Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 10553 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 10553 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso (iscritto al N.R.G. 11784/2020) proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del suo legale rappresentante pro -tempore , elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME che la rappresenta e difende, unitamente all’Avv. NOME COGNOME;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del suo legale rappresentante pro -tempore , elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME che la rappresenta e difende, unitamente all’Avv. NOME COGNOME ;
-controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano n. 3730/2019, pubblicata il 12 settembre 2019;
R.G.N. 11784/20
C.C. 4/04/2025
Vendita
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 4 aprile 2025 dal Consigliere relatore NOME COGNOME
lette le memorie illustrative depositate nell’interesse delle parti, ai sensi dell’art. 380 -bis .1. c.p.c.
FATTI DI CAUSA
1. -Con atto di citazione notificato il 10 marzo 2015, la RAGIONE_SOCIALE conveniva, davanti al Tribunale di Varese, la RAGIONE_SOCIALE chiedendo che fosse pronunciata la risoluzione del contratto di vendita concluso tra le parti il 12 marzo 2011, avente ad oggetto una presso-cesoia elettrica RAGIONE_SOCIALE costruita nell’anno 2004, per il complessivo prezzo di euro 320.000,00, per grave inadempimento della convenuta venditrice (che non aveva consegnato il macchinario, né aveva accettato la proposta di pagamento diretto, previa riduzione dell’importo dovuto nella misura del 20%), con la conseguente condanna di quest’ultima alla restituzione della somma di euro 20.000,00, versata a titolo di caparra confirmatoria, oltre all’ulteriore risarcimento dei danni subiti dall’attrice.
Si costituiva in giudizio la RAGIONE_SOCIALE la quale contestava la fondatezza delle domande avversarie, esponendo che, a fronte dell’accordo raggiunto tra le parti sulla posticipazione della consegna al mese di ottobre 2013, l’acquirente non aveva mai fatto pervenire la pratica relativa al finanziamento mediante leasing, come previsto nel contratto di vendita, chiedendo anzi un ulteriore slittamento della consegna del macchinario.
Quindi, il Tribunale adito, con sentenza n. 599/2017, depositata il 16 giugno 2017, respingeva le domande proposte dall’attrice, escludendo che il termine previsto nel contratto (del dicembre 2011) fosse essenziale e giustificando la mancata consegna del bene in ragione della mancata offerta del pagamento a mezzo leasing, come previsto in contratto, secondo cui la consegna del bene era subordinata alla stipula del contratto di leasing da comunicarsi al venditore entro 30 giorni prima della consegna.
2. -Con atto di citazione notificato il 15 gennaio 2018, la RAGIONE_SOCIALE proponeva appello avverso la pronuncia di prime cure, lamentando: 1) l’erronea esclusione della natura essenziale del termine previsto per la consegna del macchinario; 2) l’adeguatezza della richiesta di riduzione del prezzo; 3) il mero richiamo strumentale al contratto di leasing; 4) l’inesistenza di alcuna diversa pattuizione in ordine alla data di consegna; 5) l’indebita esclusione della gravità dell’inadempimento della venditrice in ordine alla mancata consegna; 6) l’impossibilità di ricondurre alla lettera dell’11 marzo 2014, inviata da C.E.G., la valenza giuridica di diffida ad adempiere; 7) l’imputabilità della risoluzione del contratto alla condotta inadempiente dell’alienante.
Si costituiva nel giudizio d’appello la RAGIONE_SOCIALE la quale chiedeva che l’appello fosse rigettato, con la conferma della sentenza impugnata.
Decidendo sul gravame interposto, la Corte d’appello di Milano, con la sentenza di cui in epigrafe, rigettava l’appello e, per l’effetto, confermava integralmente la pronuncia impugnata.
