabile in sede di legittimità, qualora sia sorretto da una motivazione immune da vizi logici, coerente e congruente (In applicazione del predetto principio, la RAGIONE_SOCIALEC., ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto che, pur a fronte di una clausola di rinnovo espresso di un contratto di affitto di azienda, la prosecuzione di fatto del contratto alle medesime condizioni palesasse ‘ per fatti concludenti ‘ la volontà delle parti di rinunciare alla forma scritta per il rinnovo e di proseguire il rapporto alle medesime condizioni) ‘ (così Cass., sez. III, ord. 15/02/2019, n. 4539; conforme Cass., sez. III, sent. 22/03/2012, n. 4541).
2.1 Applicando tale principio al caso in esame, la Corte territoriale ha ritenuto che la pretesa dell ‘ odierna ricorrente di vedersi risarcita per i costi affrontati per adempiere alle prestazioni affidate da RAGIONE_SOCIALE fosse infondata. Infatti – motiva la sentenza -‘ l ‘ appellante ha spontaneamente proseguito nell ‘ esecuzione dei trasporti affidati anche dopo lo spostamento del CEDI di Pieve NOME (e per ben due anni), in tal modo accettando la modifica contrattuale e, per
converso, rinunciando tacitamente all ‘ adozione della forma scritta per la modifica contrattuale ‘ (così a p. 15, ultimo §, della sentenza). In sostanza, la Corte ha correttamente ha valorizzato i comportamenti concludenti della ricorrente RAGIONE_SOCIALE per ravvisarvi la volontà di rinunciare alla forma scritta per la modifica delle condizioni contrattuali prescritta dal citato art. 29 del contratto.
E ancora si legge in motivazione: ‘ Va chiarito, a questo punto, che, non essendo previsto contrattualmente l ‘ impegno della committente di mettere a disposizione la propria area per il posteggio dei mezzi dell ‘ appaltatore, la perdita di tale vantaggio non ha alcun rilievo sotto il profilo dell ‘ adempimento contrattuale ma, al più, avrebbe potuto giustificare la ricontrattazione dell ‘ accordo (cosa che è avvenuta senza successo) e determinare l ‘ appellante a sciogliersi dal contratto alla scadenza prestabilità nel caso ritenesse non più conveniente la prosecuzione dello stesso ‘ (pp.14-15 della sentenza). La decisione della Corte d ‘ appello risulta pertanto corretta, sicché il motivo in esame è infondato.
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia, in relazione all ‘ art. 360, 1° co., n. 4, c.p.c., ‘ Art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.: violazione dell ‘ art. 132, comma 2, n. 4, e degli artt. 115 e 116 c.p.c. ‘ , esponendo che il solo fatto che RAGIONE_SOCIALE abbia eseguito la prestazione non è indicativo dell ‘ esistenza di un accordo fra le parti volto a porre nel nulla la previsione dell ‘ obbligo di forma scritta per tutte le modifiche contrattuali. A detta della ricorrente, un simile effetto si sarebbe potuto verificare solo in presenza di una condotta oggettivamente incompatibile con il mantenimento del vincolo di forma di origine pattizia, e tale incompatibilità non ricorre nel caso di semplice esecuzione della prestazione, essendo ben possibile che essa venga eseguita, come consente l ‘ art. 1453 c.c., con salvezza del diritto al risarcimento del danno a carico della parte che ha violato le regole pattizia.
Al riguardo la ricorrente espone di aver tempestivamente contestato la modifica unilaterale del contratto operata da RAGIONE_SOCIALE chiedendo, sul punto specifico, di essere ammessa a prova per interrogatorio e testi sulle circostanze di fatto allegate nel proprio atto introduttivo del giudizio innanzi al Tribunale di Milano, richieste respinte dal Tribunale e successivamente riproposte in grado di appello.
