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Mobilità scolastica: onere della prova del docente

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 16835/2025, interviene sul tema della mobilità scolastica e l’onere della prova. Un docente aveva richiesto un trasferimento su posti disponibili che, pur non assegnati nella sua fase di mobilità, erano stati successivamente attribuiti ad altri tramite conciliazione. La Corte ha stabilito che spetta al docente solo allegare l’inadempimento del Ministero, ossia la mancata assegnazione di un posto disponibile. Grava invece sul Ministero l’onere di dimostrare che, anche con una procedura corretta, il docente non avrebbe ottenuto quel posto, ad esempio per la sua posizione in graduatoria. La sentenza di appello, che poneva un onere probatorio più gravoso sul lavoratore, è stata cassata con rinvio.

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Pubblicato il 2 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Mobilità scolastica e posti non assegnati: chi deve provare cosa?

La procedura di mobilità scolastica rappresenta un momento cruciale per migliaia di docenti ogni anno, ma non è esente da complessità e contenziosi. Un caso frequente riguarda la situazione di un insegnante che, pur avendo fatto domanda, non ottiene il trasferimento desiderato, scoprendo poi che posti disponibili nella provincia richiesta sono rimasti vacanti per poi essere assegnati in fasi successive o tramite conciliazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 16835/2025, fa luce su un aspetto fondamentale di queste controversie: la ripartizione dell’onere della prova tra il docente e l’amministrazione scolastica. Vediamo nel dettaglio i fatti e i principi affermati dai giudici.

I Fatti del Caso

Una docente aveva partecipato alla procedura di mobilità scolastica in fase B1, facendo domanda per diverse sedi in una specifica Provincia. All’esito della procedura, non le veniva assegnato alcun posto. Tuttavia, emergeva che nella Provincia richiesta erano presenti sedi disponibili che non erano state assegnate in quella fase, per poi essere attribuite ad altri docenti, partecipanti a fasi successive della mobilità, tramite procedure di conciliazione.

La docente avviava un’azione legale per ottenere l’adempimento del suo diritto al trasferimento. Mentre il tribunale di primo grado accoglieva la sua richiesta, la Corte d’Appello ribaltava la decisione, sostenendo che la docente non avesse sufficientemente provato il suo diritto. Secondo i giudici di secondo grado, la ricorrente avrebbe dovuto dimostrare che, in base alla sua posizione in graduatoria, uno di quei posti le sarebbe stato specificamente attribuito se la procedura si fosse svolta correttamente. Contro questa decisione, la docente ricorreva in Cassazione.

La Decisione e l’onere della prova nella mobilità scolastica

La Corte di Cassazione ha cassato la sentenza d’appello, accogliendo il ricorso della docente e chiarendo in modo definitivo come si distribuisce l’onere della prova in questi casi. I giudici supremi hanno stabilito che l’azione del docente è un’azione di adempimento, volta a sanare l’inadempimento del Ministero rispetto agli obblighi derivanti dalla procedura di mobilità.

In tale contesto, non spetta al docente l’arduo compito di ricostruire l’intera graduatoria e dimostrare che avrebbe ottenuto uno specifico posto. Al contrario, l’onere del docente si esaurisce con l’allegazione dell’inadempimento: è sufficiente affermare e indicare che esistevano posti disponibili nella fase di sua competenza e che questi non gli sono stati assegnati, violando le regole della procedura.

Le Motivazioni

La Corte fonda la sua decisione sul principio generale in materia di inadempimento contrattuale, consolidato dalla celebre sentenza delle Sezioni Unite n. 13533/2001. Secondo tale principio, il creditore (in questo caso, il docente) deve solo provare la fonte del suo diritto (la domanda di mobilità) e allegare l’inadempimento della controparte (il Ministero). Spetta invece al debitore (il Ministero) provare il fatto estintivo della pretesa, ossia di aver adempiuto correttamente o che l’inadempimento non è a lui imputabile.

Trasponendo questo principio alla mobilità scolastica, una volta che il docente ha denunciato la mancata assegnazione di un posto disponibile, grava sul Ministero l’onere di dimostrare che vi erano ragioni legittime per non assegnarglielo. Ad esempio, il Ministero dovrebbe provare che, anche se quei posti fossero stati messi a disposizione nella fase corretta, sarebbero stati assegnati ad altri docenti con una posizione migliore in graduatoria. L’assenza di tale prova da parte dell’amministrazione conduce all’accoglimento della domanda del lavoratore.

La Cassazione ha inoltre precisato che la domanda del docente non deve necessariamente coinvolgere gli altri insegnanti che hanno poi ottenuto i posti, poiché l’azione è diretta a far valere un inadempimento dell’amministrazione e non a caducare le assegnazioni successive, avvenute tramite procedure autonome come le conciliazioni.

Le Conclusioni

Questa ordinanza rafforza la tutela dei docenti nelle procedure di mobilità scolastica. Stabilisce un principio di diritto chiaro e favorevole al lavoratore, riequilibrando la posizione delle parti nel processo. Il docente non è più gravato da un onere probatorio quasi impossibile da soddisfare. È sufficiente che alleghi in modo specifico l’inadempimento del Ministero, indicando l’esistenza di posti vacanti. Sarà poi l’amministrazione a dover giustificare, prove alla mano, il perché quel trasferimento non sia avvenuto, dimostrando ad esempio la presenza di candidati con maggior punteggio. Si tratta di una decisione che promuove la trasparenza e la correttezza delle procedure amministrative, garantendo una più efficace protezione dei diritti dei lavoratori della scuola.

In una causa sulla mobilità scolastica, cosa deve dimostrare il docente per chiedere un trasferimento su un posto rimasto vacante?
Il docente deve semplicemente allegare l’inadempimento del Ministero. In pratica, deve affermare di aver partecipato alla mobilità, che esistevano posti disponibili per la sua fase e che questi non gli sono stati assegnati come invece avrebbero dovuto secondo le regole della procedura.

Su chi ricade l’onere di provare che il docente non avrebbe comunque ottenuto il posto?
L’onere della prova ricade sul Ministero. È l’amministrazione scolastica che deve dimostrare l’esistenza di un fatto che avrebbe impedito l’assegnazione, ad esempio provando che altri docenti, in base alla graduatoria, avevano un diritto prioritario su quei posti.

L’azione del docente deve coinvolgere anche gli altri insegnanti che hanno poi ottenuto quei posti?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che l’azione è un’azione di adempimento contro il Ministero per il suo inadempimento. Non è necessario estendere il contraddittorio agli altri docenti che hanno ottenuto i posti in fasi successive o tramite conciliazione, poiché si tratta di procedure autonome e successive all’inadempimento contestato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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