A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte di merito rilevava per quanto di interesse in questa sede: a ) che il termine pattuito non poteva ritenersi essenziale, poiché, fino al 30 agosto 2012 (vale a dire ben 8 mesi dopo la data inizialmente prevista), la RAGIONE_SOCIALE non aveva richiesto alcuna informazione sulla consegna, né l’aveva mai sollecitata, né aveva mai fissato un termine per ottenerla, mentre solo il 15 gennaio 2013 aveva richiesto informazioni, senza fissare un termine alla venditrice, che -a sua volta -, già nel settembre 2012, aveva indicato, quale momento utile per la consegna, quello del dicembre 2012, con la conseguente acquiescenza dell’appellante al differimento della consegna del macchinario; b ) che, in tale situazione, il ritardo, anche se prolungato, non era rilevante, attesa la protratta tolleranza manifestata in ordine alla consegna da parte della creditrice, da cui poteva desumersi l’inesistenza di un suo contrario interesse in ordine al differimento della consegna immediata, sicché nessun inadempimento era imputabile alla venditrice; c ) che l’inadempimento dell’acquirente era consistito nel mancato rispetto delle modalità di pagamento previste in contratto, consistenti nella stipula di un leasing finanziario, senza patto di riacquisto, con primaria società, da comunicarsi 30 giorni prima della consegna prevista alla venditrice; d ) che tale modalità di pagamento aveva natura obbligatoria e vincolante, in quanto espressamente stabilita nel contratto, con la conseguenza che ogni diversa forma di pagamento non poteva essere ritenuta equivalente e non poteva essere imposta unilateralmente; e ) che le proposte di RAGIONE_SOCIALE, risalenti al febbraio 2014, non avevano modificato l’originario contratto, poiché non erano state accettate
e, quindi, restavano meri atti unilaterali, inidonei a sostituire il contratto originario.
-Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, la RAGIONE_SOCIALE
Ha resistito, con controricorso, l’intimata RAGIONE_SOCIALE
Le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Con il primo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la violazione dell’art. 112 c.p.c., per avere la Corte di merito omesso di pronunciare in merito alla domanda di risoluzione per inadempimento della venditrice ‘per omessa consegna della macchina venduta’, nonché sulla conseguente richiesta di risarcimento danni.
Obietta l’istante che la sentenza impugnata non avrebbe affrontato la ben più grave contestazione, relativa alla mancata consegna della res da parte della venditrice, inadempimento che non sarebbe stato certo né accettato né tollerato dal compratore, sicché l’alienante non avrebbe potuto procedere alla diretta e unilaterale rivendita a terzi.
1.1. -Il motivo è infondato.
E ciò perché la responsabilità dell’alienante in ordine alla mancata consegna è stata esclusa in ragione del mancato rispetto -a cura dell’acquirente delle modalità di pagamento previste in contratto, consistenti nella stipula di un leasing finanziario, senza patto di riacquisto, con primaria società, da comunicarsi 30 giorni prima della consegna prevista alla venditrice.
Pertanto, secondo la ricostruzione prospettata dalla sentenza impugnata, che -a sua volta -ha valorizzato le clausole negoziali, la consegna del macchinario era subordinata al pagamento del prezzo mediante leasing finanziario.
Sicché, in difetto di alcun finanziamento ottenuto e corrisposto alla venditrice, nessun addebito poteva muoversi a quest’ultima per la mancata consegna.
Da quanto precede discende che la Corte d’appello si è debitamente pronunciata sulla domanda di risoluzione della venditrice per la mancata consegna del macchinario, escludendo altresì che il termine pattuito fosse essenziale.
2. -Con il secondo motivo la ricorrente prospetta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 1453, 1460 e 1375 c.c., per avere la Corte territoriale ritenuto che l’inadempimento della venditrice fosse giustificato dal supposto inadempimento dell’acquirente, alla stregua della non corrispondenza all’originaria pattuizione contrattuale dell’offerta di pagamento in forma diretta, a fronte del previsto ricorso ad un finanziamento tramite leasing.
Osserva l’istante che, una volta determinata la circostanza addebitata al compratore, la sentenza impugnata avrebbe giustificato la risoluzione contrattuale e il diritto a ritenere la caparra confirmatoria versata, così omettendo ogni valutazione comparativa sull’importanza dell’inadempimento contestato al comparatore, con riguardo all’interesse del venditore a riscuotere il prezzo della vendita e in ordine alla relativa influenza di tale condotta sull’equilibrio sinallagmatico del contratto, tale da
legittimare causalmente e proporzionalmente la sospensione dell’adempimento dell’alienante.