La Corte territoriale ha ritenuto di non ammettere tali istanze istruttorie, motivando che fossero irrilevanti al fine di dimostrare le trattative intercorse per la rideterminazione dei compensi, ‘ atteso che ciò che rileva è che RAGIONE_SOCIALE abbia comunque accettato di proseguire nei rapporti nonostante la modifica unilaterale contrattuale ed, oltre tutto, il mancato raggiungimento di nuovi accordi sul punto ‘ (così a p. 16, 1° §, della sentenza). In conclusione, la ricorrente deduce che tale costrutto argomentativo si ponga in violazione con l ‘ art. 132, 2° comma, n. 4, c.p.c.
Sul secondo motivo. Con il motivo in esame la ricorrente lamenta, nella sostanza, la mancata ammissione da parte della Corte territoriale dei capitoli di prova da essa richiesti allo scopo di dimostrare la contestazione, da parte propria, della modifica unilaterale del contratto disposta da RAGIONE_SOCIALE.
4.1 Le Sezioni Unite, con la nota sentenza 7/04/2014 n. 8053 (e le successive pronunce conformi), hanno affermato che la violazione dell ‘ art. 132, 2° comma, n. 4, c.p.c. si verifica soltanto in caso di ‘ mancanza grafica della motivazione ‘ , o di ‘ motivazione del tutto apparente ‘ , oppure di ‘ motivazione perplessa od oggettivamente incomprensibile ‘ , oppure di ‘ manifesta e irriducibile sua contraddittorietà ‘ , e sempre che i relativi vizi emergano dal provvedimento in sé, esclusa la riconducibilità in detta previsione di una verifica sulla sufficienza e razionalità della motivazione medesima mediante confronto con le risultanze probatorie. Per l ‘ effetto, il controllo sulla motivazione da parte del giudice di
legittimità diviene un controllo ab intrinseco , nel senso che la violazione dell ‘ art. 132, 2° comma, n. 4, c.p.c. deve emergere obiettivamente dalla mera lettura della sentenza in sé, senza possibilità alcuna di ricavarlo dal confronto con atti o documenti acquisiti nel corso dei gradi di merito.
4.2 Va in ogni caso rilevato che la Corte territoriale ha dato compiuto conto delle ragioni che l ‘ hanno indotta a ritenere irrilevanti i capitoli di prova formulati da COGNOME al fine di dimostrare le trattative intercorse per la rideterminazione dei compensi laddove ha affermato che ‘ ciò che rileva è che COGNOME abbia comunque accettato di proseguire nei rapporti nonostante la modifica unilaterale contrattuale ed, oltre tutto, il mancato raggiungimento di nuovi accordi sul punto ‘ (p. 16, 1° §, della sentenza).
4.3 Ne consegue che il motivo in esame prospetta in realtà una rivalutazione delle valutazioni e dei convincimenti del giudice di merito, e in quanto tale è inammissibile, atteso il fermo principio di questa Corte secondo cui il giudizio di legittimità non è un giudizio di merito di terzo grado nel quale possano sottoporsi alla attenzione dei giudici della Corte di Cassazione elementi di fatto già considerati dai giudici del merito, al fine di pervenire ad un diverso apprezzamento dei medesimi (v. Cass., sez. un, 27/12/2019, n. 34476; Cass., sez. III, 11/10/2018, n. 25149; Cass., Sez. Un., sent. 26/2/2021, n. 5442, in motivazione; Cass., Sez. II, 8/3/2022, n. 7523, in motivazione; Cass., Sez. 6-3, 1/7/2021, n. 18695, in motivazione; Cass., 6/7/2015, n. 13827; Cass., 18/3/2015, n. 5424; Cass., 12/11/2014, n. 24135). Di recente, cfr. Cass., Sez. III, 21-92022, n. 27571: ‘ È inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l ‘ apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito ‘ .
Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso è inammissibile, stante l ‘ inammissibilità di entrambi i motivi su cui si fonda.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate in dispositivo in favore dei controricorrenti, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 16.000,00, oltre agli esborsi, liquidati in euro 200,00, oltre al rimborso spese generali 15% e accessori di legge, in favore della controricorrente, RAGIONE_SOCIALE
Ai sensi dell ‘ art. 13, 1° comma, quater del D.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall ‘ art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 18/01/2024.