E ciò tenuto conto dell’offerta del pagamento diretto, invece che a mezzo leasing, che avrebbe dovuto essere ponderato secondo buona fede.
2.1. -Il motivo è infondato.
Infatti, in forza della ricostruzione della sentenza impugnata, le condizioni negoziali prevedevano espressamente che il pagamento, previa contrazione del leasing finanziario, avrebbe dovuto precedere la consegna del macchinario.
Per l’effetto, secondo la stessa pattuizione contrattuale, la consegna non sarebbe potuta avvenire, se non dopo il pagamento nel rispetto delle modalità previste.
Cosicché l’eccezione di inadempimento sollevata dal venditore -insita nel rifiuto di consegna senza il previo pagamento del prezzo secondo le modalità concordate -ha assunto una fisionomia tale da giustificare, anche in concreto, il rifiuto di tale consegna.
Pertanto, l’eccezione di inadempimento è stata sollevata dal venditore in buona fede, avendo il giudice di merito verificato che la condotta della parte in concreto inadempiente (ossia l’acquirente) aveva influito sull’equilibrio sinallagmatico del contratto, avuto riguardo all’interesse della controparte (ossia del venditore), valutando la proporzionalità tra i rispettivi inadempimenti, non già in rapporto alla rappresentazione soggettiva delle parti, bensì in relazione alla situazione oggettiva (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 4134 del 18/02/2025; Sez. 2,
Sentenza n. 36295 del 28/12/2023; Sez. 2, Ordinanza n. 14986 del 28/05/2021; Sez. 1, Sentenza n. 2720 del 04/02/2009).
Dunque, per le ragioni anzidette, è stato verificato positivamente -con valutazione connessa ad un accertamento in fatto debitamente argomentato e, come tale, non sindacabile in questa sede -che la mera generica disponibilità ad effettuare un pagamento diretto (peraltro, secondo lo stesso assunto della ricorrente, in una misura ridotta rispetto a quella pattuita del 20%, come dall’invocata lettera raccomanda a.r. del 6 novembre 2013), anziché provvedere al pagamento all’esito del finanziamento connesso all’attivazione della pratica di leasing (come stabilito in contratto), legittimasse causalmente e proporzionalmente la sospensione dell’adempimento dell’altra parte (ossia della consegna della res ).
3. -Con il terzo motivo la ricorrente contesta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 1498 c.c., in combinato disposto con gli artt. 1362 e 1363 c.c., per avere la Corte distrettuale considerato l’offerta di pagamento diretto, benché parimenti satisfattiva, alla stregua di un inadempimento, in ragione del fatto che l’offerta avrebbe avuto ad oggetto la corresponsione del prezzo secondo modalità differenti da quelle contrattualmente stabilite e pur tuttavia ugualmente satisfattive per gli interessi della parte venditrice.
Deduce l’istante che la clausola inizialmente prevista, in relazione alle modalità di pagamento mediante finanziamento in leasing, sarebbe stata fisiologicamente collegata al corretto e tempestivo adempimento da parte del venditore e, quindi, all’offerta della consegna nei termini stabiliti, cosicché l’inutile
decorso del termine, anche ove fosse stato considerato non essenziale, avrebbe escluso che l’acquirente fosse tenuto, con 30 giorni di anticipo, a dare comunicazione del contratto di finanziamento.
3.1. -Il motivo è infondato.
Infatti, l’art. 1498, secondo comma, c.c. stabilisce che il pagamento debba avvenire al momento della consegna in mancanza di pattuizione e salvi gli usi diversi.
Nella fattispecie, la sentenza ha evocato la clausola negoziale a mente della quale il pagamento sarebbe dovuto avvenire ‘a mezzo finanziamento leasing senza patto di riacquisto con primaria società di nostro gradimento che dovrà farci pervenire il contratto di acquisto almeno 30 giorni prima della consegna prevista’.
Con la conseguenza che espressamente il contratto subordinava la consegna del bene venduto al pagamento secondo la modalità contemplata.
Né può ritenersi che la mera generica disponibilità ad offrire un pagamento diretto, in sostituzione del finanziamento tramite leasing (come concordato), peraltro con la precisazione che tale offerta sarebbe stata limitata ad un prezzo ridotto del 20% rispetto a quello pattuito, fosse equiparabile alla modalità di pagamento prevista in contratto.
E ciò perché l’ottenimento del finanziamento mediante leasing avrebbe assicurato (con un sufficiente grado di certezza) al venditore l’effettività dell’incasso del prezzo, diversamente dalla mera disponibilità manifestata dall’acquirente ad offrire un pagamento diretto, peraltro senza specificazione delle modalità di
tale pagamento, posto che, a fronte di una somma pari ad euro 320.000,00 -quale corrispettivo convenuto per la vendita -, sarebbe stato inconcepibile (oltre che non consentito dall’ordinamento) che esso avvenisse in contanti.
Ne deriva che una diversa modalità di pagamento in concreto meno satisfattiva, anche sotto il profilo della garanzia dell’incasso, per il venditore creditore (oltre che decurtata sul piano quantitativo), lasciava ferma la valutazione dell’esclusione di alcun addebito a carico di C.RAGIONE_SOCIALE. per la mancata consegna della cosa.
Sul fatto che una diversa modalità di pagamento non può essere assolta dal debitore di sua iniziativa, senza il preventivo accordo con il creditore, ove tale ulteriore modalità di pagamento non sia equivalente a quella pattuita, anche con riferimento alla sicurezza della soddisfazione del debito, si è espressa in modo costante la giurisprudenza di legittimità (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 27520 del 19/11/2008; Sez. U, Sentenza n. 26617 del 18/12/2007; nello stesso senso Cass. Sez. 1, Sentenza n. 17718 del 06/08/2014; Sez. 3, Sentenza n. 24402 del 01/12/2010).
Il pagamento, infatti, postula il trasferimento, concretantesi in una traditio anche se non necessariamente materiale, della somma dovuta dalla sfera patrimoniale del solvens a quella dell’ accipiens e, quindi, il conseguimento effettivo da parte di quest’ultimo della disponibilità della somma, effetto che non può ritenersi conseguito attraverso modalità meno sicure, che non assicurino l’incameramento della somma dovuta (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 8046 del 21/03/2023).
In conseguenza, il rifiuto del venditore di accettare tale generica disponibilità al pagamento diretto (peraltro, si ripete, per un importo inferiore) era conforme a correttezza.
4. -Con il quarto motivo la ricorrente si duole, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., del mancato esame di un fatto decisivo per il giudizio, costituito dal contenuto della diffida ad adempiere, la cui mancata accettazione avrebbe determinato l’unilaterale risoluzione, da parte di C.RAGIONE_SOCIALE., del contratto originario di vendita (come da lettera dell’11 marzo 2014), in quanto l’intimazione dell’esecuzione non avrebbe avuto ad oggetto l’originario contratto di vendita del 12 marzo 2011, ma la sottoscrizione della bozza di contratto modificata, come proposta da C.E.G. il 21 febbraio 2014.
E ciò senza che in tale diffida si facesse alcun riferimento al pagamento a mezzo leasing.
4.1. -Il motivo è inammissibile.
Infatti, l’invio di tale diffida non ha avuto alcuna incidenza sull’esito decisorio, posto che la domanda di risoluzione avanzata dall’acquirente ex art. 1453 c.c. è stata disattesa, non già alla stregua di tale diffida, bensì in ragione del mancato pagamento del prezzo secondo le modalità stabilite, tale da giustificare la mancata consegna della cosa venduta.
Si rileva, a fortiori , che il testo della diffida inviata (come riportato pedissequamente nel ricorso) si richiama alla modifica richiesta dall’acquirente nell’incontro del 6 febbraio 2014, sicché risulta smentito per tabulas l’asserto della ricorrente (che non ha affatto dato dimostrazione dell’asserito diverso tenore dell’accordo di modifica del 6 febbraio 2014).
5. -In conseguenza delle argomentazioni esposte, il ricorso deve essere respinto.
Le spese e compensi di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla refusione, in favore della controricorrente, delle spese di lite, che liquida in complessivi euro 5.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda